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Autore: Laylath    11/07/2016    4 recensioni
Dal prologo:
"... Non lasciarmi!”
Quelle ultime due parole le procurarono un forte ed improvviso battito del cuore, risvegliandola bruscamente. Il buio era ancora attorno a lei, promessa di sicurezza ed oblio, ma qualcosa non andava.
Non riusciva più ad abbandonarsi ad esso come voleva.
Improvvisamente la sua memoria esplose di ricordi, di visi conosciuti, di voci che la chiamavano con insistenza...
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Team Mustang
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Military memories'
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Capitolo 31
1916. Risveglio




 
Il primo rumore che sentì dopo quello che sembrava un lungo e riposante sonno fu il cantare di un uccellino poco distante da lei. Contemporaneamente alle sue narici arrivò uno splendido odore di cornetto appena sfornato con marmellata accompagnato da quello intenso del caffè.
“Breda, se non ci fossi tu ti dovrebbero inventare – disse una voce carica di soddisfazione – la colazione dell’ospedale proprio non fa per me. Fossi malato, poi: sono semplicemente senza vista”
“Siete tutti deperiti senza di me, colonnello: guardi Fury ha perso almeno otto chili. Ma adesso ci penso io a rimettervi in sesto. Tranne te, Falman: magro ti ho lasciato e magro ti ritrovo”
“Lieto di essere una certezza, sottotenente”
“Mamma mia, che bontà: in trincea me le sognavo simili delizie”
“Mangia, ragazzino, ne hai proprio bisogno”
Com’erano familiari e rassicuranti quelle voci: facevano da perfetto contorno a quell’odore, a quei rumori di natura che venivano da poco lontano. Riza ebbe quasi la certezza che, come si fosse alzata, si sarebbe trovata davanti ad una bella tavola imbandita per la colazione, con tutta la sua squadra assieme a lei: come quella vecchia foto dove erano tutti assieme in un tavolino di legno nel parco intenti a consumare il pranzo.
Ehi, allora che aspetti a svegliarti? – le chiese una vocina interiore.
“Comunque facciamo piano – disse una voce gentile – la signora sta ancora dormendo. Cosa ha detto il medico stamane?”
“Sta bene, la ferita al collo è in buone condizioni, ma è necessario che riposi molto: le hanno fatto più trasfusioni per tutto il sangue che ha perso. In fondo sono passati solo due giorni. A proposito, come procedono le cose al Quartier Generale?”
“Fervono i lavori, ma pare che la popolazione abbia accettato abbastanza bene la nuova situazione. Anche se sono addolorati per la dipartita di Bradley, sono in qualche modo rassicurati nel vedere che l’esercito è presente e sta rimettendo le cose in ordine”
“A proposito di questo: ho ricevuto una comunicazione del generale Grumman. Arriverà qui tra qualche giorno”
“Quella vecchia volpe non perde tempo. Credo che sarà fin troppo veloce a prendere il ruolo di Comandante Supremo. Ma per adesso va bene così: non è il caso di bruciare le tappe”
Riza a quel punto aprì gli occhi, ben consapevole di trovarsi in ospedale: permise all’odore di disinfettante di aggiungersi a quelli più piacevoli che aveva sentito prima. Così come permise al suo corpo di percepire il lieve tirare dei piccoli punti che chiudevano la ferita sul collo. Si sentiva riposata e pronta ad iniziare una nuova giornata impegnativa, sebbene obbligata in quel letto.
“Buongiorno a tutti” salutò con voce impastata, trovandosi così a suo agio con la sua squadra da non far caso al pigiama sgualcito ed ai capelli sciolti ed arruffati.
“Buongiorno, tenente – Fury le fu subito accanto – Ci scusi se l’abbiamo svegliata”
“Tranquillo, credo di aver dormito abbastanza per adesso”
“Prima che passi l’infermiera con quella parodia di colazione le posso offrire caffè e cornetti caldi? – propose Breda con una strizzata d’occhio, mostrando un sacchetto di carta ed un thermos ancora posato sul comodino – Con questi vede come si riprende molto più in fretta”
“Non posso che concordare con lui – annuì Mustang, girandosi verso di lei come se quegli occhi grigi per la cecità potessero osservarla – ti consiglio quello con sopra la granella”
 
E così il giorno della promessa era passato e, in qualche modo, erano riusciti a sconfiggere il padre e gli homunculus. Era Edward quello a cui andava attribuita la vittoria, ma avevano tutti contribuito e dunque si poteva definire un trionfo collettivo. Certo era stato pagato a caro prezzo: tantissimi morti, il Quartier generale per la maggior parte distrutto e ovviamente un vuoto di potere che al più presto doveva venir colmato. Personalmente Riza aveva ricevuto quella tremenda ferita al collo che l’aveva portata vicinissima alla morte, ed era stata solo l’alkaestry della principessa di Xing a salvarla in extremis: i medici erano ottimisti sulla sua guarigione e parlavano solo di una settimana di degenza in ospedale, in modo che recuperasse del tutto il sangue perso. Con tutta probabilità le sarebbe rimasta una cicatrice biancastra, ma era l’ultima delle sue preoccupazioni.
Chi invece aveva subito di più era stato il colonnello che aveva pagato l’attraversamento forzato del portale con la perdita della vista. Era stato un duro colpo scoprire una simile disgrazia durante la battaglia, ma non si erano persi d’animo: avevano combattuto fino all’ultimo, facendo leva su quella perfetta sintonia che ormai intercorreva tra di loro.
Certo era che, ora che la situazione si era stabilizzata ed il pericolo era cessato, quell’handicap fisico si presentava come un bel problema per un uomo ambizioso come Mustang. Anche se lui sembrava non farci caso, deciso ad andare avanti a prescindere, Riza e gli altri si rendevano conto che la sua carriera militare poteva subire una brusca battuta d’arresto, mandando in frantumi tutti i suoi sogni di gloria.
Vederlo fare completo affidamento sui ragazzi, affinché gli leggessero informazioni su Ishval, come se la ricostruzione di quel paese iniziasse la settimana successiva, le procurava una notevole fitta al cuore. Ma subito la ricacciava indietro, dicendosi che era solo una stupida a vedere il lato negativo delle cose.
Erano vivi, erano di nuovo assieme: avevano subito il distaccamento delle loro anime, un’esperienza terribile, eppure erano sopravvissuti e se l’erano cavata, a ben pensarci, con poco. Invece di rimuginare sulle difficoltà doveva seguire l’esempio del colonnello ed aiutarlo come poteva.
Certo che… con gli occhi di quello strano grigio sembra una persona completamente diversa, signore – pensò una mattina, mentre attendevano che il resto della squadra arrivasse con il solito carico di libri.
Guardò con discrezione quella figura seduta nel letto accanto al suo che fissava fuori dalla finestra, probabilmente guidato dai rumori che provenivano dal cortile dell’ospedale. In quel momento in cui non credeva di essere osservato, aveva concesso al suo viso di assumere un’espressione di malinconia: come se stesse pensando agli alberi, agli uccelli, al cielo… quasi a cercare di imprimersi il loro ricordo ora che non avrebbe avuto più occasione di vederli.
“Pare che dovrò fare sempre affidamento su di te da d’ora in poi, tenente” mormorò infine, girandosi verso di lei e sorridendo mestamente.
Riza rispose a quel sorriso, sicura che lui avrebbe capito, proprio come aveva capito che lo stava guardando mentre era volto verso la finestra.
“Sa che potrà sempre contare su di me, colonnello” rispose con semplicità.
“Fa strano sentire questa quiete nella stanza – proseguì lui dopo qualche secondo di silenzio – ho scoperto che senza la vista tendo ad essere molto più sensibile nei confronti dei suoni. Persino il silenzio ha un suo strano rumore”
“E’ un bene che il corpo reagisca in questa maniera: cerca di colmare la lacuna e la rende più reattivo”
“Ho sempre adorato questo tuo lato pragmatico, sai? – ridacchiò lui – Devo ammettere che ci sono state solo due occasioni in cui mi sono reso conto del silenzio: una, come puoi ben immaginare, era durante le notti ad Ishval… credo che quel silenzio l’avrai sentito pure tu”
“Ti rimane impresso nell’anima – annuì Riza – come potrei dimenticarlo. E qual è stata l’altra occasione?”
“A casa tua”
Quell’affermazione lasciò stupita la donna. Mai e poi mai in tutti quegli anni di lavoro assieme era stato ritirato fuori quel pezzo di passato. Automaticamente tornarono tutti i ricordi di quella vecchia villetta malridotta dove il silenzio la faceva da padrone per non disturbare suo padre ed i suoi folli studi.
“Era un silenzio così strano – proseguì l’uomo con un sospiro, abbassando il viso verso il letto – devo ammettere che le prime notti che ho dormito lì ho provato un grande disagio. Capirai, ero abituato a dormire nella stanza che stava sopra il locale di mia zia e quindi i rumori della città e del piano di sotto non mancavano… però, oltre a questa differenza, c’era un qualcosa di tangibile. Come se quell’assenza di rumore racchiudesse qualcosa”
Tensione, infelicità, paura – gli rispose silenziosamente Riza – so bene cosa si provava.
“E anche tu avevi quasi paura di respirare. Non eri solo discreta: era come se avessi paura di esistere”
“E’ un periodo completamente dimenticato, signore – sorrise, scuotendo il capo con noncuranza – del resto sa bene che persona particolare fosse mio padre. Non era proprio un ambiente per una ragazzina”
“Già, proprio non lo era… ma perdonami, erano solo vaneggiamenti di uno stupido che si deve ancora abituare all’idea che non vedrà più. La verità punisce così coloro che hanno il coraggio di guardare al futuro, no?”
“Non è un qualcosa che merita una punizione, tutt’altro. E lei, signore, non ha bisogno degli occhi per guardare al futuro: del resto ha già visto tutto nei suoi sogni”
“Povero me – rise amaramente – in questi primi giorni ammetto che è difficile. Ho paura che piano piano i ricordi dei colori, degli oggetti e di tutto il resto svaniscano. Forse era più facile nascere ciechi piuttosto che diventarlo: non si può perdere qualcosa che non hai mai avuto”
“Colonnello, non si lasci andare così – Riza si alzò in piedi e andò accanto al suo letto: sentì un lieve senso di debolezza nel fare quei pochi passi, ma non ci fece caso – non è da lei. Io ed i ragazzi le saremo sempre accanto, non ne deve dubitare. E poi, chissà, proprio come Alphonse ha recuperato il suo corpo, un giorno pure lei recupererà la vista”
“Già, Alphonse… sono felice per quei due, sul serio – sorrise con sincerità l’alchimista – finalmente hanno chiuso quel doloroso capitolo delle loro vite. Appena potranno torneranno nel loro paese, dalla loro amica, e le loro esistenze saranno meravigliosamente normali. Se lo meritano”
“Presumo che non direbbe mai queste cose davanti ad Edward” ridacchiò Riza.
“Quali cose? – sogghignò – Non ho mai detto niente in merito”.
 
La soldatessa non l’avrebbe mai detto che la sua speranzosa ipotesi di recuperare la vista si concretizzasse in pochissimo tempo. Quello stesso giorno, mentre erano impegnati nel solito studio su Ishval, vennero a trovarli il dottor Knox ed il dottor Marcoh, quest’ultimo recante con se una pietra filosofale.
A Riza venne quasi da piangere per la gioia quando si rese conto che il colonnello avrebbe recuperato la vista in così breve tempo: quegli occhi grigi sarebbero tornati di quel caldo nero del quale aveva imparato a riconoscere la minima sfumatura e del quale non poteva fare a meno di adorare la morbidezza che assumeva in pochi e scelti momenti.
“… userò la pietra solo dopo che ne avrà usufruito un'altra persona”
Erano state queste le parole di Mustang dopo che il dottor Marcoh aveva esposto le sue condizioni e Riza aveva sorriso, ben intuendo quello che voleva dire. Era giusto così, finalmente sarebbe sparito il senso di colpa per la paralisi di Havoc: la squadra sarebbe tornata unita, con quel prezioso elemento che si era allontanato solo per un breve periodo.
Del resto il colonnello l’aveva detto che avrebbe atteso Havoc quando sarebbe stato in cima.
 
Così, nemmeno sei giorni dopo era in divisa, perfettamente a suo agio con la lieve fasciatura quasi del tutto nascosta dal solito maglioncino a collo alto. Osservava il cortile dalla finestra della stanza d’ospedale, attendendo l’arrivo di Havoc e Breda dalla stazione: in una panchina poco sulla destra poteva vedere Falman e Fury che chiacchieravano tranquillamente e poteva immaginare come il sergente stesse ascoltando estasiato qualche racconto riguardante Briggs. Era una scena così quotidiana da farle venire un sussulto al cuore per la gioia.
“Gran giorno oggi, tenente – sorrise Mustang, più allegro del solito, indossante la divisa piuttosto che il pigiama d’ospedale – finalmente ci liberiamo di queste imprevisti e possiamo tornare a lavoro, no? Ho intenzione di tornare il più presto possibile ad East City, ci sono un sacco di cose da fare”
“Ne potrà parlare con il generale Grumman, allora – dichiarò Riza di rimando – sta giusto attraversando il cortile in questo momento e presumo sia qui per visitarla”
“Ah, quella vecchia volpe di tuo nonno ha finalmente deciso di venire a trovarmi: beh, ha fatto giusto in tempo dato che domani verrò dimesso”
Si sorrisero con complicità, ben sapendo che quella non sarebbe stata una semplice visita di cortesia: Falman, che era quello che maggiormente controllava la situazione al Quartier Generale, aveva detto che a breve Grumman avrebbe preso il ruolo di Comandante Supremo, proprio com’era stato pronosticato: una nomina che accontentava un po’ tutti quanti dato che si presentava come il compromesso giusto tra passato e futuro.
“La aiuto a sistemarsi la giacca – si avvicinò lei – si vorrà presentare al meglio, no?”
Poi si avvicinò alla porta e dovette aspettare solo pochi minuti prima di veder comparire suo nonno con alcuni uomini di scorta. Immediatamente Grumman fece loro cenno di attenderlo fuori dalla porta, chiudendola alle loro spalle.
“Presumo che sia il caso che li raggiunga” dichiarò Riza con un cenno del capo
“Aspetta tu, signorina – la prese per mano il vecchio generale – fatti vedere…”
Le sfiorò con delicatezza la lieve fasciatura che sporgeva dal maglioncino e poi le posò la mano sulla guancia. Negli occhi violetti si lesse un grande sollievo
“Vediamo di non spaventare più questo povero vecchio, mi raccomando – si raccomandò Grumman – ci tengo alla mia unica nipotina”
“Cercherò di non recarle più simili preoccupazioni, generale – arrossì dolcemente la giovane, dimentica di quanto potessero essere piacevoli quelle rare carezze – non deve temere”
“Molto bene, adesso puoi andare – il tono si fece quello solito, furbo e irriverente – ho parecchio da dire a questa canaglia di ragazzo: ho grandi idee per il suo futuro”
 
Nemmeno un’ora dopo il colloquio tra Grumman ed il colonnello si era concluso e nella stanza era presente tutta la squadra. L’attenzione era rivolta al letto ormai vuoto di Riza dove si era appena disteso prono Havoc che il dottor Marcoh stava visitando con attenzione, tastandogli la schiena.
“Bene, ho individuato la lesione – annunciò infine il medico, prendendo la pietra filosofale– Ora rilassati”
“Come vuole, dottore” annuì il biondo
Riza non poté fare a meno di torcersi le mani con apprensione mentre vedeva un lieve bagliore sprigionarsi da quella pietra. Non le sembrava vero che il suo caro amico, finalmente, riprendesse l’uso delle gambe: quella distorsione della sua vita stava tornando normale… fu persino grata dell’esistenza della pietra filosofale, sebbene sapesse a che prezzo era stata creata. Ma per motivi simili ne poteva tollerare l’utilizzo.
Adesso Havoc sarebbe tornato il solito rumoroso elemento della squadra e, per qualche assurdo motivo intuì che anche Rebecca, tornata ad East City quasi subito dopo il giorno della promessa, ne sarebbe stata più che felice.
“Ho finito” disse il medico dopo cinque secondi di quel trattamento, interrompendo quei pensieri
“Cosa? – si stupì Havoc – Ma non ho sentito nulla”
“Provare per credere, soldato. Muovi le gambe”
Il soldato ubbidì esitante a quell’ordine e mosse entrambi gli arti inferiori, senza apparente difficoltà.
“Oh merda… ha funzionato davvero!” esclamò alzandosi in piedi e posandosi alla testiera del letto.
“Non è necessario esitare così – disse il medico – sei completamente guarito”
“Ah si?” Havoc si mosse distrattamente per la stanza, come se volesse continuare a collaudare le gambe.
“Wah! – esclamò Fury rompendo quel silenzio carico di meraviglia – Signore! E’ guarito davvero!”
“Ho bisogno di un’ultima prova! – esclamò Havoc accostandosi a lui e prendendolo rapidamente per la vita per sollevarlo sopra la sua testa con braccio – Allora sergente! Come ci si sente a guardare il mondo da una prospettiva così alta, eh?”
“Sottotenente, no!” esclamò Riza, accostandosi a lui con ansia.
Una scena così assurda, ma che era così spontanea per loro: quante volte era successo in ufficio di vedere esibizioni simili? Tante, forse troppe, ma in qualche modo era stupendo… anche se non era proprio il sentimento che mostrava Riza in quel momento.
“Che cosa sta facendo quello scemo?” chiese Mustang
“Niente capo! – sghignazzò Breda – Havoc ha appena deciso di far provare a Fury l’ebbrezza del volo. Come va lassù, ragazzo?”
“Mi metta giù, per favore!” supplicò Fury annaspando
“Beh, se sollevare un nanetto come te e non mi crea problemi di cedimento, direi che sono guarito davvero! – ridacchiò Havoc  – E poi di che ti preoccupi Fury, ti farei mai cadere?”
“Non mi farebbe mai cadere, signore. Però… sto seriamente rischiando di rigettare su di lei la colazione, se non la smette di premere sul mio stomaco”
“Cosa? - esclamò il biondo affrettandosi a farlo scendere – Non ci provare!”
“Bene, è una scena che ho evitato volentieri di vedere” commentò il colonnello con un sospiro.
Ci fu ancora qualche secondo di ilarità generale mentre Riza si accostava a Fury verificando che non ci fosse nulla di fuori posto. Riuscì persino a lanciare un occhiataccia ad Havoc e dargli una gomitata sullo stomaco.
Poi il dottor Marcoh si schiarì la gola e si rivolse a Mustang
“Come d’accordo ho guarito prima il suo uomo. Adesso le ridarò la vista, colonnello: così potrà adempiere a quanto promesso”
A quelle parole tutta la squadra si mise in riga davanti al letto del colonnello, lanciandosi occhiate trepidanti, come se quello fosse il momento che avessero atteso per tutto quel periodo che era iniziato con l’arrivo di Scar. Era la loro vera promessa, il loro personalissimo scopo: adesso avrebbero potuto iniziare la scalata verso l’alto che preparavano da tempo.
A Riza il cuore batteva a mille mentre il bagliore della pietra filosofale splendeva davanti al viso di Mustang che teneva le palpebre abbassate. Furono cinque interminabili secondi, ma alla fine il medico si scostò dal suo paziente che, con esitante lentezza aprì gli occhi.
Rivedere quelle iridi nere come la notte fu il momento più bello degli ultimi giorni per Riza.
“La sua squadra è pronta a qualsiasi azione, signore!” esclamò con voce salda facendo un perfetto saluto, imitata immediatamente da tutti gli altri.
Mustang annuì, fissando ciascuno di loro, come se quella fosse la più normale giornata d’ufficio. Poi si rivolse al dottor Marcoh
“Non si preoccupi dottore: la mia squadra mi aiuterà a ricostruire Ishval… e io non potrei chiedere un sostegno migliore”
 
Lasciarono l’ospedale che ormai era il tramonto.
Il colonnello, in quello che Havoc aveva definito uno strano momento di magnanimità, aveva deciso di invitare loro la cena in un ristorante di specialità dell’Ovest che Breda aveva tanto decantato.
Lui e Riza camminavano dietro il quartetto spensierato di compagni di squadra, godendo finalmente di quella calma passeggiata nella tiepida brezza del tramonto primaverile: era tutto così perfetto da sembrare surreale. In quel momento erano tutti tesi a godersi quella serata, lasciando da parte per qualche ora i progetti futuri e i dolori passati. Era un qualcosa che si dovevano da troppo tempo
“Me ne sto già pentendo…” borbottò Mustang osservando Havoc che agitava un pugno in aria, chiaro segnale che aveva intenzioni più che bellicose per quella sera.
“I ragazzi sono solo felici di essere tutti insieme – sorrise Riza – Per loro vuol dire molto che la squadra sia di nuovo riunita”
Voleva dire tantissimo anche per loro due, ma era sottinteso: certe cose non era nemmeno il caso di dirle.
Il colonnello attese qualche secondo prima di rispondere, come se stesse riflettendo su qualcosa di estremamente importante.
“Già. Sai, tenente,lo so che importerà a pochi, però quei quattro avrebbero…” esitò, come se fosse sorpreso delle sue stesse conclusioni.
“Avrebbero cosa, signore?” chiese Riza con perplessità.
“Quando ho capito che la faccenda andava oltre Scar, ho temuto per loro ogni momento – cercò di spiegarsi lui – E loro avrebbero potuto fuggire via, chiedermi di tornare ad East City e io non avrei obbiettato… avrei firmato loro quell’ordine senza pensarci due volte. Invece sono rimasti ad affrontare qualcosa che era decisamente troppo grande per loro e che poteva… anzi, ha seriamente rischiato di ucciderli tutti”
“Non l’avrebbero mai lasciata, signore, lo sa bene”
“Sono stati fantastici – continuò Mustang – non si sono persi d’animo nemmeno quando tutto sembrava perduto. Sono rimasti uniti per quanto ci fossero distanze incredibili tra di loro: si sono confortati a vicenda, sapendo che uno era accanto all’altro… che fosse nella parete di Briggs o nelle trincee di Fotcett, che si combattesse contro Creta o contro la perdita della possibilità di camminare. Loro… tenente, loro sanno poco o niente di alchimia, eppure sono stati un perfetto cerchio alchemico”
“Signore?” Riza cercò di capire quel ragionamento, ma proprio non ci riusciva.
“Uno a nord, uno ad ovest, uno a sud…e uno che poi è tornato ad est. Erano ai quattro angoli di Amestris, e hanno creato un cerchio di energia invisibile: una specialissima alchimia, solo per loro quattro. E noi due ne eravamo al centro, in qualche modo protetti e coinvolti”
A quella spiegazione la donna non poté fare a meno di sorridere: quell’idea di alchimia le riusciva più gradita di quanto avesse mai creduto.
“Sì è vero – annuì – e quando uno aveva bisogno d’aiuto, gli altri riuscivano sempre a sostenerlo. Così è stato per Havoc quando è stato ferito e così è stato per il nostro piccolo sergente, quando la trincea lo stava per uccidere”
“Lui è quello che mi ha fatto temere di più, ma grazie ai suoi compagni ce l’ha fatta anche questa volta –  ammise Mustang – E’ che non ha ancora ventidue anni, ma appena sarà possibile, tra un annetto, una bella promozione a maresciallo se la merita, così come promuoverò Havoc e Breda”
“Fury è davvero maturato così tanto da quando arrivò da noi più di tre anni fa – sorrise Riza con grande orgoglio – Anche quando stava per partire ed era spaventatissimo ha sempre cercato di mostrarsi coraggioso per rassicurare tutti gli altri”
“Anche se era difficile credergli… non sapeva proprio nascondere la sua paura”
“Ma, nonostante tutto, ha trovato la forza di dare conforto a me” ricordò lei con estrema tenerezza.
“Eh?”
“Pensavo che le radio di Fury sono ancora a casa mia”
“Ah sì, la sua strumentazione infernale. Beh, di certo sarà un vero piacere vederlo tornare a gingillarsi con le sue radio: – sorrise Mustang – è difficile pensare a Fury senza cuffie al collo per molto tempo, vero? E’ un po’ come pensare ad Havoc senza una sigaretta in bocca”
“O come Falman senza un libro, o Breda senza qualcosa da mangiare” ridacchiò lei, spensierata come non era da mesi e mesi, forse da un anno e più.
“Sai tenente, se ci fosse una storia che narrasse tutta questa vicenda, quei quattro sarebbero solo citati… gli uomini del grande alchimista di fuoco che ha aiutato i fratelli Elric a salvare il mondo. Probabilmente solo noi due sappiamo cosa hanno realmente passato e che coraggio incredibile hanno avuto: sono semplici soldati, eppure c’è molto da imparare da loro. Sono così dannatamente orgoglioso che siano i miei uomini”
“E allora dimostri più entusiasmo ad andare a cena con loro – sorrise Riza con indulgenza – E poi, insomma, non penso che si comporteranno così male, per quanto siano un po’ euforici”
“E per festeggiare: oggi facciamo ubriacare Fury!” gridò la voce di Havoc
“Cosa?” protestò l’interessato
“Cosa dicevi a proposito del loro comportamento, tenente?” ridacchiò Mustang
“Niente, signore: – sospirò lei – mi accerterò solo che si contengano il minimo indispensabile e che non riducano il sergente come altre volte”
“Sarà una bella impresa… come quella che hanno fatto loro – poi si rivolse al gruppo –  Ehi voi, ricordatevi che se riducete Fury a un relitto, poi dovete pensare anche a rimetterlo in piedi entro domani mattina”
“A qualcuno potrebbe interessare il fatto che io non voglia bere?”
"Ovviamente no, Fury!" ridacchiò Breda
 Mentre il quartetto proseguiva in quella discussione, Mustang si girò verso di lei e le strizzò l’occhio.
“Ti prometto che prima o poi faremo una cena noi due da soli”
Era una battuta? Una semplice proposta tra superiore e sottoposta? Riza non lo seppe, si limitò a sorridere ed annuire, senza chiedersi se mai una cosa simile si sarebbe concretizzata.
Voleva solo godersi gli ultimi raggi di quel sole tiepido che le accarezzavano il viso, facendola sentire viva.








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Per quanto abbia seguito fedelmente la trama del manga, per quest'ultima parte sono sempre stata propensa alla versione dell'anime, dove la proposta del dottor Marcoh arriva che Roy è in ospedale, qualche giorno dopo il giorno della promessa. Lo trovo più che giusto, soprattutto per la richiesta di guarire Havoc: non tanto perché l'idea di una riabilitazione normale mi sia sgradita (anche se lo trovo un po' contradditorio con il fatto che prima avessero detto che il danno ai nervi era tale che nemmeno gli automail potevano risolvere), ma perché è proprio da Roy pensare al suo sottoposto (specie dopo quelle bellissime ed intense scene quando Havoc prende congedo).
Anche in questo capitolo ho attinto a piene mani dalla fiction Il cielo sopra la scacchiera: la scena della guarigione di Havoc e quella della successiva andata a cena le avevo già scritte per quell'occasione, sebbene le ultime frasi tra Roy e Riza le abbia aggiunte ex novo per l'occasione.
Bene, manca solo l'epilogo che conto di postare entro questa settimana :)
A presto
  
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