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Autore: Eris Archon    02/07/2016    1 recensioni
Sembrava quello, in fondo, il destino della sua esistenza. Nel momento in cui si cibava di un attimo di felicità, le restavano solo le briciole. E quelle non bastavano a sfamarla.
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Quando tutto sembra perduto, c'è sempre un modo per incontrare l'Amore.
Hope ha una missione da portare al termine, ma quando il destino porta il nome Jorgen tutto può accadere.
Genere: Erotico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Contesto generale/vago
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Quando Hope alzò il capo vide davanti a sè un ragazzo molto alto, con i capelli castani lunghi fino alle spalle e leggermente mossi. Le ricordava un attore che aveva visto in qualche commedia americana di cui, però, non riusciva a ricordare il nome.  Aveva il naso leggermente all'insù e degli occhi nocciola come le calde castagne di ottobre. Si sentì imbarazzata e mormorò un impacciato "mi scusi" mentre si apprestava a raccogliere il taccuino e la foto che le erano cadute. L'uomo davanti a lei non rispose e si limitò a chinarsi per aiutare la ragazza. Quando gli capitò tra le mani quella foto, la osservò per qualche secondo e poi gliela restituì. Una parola improvvisa volò via dalle sue labbra sottili e andò a posarsi sul cuore della fanciulla.

"Speranza"- disse con voce flebile.

Hope aprì la bocca e la richiuse, ripetendo quello strano rituale per quattro o cinque volte. Non le sembrava di conoscere quella figura davanti a sè, eppure la parola che aveva appena pronunciato le aveva riscaldato il cuore. Come faceva a conoscere il suo nome?

 Che strana situazione era mai quella? Il ragazzo alto si diede mentalmente dello stupido e si girò per andar via, quando si sentì frenare da un'altra semplice parola, tutt'altro che banale. 

- "Ombra"- sussurrò la fanciulla in un soffio.  

Il respiro cominciò a battere forte, quando interrompendo quella scena di mistero, ella si decise a porgergli il taccuino grigio, senza aprirlo.  Sulla copertina vi era inciso il suo nome, in caratteri corsivi: Hope Shadow. Quello era un nome poco banale, fatto di contraddizioni, di attese, di luci che sembrano illuminare la vita , oscurate da cupe ombre. 

Sembrava quello, in fondo, il destino della sua esistenza. Nel momento in cui si cibava di un attimo di felicità, le restavano solo le briciole. E quelle non bastavano a sfamarla.  Non seppe mai perchè svelò a quello sconosciuto il suo nome, ma in quel momento non le importò. 

La reazione dell'uomo  che aveva pronunciato quella parola evocata dall'espressione spensierata della foto di lei, non si fece attendere. La guardò negli occhi, poi le consegnò un fazzoletto di lino: ricamato in rosso, vi era il suo nome. Jorgen Sebastian Dahl. Un nome cupo, ombroso quasi quanto la fine del suo, ma che trovava un varco e un respiro nella vocale e nell'aspirata del suo cognome. 

L'orologio della Chiesa suonò tre rintocchi. Era mezzanotte. 

 Il rumore delle campane fece sobbalzare Hope che si accorse di festeggiare l'anniversario di quel triste evento a cui aveva partecipato in compagnia di un individuo che non aveva mai visto. Si voltò intorno, in cerca di un riparo da quella situazione strana, ma le finestre delle case intorno a loro erano tutte chiuse e non si udiva nessun vociare. A notare bene, però, un balcone era spalancato ed era possibile intravedere una ragazza seduta alla scrivania, intenta a scrivere. 

Hope riportò lo sguardo in direzione di quella nuova conoscenza e vi trovò degli occhi profondi puntati nei suoi. Fece per andarsene, ma improvvisamente la stessa canzone che stava ascoltando nell'mp3 cominciò a suonare, in lontananza. La ragazza del balcone, che se ne fregava beatamente dell'orario e degli eventuali disturbi che quel gesto poteva arrecare, ascoltava Frank Sinatra. 

Alle parole "Something in your eyes was so inviting , something in your smile was so exciting, something in my heart told me I must have you" arrossì e fece per andar via, ma si sentì prendere ad un polso, delicatamente. Come in un sogno surreale o, forse, come in un universo parallelo, Jorgen iniziò a muovere i passi, improvvisando un ballo. Le prese con dolcezza anche l'altro polso, poi la guardò. Per quanto riguarda i sentimenti che lo muovevano non li conobbe mai neppure lui, ma comprese solo che quella era la cosa giusta da fare, la cosa che gli aveva suggerito il cuore. Hope non fuggì subito via e si lasciò andare, provando sensazioni inaspettate e del tutto nuove. Proprio lei che stava inseguendo una strada, ora si ritrovava a percorrerne un'altra, piena di eventi e di sussulti imprevisti.

Tremò appena, ma si sentì protetta e piccola tra quelle braccia.

Stava quasi per poggiare la testa sulla sua spalla, quando un vecchio urlò da una finestra di abbassare la musica e la ragazza del balcone dovette obbedire. 

Hope Shadow fuggì via, prendendo il taccuino e dimenticando di riprendersi la foto, senza degnare il suo misterioso cavaliere di uno sguardo. 

Si vergognò di se stessa e, mentre muoveva i passi verso casa, duplici furono le emozioni che nutrì: una era quella di rivedere presto quel Jorgen. L'altra, invece, la faceva sentire una traditrice non solo nel confronti di Paul, ma anche delle ricerche tanto affannose che stava eseguendo.

Una volta sul letto, abbassò il capo e scrisse una parola d'impulso, sul taccuino: 

SERENDIPITY. 

Era quello il concetto che le veniva in mente, la sensazione in cui si cerca qualcosa e si trova altro, si cercano le Indie e si raggiunge l'America, come diceva qualcuno.

 Sarebbe tornata a credere nel destino? Scosse la testa, stravolta da quel pensiero, poi si rimboccò le coperte e provò a dormire. Nella sua mente, però, solo gli occhi nocciola che l'avevano intrappolata in quel sogno di mezzanotte.

Nelle mani di Jorgen, rimasto immobile sul molo, invece, solo lo sguardo di quella foto intrisa di speranza. Chiusero gli occhi insieme, l'uno per imprimere il sorriso della ragazza con il vestitino a pois, l'altra per dormire. 
​Ma questo non lo seppero mai.

   
 
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