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Autore: _kjam_    01/07/2016    5 recensioni
Lucy Heartfilia è una normale ragazza di diciassette anni, alta, bionda e ben formata. Una bella ragazza, insomma. Ha solo un piccolo problemino: i ragazzi.
Non riesce proprio a relazionarsi con l’altro sesso.
E quando avrà bisogno di una mano per conquistare Loki, suo amico d’infanzia di cui è stracotta, Lucy sarà costretta a chiedere aiuto al playboy dell’istituto, Natsu Dragneel, che sembra saperci fare con le questioni amorose. Anche se non lo sa nessuno.
In una scuola dove la gente è più stramba che altro, potrà nascere una complicità tra questi due, totalmente diversi?
Oppure il loro “piccolo segreto” capitolerà inesorabilmente?
*
A causa della sua “bellezza” e della sua “galanteria” era bramato da qualunque essere (vivente e non) presente in quei pochi metri quadrati. Per questo appariva insopportabile agli occhi di Lucy. Se avesse chiesto aiuto a uno come lui… Oh, non voleva neanche immaginare… L’avrebbe presa per il culo, o peggio, avrebbe raccontato tutto in giro…
[…]
«Stai scherzando, vero?» disse la bionda, inclinando le labbra in una smorfia. Cana scosse la testa.
«Almeno provaci…»
Genere: Commedia, Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lucy Heartphilia, Natsu, Un po' tutti
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due ~ What?!
 
«Eh?»
Lucy sbattè le palpebre più volte.
Co- Come? Cosa vuol dire?
Era assolutamente impossibile! Cana aveva detto che loro due… Impossibile!
C’era qualcosa che non andava… Decisamente…
«Ehm, puoi anche lasciarmi la mano. Se vuoi…»
Era vero. Teneva ancora ben stretta la mano di Natsu. Ma non l’avrebbe lasciata. Era ancora troppo turbata.
Che razza di droga si è preso per dire di essere vergine?!
«Ehi, mi senti?»
Natsu continuava a strattonarla, eppure lei non accennava a muoversi. Aveva la bocca mezza aperta; sembrava in uno stato comatoso.
«Scusa, ma- ma cosa intendi?» riuscì a dire, stropicciandosi gli occhi con la mano libera.
Il rosato alzò un sopracciglio. «Sono vergine, cosa c’è di tanto strano? Mi hai appena detto lo stesso di te!»
«Ma Cana. E le lezioni sul sesso e… E Cana!»
«Cosa c’entra Cana?» chiese il rosato, scuotendo la testa, confuso.
E te lo dovrei spiegare io?!
«Cana mi ha detto che siete andati a letto insieme!» disse la bionda, alzando la voce.
Natsu sgranò gli occhi. «Cosa?!»
E Lucy avrebbe anche detto che non ci stava capendo davvero niente di come fossero andate le cose, se non fosse che qualcuno d’inaspettato decise di bussare sonoramente alla porta proprio in quel momento.
«Fiammifero, apri questa porta! Io e il ghiacciolo qui ci siamo dimenticati le chiavi!»
«Come mi hai chiamato ferraglia?!»
«Cazzo.» ringhiò il rosato, notevolmente preso dal panico, mentre spostava lo sguardo dalla porta a Lucy e viceversa.
«Che succede?» chiese Lucy, ancora scioccata.
«Non puoi stare qui!» sussurrò il rosato, attento a non farsi sentire e afferrandola per le spalle «C’è una porticina nella mia stanza, nasconditi lì!»
«Fiammella! Muovi il culo e apri questa porta!»
Lucy rimase bloccata.
Quale porticina?
Quale stanza?!
«Vai!»
Natsu le fece segno di proseguire, agitando freneticamente le mani.
Dove diamine devo andare?!
La ragazza girò su se stessa, senza sapere bene cosa fare. Poi, con le braccia al vento, corse verso un corridoio, prima di sentire la porta schiudersi.
«Era ora! Perché ci hai messo tanto ad aprire?»
«Avevo le cuffie alle orecchie, ghiacciolo! La prossima volta ricordati le chiavi!»
Merda, merda, merda!
Si guardò intorno, cercando disperatamente un qualcosa che assomigliasse a una stanza da letto.
Si rese conto di essere alla fine del corridoio e, presa dall’ansia, s’infilò nella prima porta socchiusa che trovò.
«Perché hai preso le mie tisane, fiammifero?!»
Merda!
Grazie alla sua immensa fortuna (forse) la stanza in cui era entrata era proprio una stanza da letto. Tutto regolare. C’erano tre letti, vestiti sparsi qua e là, un bagno e cose da stanza da letto. C’era solo un piccolo problema…
Dove cavolo è la porticina?!
Avrebbe certamente cercato meglio, ma quando sentì dire: “Mi scappa, devo andare in bagno”, da qualcuno che non era Natsu, realizzò che il bagno era proprio nella stanza.
La stanza dov’era lei.
Ah, dannazione! Odio questa vita!
Decise, allora, di usufruire dell’unica porticina presente nella camera. Quella dell’armadio. Sì, avete capito bene, entrò dentro l’armadio, neanche stesse cercando Narnia.
Appena chiuse le ante, si ritrovò sommersa da vestiti (maschili, ovviamente) e da un’indecifrabile puzza di sudore e muffa. Più sudore, in realtà.
Trattenne il fiato (incredibile!) quando udì che qualcuno era entrato, sbattendo con forza la porta del bagno.
«Finalmente!», gli sentì dire, probabilmente quello doveva essere Gray. O forse Gajeel?
Capì che qualcun altro era nella camera, e a quel punto si rese conto che tutti e tre i coinquilini erano lì dentro.
«Muoviti Gray, scappa anche a me!»
Sì, quello nel bagno era sicuramente Gray. E quello che aveva parlato doveva essere Gajeel.
Certo che ha davvero un gran vocione per uno che piange la notte!
I suoi pensieri, però, furono interrotti quando, con suo terrore, l’armadio venne spalancato proprio da Gajeel, con una maglietta arrotolata nella mano.
All’inizio rimase interdetta: aveva piercing dappertutto, capelli lunghi fino ai fianchi e degli occhi rossi facilmente attribuibili ad uno stupratore seriale.
E questo qui dovrebbe essere un fanatico delle tisane rilassanti?! Non è che gliel’ha prescritto la polizia per paura che compisse altri omicidi?!
Ma quando comprese di essere in bella vista, cercò con lo sguardo Natsu, in una chiara richiesta di aiuto.
Quest’ultimo, già nervoso, stava fissando il pavimento con aria pensierosa. Fu solo un caso, ma quando vide la biondina nell’armadio, con Gajeel davanti che, chinato, non si era accorto di nulla, si raddrizzò sul posto, gli occhi diventati due palloni. Ma non le aveva detto di nascondersi nello sgabuzzino?!
La povera Lucy serrò le palpebre. Solo pochi secondi e quell’energumeno l’avrebbe trovata avvolta negli abiti appesi. I suoi abiti.
Ma per fortuna, Natsu lo precedette.
Lucy lo vide solo afferrare una felpa, usarla per coprire la faccia del compagno, per poi farle cenno di scappare.
«Che cosa fai, idiota?!» urlò il corvino, cercando di liberarsi.
Fu un attimo.
La ragazza sgusciò repentina dal suo nascondiglio, scavalcò i due giocatori riaversi sul pavimento e corse via. Superò il corridoio, arrivò alla cucina, dove c’era ancora la sua borsa, buttata sotto una sedia, nel tentativo di renderla invisibile. La raccolse con un gesto veloce, prese fra le dita la maniglia fredda e spinse con forza.
Senza rendersene conto, si ritrovò in ginocchio, con la porta dietro le spalle e il fiatone che le faceva bruciare i polmoni.
Era appena accaduto un miracolo.
Ma gliene sarebbe servito un altro, visto quello che stava per fare.
 
*
 
Cercò di salire le scale senza avere un collasso.
Era corsa fino al suo dormitorio, nella speranza di poter fare una bella doccia fresca e di schiarirsi le idee.
Tentò di ritrovare la chiave magnetica della sua camera nella tasca, ma lì non c’era niente, a parte gli innumerevoli fazzoletti usati. Era appena uscita da un brutto raffreddore.
Magari era nella borsa.
Dannata chiave magnetica, come fa a sparire sempre?
La sua stanza e quella della sua coinquilina Juvia, era l’unica ad avere una chiave magnetica invece che una normalissima chiave. Questo perché, visto che erano molto fortunate, due anni prima, furono le ultime ad arrivare. I posti erano limitati, e non c’era luogo in cui lasciarle dormire. Tranne uno, in realtà. La vecchia camera dell’inserviente, all’ultimo piano del dormitorio femminile. Per fortuna, poteva occupare un limite di due persone, e così Lucy e Juvia finirono insieme.
Non che la loro convivenza fosse proprio nella pace degli angeli, ma non lo sarebbe per nessuno, poiché avevano la camera davanti a quella di Erza Scarlet, reginetta di scherma.
Nonché addetta alle prove di emergenza.
In pratica, doveva anche stabilire la tranquillità all’interno del dormitorio.
Un incubo.
Alla fine, la chiave era nella parte esterna del giubbotto.
Stupida.
Passò la carta sulla serratura e spinse. Niente. Come al solito la porta era bloccata.
Juvia aveva fatto presente più volte al preside che avere una porta che si chiudeva o si apriva a piacimento non era molto sicuro. Ma, nonostante la serratura rotta, nessuno si era mai degnato di aggiustarla.
Poggiò la fronte sul legno.
«Juvia! La porta è bloccata!» gridò, esausta.
Non rispondeva. Magari anche lei stava facendo una doccia. Juvia ci metteva anche ore sotto il flusso d’acqua. L’adorava.
«JUVIA!»
Ma lei aveva bisogno di Juvia, in quel momento. Al diavolo la doccia!
«Juvia arriva fra un minuto!» le sentì dire.
Per fortuna niente doccia, o poteva pure morire sulla moquette.
Ancora non capiva perché parlasse in terza persona. Che avesse una doppia personalità?
Possibile.
La blu camminò fino alla porta, la forzò per qualche minuto, ma senza risultati.
«Juvia non riesce»
«Oh dannazione!» disse la bionda, fra i denti.
«Juvia si chiede perché proprio a noi questa tortura!»
Me lo chiedo anch’io.
«Lucy, la maniglia qui è proprio bloccata!»
Lucy sbuffò pesantemente. Era proprio destino.
«Ehm, senti Juvia, torno dopo, tanto dovevo fare delle commissioni» affermò.
«Okay, Juvia è sempre qui»
La bionda sorrise, prima di ritornare alle scale. Juvia era buona quando voleva.
Quando vuole…
Diciamo che non era proprio quel tipo di persona… calma, ecco.
Era esattamente il contrario.
Ad esempio, se trovava anche solo uno straccio fuori dal suo posto, Lucy rischiava seriamente di essere strangolata dalla sua coinquilina.
Seriamente.
Non che la fissa di Juvia per l’ordine fosse solo un male, d’altro canto buona parte della stanza era sempre sistemata.
Tranne la parte di Lucy. Lei era un caso perso.
Insomma, Juvia non era proprio sana di mente. Ogni tanto, anzi, molto spesso, la blu tornava di sera tardi, sostenendo di andar a trovare un suo vecchio amico agli allenamenti di basket. Ma Lucy sapeva che c’era qualcosa sotto. Juvia non amava le persone, tendeva più ad essere indifferente. E poi, se avesse avuto un amico così “intimo”, gliene avrebbe parlato. Le avrebbe accennato almeno il nome. Invece niente. Proprio nulla. E poi, che motivo aveva di portarsi sempre dietro quell’ingombrante macchina fotografica dell’87? E perché, ogni santa mattinata, la trovava seduta sul letto, a sfogliare ammaliata un libretto, che teneva ben riposto in un cassetto? E perché quel cassetto era sempre chiuso a chiave?
Ma probabilmente la bionda si faceva solo troppi problemi al riguardo.
Respirò a pieni polmoni (non con poca ansia), quando si ritrovò davanti alla porta di Cana.
Forse, quello sarebbe stato il suo primo litigio con lei. Forse, sarebbe finita male. Avrebbe rovinato un’amicizia.
Ma cazzo! Io voglio sapere la verità!
Spalancò la porta, sapendo benissimo, date le abitudini, che la ragazza la teneva sempre aperta.
«Dove diamine sei? Vieni fuori Cana!» gridò, togliendo la giacca e buttandola sopra il divanetto di pelle nera.
«Chi accidenti è?!» la sentì urlare.
La figura della bruna spuntò da dietro una colonnetta, una gamba tesa e dello smalto rosso in mano.
«Ah, sei solo tu!» sospirò, rivolgendole un sorriso. «Sono contenta che tu sia qui! Com’è andata con il tuo “nuovo maestro”?»
«Sei contenta che io sia qui? Davvero?» domandò Lucy, chiaramente sarcastica. «O stai mentendo anche su questo?»
Cana assottigliò lo sguardo «Che intendi dire?»
«Perché mi hai detto che sei andata a letto con Natsu?»
«Perché è così» disse l’altra scuotendo le spalle.
«No che non è così, Cana! Sappiamo benissimo tutte e due che non è così!» ringhiò la bionda, stringendo i pugni.
Odiava quando la gente le mentiva. Le ricordavano troppo suo padre.
«Dovresti saperlo tu? Non ricordavo fossi con noi!» affermò la bruna, cominciando a irrigidirsi.
«No, non ero con voi, e neanche ci tengo! Ma la prossima volta, invece di ingigantire tutto, prova ad essere sincera, almeno con me! E smettila con queste tue manie di protagonismo!»
Cana stette in silenzio per qualche secondo.
La bionda aveva capito benissimo che era irritata.
Eppure non si sarebbe fermata.
Oh no che non l’avrebbe fatto!
Prima avrebbe dovuto sfogarsi di brutto.
«E sentiamo…» sussurrò l’amica, sedendosi sul bordo del letto «… quale sarebbe la verità che io non mi sono degnata di farti presente?»
Lucy deglutì.
«Natsu mi ha detto che è vergine. Non ha idea di essere andato a letto con te» disse.
«Mmh… E tu hai pensato bene di credere ad una persona che hai appena conosciuto, invece che a me?»
…Cazzo…
Non le era proprio passato per la mente. Natsu sembrava così sincero, che non avrebbe mai e poi mai affermato che stesse mentendo. Eppure lei lo aveva visto una decina di volte. E ci aveva parlato solo una. Mentre Cana, beh, non ricordava neanche quando l’aveva conosciuta, tanto la data era lontana. Ma non poteva mica ammettere la sconfitta…
«Allora dammi la prova! Descrivi nei dettagli quel che è successo, e io ti chiederò scusa!» asserì.
Avrebbe immaginato Cana, in un momento di determinazione, che si alzava trionfante e sicura di sé e che faceva disegnini sconci sui muri, nel tentativo di raccontarle la notte più passionale di tutta la sua esistenza. Ma non accadde.
Cana sembrò vacillare, invece. Per la prima volta, era stata messa in difficoltà.
E Lucy capì subito, dai suoi occhi, che neppure lei sapeva bene cos’era successo in quella notte focosa.
«Non lo so» dichiarò «Ricordo solo che mi sono spogliata davanti a lui. La mattina dopo mi sono svegliata sul mio letto, completamente nuda. Sopra il comò c’era un biglietto con su scritto: “Mi dispiace solo che ieri non sia andata come credevi! Alla prossima!”»
«E non gli hai chiesto spiegazioni?»
La bruna alzò la testa, stizzita.
«Perché avrei dovuto farlo?! Per aggredirlo proprio come hai fatto tu con me?!»
E fu lì che la bionda si rese conto del suo sbaglio.
Aveva dato per scontato che Cana avesse mentito spudoratamente.
Era un chiaro segno di mancanza di fiducia.
L’aveva ferita.
«Cana, io…»
«Ti prego, va fuori»
Non se lo fece ripetere due volte.
Prese le sue cose e chiuse la porta delicatamente, lasciandosi alle spalle la ragazza avvolta nel piumone.
 
*
 
Alla fine Juvia era riuscita ad aprire la stanza.
Si spogliò velocemente e cadde con un tonfo sul duro materasso.
In una sola giornata, la sua vita si era trasformata da appassita a una puntata di Beautiful.
Com’era possibile che tante cose fossero successe contemporaneamente?
Sospirò. Meno male che era a casa. Si sdraiò su un lato; magari si sarebbe fatta una dormita, alla cena ci avrebbe pensato la sua coinquilina.
Chiuse gli occhi.
Non aveva messo a posto la borsa.
Riaprì gli occhi.
Se avesse lasciato la borsa lì, le grida di Juvia si sarebbero sentite fino alla cima del K2. Si alzò di mala voglia e afferrò la tracolla, riponendola accanto alla sua scrivania.
Fu quando cercò di coprirsi col lenzuolo, che notò un pezzetto di carta per terra.
Mannaggia a me e a quando ho deciso di dormire!
Lo raccolse accuratamente, pronta a buttarlo via, ma si accorse che vi era scritto qualcosa sopra. E quell’obbrobrio non era certo la sua scrittura. Lo aprì, decisamente poco interessata.
Quando vide la scritta “Natsu”, si strozzò.
Letteralmente.
Non riusciva più a respirare.
Stette mezz’ora in posizione prona, cercando di recuperare aria.
I suoi colpi di tosse li sentì anche Juvia che, terrorizzata, era convinta fossero entrati i ladri. Come potevano entrare i ladri alle sette di sera, in un college, è ancora da spiegare.
Entrò nella stanza di entrambe con in mano una padella.
Una…
Padella?!
«Dove sono i ladri?!» le urlò la blu.
«N-non c’è nessun ladro, sto bene!»
«Uff, meno male, Juvia era così preoccupata!»
Ci fu un minuto di silenzio.
«Scusa, che volevi fare con quella padella?»
Juvia si guardò le mani.
«Ah, Juvia non lo sa» le rispose. Cominciò ad annusare l’aria.
«Juvia crede che ci sia puzza di bruciato»
«Dici? Io invece…»
«Lo sformato!» disse solo, per poi scappar via verso la cucina. Certo che ci voleva tanto per capirla.
Lucy affondò la testa nel cuscino, rileggendo il biglietto.
Aveva il numero di Natsu.
Se lo rigirò fra le dita.
Era la prima volta che un ragazzo le dava il suo numero, almeno di sua spontanea volontà.
Perché mai glielo aveva dato? Tanto si sarebbero visti ogni mercoledì!
Forse era solo una precauzione.
Così, se la lezione non si poteva fare, bastava chiamare e sospenderla.
Geniale.
Eppure, per quanto geniale potesse essere, Natsu non sembrava tanto sveglio…
Boh, forse era solo un’impressione.
Decise quindi che avrebbe riposto il biglietto con cura, in un posto sicuro.
Però…
Però c’era qualcosa che poteva fare…
Effettivamente, solo grazie a quel numero, avrebbe messo fine alla metà dei suoi dubbi.
Così fece qualcosa che la vecchia Lucy si sarebbe solo sognata.
E per “vecchia Lucy”, intendo quella che non si sarebbe mai nascosta dentro l’armadio di un giocatore di basket.
Afferrò determinata il suo cellulare, un modello preistorico ancora con i tasti (il suo era andato a finire all’assistenza per essere caduto dentro una coppa gelato San Montana), e compose il numero, con le mani tremanti.
Neanche tre squilli dopo, avvertì un rumore in sottofondo, e poi una voce calda dire: “Pronto?”
Era Natsu. Era al telefono con Natsu!
Riattaccò.
Si passò una mano fra i capelli, sbuffando in cerca di relax. Per fortuna che aveva chiuso…
Aspetta… Cosa ho fatto?!
Sbarrò gli occhi, rendendosi conto di avergli appena chiuso il telefono in faccia. Aveva ignorato il ragazzo più desiderato della scuola…
Eeeh?!
Ripreso possesso delle sue facoltà, provò a ricomporre il numero, cercando anche qualche scusa plausibile.
«Lucy?»
Deglutì. Forse era meglio se dava qualche segno di vita.
«Emh, ciao Natsu! Mi stavo proprio chiedendo perché mi avessi chiamata!» borbottò, ridendo come una disperata.
Ma cosa stai dicendo, stupida?! Sei tu ad averlo chiamato!
«Io… Non ricordo di averti chiamata…» gli sentì dire, dopo un breve silenzio imbarazzante.
Ecco appunto.
«No? Allora deve essermi scivolato il dito, scusa» tagliò corto lei.
«Ah, capisco. Ma allora hai visto il mio numero?»
«S-sì, certo…»
«Mh.»
«Già…»
La conversazione stava morendo, l’esatto contrario di quel che avrebbe voluto. Insomma, lei lo aveva chiamato per sapere qualcosa d’importante!
«Senti Natsu, volevo chiederti una cosa, se posso…»
Natsu sembrò riscuotersi da una specie di sonno.
«Dimmi tutto» la rassicurò «Sono qui per te.»
E a quell’affermazione, il cuore di Lucy perse un battito, nonostante non ci fece tanto caso. Non quanto avrebbe dovuto, almeno.
«Volevo sapere…» prese un bel respiro «… quel che è successo veramente con Cana… Se ti va…»
Avvertì il respiro del rosato farsi improvvisamente pesante, come se di quei malintesi gliene fossero capitati a bizzeffe.
«Beh, tu sai che Cana mi ha chiesto aiuto proprio come te, no? Ecco, lei mi ha chiesto anche delle “lezioni extra”, ed è partita con lei questa idea delle lezioni sul sesso.»
Sapeva che Natsu era un adulto grande e vaccinato, poteva fare quello che voleva, ma…
Non riusciva a immaginarselo mezzo nudo, con dieci ragazze intorno a viziarlo.
«Vedi, all’inizio pensai che fosse una buona idea. Insegnare alle ragazze come comportarsi anche in quel contesto, intendo. Ovviamente non facevo mica cose strane con loro, ma al contrario, gli davo solo direttive o consigli. Niente di pratico, ecco» continuò «Con Cana andò tutto bene, almeno fino all’ultima delle “lezioni extra”. È arrivata da me completamente ubriaca, e senza neanche farmi parlare, si è spogliata, rimanendo in intimo. Ha cominciato a piangere come una povera pazza, così l’ho riportata nella sua stanza e le ho lasciato un biglietto di scuse. Da quel momento, mi sono ripromesso di chiudere con questo tipo di lezioni.»
Come chiudere con quelle lezioni…? Ma a me…
Lucy rimase interdetta.
«Allora perché a me le hai proposte?» chiese, senza mezzi termini.
Lo sentì trattenere il respiro.
«In realtà non lo so» disse solo.
Un altro battito perso, anche se questa volta Lucy se ne rese conto. Eccome.
«Credevo che essendo amica di Cana, lei te ne avesse parlato» si riprese alla fine.
Lucy sospirò.
«Allora mi sa che per domani avrò molto da fare» ricordò, più a se stessa che lui.
«Mi sa di sì! Spero di esserti stato utile» rise.
«Sì, più di quanto credi… »
Era sicura che stesse sorridendo, avrebbe scommesso la testa.
«Quindi… buonanotte Lucy, ci vediamo mercoledì!»
«Notte Natsu, e… Grazie…» sussurrò.
«Di nulla, puoi sempre chiedere!»
E la chiamata finì lì.
La bionda si alzò dal letto, si stiracchiò leggermente, e decise di andare ad aiutare Juvia in cucina, con la consapevolezza che l’indomani avrebbe dovuto scusarsi con Cana.
Magari comprandole qualche donuts…
 
 
 
 
 
 
Angoletto<3:
Salve!
So bene che vi ho sconvolti tutti nello scorso capitolo, e mi sentivo in dovere di far capire qualcosa:)
Perciò… Natsu è vergine, eh? XD
Ed ora avete capito perché Cana aveva detto il contrario…
Il momento in cui Lucy litiga con lei, per me è essenziale, semplicemente perché volevo far capire il suo sbaglio ad essersi fidata di qualcuno che conosce appena, anche se comunque Natsu non c’entra proprio niente! XD
Mi piace molto come ho realizzato il personaggio di Juvia (che amo profondamente), ne vado abbastanza fiera!
E… sul suo conto si scopriranno diverse cose, dico solo questo! XD
Alla prossima,
Pand__Icorn<3
(lo so, non sono di molte parole, ma accontentatevi! XD)
   
 
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