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Autore: Alice95_    30/06/2016    6 recensioni
Una giovane Kate Beckett alla ricerca di una notte da dimenticare, si trova davanti a una persona che invece si ricorderà per il resto della vita.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Altro personaggio, Kate Beckett, Martha Rodgers, Richard Castle
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
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Kate si trovava in piedi, più nervosa che mai, davanti alla porta di suo padre, armeggiando con le chiavi. L’aveva chiamata una settimana fa, chiedendo di dargli un’altra possibilità e promettendole che sarebbe stato un padre migliore. Promettendole nuovamente che questa volta non l’avrebbe lasciata andare e per quanto Kate voleva credere che fosse vero, l’anno passato le aveva insegnato di non credere alle false speranze. Ancora non poteva credere alla piccola voce nella sua mente che le diceva che forse questa volta sarebbe stato veramente meglio. Forse questo era il giorno in cui potevano ricominciare da capo. Lo sperava veramente perchè aveva qualcosa di importante da dirgli.

“Katie”, suo padre aprì la porta per lei, prima che lei potesse entrare dentro. “Sono così felice che sei venuta”.

“Hey papà”, provò a sorridere, ancora non riusciva a non cercare i segni tipici che le dicevano che stava ancora bevendo. Fu sollevata quando non riuscì a trovare niente.

“Entra”, Jim Beckett la introdusse all’interno lungo il corridoio e infine verso il salotto. Tutto era esattamente come se lo ricordava. Suo padre non aveva cambiato niente nella sua casa d’infanzia da quando era morta sua madre.

Seduti uno di fronte all’altro, nessuno dei due sapeva cosa dire, non sapendo come interagire con l’altro dopo tante delusioni e tanto dolore. Lo scorso anno aveva portato un sacco di danni al loro rapporto e nessuno dei due sapeva come risolvere il problema.

“Ti trovo bene”, Kate finalmente ruppe il silenzio imbarazzante che si era creato tra di loro, offrendo un sorriso a suo padre.

“Mi sento meglio”, annuì. “Sto andando agli incontri”.

“Questo è bellissimo papà”, Jim non mancò di notare l’entusiasmo nella sua voce.

“Questa volta voglio farcela Katie. Te lo prometto”. Le sue parole erano sincere mentre cercava di convincerla.

“Sono contenta”. Sperava veramente di potersi fidare di lui, credere che questa volta sarebbe stato diverso. Ma lei aveva perso la sua fiducia e convinzione da qualche parte lungo la strada.  Qualche  volta lo odiava per averle fatto attraversare tutto questo. Non poteva smettere di maledirlo per non essere stato più forte, per averla lasciata sola, ma era il suo papà ed era tutto quello che aveva lasciato. Così lei continuava a tornare, mettendo il suo cuore in bilico su una corda, sperando di non vederlo cadere e rompersi di nuovo.

“C’è qualcosa che devo dirti”. Cambiò argomento, arrivando al vero motivo per cui era andata lì.

“Certo, certo”, intrecciò le mani. “Di che cosa mi vuoi parlare?”.

“Papà, io….”, tagliò la frase a metà.

“Sai che ho trovato una scatola piena di libri che amava tua madre?” le disse con entusiasmo. Si alzò prima che lei potesse fermarlo, scomparve lungo il corridoio tornando un minuto dopo con una grande scatola che aveva le parole “libri/magazzino” scarabocchiate su di essa.

“Si, uhm…grazie”, Kate lo vide lasciare la scatola accanto alla porta prima di risedersi sul divano. Notando un suo disagio apparente, che non era mai un buon segno, si rese conto che doveva farla finita. “Papà, sto lasciando il college”.

Questo fermò lil suo disagio, “Katie?”.

“Voglio unirmi all’accademia di Polizia”, disse velocemente prima di perdere il coraggio.

“Questo è per la tua l’università? Vuoi tornare a Stanford?” chiese. “Se lo vuoi, non mi permetto di fermarti. Mi andrà bene”. Ad un tratto si alzò in piedi, fissandola dall’alto verso il basso.

“Non è per la Stanford o l’Università di New York”, sospirò, “Io voglio fare questo”.

“Un’ufficiale di polizia?” chiese Jim Beckett, sedendosi di nuovo, i suoi occhi ora deviarono verso le sue mani. “Hai sempre voluto diventare un avvocato. La prima donna giudice capo. Amavi Stanford. Non capisco. Questo è sempre stato il tuo sogno Katie. Tua madre…” Kate lo interruppe.

“Le cosa cambiano papà. Voglio fare di più che presentare qualcuno in una stanza della corte. Voglio fare la differenza. Voglio unirmi alla polizia di New York e diventare detective un giorno”.

“Questo lo fai per tua madre” sospirò e non era una domanda.

“No!” esclamò Kate, alzandosi e iniziando a camminare verso il divano. “Forse. Non lo so. So solo che lo devo fare. Voglio fare questo e so che mamma sarebbe fiera di me. Lei avrebbe voluto facessi una cosa che mi rendesse felice”. Sapeva che non era stata onesta, con se stessa e con suo padre. Questo era solo per sua madre.

Jim la guardò, gli occhi umidi, “è pericoloso””.

“La vita è pericolosa”, rispose lei con amarezza.

“Kate”, lo fermò, alzando la mano.

“Non sto chiedendo il tuo permesso o la tua benedizione. Ti sto semplicemente informando del fatto che questa primavera mi unirò all’accademia di Polizia e che non tornerò al college”.

 

———————————

 

Jim non ne fu entusiasta, ma non mise su nemmeno una grande lotta e questo Kate lo vide come un successo. Suo padre avrebbe imparato a vivere con la sua decisione, ma in questo momento doveva concentrarsi su qualcos’altro. Seduta nel salotto del piccolo appartamento che aveva affittato dopo il ritorno da Stanford, aveva la scatola con i libri di sua madre di fronte a lei e cercava di trovare il coraggio per aprirla. E’ passato più di un anno, dovrebbe essere più facile giusto? Solo che non lo era affatto.

Prese un profondo respiro, aprì il coperchio e vide la collezione di sua madre di Jane Austen. Sentì cadere le lacrime silenziosamente lungo le guance, ma non si preoccupò di mandarle via mentre accuratamente posizionava un libro dopo l’altro sul tavolino.

Quasi raggiunto il fondo della scatola le sue mani raggiunsero un libro che aveva visto spesso sul comodino di sua mamma. Sorrise al ricordo.

 

Richard Castle

In a Hail of Bullets
 

Richard Castle, l’autore preferito di sua mamma. Kate non aveva mai letto uno dei suoi libri, non aveva mai capito cosa ci trovasse sua mamma. Nemmeno del perché leggerli il giorno stesso che venivano rilasciati. I romanzi polizieschi avevano un grande appiglio in lei. Girandolo tra le mani si congelò alla vista della foto dell’autore. Quei familiari occhi blu le sorrisero. Era lui. Rick.

Aveva avuto una notte di sesso con l’autore preferito di sua mamma durante l’anniversario della sua morte. Alzò lo sguardo e sospirò, qualcosa tra una risata e un singhiozzo uscì dalle sue labbra, “Ditemi che è uno scherzo”.

Aveva pensato molto a lui durante le ultime due settimane, non riuscì a negarlo, almeno non a se stessa. I suoi occhi blu avevano trovato rifugio nei suoi sogni ed era stata tentata di tornare in quel bar  per vedere se l’avrebbe trovato di nuovo. Ma non lo fece e non lo avrebbe fatto. Soprattutto dopo aver appreso chi era veramente, non c’era motivo per cui lei lo avrebbe dovuto vedere di nuovo. Questo era tutto troppo strano.

Portò il libro a letto con lei quella notte, lo cominciò a leggere e non lo mise da parte finché non arrivo  all’ultima pagina nelle prime ore del mattino. Si stabilì una sorta di pace in lei, qualcosa che non sentiva da almeno un anno e all’improvviso capì quello che sua mamma trovava nei suoi libri.Conforto.

Ogni volta che sua mamma sentiva che la legge aveva fallito, ogni vota che vedeva ingiustizie e non aveva il potere di cambiare le cose trovava rifugio nei suoi libri, perché nelle sue storie, disse una volta a Kate, c’era sempre giustizia e le persone buone vincevano sempre.

Aprì il libro ancora una volta, lasciando scorrere le punte delle dita sopra la prima pagina, una dedica scarabocchiata apparve sotto il titolo.

 

A Johanna,

non lasciarti abbattere.

Ogni vittoria, se pur piccola, è sempre una vittoria.

Lo scopo è cercare di fare la differenza.

Ce la farai.

Rick Castle

 

Sua mamma deve avergli detto qualcosa quando è andata alla firma del suo libro, forse aveva avuto un giorno difficile in tribunale o qualcosa di simile che le aveva dato fastidio, perchè la dedica era troppo personale per essere qualcosa che avrebbe scritto su qualunque prima pagina.

Stringendo il libro al petto, si lasciò uscire un singhiozzo, le lacrime cominciarono a cadere di nuovo. Due settimane fa aveva sperato in una notte da dimenticare. Ora stava diventando una notte da ricordare.

—————

Non poteva essere. Non deve essere. Le stesse parole attraversavano la sua mente, più e più volte. Come un mantra. 

Doveva essere un sogno. Era abbastanza sicura che si sarebbe svegliata da un momento all’altro per rendersi conto che era stato solo un incubo. Solo che non lo era. Non si svegliò mai. E dovette affrontare la realtà, era davvero incinta. Il dottore lo aveva confermato a lei venti minuti fa.

Lasciando l’ufficio medico in fretta si trovò a vagare senza meta lungo Central Park. Era una calda giornata di metà aprile, ma lei sentiva freddo, si sentiva persa e sola. Cosa doveva fare? Era troppo giovane per fare tutto questo da sola. Chi voleva prendere in giro? Era troppo giovane per fare questo, punto. Aveva dei piani. Aveva appena superato l’esame di abilitazione per l’Accademia di Polizia. Doveva iniziare il mese prossimo. Le cose avevano cominciato finalmente ad andare bene per lei e ora questo.

Non riusciva a capire come era potuto accadere. Lei prendeva la pillola e lui aveva usato la protezione, non era stupida. Ma forse la seconda volta, forse…non riusciva a ricordare, all’improvviso i ricordi di quella notte diventarono sfocati. L’unica cosa in cui riusciva a concentrarsi erano i suoi occhi azzurri. Lui e i suoi occhi azzurri, dannazione non riusciva a dimenticare quegli occhi che l’avevano perseguitata nei sogni i mesi scorsi.

Perchè? Perché lei e perchè adesso? Non aveva già passato abbastanza merda? Lacrime amare cominciarono a scorrere sul suo viso, quando finalmente trovò una panchina dove sedersi. Le asciugò furiosamente. Aveva bisogno di pensare, non poteva permettersi di avere un crollo in questo momento. Aveva bisogno di prendere una decisione, solo che non c’erano grandi opzioni per lei. Non poteva farlo. Non poteva crescere un bambino in questo momento. Non c’era nessun modo. Così prese un respiro tremante, spingendo se stessa ad alzarsi dalla panchina, prese la strada in direzione della sua casa.

Aveva bisogno di fissare un appuntamento, prima lo avrebbe ottenuto meglio era.

————————————————————-

Quella notte pensò a lui. Ormai aveva letto tutti i suoi libri, alcuni anche due volte e come il primo le avevano dato tutti quella pace che nessuno era stato in grado di darle dalla morte di sua madre. Non poteva fare a meno di chiedersi cosa Rick avrebbe pensato di questa cosa. Cosa avrebbe fatto se avesse saputo. Avrebbe cercato di convincerla a tenerlo? Se ne sarebbe preso cura? Era stata solo una notte. Entrambi erano stati chiari su questo. Non c’era alcun motivo per cui a lui dovesse importare.

Aveva letto del suo divorzio sui giornali un paio di settimane dopo la loro notte, per un momento si era chiesta se fosse stata lei la ragione prima di leggere che erano ormai separati da un anno. Ne fu sollevata, anche se non riusciva a spiegarsi il motivo per cui le importava così tanto il fatto di non essere stata il tradimento di un marito ma bensì il conforto per un estraneo, proprio come aveva fatto lei quella notte. Tuttavia lui ora era padre di una bambina di cinque anni e avere a che fare con una donna di una notte incinta del suo bambino probabilmente sarebbe stata l’ultima cosa che voleva o doveva affrontare in questo momento.

Ci fu ancora un attimo in cui considerò di entrare in contatto con lui, ma alla fine aveva paura che l’avrebbe mandata via come fosse una nullità, o peggio, che sarebbe stata accusata di avere altre motivazioni. Dopo tutto dal venerdì di questa settimana non ci sarebbe stato nessun motivo per il quale avrebbe dovuto informarlo, aveva preso la sua decisione.

——————————-

Venerdì arrivò e lei non si presentò. Non poteva. La vita era troppo preziosa e Kate lo sapeva meglio di chiunque altro. Non riusciva a convincersi di alzarsi e andare in ospedale.

Rimase a letto a fissare il soffitto tutto il giorno. Con “In a hail of bullets” stretto al petto non riusciva a smettere di chiedersi se tutto questo non fosse uno scherzo cosmico che aveva fatto erigere sua madre. Non credeva nel destino, non più, ma in qualche modo non era in grado di scollarsi di dosso la sensazione che forse non era stata sfortunata dopo tutto.

Kate aprì il libro ancora una volta, lesse la dedica per altre cento volte. Tre piccole parole sporgevano sulle altre.

 Ce la farai.

 

Stava per diventare madre e aveva bisogno di un piano.

   
 
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