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Autore: Soul Mancini    18/06/2016    4 recensioni
[REVISIONATA IL 30 AGOSTO 2O18]
A volte anche le persone più forti e determinate crollano, mettono in dubbio tutto il cammino fatto e vengono assalite da una profonda indecisione.
Mia questo lo sa bene; è una ragazza che ogni giorno vede il suo futuro sempre più lontano e irraggiungibile per via di qualcosa di più grande e potente, che la segna da ormai quattro anni.
C'è solo una persona che riesce a levigare e rendere sopportabili le sue sofferenze. Il suo sole oltre le nubi.
- PRIMA CLASSIFICATA al "Contest Lampo di tempo e parole" indetto da Hanna M. sul forum di EFP.
- QUINTA CLASSIFICATA al "Concorso a tema (l'amicizia)" indetto da dreamkath sul forum di EFP.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Il sole oltre le nubi




La vita è ingiusta certe volte. Anzi, direi quasi sempre.

Ora sono qui, rinchiusa nel bagno della scuola, a versare lacrime di delusione. Piangere non serve a niente, lo so, ma quando per l'ennesima volta vedi il tuo futuro allontanarsi sempre più da te, cadere nella disperazione è pressoché inevitabile.

I meritevoli non vengono mai premiati, questa è la verità.

Fin da piccola avevo un sogno: diventare una maestra, o forse una psicologa. In ogni caso lavorare con i bambini in qualunque modo possibile, vederli crescere e sorridere, ma soprattutto aiutarli nei momenti di difficoltà.

Per questo mi sono sempre impegnata nello studio e ho ottenuto buoni risultati nel corso degli anni. Avevo il mio sogno a portata di mano.

Ah, che illusa!

La campanella che annuncia l'inizio dell'intervallo è suonata da qualche minuto e io getto un fazzoletto dietro l'altro nel cestino dei rifiuti. In bagno c'è un caldo soffocante; vorrei uscire, ma non riesco a smettere di piangere e non voglio che qualcuno mi veda in queste condizioni.

All'improvviso la porta dell'antibagno si spalanca. Rimango in perfetto silenzio e mi rannicchio a terra con le ginocchia al petto e la schiena contro la parete.

Qualcuno richiude la porta, si avvicina con passi leggeri ai bagni e poi si ferma, restando immobile. Tra me e questa persona c'è solo il sottile strato di legno della porta.

Mia, lo so che sei lì” esordisce una voce che conosco fin troppo bene.

Mi sorprendo del fatto che Michele, il mio migliore amico dall'infanzia, sia piombato nei bagni delle donne nel bel mezzo della ricreazione. Ma del resto da lui ci si potrebbe aspettare di tutto.

Le sue parole mi procurano subito un po' di sollievo, ma pochi secondi dopo mi rabbuio nuovamente. Non voglio parlare con nessuno in questo momento.

Mia!” ripete nuovamente.

Michi, vai via” sibilo, sperando che non si sia accorto del tremito della mia voce.

Capisco, dai suoni attutiti che mi giungono, che anche lui si è seduto davanti alla porta.

Che ci fai nel bagno delle ragazze? E se ti dovessero scoprire?” proseguo nella speranza di convincerlo ad andarsene.

Non mi interessa, è molto più importante stare vicino a te.”

Mi lascio sfuggire un singhiozzo più forte degli altri. Michele sospira. “Mia, così non va bene: rinchiuderti in te stessa non servirà a niente, apri la porta” mi ordina dolcemente.

Apparentemente Michele non è affatto serio: gli piace scherzare e non mostra a nessuno i suoi sentimenti. Per lui è più comodo passare per un ragazzino immaturo che spiegare seriamente al prossimo i suoi pensieri e il suo punto di vista. Ma io lo conosco più delle mie tasche e so che possiede un grande cuore e dei grandi valori.

E so anche che quel tono di voce così dolce lo dedica solo a me, nei momenti più delicati.

Michi, voglio mollare, non ce la faccio più! Oggi mi hanno annunciato che dovrò ripetere l'anno! Non posso andare avanti così, ho diciannove anni e dovrei già essere all'università, invece sono ferma alla quarta liceo!” mi sfogo, ricominciando a piangere più forte di prima.

Queste lacrime non servono a niente, non alleviano la rabbia e la frustrazione che provo.

Quante assenze hai totalizzato durante l'anno?”

Novantacinque.”

Per qualche secondo cala il silenzio.

Mia, esci dal bagno, per favore” mi supplica.

No, non ci penso nemmeno!”

In questo modo mi dimostri che ti vuoi arrendere!”

Sì, mi voglio arrendere, va bene?” sbraito con rabbia.

Fai come vuoi. Ma sappi che non me ne andrò di qui finché non aprirai la porta. A costo di passare la notte a scuola, io non ti abbandonerò.”

La rabbia mi monta dentro e ho una voglia pazzesca di prendere a calci la porta. Voglio che tutti mi lascino in pace!

Nessuno sa cosa significa rinunciare ai propri sogni per via di un destino troppo crudele, nessuno sa cosa si prova a dover soffrire ogni giorno e combattere contro il proprio corpo per potersi alzare e andare a scuola. Nessuno mi può salvare.

Salto in piedi e sfogo tutto il mio odio contro il cestino di rifiuti, rischiando di rovesciarlo e spargere a terra il suo contenuto.

Mia, pensaci. Ricordi quanto ti sei impegnata per arrivare fin qui? Vuoi abbandonare tutto proprio adesso?”

Alle parole di Michele mi immobilizzo.

Non so più che fare, non capisco più cosa sia giusto o sbagliato, nemmeno io riesco ad ascoltare me stessa.

Ricado a terra in preda a una confusione troppo profonda, mentre le lacrime mi rigano il viso.

Sono stanca di piangere, stanca di tutto.

In quel momento il suono della campanella inonda i corridoi della scuola e tutti si apprestano a rientrare in classe, ridendo e chiacchierando con indifferenza.

Tranne Michele. Lui non si sposta e so che non lo farà.

Che senso ha tutto questo? Fino alla seconda superiore andava tutto così bene, poi cos'è successo? Ho fatto qualcosa di sbagliato?” mi lamento, soffiando per l'ennesima volta il naso ormai dolorante.

Tu credi che io sia scemo, vero? Questa situazione la sto vivendo con te! Ogni volta che stai male vengo da te e ti sto vicino in tutto e per tutto, quando ti vedo giù sto male anch'io. Non è forse vero che ogni cosa che ci è capitata l'abbiamo sempre condivisa?”

Dopo circa un minuto di silenzio, ribatto: “Dammi una ragione valida, una sola, per cui dovrei continuare a venire a scuola”.

Lui si avvicina ancora di più alla porta e mi rendo conto che vorrebbe potermi abbracciare e consolare.

Ti potrei dare mille ragioni per andare avanti, ma quella più importante sei tu. Ricordi quanto rimanevi affascinata dai bambini, già da quando ancora eri una di loro? Mi guardavi negli occhi e, serissima, mi dicevi: i bambini sono e saranno la mia vita, li adoro. Già a quell'epoca avevi passione, ne avevi da vendere! Si vedeva da come ti impegnavi a scuola, da quanto hai lavorato per arrivare fin qui. Poi è successo. A quindici anni hai cominciato a stare male, a fare troppe assenze e a non eccellere più nello studio come prima. Hai accettato il fatto che non fosse colpa tua e hai voluto proseguire per questa strada, sapendo di essere comunque in svantaggio rispetto agli altri. Ogni volta che stavi male e non potevi venire a scuola, andavo nella tua classe e chiedevo ai tuoi compagni gli appunti perché sapevo che ci tenevi. Ti ammiro molto per questo, sai? Non tutti avrebbero fatto come te, sei una vera forza! Hai dovuto rifare la terza due volte e non ti sei arresa, perché vuoi farlo proprio ora? Manca così poco al tuo traguardo, non farti abbattere. Se molli tu, che sei il mio mito, mollo anch'io.”

Rimango in silenzio a lungo, cercando di assimilare tutte quelle informazioni. Prendo qualche respiro profondo per scacciare via il nodo in gola che mi toglie quasi il respiro, poi domando: “Che c'entri tu con me? Quest'anno hai l'esame di maturità, hai praticamente chiuso con la scuola.”

Non sono passato all'esame di maturità, dovrò ripetere la quinta. Ormai è troppo tardi per recuperare, oggi è 9 giugno e me l'hanno già comunicato.”

Rimango interdetta. Non posso crederci.

Mi raggomitolo su me stessa, anche se il pavimento del bagno non è il massimo dell'igiene, e mentre inspiro profondamente una marea di ricordi mi travolge, schiaffeggiandomi con violenza.

Rivedo me a quindici anni, la prima volta che sono stata male. Ero a scuola e quella mattina mi girava tremendamente la testa. Ero svenuta durante la ricreazione e mi ero risvegliata in ospedale quasi un'ora dopo. Mi pare di sentire ancora oggi l'emicrania che mi devastava, è il ricordo più vivo che ho di quella giornata.

Dopo una serie di analisi che durarono vari mesi, mi diagnosticarono una serie di problemi che non mi avrebbero portato alla morte, ma che mi avrebbero per sempre segnato.

Da allora è iniziato l'incubo: avevo continui svenimenti, emicranie e spesso febbre molto alta. Tutto questo mi stancava tantissimo e molte volte ero costretta a restare a letto tutto il giorno per riposarmi.

Nell'estate tra la seconda e la terza superiore sono arrivati gli attacchi di panico, che sono probabilmente la peggior cosa che potesse capitarmi.

Nonostante tutto, io avevo ancora tanta voglia di uscire con gli amici e sorridere, non avrei permesso a niente e nessuno di buttarmi giù. Ma ormai quasi tutti mi avevano abbandonato perché a nessun quindicenne va di passare il proprio tempo con una malata.

La mia vita sociale – e di conseguenza la mia autostima – sarebbe stata pari a zero se non fosse stato per Michele. Lui aveva quattordici anni, era prossimo ai quindici, ma era molto più maturo rispetto alla media. Mi è sempre rimasto accanto, rischiando di essere giudicato per quest'amicizia bizzarra. Nessuno lo costringeva, nessuno lo pagava, eppure lui ogni pomeriggio veniva a casa mia per farmi compagnia e accudirmi quando ne avevo bisogno.

Quanti dei miei svenimenti e dei miei attacchi di panico ha visto! Penso che un ragazzino non si meriterebbe di vedere tanto dolore e tanta sofferenza.

In terza mi hanno bocciato due volte per le numerose assenze, ma alla fine sono riuscita a superare l'anno.

Ora sono in una classe in cui non mi sento molto a mio agio; non perché i miei compagni mi escludano o mi stiano antipatici, ma perché abbiamo molti anni di differenza e sento questa situazione troppo stretta per me.

Ho lottato per il mio futuro, ma ora tutto mi sembra inutile e insignificante.

Michi?” sussurro, dopo un tempo a me ignoto.

So che è dietro la porta, ma voglio accertarmene, come se il suono della sua voce fosse il mio unico appiglio per salvarmi da quel turbine di pensieri.

Sì?”

Non voglio che tu lasci tutto per me.”

Nella stanza cala di nuovo il silenzio. Un silenzio denso e insopportabile, che mi ferisce e mi assorda più di qualsiasi suono.

Qualche minuto dopo la campanella prende a trillare.

Mi sembra incredibile: è passata un'ora da quando sono qua dentro e Michele non si è spostato neanche per un secondo.

Nel corso di quest'ora in bagno è entrata qualche ragazza che ha chiesto al mio amico cosa ci facesse nel bagno delle donne e lui ha spiegato che doveva stare vicino a una persona che si sentiva poco bene. Nessuno ha chiesto altro perché sicuramente lui ha portato fuori uno dei suoi sguardi ammonitori.

Lo conosco troppo bene e so che finché non uscirò, non se ne andrà. Non gli importa cosa potrebbero pensare gli altri.

Basta, sono stanca di nascondermi in un sudicio buco. Il mio amico ha ragione: rinchiudermi in me stessa non mi servirà a niente.

Non mi sollevo da terra, mi limito a far scattare la serratura. La porta si socchiude leggermente.

Il mio amico subito la spalanca e si precipita nel bagno, per poi sbatterla sgraziatamente alle sue spalle. Quella non si chiude completamente, ma lui non se ne cura; subito mi è accanto sul pavimento, mi avvolge in un tenero abbraccio e mi attira a sé. Io a mia volta mi aggrappo a lui e gli sorrido tra le lacrime.

Allora che vuoi fare? Abbandoniamo la scuola insieme?” sussurra, giocando con una ciocca dei miei capelli.

Nessuno di noi lascerà la scuola, entrambi ci diplomeremo. Niente e nessuno ci può impedire di inseguire e realizzare i nostri sogni.” Mentre gli rispondo, sento il cuore gonfiarsi di una nuova speranza, di una grinta che non avevo mai conosciuto finora. Mi rendo conto di quanto siano vere le mie parole e mi accorgo anche che non è una risposta campata per aria.

Voglio andare avanti per Michele, per i miei genitori e per me stessa. Non deluderò nessuno.

Michele mi stringe più forte a sé e, con un sorriso colmo di dolcezza, afferma: “Se mai un giorno ci dovessimo arrendere, lo faremo assieme. Ma siamo troppo forti perché accada, ci diamo forza a vicenda. Prenderemo la laurea insieme e io diventerò un medico, così potrò trovare una cura per te”.

Solo ora mi rendo conto che la mia forza, il mio raggio di sole in mezzo a una tempesta, è proprio Michele. E mi sento fortunata ad averlo accanto, tengo a lui più di quanto non tenga a me stessa. Ogni giorno mi insegna che, in una giornata nuvolosa, il cielo grigio non va visto come un cielo grigio a sé, ma come un luminoso e caldo sole che si nasconde oltre le nubi.

Io non mi arrenderò, lui non si arrenderà.

Noi non ci arrenderemo.



   
 
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