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Autore: nikita82roma    20/06/2016    7 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
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Castle l'aiutò a riporre le cose che avevano portato dall'ospedale. Le piaceva vedere come si muoveva con naturalezza in quella camera, con molta più di lui che ancora aveva dei problemi a stare lì, con lei, in quella situazione. In realtà aveva ancora problemi con tutta quella casa, molti più di quelli che ammetteva a se stesso. Si rese conto che non era solo la cucina, era tutto. L'aveva fatta rifare, cambiata completamente, mobili ed anche disposizione. Ma lui la vedeva sempre come era prima e rivedeva sempre Kate a terra ferita che si trascinava lei verso di lui. Lei, quella che dei due era stata ferita in modo più grave, che inconsciamente stava rischiando non solo la sua vita, aveva trovato le forze di strisciare fino a lui per tenergli la mano ancora una volta, l'ultima per quello che ne sapevano loro in quel momento, per essere insieme fino alla fine, mentre lui era rimasto immobile, pietrificato, dalla paura più che dal dolore e questa cosa non riusciva ad accettarla. Non era mai stato un grande uomo d'azione, anche se negli ultimi anni le cose erano cambiate, ma nelle situazioni critiche, nelle quali le persone che amava erano in difficoltà, aveva sempre trovato la forza ed il coraggio di fare delle azioni e prendere delle decisioni estreme. Lì, invece, non era stato in grado nemmeno di spostarsi per andarle incontro. Se non l'avesse fatto lei, se le cose fossero andare diversamente non se lo sarebbe mai perdonato e non si perdonava nemmeno ora della mancata azione. Lei aveva desiderato usare le sue ultime forze per andare da lui, per tenersi per mano, per sempre, come si erano promessi, aveva mai ricevuto una dimostrazione di amore più grande da parte di qualcuno? Si aggrappava a questo, a quella mano che aveva cercato la sua, per andare avanti in questa situazione assurda. Quella donna che non ricordava niente di tutto questo era la stessa che gli teneva la mano. Doveva solo ricordarsi sempre di questo.

Kate lo osservava riporre i suoi abiti e le sue cose. Sapeva esattamente dove lei teneva tutto, metteva via ogni cosa con cura ed attenzione. Le aveva dato il sacchettino con le fedi, chiedendole di metterlo dove preferiva, perchè quello non aveva un posto, prima. Kate lo mise nel cassetto del suo comodino dove trovò anche la sua scatola portagioie: era piacevole trovare qualcosa che era nella sua memoria.
Castle aveva quasi finito di svuotare il trolley quando tirò fuori il giacchetto nero di Kate. C'erano i due fori dei proiettili, il suo sangue. Teneva in mano l'indumento e la guardava allibito mentre lei si sentiva colpevole per averlo messo lì e farglielo trovare. Leggeva terrore e dolore nel suo volto. Andò verso di lui e mise le sue mani sopra le sue che tremavano tenendolo.
- Perché lo hai preso Kate? - Non lo capiva. Lui i suoi vestiti li aveva fatti buttare tutti. Tutti. Anche le scarpe e la biancheria. Pensava addirittura che non avrebbe più comprato una camicia di quel colore e forse nemmeno di colori simili. E lì aveva in mano quell'indumento con quei segni così visibili e dolorosi.
- Non lo so. Volevo capire. Volevo vedere. Lascialo, lo metto via io. - Rick però non lo lasciava, lo teneva stretto con le mani che erano bianche per lo sforzo ed ancora tremavano. Glielo chiese ancora e allentò la presa. Lei tenne la giacca in mano per un istante, la guardò, fissò i fori dei proiettili e sentì di riflesso le ferite tirare. La appoggiò sulla sedia: avrebbe deciso poi cosa farne.
- Stai bene Castle?
- Non lo so. - la sua risposta fu sincera e la sorprese. Ma era evidente che stare lì era più difficile per lui che per lei, lo capì subito. 
Il suono del campanello lo fece sussultare in modo irrazionale.
- Deve essere il nostro pranzo. - Kate, invece, era razionale e lucida, molto più di lui. Annuì e andò ad aprire. Quando vide il fattorino sommerso di cibo si rese conto che aveva esagerato e, se se ne rendeva conto lui, voleva dire che aveva decisamente esagerato. Quando il ragazzo stava per appoggiare tutto sul tavolo della cucina Castle lo fermò indicandogli il divano ed il tavolo davanti. Era indubbiamente troppo piccolo per contenere tutto, lasciò lì ammucchiate le buste con i cartoni della pizza, Rick senza vedere il conto gli diede una banconota da 100 dollari dicendogli di tenersi il resto. Il ragazzo incredulo lo salutò varie volte ringraziandolo. Kate aveva assistito alla scena dalla porta di camera, lui la vide appoggiata allo stipite, era dannatamente bella e glielo disse. Non poteva farne a meno. Pensò che in altre occasioni con lei lì, così, tutto quel cibo avrebbe aspettato perché sarebbero stati molto indaffarati in altre piacevoli attività. Si limitò, invece, ad accarezzarla e a darle la mano per accompagnarla verso il divano.
- Quanti siamo a pranzo Castle? - le disse con tono giocoso di rimprovero?
- Tre
- Chi altro deve venire? - chiese Kate stupita, le aveva detto poco prima che Alexis e Martha sarebbero rimaste fuori ancora per un po', suo padre era in tribunale, non aveva proprio voglia di ricevere visite specialmente di qualcuno che magari conosceva ma di cui non si ricordava
- Nessuno. Siamo già tutti qui. - aprì la bocca per ribattere, ma non trovò nessuna parola adatta e la sua espressione si tramutò in un sorriso. Rick sorrise a sua volta e non si aspettò il pugno sulla spalla che gli arrivò.
- Io non mangerò per due per diventare una balena. Scordatelo Castle.
- Tranquilla Kate, tra di noi l'unica balena rimarrò io. - le fece un occhiolino malizioso mentre cominciava a scartare il loro pranzo.
- Cosa intendi dire Castle?
- Te lo spiegherò in un altro momento Beckett… forse!

Mangiarono divertendosi, con Kate che sbuffava per l'eccessiva quantità di cibo presente e Rick che le ricordava che lui aveva ordinato solo quello che aveva chiesto lei, dimenticandosi di aggiungere in doppia razione. 
- Con tutta questa roba potevamo sfamarci tutto il distretto Castle!
- Solo se Esposito e Ryan non erano di turno.
- Già... - Kate mangiò un ulteriore pezzo di pizza prima di dichiararsi vinta da quel pasto poco sano ma molto soddisfacente. 
- Oggi era un'eccezione alla regola solo perché sei uscita dall'ospedale e dovevamo festeggiare
- Pensavo che Richard Castle preferisse festeggiare con ostriche, caviale, aragoste e champagne - lo prese in giro lei.
- No, io di solito festeggio con gelato e panna spray! E poi tu le ostriche non le puoi mangiare, il caviale è sconsigliato e lo champagne non lo puoi bere. Ma se vuoi le aragoste te le faccio portare per cena.
- Castle, stavo scherzando. Non ho bisogno di nulla di tutto questo. 
- Ah ok - disse sprofondando di più nel divano bevendo l'ultimo goccio del suo shake. - ma se desideri dell'aragosta dimmelo, non voglio che nostro figlio nasca con delle voglie a forma di chele solo perché tu non mi hai detto nulla!
- Castle, sei serio? - lui annuì serissimo e lei rise - Non ti preoccupare, ti metterò subito al corrente di tutte le mie voglie!
Castle boccheggiò come un pesce. Stavano forse flirtando? Kate era estremamente divertita, quindi si stava comportando così coscientemente. 
- Beckett se fossi stata così anche prima, di certo non ci avrei messo quattro anni per conquistarti! 
- Quattro anni... - ripeté lei stupita.
- Non sei stata facile.
- Poi cosa hai fatto per farmi capitolare? 
- Ti ho detto che ti amavo. E ti ho lasciata perchè non volevo rimanere a guardare mentre tu andavi a farti ammazzare seguendo le tue ossessioni. - La conversazione divenne improvvisamente molto più seria di quanto Kate pensasse. Era convinta che Castle avesse fatto qualcuna di quelle sue cose strane ed assurde che l’avevano infine convinta. Però convenne anche lei che non era una persona che si sarebbe lasciata conquistare con qualche stramberia del genere. Distruggere le sue barriere e lasciarla, quella sì che poteva essere una cosa in grado di farla realmente capitolare. Apprezzò la sua costanza e la sua insistenza. Un uomo che l’aveva attesa quattro anni doveva sicuramente amarla molto. 
- Il caso di mia madre...
- Sì. Hai dovuto rischiare la tua vita ed il tuo lavoro prima di capire che nella tua vita c'era posto anche per me tra le tue ossessioni.
- È successo prima o dopo che risolvessi il caso?
- Prima.

Kate non rispose ma pensò che per riuscire a farsi spazio nel suo cuore prima di dare giustizia a sua madre doveva anche lei amarlo veramente molto. Solo una volta le era successo di permettersi di innamorarsi e aveva giurato a se stessa che non sarebbe più successo fino a quando non sarebbe stata libera da quell’incubo. Castle non disse altro. Ritornò con la mente a quella sera che aveva cambiato la sua vita e che li aveva posti davanti ad uno dei tanti loro sliding doors. Pensò a cosa sarebbe stato di lui se Ryan non fosse arrivato in tempo e scacciò l'immagine dalla sua testa chiedendosi perché ultimamente doveva sempre pensare a tutti gli scenari più negativi. La risposta la sapeva. Aveva rischiato di perderla seriamente ancora una volta ed ora era lì con lei anche se era come se non fosse lei. "Datti tempo, Richard" si disse mentalmente. Pensava di essere più paziente, ma quanto le mancava sua moglie! 
Kate pensava che aveva ragione Lanie, quel divano era veramente comodo, la sua casa era wow ed anche il suo scrittore non era poi così male. Si sentì stanca ed insonnolita, la mattinata era stata per lei faticosa, aveva camminato più di quanto avesse fatto nelle precedenti settimane, con emozioni contrastanti e la digestione di certo non la aiutava a rimanere sveglia. 
Rick se ne accorse da come sbadigliava e da come faticava a tenere gli occhi aperti.
- Vuoi andare a letto?
- È una proposta Castle?
- No, no... - disse preso in contropiede mentre lui era sinceramente preoccupato delle sue condizioni - ma se vuoi andare a riposarti...
- Sono stanca di stare a letto, mi riposerò bene anche qui, disse accoccolandosi in un angolo del divano mentre l'aria fresca del condizionatore li isolava dal caldo umido dell'esterno e conciliava il sonno.
- Ok, se vuoi io sono un morbido cuscino
- Sto bene così Castle, ma grazie - furono le ultime parole che gli disse, sbadigliando, prima di addormentarsi serenamente.

Quando sentì il rumore della chiave che girava nella serratura, Castle si allertò. Si scoprì ipervigile ad ogni rumore in quella casa. Gli sembrava perfino che l’aria condizionata fosse troppo rumorosa quando prima nemmeno si accorgeva della sua presenza.
Si alzò e si voltò meccanicamente verso la porta mettendosi in piedi davanti al divano coprendo Kate che ancora dormiva. Dalla porta apparvero le sue due rosse e si rilassò. Si avvicinò a loro facendogli segno di fare silenzio indicando il divano dove Kate dormiva. Baciò madre e figlia che si avvicinarono guardando con tenerezza la donna finalmente a casa, molto più rilassata e in salute di quanto non l’avessero vista in ospedale. Anche per loro quella era una briciola di normalità. Quando Alexis spostò lo sguardo sul tavolino dove più della metà del cibo ordinato da Castle era ancora intatto, guardò suo padre severa e lui alzò le spalle con noncuranza, indicando Kate come a farle capire che era stata lei a volere quelle cose. Alexis scosse la testa roteando gli occhi al cielo pensando che suo padre non sarebbe mai cambiato, nemmeno ora che stava per diventarlo di nuovo.
Come se sentisse gli sguardi addosso di tutta la sua nuova famiglia, Kate si svegliò mettendoci qualche istante per capire dove si trovasse. Si tirò su pigramente, salutando Alexis e Martha che immediatamente si misero sedute vicino a lei per chiederle come si trovasse lì, di nuovo a casa.
Chiacchierarono un po’, poi Rick quando ormai era pomeriggio inoltrato, avendo paura che sua figlia, ma soprattutto sua madre, stessero stressando troppo una ancora confusa Kate, le chiese se volesse andare a farsi finalmente una doccia come si deve. La accompagnò in camera e le mostrò dove si trovassero tutte le sue cose, le indicò il suo morbido accappatoio, aprì gli sportelli per farle vedere dove erano le sue creme e le sue lozioni.
Kate guardò con la grande vasca da bagno molto invitante. Avrebbe voluto veramente tanto farsi un lungo bagno rilassante, ma glielo avevano sconsigliato ancora per un po’, per via dei punti. Anche la doccia di Castle comunque era molto spaziosa e sembrava confortevole. 
- Se ti serve qualcosa, chiamami pure. - Le disse prima di lasciarla, per la prima volta sola, in quella casa. Ritornò a passi veloci da madre e figlia sul divano, non evitando di pensare a lei sotto la doccia, la loro doccia, dove tante volte avevano passato del gran bel tempo insieme. E gli faceva male.

- Papà, Kate?
- È andata a farsi una doccia - Alexis guardò l’orologio, era passata più di un’ora. Castle, che aveva sonnecchiato sul divano, non si era accorto del tempo passato, ma appena vide l’ora, si alzò di scatto o almeno ci provò, ma aveva chiesto troppo a se stesso e ricadde sulla poltrona. Ci riprovò, più lentamente ed andò meglio. Era convalescente ancora anche lui, glielo ricordavano tutti, e di certo non aveva avuto una convalescenza congrua alla sua situazione il che non aveva certo facilitato le cose per il suo fisico, anche se tendeva sempre a dissimulare. 
Bussò alla porta della loro camera ma non ottenne risposta. Pensò che Kate si fosse addormentata ancora ed aprì piano la maniglia per sbirciare dentro.
Kate, invece, era ancora avvolta nell'accappatoio seduta sul letto a fissare apparentemente la porta del bagno, in realtà il suo sguardo era perso nel vuoto.
- Beckett? - sussurrò appena Rick aperta la porta - Kate?
Si avvicinò lentamente e si sedette al suo fianco. Martha e Alexis, che l'avevano seguito, facevano capolino dalla porta e lui fece loro un inequivocabile gesto di lasciarli soli, così si allontanarono, chiudendosi alle spalle la porta, concedendogli quell’intimità e quella discrezione che rare volte erano riusciti ad ottenere in passato. 
- Cosa c'è Kate? Hai ricordato qualcosa? 
Lei scosse la testa energicamente lasciando che qualche gocciolina d'acqua ancora imprigionata tra i suoi capelli finisse sul viso di Rick.
- Non ti va di stare qui? Ti devo accompagnare da tuo padre? Vuoi che prendiamo una suite in qualche hotel? Un ambiente neutro?
Fece ancora di no con la testa
- Kate, stai male? Non mi far preoccupare per favore. - la stava supplicando. Si girò verso di lui colpita dal suo tono di voce.
- Le cicatrici. Sono... Tante... Sono orribili... Io sono orribile! Cosa mi è successo in questi anni Castle? Perchè tutti quei segni?
Rick le prese la testa tra le mani e la girò verso di lui in modo che non potesse sottrarsi dal guardarlo.
- Mi devi guardare Kate e mi devi ascoltare attentamente. Tu. Sei. Bellissima. Non accetto repliche su questa cosa. Orribile non è una parola che si può associare a te in nessun caso. E io di parole me ne intendo. Ho mille aggettivi per te, se vuoi te li dico tutti e in nessun caso c’è orribile. - Le parlava in modo quasi solenne perché ne fosse certa, non poteva credere che lei pensasse veramente questo di se stessa.
- Non le hai viste...
- Le ho viste. Quando non ti eri ancora svegliata. E non c'è cicatrice che potrà farmi cambiare idea. Mi credi?
Non gli rispose ma lo continuò a guardare fino a quando non appoggiò la fronte sulla sua spalla e cominciò a piangere.
- Le conosco tutte le tue cicatrici, Kate. Quelle visibili ed anche quelle invisibili. E le amo, tutte. Perchè testimoniano tutte che tu sei viva, sei con me e ce l’hai fatta.
Rick prese la sua mano e la appoggiò sul suo petto, muovendola e facendo scorrere le dita sopra la cicatrice che aveva lui. Kate irrigidì la mano al tocco intuendo sotto la maglia i contorni della ferita, immaginandola come una delle sue. Era il suo modo per farle capire che tra le tante cose che avevano condiviso e che continuavano a condividere c’era anche questa, e non avrebbe cambiato quello che loro erano. Kate non si sentì pronta per una condivisione così personale, con lui ed il suo corpo e appena le lasciò la mano la fece ricadere lungo il corpo, senza volontà, come la mano di una bambola o un burattino.
Lui la strinse tra le sue braccia, lei si fece stringere era come una cosa appoggiata a lui: non aveva la forza mentale per reagire. Aveva visto il suo corpo, per la prima volta. Aveva riconosciuto i vecchi segni, ne aveva trovati di nuovi, terribili. Riconobbe i segni inequivocabili di un colpo d’arma da fuoco in pieno petto che avevano segnato il suo seno e sentiva come se l’avessero derubata di parte della sua femminilità. Trovò altre cicatrici sul fianco e sull’addome, i nuovi segni dello sparo con le ferite ancora gonfie e rosse. Si forzò mentalmente per medicarsele così come le avevano detto quella mattina in ospedale. Lo fece perchè lei era una che portava a termine gli ordini che le venivano dati, era ligia al dovere anche quando questo le faceva male. 
Pensò che non avrebbe più avuto il coraggio di farsi guardare da nessun uomo così 
Pensò che nessun uomo l’avrebbe più guardata. 
Non pensò che lei era una donna sposata, che suo marito conosceva il suo corpo e le sue cicatrici e le ricordava sicuramente meglio di lei e che era ingiusto pensare a cosa pensassero altri uomini del suo corpo. Non era una donna libera, era sposata, ma non ci pensava, non se ne rendeva conto. E si sentiva privata di quello che ricordava essere il suo corpo, senza imperfezioni, perfettamente in grado di sedurre anche solo per ottenere quello che voleva se non ci riusciva con la forza. Ora credeva che non sarebbe più riuscita ad ostentare tanta sicurezza, a sentirsi bella e desiderabile.
Alle parole di Rick si sentì ancora peggio. Lui le stava dicendo tutto il contrario di quello che pensava. Sentiva la sincerità delle sue parole che non erano iperboliche, ma vere, lui credeva a quello che le stava dicendo, non lo faceva per farla stare meglio, ma per metterla davanti ad un dato di fatto che lei non riconosceva. Davanti a tutto questo lei pensava che non sarebbe più piaciuta a nessun uomo, nessun altro uomo, forse. Si sentì spregevole ed ingiusta nei suoi confronti. Ebbe almeno l’accortezza di non dirgli queste sue paure, lo avrebbe ferito mortalmente e non lo avrebbe meritato, ma non riuscì nemmeno a ricambiare il suo abbraccio protettivo, perchè si sentiva come se lo avesse appena tradito e rimase ancora più colpita da quel pensiero e da quelle sensazioni latenti che venivano a galla all’improvviso.

Rick si accorse che  l’accappatoio bagnato si era raffreddato. Non poteva stare così, anche se fuori era molto caldo, in casa la temperatura era gradevole grazie all’ambiente climatizzato e se non si fosse asciugata e cambiata si sarebbe influenzata, e con il suo fisico ancora debole e la gravidanza avrebbe dovuto assolutamente evitarlo. La allontanò malvolentieri.
- Devi cambiarti Kate, se no ti sentirai male.
Lei annuì e gli chiese con cosa stava di solito per casa lì da lui, vista la presenza di sua madre e sua figlia. Rick notò una punta di fastidioso imbarazzo nella sua voce, sicuramente Beckett era abituata ad essere molto più libera a casa sua di quanto non fosse lì al loft. Con non poca malizia le disse che dopo il più delle volte girava per casa con le sue magliette o le sue camice e lui la trovava estremamente sexy: mentre lei arrossiva lui rideva e le passava una comoda tuta leggera, facendole vedere dove poteva trovare alcune delle sue cose. Rick tornò nella loro nuova cucina da sua madre e sua figlia, lasciandole la privacy di cambiarsi senza la sua presenza e Kate sorrise mentre si vestiva con gli abiti che gli aveva dato lui. Aprì quello che doveva essere il suo guardaroba e notò come i suoi vestiti erano diversi da come era abituata a vestirsi nei suoi ricordi. Guardò i completi sobri e di pregevole fattura, i vestiti da sera di famose case di moda. Ne prese uno, rosso, pensò che dovesse costare come qualche mese del suo stipendio da detective. Era splendido, chissà in quale occasione lo aveva indossato. Cercò ancora e alla fine trovò qualcosa di molto familiare, un paio di giubbotti di pelle nera, uno molto più consunto, l’altro decisamente nuovo e jeans stretti che pensò chissà quando e se avrebbe potuto rimettere. Sorrise vedendo che tra le sue scarpe non mancavano certo tacchi alti di ogni genere, segno che almeno quella sua passione era rimasta identico, correva ancora per le strade di New York sui suoi amati tacchi e chissà se ancora si stupivano di come faceva. Pensò, sorridendo compiaciuta, che aveva sempre sognato una collezione di scarpe così.

   
 
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