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Autore: Leonhard    21/06/2016    7 recensioni
Un coniglio ed una volpe che lavorano insieme: solo a Zootropolis si potrebbe vedere una cosa del genere. Ma è solo un caso che Nick sparisca dalla stazione il giorno stesso in cui una sua vecchia conoscenza si presenta davanti alla sua scrivania?
"Questo è un caso che preferirei non affidare a te, agente Hopps".
"Perchè?".
"Perchè ne sei coinvolta: il caso Wilde potrebbe richiedere soluzioni che tu non saresti in grado di attuare...".
Genere: Azione, Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Distopian Zootopia'
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3. Le orecchie del coniglio

Non era stato molto difficile per Nick rivolgersi ad un amico che aveva un amico che conosceva un tale il cui fratello era sposato con la cugina di un geco di nome Lizzie: più o meno era così, si era dovuta far spiegare chi era questo tipo tre volte prima di decidere che le bastava la sua parola. Questa lucertola apparentemente aveva le zampe in pasta con tutti i rivenditori ed i tecnici informatici della città, quindi per lei non era stato un problema fornire la volpe di un accesso secondario e completamente invisibile ad ogni computer della città. Nick le aveva assicurato di non averlo mai fatto, ma si sa: il sorriso di una volpe, specialmente quella volpe, non sempre lasciava ad intendere cose per cui la voce non sarebbe stata sufficiente.

Pensando che l’inferno per i conigli fosse sempre più vicino, Judy digitò la password dell’archivio informatico della centrale e, in un batter d’occhio, si ritrovò ad esaminare un elenco di tutte le telecamere di sorveglianza della città, distribuite in ordine alfabetico di tutte le vie.

Selezionò la telecamera del condominio accanto a quello di Nick e rimase a guardare la volpe scendere dal taxi. Lo vide allungare tre banconote al tassista e scuotere la zampa per rifiutare il resto, appoggiarsi alla portiera dell’auto e scambiare quattro chiacchiere, sorridendo come se lo conoscesse.

(Beh, quante volte mi ha detto che conosce tutta la città?) pensò, forse cercando inconsciamente una scusa per giustificare il suo sollievo nel vederlo, anche solo su una registrazione di due giorni prima. Lo guardò salutare nuovamente il tassista e seguire l’auto sfrecciare via, probabilmente verso un altro cliente. Si stirò le zampe e si avviò verso il portone del condominio, allentandosi la cravatta con un gesto stanco.

Portò avanti la registrazione finché non lo vide uscire nuovamente dal condominio, vestito con la sua divisa da poliziotto. Si lustrò il polsino e fece per chiamare un taxi, ma volse un’occhiata incuriosita verso la tasca dei pantaloni; il suo sorrisetto fu oltremodo evidente, anche senza il sonoro.

(“Sarà la coniglietta ottusa che mi chiama”) disse la voce di Nick nella sua testa. Lei non se la prendeva nemmeno un po’, sapeva che il suo chiamarla coniglietta ottusa era scherzoso, in qualche modo li legavano ogni volta di più. Portò il telefono all’orecchio e l’espressione si fece seria, le orecchie si drizzarono e si guardò intorno, come a cercare qualcuno. fece per leggere il labiale, ma proprio in quel momento diede le spalle alla telecamera.

“No, no, NO!” esclamò Judy picchiando le zampe contro la scrivania. “Girati di qua!”.

Inquadrò il taxi che accostò alla strada, accanto ad un Nick che chiudeva la chiamata con un’espressione corrucciata sul viso, per poi perderne le tracce qualche minuto dopo.


Tundratown. Era una zona che rievocava memorie e ricordi, legati ad una limousine ed alla sua penna a forma di carota appesa alla sua cintura proprio accanto alla fondina con lo spray. Rimase a guardare la neve perenne artificiale per qualche secondo, concedendosi ai ricordi ma senza dimenticare il motivo per cui era lì. Tundratown era una zona presidiata, una zona in cui il ZPD era solo la legge apparente: lì la legge apparteneva a qualcun altro, qualcuno con cui fortunatamente aveva un rapporto particolare al punto da invitarla per un caffè a casa sua.

“Serviti pure figliola” invitò il piccolo mr.Big facendo roteare leggermente una tazzina candida. “È caffè italiano: me lo spedisce uno di famiglia”. Si prese qualche secondo per annusare l’aroma che usciva dalla piccola tazza e commentarlo con un sospiro soddisfatto. “Ogni volta che lo annuso mi torna in mente la mia terra, sai? Dovresti andarci, ti piacerebbe”.

“Senta, mr.Big…” disse Judy, cercando di maneggiare la tazzina, straordinariamente piccola persino per le sue zampe. Il toporagno singhiozzò per attirare la sua attenzione.

“Ti prego, figliola” soffiò affabile. “Chiamami padrino: tu sei della famiglia. Non permetto che il tuo lavoro ti distacchi da noi”. Era vero: il boss si era accordato con lei e addirittura con il capitano Bogo, consegnando loro i ‘piccionotti’ che sgarravano le sue regole anziché freddarli. La coniglietta sorrise e riuscì a versarsi in bocca quelle che per lei furono tre gocce di caffè.

“Va bene…padrino” accordò. “Ho bisogno di qualche informazione su una volpe”.

“Una volpe?” chiese lui spostando la tazzina di lato. Venne prontamente raccolta da un vassoio delle dimensioni di una moneta incastrata negli artigli di un grosso orso bianco. “Il tuo compagno sta facendo il cascamorto?”. Lei scosse la testa con un sorrisetto.

“No: si tratta di un’altra volpe” puntualizzò. “Una femmina di nome Vixen”. Il toporagno si grattò il mento, pensieroso.

“La conosco” disse infine. “Ho fatto affari con lei non molto tempo fa; è una zita molto acuta”.

“La conosce?” esclamò lei d’impeto. “La prego, può dirmi dove si trova? Temo che il mio compagno abbia bisogno di me”. Raccontò a mr.Big ciò che era accaduto in quei tre giorni passati, rinnovando la richiesta di aiuto.

“Mi dispiace piccola” sospirò lui. “Ma i termini dell’accordo che ho stretto con lei sono fin troppo chiari. Non ha più dato problemi, quindi io non posso denunciarla…e a quanto ho capito, nemmeno tu hai prove certe che sia effettivamente implicata in quello che è successo a Wilde”. Judy fece per obiettare, ma chiuse la bocca.

“Ha ragione…” mormorò.

“Mi fornì una lista di tutti i trafficanti che lavoravano senza permesso nella mia zona” raccontò. “In cambio, mi chiese un posto dove vivere, specificando di non rivelare a nessuno dove fosse. Mi dispiace bambina, ma i patti per me sono sacri e non lo romperò se non mi da un valido motivo per farlo”.

“Ma Nick!” esclamò lei. “Nick non è un valido motivo?”.

“Come ho già detto” replicò lui paziente. “Non ci sono prove che Wilde sia coinvolto per colpa sua. E poi, a lui l’ho perdonato, non l’ho adottato: accetto le sue visite solo in tua compagnia e questo lo sa anche lui. Mi dispiace bambina: so che per te è importante, ma per me non lo è abbastanza da rompere un patto”.

Seguirono attimi di silenzio. Judy non poteva biasimarlo né poteva fare troppo la voce grossa: era della famiglia, certo, ma questo non la autorizzava a campare pretese in quel modo, specialmente con una fonte importante per tutto il dipartimento come mr.Big.

“Va bene, padrino” disse infine. “A quanto pare sono al punto di partenza”.

“Ma una cosa voglio dirtela” replicò il toporagno, senza muoversi dalla sedia. “Questa città è unica; gli animali si sono evoluti e adesso convivono pacificamente, prede e predatori. Tu sei stata in grado di confermare questa promiscuità e ci tengo a dirti che noi tutti siamo molto orgogliosi di come la madrina di mia nipote ha saputo mettere le cose a posto.

“Ma non dimenticarti gli istinti bambina; quelli sono sempre nascosti e ci vuole un attimo perché tornino a galla. Il tuo compagno è una volpe: mi ha truffato, ma l’ho perdonato e non so che tipo sia diventato lavorando con te…ma tu sei un coniglio e la cosa colpisce la gente. Fai quello che un coniglio sa fare meglio, bambina: addrizza le orecchie e ascolta”.


Addrizza le orecchie e ascolta. Per lei era una frase priva di senso, ma sapeva che doveva esserci qualcosa sotto. Ascoltare. Non riusciva a togliersi dalla testa il sospetto che mr.Big avesse voluto suggerirle qualcosa che non poteva dirle chiaramente; non poteva non essere un messaggio in lingua mafiosa.

Tornando al clima mite del settore 1 non poté non sentire una profonda nostalgia di Nick e della sua abilità nel leggere tra le righe, nello scovare sapientemente la pecca in ogni frase, in ogni accordo, in ogni brillante piano con cui fin troppo spesso entravano in contatto. Le mancava e non poteva farci nulla, nemmeno sul senso di smarrimento che la prese quando non seppe rispondere alla domanda che prese a rimbalzare nel suo cervello.

Ti mancano le sue doti o la sua coda?

Sospirò, sentendosi esausta: il rapporto l’avrebbe stilato il giorno dopo, in quel momento aveva un serio bisogno di dormire. Cambiò il treno e raggiunse casa sua, dove si addormentò senza nemmeno sentire cosa si stessero urlando i vicini dall’altra parte del muro.

Il mattino seguente si recò al lavoro con sentimenti contrastanti: l’assenza di qualsiasi indizio su dove potesse essere Nick la demoralizzava e spronava allo stesso tempo. Ma le faceva anche sorgere delle domande, quelle stese domande che aveva così ostinatamente ignorato; continuò a farlo, concentrandosi nuovamente sulle parole di mr.Big. Entrò in centrale con un’espressione corrucciata, che gli occhi di Clawhauser non mancarono di notare.

“Buongiorno, agente Hopps” salutò con il solito sorrisone. “Novità da Wilde?”.

“Nulla…” borbottò lei, saltando agilmente sul bancone dell’accoglienza. “Ho cercato tracce per tutto il giorno ieri, ma non ho trovato niente che possa…”. Si bloccò, drizzando le orecchie e voltandosi verso il suo ufficio.

La porta era socchiusa.

Il cervello di Judy ingranò la quinta: lei chiudeva sempre la porta dell’ufficio quando usciva e le bastò ricordarsi quante volte aveva rimproverato il suo partner di fare altrettanto.

Hai qualcosa da nascondere, Carotina?

Si fiondò sulla porta e l’aprì con una spallata. La prima cosa che vide dietro la porta fu una folta coda fulva, subito dopo la camicetta azzurra. La volpe si volse verso di lei e Judy rimase paralizzata sulla porta.

Davanti a lei c’era Vixen.
   
 
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