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Autore: cin75    03/07/2016    6 recensioni
Dalla storia: “..E so che mi vergognerò a vita anche di questo, ma…” e fece un respiro profondo. “…non era così che mi ero immaginato la prima volta nel tuo letto.” e Jared potè comunque notare un lieve rossore......
“Credimi, anche io mi ero fatto una o due idee su come sarebbe dovuta essere la tua prima volta nel mio letto. E non era certo così!” gli sussurrò amabilmente, mentre gli posava un bacio leggero , appena accennato, sulla bocca...."
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Jared Padalecki, Jensen Ackles, Misha Collins
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quando Jensen, se pur con difficoltà riaprì gli occhi, la sua confusione non poteva impedirgli di capire che non era a casa sua.
Il colore delle pareti, i quadri ai muri e perfino la conformazione del letto stesso in cui era steso, non erano cose a lui familiari. Girò appena lo sguardo verso il comodino alla sua destra. Vide che erano le sette del mattino e poi accanto alla radiosveglia che gli illuminava l’ora, vide poggiate varie bende,  del disinfettante, un flaconcino di antidolorifici.
 Sentiva delle voci provenire da un'altra stanza, una era più calma e pacata. Una era decisamente fuori di sé e una, più sottile, sembrava quasi un piagnucolio.
 
Cercando di ignorare il dolore alle costole che si accorse essere strette in un bendaggio elastico, Jensen trattenne il respiro e, stringendo i denti, si costrinse a scendere dal letto.  Rimase seduto per pochi momenti, cercando di riprendere a respirare e controllare il dolore.
Ci vedeva male, la vista era appannata e poteva solo immaginare in che condizioni fosse il suo viso, dato il dolore che sentiva su tutta la faccia. Si tirò su comunque e per un attimo la stanza gli girò intorno. Poggiò velocemente la mano su un mobile vicino per aiutarsi e quando le pareti tornarono ad essere solo pareti ferme , lentamente , un passo alla volta, decise di raggiungere quelle voci.
 
“Devi mandare qualcuno sul posto!”
“Jim…”
“Manda i tuoi colleghi, manda la cazzo di scientifica, manda chi ti pare, ma devi scoprire chi gli ha fatto una cosa del genere!!”
“Jim, non è voluto andare nemmeno in ospedale e pensi che accetterebbe tutti i poliziotti  che riuscirei a portare  in quel vicolo, pur di rivoltarlo fino all’ultima pietra??!”
“Ma lo ha visto? Hai visto che cosa gli hanno fatto? Come lo hanno ridotto?”
“Jim, io….”
“Cazzo, lo hai visto!!?”
 
“Sì, mi ha visto, Jim. Dato che è stato lui a trovarmi e a portarmi via da quel vicolo!!” fece la voce impastata e sofferente di Jensen, poco distante da loro.
 
“O mio Dio!!” sussurrò appena Felicia, che si mise le mani davanti alla bocca, per mostrare meno il suo doloroso stupore. La sera prima lo aveva visto nel letto di Jared, privo di sensi,  appena il poliziotto li aveva avvisati di quello che era successo.
Ma ora, sembrava tutto più…vero. E crudele.

I lividi di Jensen, ora, erano molto più evidenti. Più scuri, più gonfi. Il sangue raggrumato al labbro e al sopracciglio, era nero e faceva più impressione.
L’occhio intorno al quale c’era una contusione maggiore, faceva difficoltà a stare aperto, mentre l’altro , all’angolo interno, era iniettato di sangue.
Palesemente in contrasto con il verde delle sue iridi. Tristemente in contrasto.
 E poi si vedeva che si teneva ancora la mano intorno alla vita per sostenerne il dolore.
 
“Che ci fai in piedi!?” sembrò rimproverarlo Jared, che deglutì ancora rabbia, prima di fargli quella domanda.
Jim, invece , sempre più che esplicito non esitò a rimproverare entrambi.
“Che ci fa in piedi? Che ci fa in piedi??” esclamò decisamente infuriato. “Cazzo!! Guardalo, Jared. Dovrebbe stare in un ospedale e non qui. E tu gli chiedi “Che ci fai in piedi?”!!!”
“Jim, ora datti una calmata….. L’ho detto a lui prima e lo dico a te adesso. Non andrò… in ospedale. Onestamente non volevo stare nemmeno qui, ma  a casa mia!!” fece e disse quest’ultima cosa guardando Jared, mentre Felicia, gli andava vicino , quasi come se avesse inteso il bisogno di Jensen di sostenersi a qualcuno.
“Mi dispiace, ma sei svenuto prima di dirmi dove abitavi!” si giustificò  il poliziotto.
Jensen annuì comprensivo e dentro di sé ringraziò Jared di non aver approfittato della sua incoscienza per portarlo in ospedale. “Ascoltatemi, tutti e due. Non è la prima volta che affronto una cosa del genere. Anche se speravo che ormai le cose fossero cambiate. Non andrò in ospedale a farmi curare qualche livido e un paio di tagli, sentendomi additare come l’ennesimo omosessuale vittima di pestaggio. Grazie , ho già dato!!” asserì con rancore. “E di certo….” fece cercando di sembrare più che deciso e lucido. “….non andrò alla polizia a sporgere l’ennesima denuncia che accumulerà polvere sulla scrivania di chissà chi.”
“Non sarebbe così, Jensen!” intervenne Jared. “Non questa volta!”

Jensen intuì l’aiuto che Jared voleva dargli, che era in grado di dargli. Ma non voleva che qualsiasi cosa stesse o potesse iniziare tra loro, fosse dovuta a delle indagini di polizia.

“Lo so e ti ringrazio. Credimi ti ringrazio. Ma no, grazie.” negò l’aiuto. “Anche se non si direbbe adesso, sto’ bene e starò meglio e quando ritornerò in pista, sistemerò la cosa come ho sempre fatto.”
“E si? E come?” domandò ironicamente Jim. “Chiuderai di nuovo baracca e burattini per andartene da un'altra parte?” cominciò quella sua specie di rimprovero.
“Cosa?” sussurrò appena Jared, spaventato dall’idea di perdere Jensen senza nemmeno aver avuto la possibilità di sapere e capire se le cose tra loro potevano andare o meno.
“Jim…” cercò di calmarlo Jensen.
“In un'altra città? In un altro stato?” lo provocò ancora.
“Smettila, Jim.” provò ad intervenire Felicia, che conosceva la storia di Jensen.
“ No, che non la smetto!” replicò piccato alla ragazza. Poi tornò a fissare in maniera truce Jensen. “O magari….ti farai passare per etero. Che ne dici?...per evitare problemi. E’ un idea, no?” proseguì Jim che era davvero infuriato. Ma lo era soprattutto perché conosceva Jensen.
 
Aveva imparato a vedere che brava persona fosse. Aveva lasciato da parte ogni pregiudizio e si era lasciato scivolare addosso le battutine di stupidi stronzi che gli dicevano “Lavori sotto un frocetto!!
Aveva conosciuto Jensen. E Jensen era stato buono e onesto con lui. E non aveva avuto nessun ripensamento quando Jim, gli rivelò , dopo che il giovane lo aveva assunto, che aveva avuto dei precedenti penali.
E chi non ha commesso sbagli, Jim?!” fu la risposa che ebbe in cambio di quella confessione.
Aveva imparato a volergli bene. Un bene quasi simile a quello che voleva a quel figlio che non lo voleva più come padre.
 E ora vederlo ridotto in quelle condizioni gli faceva un male cane e anche se sapeva che non avrebbe convinto il ragazzo ad andare in ospedale, doveva comunque sbraitare qualcosa per dar sfogo alla sua frustrazione.
Tanto lo sapeva che Jensen avrebbe capito. Sapeva che Jensen lo conosceva bene.
 
E infatti Jensen , lo fece parlare e imprecare. Stette in silenzio, continuando ad accarezzare la testa di Felicia premuta contro il suo petto,  mentre l’amico barista andava avanti e indietro nel soggiorno di Jared, elencando quello che avrebbe fatto ai quelli che lo avevano pestato. Lo fece sbraitare improperi di ogni sorta, e per alcuni, onestamente, avrebbe voluto coprire le orecchie della ragazza che ancora lo abbracciava dolcemente.
Quando vide che la tempesta cominciava a scemare nella furia del barista, si decise a parlare.
“Hai finito?” fece Jensen con tono basso e calmo.
“Sì, ho finito.” rispose Jim, anche se il suo tono era ancora alterato.
“Stai meglio?”
“…..”
“Jim, stai meglio, amico?!” insistette Jensen, addolcendo il tono.
“Sì, sto meglio!” parve tranquillizzarlo l’uomo.
“Ok! Ora per favore, porta Felicia a casa sua e falla riposare e stasera aprite il locale come se nulla fosse.”
“Ma….” Provò a replicare l’amico.
“Per favore, Jim. Se il locale rimane chiuso, avranno vinto loro…” e quando Jensen disse questa frase, Jared lo guardò perplesso, ma non intervenne. “E questa volta non vinceranno!”, disse risoluto. “Non devono vincere!”
“Ok! Sei tu il boss!” fece remissivo Jim, che mise il braccio intorno alla ragazza che lo aveva raggiunto e uscirono dall’appartamento di Jared.
“Prenditi cura di lui!” fece autoritario Jim, voltandosi verso il giovane poliziotto.
“Non metterà un passo senza di me!” lo rassicurò Jared.
Jim lo guardò dalla testa ai piedi e poi con aria convinta proferì un ancora più che convinto: “Lo so. Lo so che con te sarà al sicuro!”
 

Quando Jared si chiuse la porta alle spalle, si girò e fece appena in tempo a voltarsi che vide Jensen appoggiarsi pesantemente al muro. Era palesemente sfinito. Doveva essere stato uno sforzo decisamente enorme per Jensen rimanere in piedi fino a quel momento.
Lo raggiunse immediatamente evitandogli di finire a terra, scivolando lungo la parete.
“Ok!Ok!Ok!....ti ho preso!” fece Jared afferrandolo da sotto le braccia per sostenerlo.
“Non stavo cadendo.” fece serio Jensen.
“Come no?!” ironizzò Jared.
“E’ la stanza che stava girando. Anche la tua camera da letto  gira, lo sai??!” fece Jensen, cercando di giustificare quella sua debolezza.
“Sì, è un optional che mi hanno dato con l’impianto stereo. Ti piace?!” scherzò Jared.
“No, mi da la nausea!”
“Ok! Vuol dire che la farò fermare, va bene?!” fece sostenendolo e cercando di farlo stare dritto.
“E come farai?!”
“Ti rimetto a letto e vedrai che tutto tornerà a fermarsi. Che ne dici, ce la fai a tornare in camera e devo prenderti di nuovo in braccio?!” lo stuzzicò il giovane, sorridendogli mentre avanzavano verso la camera.
“Mi hai…preso in …braccio?!” si stupì Jensen.
“Come credi di esserci arrivato fin qui. Con il teletrasporto?!” scherzò Jared che lentamente lo faceva avanzare lungo il corridoio che portava alla stanza da letto.
“Wow!!” fece solo Jensen.
“Già!! Wow!! Ma siccome non è che sei esattamente un peso piuma, vorrei che tu rimanessi in piedi un altro po’, almeno fino a letto. Poi sei libero di svenire di nuovo!”, ironizzò il poliziotto.
“Io non svengo!” fece con tono offeso Jensen, che lentamente si sedeva di nuovo sul letto di Jared e si lasciava tirare su le gambe così da potersi sdraiare. “Io cado a terra… all’improvviso!”
“All’improvviso?!” esclamò curioso, l’altro.
“Sì, per confondere l’avversario!” rispose soddisfatto. “E’ una mossa strategica!!” fece come se fosse una segreta confessione.
“Ok! Stratega. Ora tu riposi ancora. Io vado di là a prepararti qualcosa. Avrai bisogno di antidolorifici e di sicuro di qualche antibiotico per le ferite. Quindi è meglio che metti qualcosa nello stomaco!” gli fece presente con tono quasi paterno.
“Non ho fame!”
“Beh! te la farai venire o giuro che metterò tutto in un frullatore e te la farò mandare giù in un biberon!”lo minacciò bonariamente Jared, accarezzandogli con fare quasi distratto la fronte imperlata di sudore.
“Cattivo!” bofonchiò Jensen mentre si sistemava in una posizione più comoda.
“Tu non mi hai mai visto cattivo. Prova ad alzarti da questo letto prima che io torni, e allora sì, che vedrai la mia parte cattiva!”
“Non..ci tengo!” sussurrò appena il ragazzo, che stava già chiudendo gli occhi.

Ma poi li riaprì e li fissò, in un modo stranamente dolce su Jared, che si sentì inaspettatamente sotto osservazione mentre gli sistemava il lenzuolo addosso.
“Che c’è?!” gli chiese il poliziotto.
“Mmmhhh!” negò con il capo, Jensen.
“Andiamo, che c’è?!” insistette curioso, sedendosi sul bordo del letto.
“Io mi ricordo di quello che ti ho detto ..ieri sera….in….macchina!”confessò appena imbarazzato.
“Ok, e ?”
“E so che mi vergognerò a vita anche di questo, ma…” e fece un respiro profondo. “…non era così che mi ero immaginato la prima volta nel tuo letto.” e Jared, nonostante i segni che coprivano il bel viso del ragazzo, potè comunque notare un lieve rossore.
Gli sorrise in un modo che Jensen non avrebbe mai potuto dimenticare. Era un sorriso accennato che era comunque presente. Era un sorriso dolcissimo.
Jared mise da parte ogni remora e ogni timidezza e si sistemò meglio accanto al fianco di Jensen. Con un tocco gentile andò ad accarezzare la guancia meno ferita. Passò con attenzione il pollice prima sul taglio sulle labbra e poi su quello al sopracciglio, odiando ancora furiosamente chi ne era stato l’artefice.

Si avvicinò cautamente al viso del ragazzo ferito, lasciando tra loro solo lo spazio di un respiro che diventava sempre più esile.
“Credimi, anche io mi ero fatto una o due idee su come sarebbe dovuta essere la tua prima volta nel mio letto. E non era certo così!” gli sussurrò amabilmente, mentre gli posava un bacio leggero , appena accennato, sulla bocca.
Jensen rispose al bacio, anche se le sue labbra si mossero appena. Ma gli bastò per capire che qualcosa di buono poteva nascere da tutto quel casino.  Sentì il calore di Jared su di lui. Il suo sapore sulle labbra. La sua dolcezza in quel bacio appena dato.
Poi , Jared si staccò lentamente da lui e accarezzandolo ancora, gli disse di riposare.
Jensen non potè resistere. Voleva fare il duro, mostrarsi forte. Ma il dolore era ancora decisamente oppressivo e allora cedette e chiuse di nuovo gli occhi, cullato dal ricordo di dolcissimo primo bacio. Sperando che fosse il primo di tanti fin quando il sonno, la stanchezza e l’effetto dei medicinali non lo sopraffecero del tutto.
 
Quando si svegliò, vide Jared seduto alla piccola scrivania che c’era nell’angolo della stanza,  ai piedi del letto. Si accorse dalla luce che proveniva dalla finestra che era di nuovo sera.
Cavolo!”, pensò. “Ho dormito per un giorno intero.
Sul tavolo c’era poggiato un vassoio e l’odore di cibo si sentiva avvolgente nella stanza.
“Ehi!” lo richiamò Jensen, che cercò di mettersi un po’ più dritto e seduto sul materasso.
Jared poggiò il libro che stava leggendo e gli fu subito accanto per aiutarlo a sistemarsi.
“Non sei ancora il Mr. Universo che ho conosciuto, ma diciamo che le cose cominciano a migliorare.” constatò scherzando Jared, osservando le ferite sempre meno gonfie ma comunque ancora ben evidenti. L’intera giornata di riposo aveva fatto effetto.
“In effetti mi sento meglio!” convenne anche Jensen e poi , istintivamente, spostò lo sguardo al vassoio poco disattente da loro. “Quello è per me?!” azzardò.
“Naturalmente!!” esclamò entusiasta Jared. “Fatto in casa!” riferì soddisfatto. “Minestra cura-tutto, influenza compresa. Ricetta segreta di famiglia!”
“Ma io non ho l’influenza!” ci tenne a far presente Jensen.
“No! Decisamente non hai l’influenza ma fa lo stesso e ti giuro che se adesso non la mangi, comincerò a fare anche quella cosa con il cucchiaio!!” lo minacciò Jared, mimando con il cucchiaio il gesto dell’aereoplanino.
“Da’ qui!!” sorrise Jensen, prendendogli la posata al volo. “Ne saresti capace!”
“Cavolo se ne sarei capace!!” 
   
 
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