Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: alessandras03    26/06/2016    3 recensioni
SEQUEL BISBETICA VIZIATA.
Dal Capitolo 1...
"In fondo è l’alba per tutti. E’ l’alba di un nuovo inizio. L’alba che porta con sé la notte, schiarendo il cielo, colei che reca luce e spensieratezza.
E’ questa la mia alba. Guardare avanti e capire che non bisogna fermarsi.
Come il tempo scorre, come la notte passa e arriva il giorno, così i cattivi pensieri svaniscono per dar spazio ad una pace interiore senza limiti. "
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 2


Una tromba assordante rimbomba nel mio orecchio. Avverto il lamento della mia compagna di stanza, nonché migliore amica, che, voltandosi e rivoltandosi impreca sottovoce. Io nascondo il capo sotto il cuscino, affossando il viso nel materasso.
Il che è tutto molto traumatico. La nostra estate ha inizio così: con una sveglia fastidiosa, brutte parole alle sette in punto e cattivo umore.
Direi che si preannuncia spettacolare.

Mi alzo dal letto ancora con occhi assonnati. Percorro la stanza e sbatto contro il pilastro che conduce al bagno. Solo in quel momento riesco a svegliarmi davvero.
Sbatto le ciglia e sospiro.
«Uccidimi» Beth è sul ciglio della porta. Si sta strofinando gli occhi, ha i capelli alla rinfusa e sbadiglia a più non posso.
Sciacquo il viso con acqua ghiacciata e poi barcollo fino all’armadio. Ho sistemato le cose malissimo, io e Beth abbiamo dovuto dividerlo e il tutto è più che disordinato.
Acchiappo la prima cosa che riconosco sia mia. Non ci hanno ancora assegnato delle divise del campus, così indosso uno short di jeans ed una canottiera bianca. Poi infilo le converse e do una spazzolata ai capelli. Insomma, sembro ugualmente uno zombie.
Beth è pronta poco dopo di me. Anche lei indossa dei pantaloncini, ma al contrario la sua canotte è azzurra. Alza i capelli in una coda sfatta e senza pensarci esce.
La mandria di bambini invade il nostro percorso. Sono seguiti da Brian. Ci sorride e ci saluta con un cenno di mano, per poi urlare contro uno dei mocciosi ed andargli dietro correndo. Sembra un internato di un manicomio.

«Non trovi che tutto ciò sia assurdo?» Avanza e poi si volta a darmi una breve occhiata.
Arriccio il naso. «Molto» commento alzando le sopracciglia.
«Insomma… Dylan è fidanzato» sgrana gli occhi ancora incredula.
«Insomma… Brian sembra Gesù» aggiungo accigliata.
Lei scoppia a ridere. «E sono amici» si massaggia il mento. «Assurdo.»
«Ci dovremmo abituare» cammino svelta verso il bungalow in cui dovremmo far colazione.
La nostra entrata è trionfale. Sono tutti in silenzio che si cibano. Noi sembriamo fuori luogo. Rimaniamo immobili per qualche istante, fin quando i bambini non tornano a mangiare. Riprendo il respiro e a testa alta acchiappo un croissant ed un’aranciata. Beth invece solo una limonata.
«Dove ci sediamo?» Dice a denti stretti.
Mi guardo attorno e scruto un tavolo libero. Mi incammino, facendole cenno di seguirmi. Passiamo affianco Alexandra e Dylan, ma noncurante di loro prendo posto.
Beth fa lo stesso sedendosi di fronte a me.
«Che brutta situazione» mormora.
«Bevi» dico infilando in bocca il croissant. Guardo altrove per non incrociare occhiate furtive.
Nessuno, in ogni caso, ci sta cagando.

Dopo colazione veniamo spedite in un grande spiazzale all’aperto, ricoperto di erbetta ed alberi. I bambini hanno una tela su cui dipingere all’uno. Ci guardano come se volessero delle direttive. Così prendo l’iniziativa.
Scocco la lingua sul palato e alzo il petto. «Ciao bambini, noi siamo Grace e Beth…» loro ci fissano corrucciati. «Siamo nuove qui» aggiungo.
Beth mi si affianca.
«Non siete simpatiche come Brian» parlotta una bambina.
«E ti pareva» mormora Beth.
«Ognuno è simpatico a modo suo» sorrido. «Comunque disegnate ciò che volete, quello che cattura la vostra attenzione… fate in modo che diventi il vostro obiettivo focale.» Sospiro.
Così, finalmente, si mettono all’opera.
«Quelle due tele sono per voi» un bambino indica poco più in là.
Entrambe ci voltiamo a guardare. Beth sbuffa ed annuisce.
«Andiamo a pasticciare» ridacchia precipitandosi.
Io osservo la tela bianca davanti a me. Non saprei cosa dipingere. Non è mai stata una mia passione l’arte, anzi l’ho sempre evitata. Mi guardo intorno e noto che persino Beth si sta dando da fare. Acchiappo, così, un pennello e quando la mia attenzione viene catturata da due sagome in lontananza che parlottano tra di loro in mezzo al verde e al colore dei fiori lì intorno, decido di raffigurarli. Sono Dylan e Brian. Sono l’uno di fronte all’altro, ridono fra di loro e si atteggiano in maniera piuttosto amichevole.
Osservando ciò che dipingo mi accorgo che non sono poi così male.


Trascorro un’ora intera prima di finirlo del tutto, nonostante loro siano già andati via.
Beth a fine lavoro si avvicina. E’ piena di pittura in viso. Osserva ciò che ho dipinto e rimane a bocca aperta.
«E’ bellissimo Liz» sussurra.
I bambini si accavallano a massa per guardare ed io mi sento per un attimo apprezzata. Sorrido nell’osservare i loro volti.
«Sono Brian e Dylan» uno di loro punta l’indice contro.
Sgrano gli occhi. «NO» dico con tono deciso.
«Sì, sì prima erano lì» indica poco più distante.
Prendo un lungo respiro. «Davvero? Non li ho visti…» roteo gli occhi.
Un bambino, un po’ timido, sembra starsene più distante dagli altri, con la sua tela fra le mani. Mi metto in piedi e mi avvicino cautamente. Mi inginocchio di fronte a lui e pizzicandogli una guancia dolcemente gli sorrido.
«Piccolo, tu cos’hai disegnato?» Gli accarezzo il capo.
Lui mi mostra il tutto e rimango interrotta per qualche minuto. Sono senza parole.
Sono io, che dipingo, ma nel frattempo che osservo quei due in lontananza.
Mi sento pizzicare gli occhi. A volte i bambini vedono più di quanto l’occhio di adulto possa fare. Questo è strabiliante.
«Me lo spieghi?» Sorrido.
«Tu guardavi loro come se fossero la cosa più bella del mondo» la sua vocina flebile mi fa stringere il cuore, «ma anche tu lo sei e loro non se ne sono accorti» continua.
Strizzo gli occhi e deglutisco rumorosamente. «E’ bellissimo piccolo» annuisco sincera.
Me lo porge. «E’ tuo.»
Ora capisco come sia cambiato Brian. Questo posto, con questi bambini, è tutto una magia. Non avrei mai pensato di potermi emozionare con così poco.
«Io sono Chad» si presenta aumentando il tono di voce.
«Io sono Grace, è un grandissimo piacere conoscerti» so che probabilmente ho gli occhi lucidi.
Mostra un gran sorriso e poi corre via dagli amichetti.
Sono sbalordita.
«Che dolcezza» Beth è accanto a me.
Mi rimetto in piedi e la fisso.
«Quel bambino è stato fenomenale… ti ha mirata al cuore» annuisce convinta.
Socchiudo le palpebre, «devastante» osservo la tela. E’ così bella.
«In ogni caso credo che tu debba andare avanti… senza entrambi» esita la mia amica, accarezzandomi il capo.
Deglutisco. «Senza dubbio.» Decreto.

«Ragazze!» Una voce maschile alle nostre spalle esclama a gran voce.
Ethan sta avanzando verso di noi con camminata svelta. «Che bel lavoro!» Osserva intorno a sé. «Cosa ne pensate del primo giorno?»
«Passabile» commenta Beth.
Non fiato.
«Vi piacerà più avanti» annuisce. «Comunque… Beth… ti chiami così giusto?» La guarda di sottecchi.
«Sì sì» risponde veloce lei.
«Tuo fratello ti sta cercando» dice sorridendole. «Seguimi» le fa cenno di andare.
Beth mi rivolge prima uno sguardo, io le faccio cenno di sì con il capo e lei scappa dietro Ethan.
Acchiappo la mia tela e quella regalata da Chad. Proseguo verso il mio dormitorio, ma senza metter in conto che nel mio cammino potrei incontrare chiunque.
Come non detto. Brian e Dylan sono ancora insieme. Stanno sistemando in un pullman dei sacchi a pelo ed alcuni borsoni. Mi fermo un istante e curiosare. Dylan si accorge di me, mi rivolge un’occhiata e poi torna al suo lavoro. Sussurra qualcosa a Brian che, subito, si volta a guardarmi. Non mostra alcuna espressione. Poco più in là scorgo Beth insieme ad Alexandra.
Corrugo la fronte e dopo di che mi incammino nuovamente.
Rientro nel bungalow e sistemo le tele affianco al lettino. Mi siedo su di esso ed osservo il telefono. Mia madre e mia sorella mi hanno chiamata dieci minuti fa. Chiamo prima Emily.

«Grace!» Esclama lei.
«Ehilà» dico io.
«Come procede?»
«Hmmm… una merda» dichiaro.
«Spiega» la sento sospirare.
«Ti basta sapere che ho come colleghi di lavoro Brian e Dylan» sbuffo strofinandomi un occhio.
Lei tace un istante, poi parla nuovamente. «E’ una congiura.»
«Non me ne parlare» mi metto in piedi e passeggio avanti ed indietro.
«Bè, puoi sempre tornare a casa… lo sai» esita lei.
«No, non concludo nulla scappando» scuoto il capo. «Dylan è fidanzato e neanche mi guarda quasi quasi. Brian, invece, sembra esser diventato il messia» spiego cauta. «E colpo di scena… sono diventati amici» aggiungo.
«No vabbè, Grace… scappa» la sento ridere.
«Non c’è un cazzo da ridere, cretina» mugugno.
«Scusa è che questa è sfortuna vera e propria» commenta onesta.
«Ti ringrazio per la chiamata consolatrice» borbotto irritata.
«E’ tornato Brady, vuoi parlarci?» Chiede.
Annuisco con suono gutturale. Emily mi saluta con tremila raccomandazioni.
«Bamboccia» la voce di Brady è indimenticabile. «Come procede l’inferno?»
«Come fai a saperlo?» Aggrotto la fronte.
«Quando tua sorella mi ha detto dove andassi io sapevo già ci fossero i tuoi amichetti» lo sento ridere con gusto. «Tanto per quanto ne sappia è una cosa passata e conclusa con entrambi, giusto?» Mi provoca. Che stronzo.
«Brandon sei un gran pezzo di merda» sbotto.
«Ti voglio bene anche io, tesoro» sogghigna, «torna presto, Thomas e Nicholas ti mandano un bacio all’aroma di pappa.» Coglione.
«Oh vaffanculo» sbotto.
«Ciao piccola» riattacca con tono dolce.
Rimango attaccata al telefono ancora un istante, poi lo ripongo giù. Mi getto sul letto e sospiro osservando il soffitto.
Che vita di merda.

Quando qualcuno bussa alla porta, balzo giù dal letto. Corro ed apro. Alexandra è lì davanti che mi sorride. Corrugo la fronte e non fiato.
«Ethan ha bisogno di te» dice indietreggiando.
Chiudo la porta alle mie spalle e la seguo. Ethan è poco più in là, affianco al pullman di prima.
«Ascolta… oggi pomeriggio portiamo i bambini in spiaggia, per una sorta di campeggio…però appunto al mare» ghigna gesticolando. «Siccome Beth è impegnata con Alexandra con il corso di cucina, stavo pensando di mandare te, Dylan e Brian...» guarda ammiccante.
Mi si blocca il respiro. Vorrei dire subito no, ma poi annuisco. «Non c’è problema» mi bagno le labbra secche. Socchiudo le palpebre.
«Perfetto, comincia a preparare uno zaino con l’occorrente… vi vedete qui tra mezz’ora» batte le mani e si dilegua.
Osservo il cielo, in cerca di un miracolo, un raggio di sole che mi illumini e mi dia la grazia. Ma quale grazia? Trascorrerò la notte con le due uniche e sole persone che avrei voluto evitare per l’intera estate. Trascorrerò la notte ad imprecare e maledire il giorno in cui ho accettato questo lavoro.


Dopo aver preparato uno zaino con dentro il necessario, mi dirigo al punto di partenza. Dylan e Brian stanno sistemando i bambini dentro.
«Stiamo partendo?» Domando mordendomi il labbro inferiore.
Dylan si volta a fissarmi da capo a piedi. «Alexandra?» Domanda aggrottando la fronte.
«Ha deciso di rimanere qui con tua sorella» Brian gli risponde scattante, dandogli una pacca sulla spalla.
Boccheggia per un secondo. «Sali» dice con tono severo.
Brian accenna una smorfia con le labbra e poi, finalmente, scompaio in uno dei sedili, ovviamente nei posti davanti. I bambini cantano, parlottano tra di loro e ridono come pazzi. Poteva essere una bella atmosfera, se non fosse stato per questo terribile clima di tensione.
E così partiamo. Dylan guida e Brian lo affianca.
«Comunque sarà un’impresa gestirli… sono dei pazzi che si gettano a mare» mormora Brian.
«Bè, faremo la guardia a turno» ridacchia l’altro.
Osservo ed origlio in silenzio.
Brian osserva la strada, «ho sentito che Ethan ha adocchiato tua sorella» gli scompiglia i capelli.
Dylan lo fulmina con gli occhi. «Nah, Beth è con i piedi per terra… non le interessa» accenna una smorfia con il naso.
Questo è interessante!
«E’ semplice… perché secondo te avrebbe mandato con noi Liz anziché Beth?» Brian dice a denti stretti, peccato che io l’abbia sentito ugualmente.
Dylan mi osserva dallo specchio retrovisore centrale. Io abbasso lo sguardo.
«Potevi farmelo notare prima tu, genio» sbuffa Dylan.
Brian risponde con una risatina ed uno scrollo di spalle. «Sono stanco» borbotta.
«Alexandra mi fa passare nottate in bianco» Dylan aumenta il tono di voce. Sono sicura che l’abbia fatto apposta.
Brian gli rivolge una piccola spinta e ghigna, «in allenamento Murphy» commenta malizioso.
Dylan sorride un attimo e poi si fa subito serio.


Tutto ciò continua per un po’, fin quando arriviamo a destinazione. Direi finalmente.
Scendo dal bus e mi preoccupo di mettere i bambini in fila, controllando che non manchi nessuno e soprattutto che non scappino.
Non è facile per niente, contando il fatto che alcuni di loro sono delle pesti.
«Ehi tu» chiamo uno di loro, «dove vai? Fermo!» Lo acchiappo per un braccio.
Lui sbuffa e frigna un po’. Roteo gli occhi e lo tengo serrato al mio fianco. «Se fai il bravo, dopo ti svelo un segreto» mi abbasso e gli sussurro all’orecchio.
Così si ammorbidisce e mi prende la mano. Che bello fare affari con i bambini furbi, peccato che io lo sia più di loro. A testa alta seguo Brian, mentre Dylan sta posteggiando.
Scendiamo in questa lunga ed immensa spiaggia. Per un attimo rivivo i ricordi da bambina, l’odore della salsedine, i piedi nudi sulla sabbia fredda, il sole bollente addosso, i ragazzi che cavalcano le onde. Tutto sembra tornare all’origine.

«Qui sistemiamo le tende» Brian sceglie un punto e si ferma. «Bambini ascoltatemi bene, qui non si scherza, state buoni e aiutatevi a vicenda» li guarda uno per uno. «Non fate i dispettosi, non fate i capricci e non fateci impazzire, perché ad ognuno sennò toccherà una dose di solletico» ride subito dopo.
«Nooo!» Esclamano tuti all’unisono.
«E allora cosa dovete fare?» Gli mostra un orecchio.
«I bravi!» Dicono in coro.
Brian si volta soddisfatto a fissarmi. E’ meraviglioso il suo cambiamento. Non ci credo ancora.
«Ti posso dare una mano» esordisco, mentre lui si adopera.
Mi lancia una busta che contiene una tenda e mi sorride. «Se ne sei capace» commenta.
Così, nella mia ignoranza, ci provo. Ogni tentativo, ahimè, è vano. In qualsiasi modo io sistemi il tutto, risulta sbagliato.
«Togliti, ci penso io» Dylan me la prende di mano e con dei brevi passaggi la monta.
Porto le mani sui fianchi e vorrei quasi urlargli addosso quanto mi stia sulle ovaie e quanto odi questo suo atteggiamento.

Così mi rifugio insieme ai bambini. Cantano una canzoncina tutti in coro e fanno la giravolta. Almeno loro si divertono con poco.
Getto il mio zaino sulla sabbia e li osservo. Fin quando uno di loro mi prende dalla mano.
«Balla insieme a noi» dice con entusiasmo.
Sgrano gli occhi e con una gran risata mi lascio trasportare da quel balletto strambo, che a loro fa tanto ridere.


Un’ora dopo siamo sistemati, grazie ai due simpaticoni che hanno fatto comunella.
Adesso io sarei il nemico e loro sono i santarellini della situazione. E come chiacchierano!
Non la smetto di ripetere nella mia testa la parola “mah”. Sul serio mi sembra tutto un fottuto incubo, ma poi mi strofino gli occhi e no… è la realtà.
Una scomoda realtà.

Trascorriamo il pomeriggio a cercare di accendere due falò. Poi Brian e Dylan spartiscono la cena ai bambini, a base di panini imbottiti di varie schifezze. Loro li adorano per questo.
«Tieni» Dylan con occhi bassi me ne porge uno.
«Ti viene così complicato alzare lo sguardo?» Rimango immobile.
Ed è in quell’istante che alza il capo. Mi fissa dritto negli occhi. «Hai fame o no?» Domanda irritato.
Con violenza glielo strappo di mani, mi osserva sbalordito dal gesto, mentre in lontananza Brian si gode la scena con le mani sui fianchi.
Mi siedo intorno ad un falò, in quello in cui non c’è nessuno. I bambini sono radunati nell’altro. Rimango, così, da sola. Mordo il panino e mastico lentamente, mentre fisso la fiamma ardente di fronte a me. Poi alzo gli occhi al cielo, sta imbrunendo.


«Perché sei triste?»
Mi volto e mi accorgo del bimbo del disegno. Si siede al mio fianco, sfila la carta del panino e gli dà un morso. E nuovamente il mio cuore diventa minuscolo.
«La mia mamma dice sempre che la vita è una, è bella e si deve sorridere sempre» a quel punto sorride, nonostante abbia ancora il boccone fra i denti.
Scuoto il capo e scoppio a ridere. Gli accarezzo il volto e sospiro.
«La tua mamma ha proprio ragione» mormoro con voce rauca.
«E allora perché tu non sorridi?» Domanda ingenuamente.
Osservo di fronte a me, il mare. «A volte capita di essere pensierosi…» scrollo le spalle.
«Quando la mia fidanzatina mi ha lasciato ero pensieroso allora» sussurra.
«Questa bambina deve essere stata proprio una stupida» gli scompiglio la chioma dorata.
Lui alza il capo e mi fissa. «Anche il tuo fidanzato ti ha lasciato?» Sbatte le ciglia più volte e poi morde nuovamente il pane.
Scuoto il capo. «Sai a volte nella vita si fanno delle scelte e poi si pagano» deglutisco.
«E che scelte?»
Impossibile non spostare lo sguardo su Brian e Dylan. Quest’ultimo ha una chitarra fra le mani, la sta suonando e i bambini lo seguono cantando.
Chad, il piccolo, si accorge di me. «Io preferisco Brian» ridacchia.
Corrugo la fronte. «Che?»
«Brian è dolce… mi dice sempre che da grande sarò un uomo forte come lui, che le donne saranno ai miei piedi e mi ripete sempre di combattere quando voglio qualcosa» annuisce, «e poi dice di non giocare mai con i sentimenti, ma io ancora questa cosa non l’ho capita» accenna una smorfia e si gratta il capo. Rido.
«Io sì» sussurro.
«Dylan… invece è troppo serio, non ride quasi mai...» mastica, «come te, pensieroso» sottolinea quella parola e sorride. Sarà sicuramente un nuovo vocabolo per lui. «Papà mi ha detto che quando voleva la mamma, si nascondeva nel cortile della scuola e la guardava da lontano… poi lei si è accorta di lui e si sono innamorati» questo bimbo parla tantissimo, ma adoro ciò che dice, mi fa sentire leggera come su di una nuvola. «Se ti fai vedere che li guardi forse uno di loro s’innamorerà di te» l’ingenuità dei bambini non ha limite, ma ci sono situazioni che loro riescono a captare prima di noi, ci sono problemi che per quanto possano sembrare insormontabili, con la loro logica sono risolvibili con poche e semplici mosse. Il mondo dei bambini è come l’isola che non c’è.
«Va bene Peter Pan» gli faccio l’occhiolino.
«E’ il mio cartone preferito!» Esclama esultando.
«Giura, non ci avrei mai pensato» scoppio a ridere.
Tutto ciò attira l’attenzione dei presenti, poco più distanti. Noto Brian percorrere a piedi scalzi quel poco di spiaggia che ci divide. Avanza verso di noi.
«Ometto» si abbassa e gli scompiglia i capelli. «Non si infastidiscono le altre bambine» dice sarcastico.
Lo fulmino con gli occhi.
«Volevo dire donne» si corregge osservandomi di sottecchi.
«Non si interrompono le discussioni importanti» fa lui sapientone.
Brian spalanca la bocca, «discussioni importanti» si massaggia il mento. «Gli stavi raccontando della pipì che fra poco ti farai addosso?» Detto ciò lo acchiappa dai fianchi e gli fa il solletico. Poi lo prende in braccio e lo fa volteggiare. Chad non la smette di urlare e ridere.
«Mettimi giù» singhiozza.
Così obbedisce. «Di cosa parlavate quindi?» Lo siede sulle sue gambe, accanto a me.
Chad mi osserva complice, io assottiglio lo sguardo.
«Mi stava raccontando di quanto fossi cattivo con questi bambini» dico ammiccando.
Brian inclina il capo da un lato ed accenna un sorriso sghembo. «Chad ma cosa dice questa plebea?»
Chad non riesce a trattenere una fragorosa risata. «Le ho detto che tu sei più simpatico di Dylan» balbetta.
«Oh non è vero…» Brian mi scruta. «Siamo diversi» ne approfitta per rivolgermi un’occhiata d’intesa.
«Io credo che se siete così amici, non siete poi così diversi» questa è una frecciatina bella e buona.
Brian abbozza un sorriso. «A volte il tuo peggior nemico può diventare un buon amico» ribatte.
«Specie se il diavolo diventa qualcun altro» dico di rimando annuendo.
Chad non la smette di fissarci incuriosito e confuso.
«Dai ometto raggiungiamo gli altri» gli da una pacca sul sedere e lui corre verso gli amichetti. Brian si mette in piedi e mi guarda dal basso. «Nessuno è un santo qui» commenta.
Mi alzo scrollandomi la sabbiolina di dosso. «Brian vorrei semplicemente trascorrere un’estate spensierata…» sussurro onesta.
Si tiene a distanza. «Nessuno te lo vieta» alza le spalle.
Accenno una smorfia con le labbra, «ah no?» Faccio cenno con la testa dietro di lui.
Si volta e nota Dylan. «Evidentemente non vuole averti più tra i piedi» spiega.
«E tu?» Chiedo incrociando le braccia al petto.
«Indifferente» risponde scattante. Perché non ci credo?
Prendo un lungo respiro e non fiato.
«E’ stato tutto uno sbaglio, conoscerci, scherzare, fantasticare, provocare, provare e riprovare» gesticola, «quando due persone sono destinati a stare insieme, in un modo o nell’altro questo accadrà. La stessa cosa vale per Dylan.»
«Carina questa comunella» sbotto nevrotica.
«Non puoi avercela con noi se siamo andati avanti dopo aver ricevuto un rifiuto. Credo che per entrambi tu fossi qualcosa di importante, anche se lo dimostravamo diversamente» aumenta il tono di voce, «ma tu non hai preso parte, mai.»
Tiro su con il naso. «E questo è un buon motivo per esser evitata?»
«Dagli del tempo... per quanto riguarda me è già acqua passata» si morde il labbro inferiore. «Insomma Liz… sei sempre Liz, siamo amici» parla tranquillo.

Quando cala la notte, dopo una manciata di storielle di paura, di avventura e comiche, i bambini si addormentano nelle rispettive tende. Brian e Dylan si tuffano in acqua per un bagno e poi ritornano a sedersi intorno al falò. Hanno entrambi due fisici mozzafiato, i miei occhi potranno anche spostarsi altrove e far finta di nulla, ma il mio cervello non riesce ad evitare certe immagini.
«Puoi dormire» parla Dylan.
Alzo lo sguardo ed incrocio il suo. «Non ho sonno, faccio da guardia» sospiro.
«Io vado» Brian si asciuga per l’ultima volta con il telo da mare e poi ci congeda.

Rimaniamo distanti e silenziosi. Si sente solo il rumore delle onde e quello della fiamma che arde. Non mi muovo di mezzo centimetro.
«Come stai?» Parliamo insieme.
Ci fissiamo.
«Io bene» annuisce lui.
«Anche io» boccheggio. «Sono contenta per voi» sottolineo.
«Grace non cominciare» esordisce con tono severo. «Fai finta che non sia successo niente tra di noi, che siamo conoscenti e che…» balbetta. «Insomma non c’è mai stato un cazzo in realtà» scrolla le spalle.
Socchiudo le palpebre. «Hai ragione. E’ quello che penso anche io» mi zittisco subito dopo, ma noto che sul viso spunta un’espressione sconcertata, come se non si aspettasse che io lo assecondassi.

Ho preso una decisione. Non ha senso fare la carina, la comprensiva e all’apprensiva.
E’ vero. Se loro non vogliono avere a che fare con me, la colpa è mia, ma sfido chiunque a mettersi nei miei panni ed uscirne vivo. In un modo o nell’altro avrei perso uno di loro, ma come si fa a pensare ciò?
Forse sono stata un’egoista. Ho pensato solo per me, senza curarmi dei loro sentimenti, ma loro adesso stanno bene. Io no.
Questa storia deve cambiare, al più presto.
Nessuno può compromettere la mia felicità, devo smetterla di farmi condizionare dalle emozioni.


 
Angolo autrice.
Buon pomeriggio! Buon inizio d'estate a tutti! 
Come state? Che ne pensate del secondo capitolo?
Alla prossima, un bacione!
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: alessandras03