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Autore: FireFistAce    24/06/2016    1 recensioni
"Tu non mi hai mai parlato del tuo passato, Marco."
E quella consapevolezza ad Ace aveva fatto molto, molto male. Si era sentito in qualche modo tradito per l’ennesima volta.
"Tu sai tutto di me, sei l’unico a conoscere il mio passato e l’identità di mio padre perché per me sei importante, molto più di quanto credi, e... scoprire che tu non hai mai fatto come me, che non ti sei mai fidato di me al punto da aprirti, ecco... mi ha fatto capire che probabilmente non sono abbastanza importante per te."
Dirlo ad alta voce, concretizzare quel pensiero e quella nuova consapevolezza faceva molto più male che lasciare che rimanesse tutto nella sua testa.
Marco, a quelle parole, sgranò di poco gli occhi cerulei e lo fissò incredulo. Era quello che Ace pensava? Era quello che lui gli aveva fatto credere? Si sentiva uno stupido, ma la verità era che Ace aveva ragione e Marco non aveva niente da ribattere per potersi difendere.
Non c’era niente da difendere.
"E questo vuol dire che avevi ragione quando mi hai detto che puoi vivere benissimo senza di me. Io posso vivere benissimo senza di te."
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Marco, Portuguese D. Ace
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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BORDER OF LOVE

Capitolo III

Le vacanze natalizie erano passate ormai da qualche settimane, il freddo adesso arretrava lentamente per lasciare spazio ad una più piacevole brezza primaverile mentre i primi boccioli spuntavano timidamente sui rami degli alberi spogli.

Ace, ancora una volta, si stava dirigendo a lavoro, costruendo la sua allegra personalità per la via.
Aveva fatto pace con Marco, alla fine, chiarendo il malinteso che si era creato e facendogli credere che no, non era geloso né invidioso delle donne che si portava a letto, ma da quel giorno aveva cominciato ad evitarlo ogni volta che poteva.

E ci era riuscito bene fino a quel giorno. Fino a quella sera, quando Marco gli portò il solito caffè, Ace stava per dirgli che poteva rientrare senza preoccuparsi di fargli compagnia quando si ritrovò i suoi occhi chiari come il cielo estivo a fissarlo.

"Si può sapere che ti prende, eh Ace? Sembra che tu voglia evitarmi da un po’ di settimane a questa parte."

Panico. E ora? Non poteva certo dirgli la verità!

Ace distolse lo sguardo e lo puntò sull’asfalto mezzo rotto.

"Non ho idea di cosa tu stia parlando, io non ti sto evitando."

Era teso, e Marco lo vedeva benissimo, qualcosa non andava ma gli sfuggiva il cosa.

"Non dirmi cazzate, da quando abbiamo litigato l’ultima volta sei cambiato nei miei confronti. Perché ti vuoi allontanare da me?"

Il giovane deglutì, poi prese un sospiro e infine lo rilasciò.

"Sai."

Cominciò il corvino, ostentandosi a tenere lo sguardo ovunque tranne che sul biondo affianco a lui.

"Durante la settimana in cui non mi ha parlato Thatch mi portava il caffè e una sera mi ha chiesto se avessi voluto ascoltare un racconto divertente sulla tua infanzia per poterti zittire in futuro."

Marco incrociò le braccia al petto e lo fissò in silenzio, aspettando che continuasse a parlare perché davvero non capiva come la domanda di Thatch potesse entrarci in tutta la questione.

"Io ho rifiutato, ed è stato in quel momento che mi sono reso conto di una cosa a cui non avevo mai fatto caso."

Alzò lo sguardo nero e lo portò, finalmente, sul volto di Marco.

"Tu non mi hai mai parlato del tuo passato, Marco."

E quella consapevolezza ad Ace aveva fatto molto, molto male. Si era sentito in qualche modo tradito per l’ennesima volta.

"Tu sai tutto di me, sei l’unico a conoscere il mio passato e l’identità di mio padre perché per me sei importante, molto più di quanto credi, e... scoprire che tu non hai mai fatto come me, che non ti sei mai fidato di me al punto da aprirti, ecco... mi ha fatto capire che probabilmente non sono abbastanza importante per te."

Dirlo ad alta voce, concretizzare quel pensiero e quella nuova consapevolezza faceva molto più male che lasciare che rimanesse tutto nella sua testa.

Marco, a quelle parole, sgranò di poco gli occhi cerulei e lo fissò incredulo. Era quello che Ace pensava? Era quello che lui gli aveva fatto credere? Si sentiva uno stupido, ma la verità era che Ace aveva ragione e Marco non aveva niente da ribattere per potersi difendere.

Non c’era niente da difendere.

"E questo vuol dire che avevi ragione quando mi hai detto che puoi vivere benissimo senza di me. Io posso vivere benissimo senza di te."

E fu con quel tono basso che Ace entrò nel bordello, chiedendo a Lucci il permesso per tornarsene a casa dicendogli di sentirsi poco bene.

La sua fronte scottava, da quanto non si riposava decentemente?
  
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