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Autore: Leonhard    18/06/2016    9 recensioni
Un coniglio ed una volpe che lavorano insieme: solo a Zootropolis si potrebbe vedere una cosa del genere. Ma è solo un caso che Nick sparisca dalla stazione il giorno stesso in cui una sua vecchia conoscenza si presenta davanti alla sua scrivania?
"Questo è un caso che preferirei non affidare a te, agente Hopps".
"Perchè?".
"Perchè ne sei coinvolta: il caso Wilde potrebbe richiedere soluzioni che tu non saresti in grado di attuare...".
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
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2. La tana della volpe

Zampettava nervosamente mentre aspettava l’ascensore e guardava il telefono stretto nella zampa, come se tutta quella situazione fosse imputabile a lui. Sullo schermo, il nome di Nick Wilde ed il suo numero lampeggiavano, mentre una vocetta professionale le diceva che il numero chiamato era momentaneamente irraggiungibile, come lo era stato negli ultimi due giorni.

La coniglietta la prima volta che era uscita con un partner diverso dal suo aveva imputato la sua assenza alla sveglia rotta, poi ad un colpo di freddo quando non l’aveva visto arrivare il giorno successivo. Aveva provato a chiamarlo una volta, due volte, decine di volte, ma la voce registrata della Cheetahphone le aveva ripetuto talmente tante volte che il numero di Nick era irraggiungibile che era sorto in lei il desiderio di arrestarla.

Arrestare una voce registrata: beh questo era troppo persino per lei.

L’ascensore arrivò al pianterreno e se non fosse stato per il campanello che accompagnò il cigolare delle porte che si aprivano, Judy avrebbe continuato beatamente a guardare con occhi corrucciati il piccolo schermo del telefono. Durante la salita ebbe modo di riflettere: era strano che Nick non rispondesse al telefono. O meglio, era normale che tenesse il telefono privato spento o che se lo dimenticasse in giro, ma il numero della centrale, quello per le emergenze doveva essere sempre attivo e lui aveva l’obbligo di rispondere immediatamente.

A meno che non fosse in servizio.

(Possibile che stia lavorando ad un caso?) pensò Judy, scuotendo la testa subito dopo. (No, impossibile che stia lavorando senza che io lo sappia). Subito dopo però si chiese il motivo.

Perché avrebbe dovuto saperlo? Certo, loro due erano partner ma non c’era scritto da nessuna parte che dovevano sempre lavorare in coppia, né che dovessero sempre sapere gli spostamenti dell’altro: se lei avesse deciso di andare a casa per qualche giorno, non era tenuta ad informare Nick. L’avrebbe fatto, certo, ma per scelta personale: se lui aveva deciso di fare altrimenti lei non poteva nulla.

Quella consapevolezza portò con sé un’altra domanda: perché lei si preoccupava in quel modo? Perché si sentiva in dovere non solo di bombardarlo di telefonate ma addirittura di andare a vedere se fosse in casa? La cosa era completamente illogica, senza senso e, stringendo il grimaldello che conservava nella tasca, anche con risvolti non proprio legali. Sapeva quello che stava facendo ed anche quello che probabilmente avrebbe fatto, ma le sfuggiva il motivo per cui lo stesse facendo. Un motivo che fosse LOGICO.

Davanti alla porta dell’appartamento di Nick prese un bel respiro e pigiò il campanello; l’interno venne invaso dal suono pieno del citofono e si perse nell’aria, spegnendosi e lasciando posto a quello stesso silenzio che regnava il secondo prima del suono. Nessun passo, nessun fruscio, nessun tonfo del frigo, nulla di nulla. Pigiò ancora il pulsante, accompagnando il suono da tre colpi forti al legno della porta. Quando il silenzio ribadì la sua sovranità all’interno della stanza, Judy sospirò.

(Agente Hopps, questa è un’effrazione bella e buona) pensò, cavando di tasca il sottile grimaldello. (Finirò all’inferno dei conigli…anzi peggio: mi beccherò una sospensione più che meritata…). La serratura oppose resistenza per qualche secondo, poi il cilindro cedette e si mosse, lasciando che la porta si aprisse con un piccolo cigolio.

Nella tua prossima vita, carotina, potresti diventare una scassinatrice provetta: poteva quasi sentire la voce di Nick nelle orecchie prenderla in giro, arrivando anche ad indovinare una nota stupita nella frase. A varcare la soglia sentì un sordo nervosismo, quasi come se stesse entrando nella

tana della volpe

sala archivi del commissariato, talmente caotica che serviva una bussola per orientarsi. Si mosse con circospezione e, quando entrò nel salotto, per qualche istante confuse il disordine per segni di lotta: il divano era invaso da cuscini, il pavimento pieno di fogli e cartellette, mentre sul tavolo giacevano i resti di un pasto frettoloso. Il lavandino traboccava di piatti e bicchieri sporchi ed intravide il letto ancora da rifare. Sospirò scuotendo la testa.

“Nick, accidenti…” borbottò. “Ti serve proprio una ragazza…”. Studiò attentamente l’appartamento, ogni segno, ogni angolo, ogni bicchiere di yogurt al mirtillo abbandonato che trovò. Arrivò persino ad aprire il frigorifero che, meraviglia delle meraviglie, era pieno di confezioni di mirtilli.

Accese il tv, ma l’ultimo canale che Nick aveva guardato era stato quello del notiziario; nel lettore DVD trovò ‘Il viaggio di Arlopardo’. Judy sospirò, ma decise di soprassedere sul fatto che possedeva un film che doveva ancora uscire dalle sale cinematografiche. Adocchiò Sherfox Holmes, Percy Catson, una raccolta di episodi del Commissario Montalduck e, per un breve istante, contemplò l’idea di intascarsi Scoprendo Otterster (*): insomma, ci lavorava Seal Connery e lei ADORAVA Seal Connery.

Rimise a posto i film e gettò un’ultima rapida occhiata all’appartamento prima di concludere che non c’era nulla di sospetto in quel posto, solo un estremo disordine.

“Adesso che ti becco, Nick…” borbottò, indispettita per l’insuccesso. Pochi minuti e fu nuovamente nell’ascensore: tamburellava nervosamente contro il pavimento della cabina, senza riuscire a non pensare che dietro quella scomparsa ci fosse quella volpe, Vixen. Prima del suo arrivo, Nick era la solita sorridente, sprezzante, ironica volpe astuta. Era il Nick che la guardava sempre con quel sorrisetto di sufficienza, il Nick che si rivolgeva a lei con la sua odiosa ironia, ma che si faceva mille complessi quando si rendeva conto di star esagerando, il Nick che le aveva portato quelle ciambelle nascoste nel suo ufficio, auspicabilmente lontano dal fiuto di Clawhauser.

Era Nick, il suo partner, il suo migliore amico, la volpe a cui una coniglietta come lei avrebbe affidato la vita. Era il suo Nick.


“Mi dispiace agente Hopps” disse Clawhauser, sinceramente dispiaciuto. “L’agente Wilde non si è più fatto vivo in centrale. Avrà sicuramente telefonato al capitano Bogo, ma in questo momento è fuori per un intervento”. Judy sospirò stizzita e si chiuse nel suo ufficio, ringraziando il ghepardo per informazioni che non le aveva dato. Si sedette sulla sua scrivania e cercò di lavorare, ma l’assenza di Nick la obbligava a lavorare in un silenzio a cui lei non era abituata.

Si perse nel ricordo del ticchettio della tastiera del computer sulla scrivania dietro di lei, che giaceva spento ed inutilizzato, del cigolare della sedia quando si stirava, ogni volta accompagnato da uno sbadiglio.

Ehi carotina; io vado a prendermi un caffè, che ti porto?

Si volse quando la sua testa le ricordo quella domanda quotidiana che sanciva l’inizio di una quindicina di minuti di chiacchiere futili, allegre prese in giro e giocosi musi lunghi. La vista di quella poltrona, immobile e desolatamente vuota, la costrinse ad afferrare il telefono e comporre nuovamente il numero di Nick. Nel piccolo altoparlante dell’apparecchio regnò il silenzio per qualche secondo, in cui lei si preparò psicologicamente a sentire di nuovo quell’odiosissima voce registrata.

Uno squillo.

Drizzò le orecchie e rimase in attesa, afferrando convulsamente il bordo della scrivania. Aveva i nervi a fior di pelle, come se l’esito di quella telefonata avesse il potere di decidere delle sorti della sua vita.

Due squilli.

Strinse le zampe attorno al telefono e prese un respiro profondo. Al terzo squillo, la chiamata venne presa e la prima cosa che Judy sentì fu un forte fruscio di statico, con una voce in sottofondo.

“Carotina?” chiamò Nick dall’altra parte dell’altoparlante.

“Nick” chiamò. “Ma dove sei? Sono due giorni che non ti vede nessuno!”. Era arrabbiata, ma anche preoccupata, in ansia. La chiamata era molto disturbata e la risposta le giunse frammentaria.

“Non…detto…lavoro…campo…galleria” elencò la voce della volpe dall’altra parte.

“Lavoro?” ripeté la coniglietta. “Stai lavorando? Perché non me l’hai detto?”.

“Detto…solo…cop…mento” rispose lui. Judy scosse la testa.

“Non ti sento Nick” disse, con sincera drammaticità. “Il segnale è disturbato. Dove sei?”.

“Ind…quartiere…non…” confessò il telefono. Lo statico improvvisamente diminuì, lasciandosi scappare una frase completa, finalmente con un senso.

“Non cercarmi, Judy”. Seguì un forte scoppio, lo statico tornò ad assordarla, poi la chiamata cadde ed il segnale batté ritmicamente il suo timpano, facendole notare che stava parlando da sola. Non cercarmi. L’aveva detto per davvero. Non cercarmi.

Judy.

Alla coniglietta sfuggì il telefono dalla zampa e proclamò sua con un tonfo una piccola porzione di scrivania, mentre lei guardava davanti a sé, attonita, come se il cervello avesse scollegato il resto del corpo per cercare di metabolizzare il fatto che

mi ha chiamata Judy

il suo partner le avesse realmente detto quelle parole. Non cercarmi. Quando rinvenne dall’apatia in cui si era cacciata, afferrò il telefono ed uscì dall’ufficio, con una luce nuova negli occhi: evidentemente, pensò, non aveva ancora ben capito quanto potevano essere testardi i conigli.

Non cercarmi



(*) i titoli originali sono: Il viaggio di Arlo, Sherlock Holmes, Percy Jackson, il Commissario Montalbano e Scoprendo Forrester
   
 
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