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Autore: Old Fashioned    11/07/2016    12 recensioni
Seconda guerra mondiale, battaglia di Inghilterra. Un leggendario quanto inafferrabile pilota della Luftwaffe, soprannominato "Cavaliere di Valsgärde", compare durante le battaglie più cruente, abbatte il suo avversario e subito dopo scompare senza lasciare traccia.
Il Maggiore Stuart, del 19° Squadron, riesce finalmente ad abbatterlo con uno stratagemma, ma quando l'Asso tedesco sarà al suo cospetto le cose si riveleranno molto diverse da come se le aspettava...
Genere: Azione, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
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Capitolo 3

In volo sulla Manica, il maggiore Stuart si apprestava ad intercettare con il suo Squadron uno stormo di Junkers87.
Li vedeva già all'orizzonte: grossi aerei scuri, con la caratteristica ala a gabbiano invertito e i carrelli fissi. Una preda facile, se non fosse stato per il nugolo di caccia che li accompagnava.
Visto il numero di perdite, dopo le prime missioni i tedeschi avevano cominciato a far intervenire i Messerschmitt e la pacchia era finita. Adesso per abbattere uno Stuka bisognava sudare sangue.
Diamoci di fare, ragazzi,” disse alla radio. “Carter, mi stia vicino.”
Sissignore.”
Carter era un giovane tenente da poco arrivato al 19° Squadron. Usciva quel giorno per la sua prima missione di caccia.
Stuart vide che gli altri Hurricane stavano già impegnando in combattimento i Messerschmitt. Virò per portarsi in posizione d'attacco, raccomandando di nuovo al tenente di rimanere vicino a lui.
Siss... oh mio Dio!”
Poi la comunicazione radio si interruppe.
Stuart si voltò bruscamente, in tempo per vedere l'aereo di Carter che cadeva in vite e un Messerschmitt dal muso dipinto di rosso che guizzava via.
Il Cavaliere di Valsgärde.
Stavolta non mi scappi, bastardo!” esclamò, senza curarsi del fatto che stava parlando nella frequenza radio.
Diede tutto motore e lo Hurricane balzò in avanti con un ruggito, precipitandosi sulla scia del Messerschmitt.
I due aerei si inseguirono per un po'. Stuart si trovava in una posizione di vantaggio, dietro e più in alto rispetto al tedesco, ma per quanto si desse da fare non riusciva ad inquadrarlo nel collimatore, le sue manovre evasive erano troppo rapide.
Sembrava una volpe che si facesse inseguire di proposito da un cane.
Poi d'un tratto il Cavaliere decise che il gioco aveva perso di interesse: si buttò di colpo in picchiata, una manovra che uno Hurricane non avrebbe mai potuto compiere senza prima fare una rovesciata, virò, risalì quasi in verticale e successivamente piombò come un'aquila su un caccia britannico che temerariamente si era spinto troppo avanti.
Anche quello finì in vite lasciandosi dietro una scia di fumo nero.

Stuart atterrò poco dopo esausto, triste e anche rabbioso. Un connubio decisamente fuori dell’ordinario per un ufficiale che normalmente veniva portato a esempio di pacatezza e sangue freddo.
Esausto perché quel dannato Cavaliere si era rivelato un osso durissimo. Normalmente non aveva problemi a scontrarsi con i piloti della Luftwaffe. I tedeschi erano più o meno pari a lui, sia come competenze che come aerei, e i duelli assumevano addirittura la connotazione di un’attività sportiva stimolante anche se pericolosa.
Il Cavaliere di Valsgärde invece l’aveva surclassato a qualsiasi livello, c’era poco da dire. Combattendo con lui si era quasi sentito un novellino alle prime armi.
E poi, a proposito di novellini, era triste. Aveva ancora davanti agli occhi l’immagine di Carter che precipitava in vite.
Gli si era affezionato, sarebbe potuto diventare un buon pilota.
Ma quel bastardo se l’era portato via, come fa il predatore che nel branco sceglie l’animale più giovane perché corre meno ed è inesperto.
È la guerra, si ripeteva, avresti la pretesa che il crauto venisse a sfidare proprio te in singolar tenzone? Tu lo faresti?
E la risposta era no, naturalmente, lui non l’aveva e non l’avrebbe mai fatto. Non era esattamente un modo razionale di combattere una guerra. Non se si aveva intenzione di vincerla, perlomeno.
Però la rabbia rimaneva.

Qualcosa non va, George?”
Stuart si voltò: al suo fianco c’era Poynter, uno dei piloti più vecchi dello Squadron. Il che significava che aveva quasi trent’anni, a fronte della media di ventiquattro o venticinque di tutti gli altri.
Era solo un capitano, ma con Stuart si conoscevano dai tempi dell’Accademia e si davano del tu.
Non lo so, John,” sospirò il maggiore, “forse la faccenda di Carter mi ha colpito più di quanto pensassi.”
Non è stato l’unico a cadere.”
Già.”
Tra i due calò il silenzio.
Il sole stava tramontando e sul campo ferveva l’attività dei meccanici che portavano gli aerei negli hangar. Un po' più lontano passavano le sentinelle col fucile in spalla. Più oltre si estendevano i campi ondulati del Cambridgeshire, attraversati qua e là da siepi scure.
All’orizzonte c’era una macchia di alberi.
Non lo so,” ripeté il maggiore, quasi parlando fra sé e sé.
E in effetti non sapeva cosa fosse quello strano malessere che lo faceva sentire triste e rabbioso. Il cosiddetto Cavaliere non era certo il primo tedesco che sfuggiva alle raffiche delle sue mitragliatrici e Carter non era purtroppo il primo pilota del 19° Squadron che cadeva in combattimento.
Andiamo a bere qualcosa,” lo distrasse la voce di Poynter.
Solo un goccio, domani devo volare.”
Come se tu fossi l’unico qui dentro.”

   
 
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