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Autore: Yasha 26    18/07/2016    3 recensioni
(Cain/Setsu/Reino)
- Ma che t'importa con chi esco? Se anche andassi a letto con mezza città, a te che importa? -
- Non osare nemmeno pensarla una cosa del genere! – esclamò Cain, guardandola torvo. Lui ci provava a mantenere la calma, ma Setsu era abile nel fargliela perdere.
- Perché non dovrei? Adesso potrei anche uscire da questa stanza e andare a letto col primo che incontro! Non potresti impedirmelo! - lo sfidò, avvicinandosi all'ingresso, ormai stanca di quella lite.
Fu tutto troppo veloce per Setsu, che quasi non capì come avesse fatto a finire sul letto, con Cain su di lei a bloccarla con forza contro il materasso.
Era sorpresa da quella reazione, ma non impaurita. Le sembrava di assistere ad un attacco di gelosia e non al rimprovero di un normale fratello preoccupato. Poteva forse sperare che fossero la gelosia e la rabbia di un uomo innamorato?
- Perché ti stai comportando così? Che cosa vuoi da me? - gli chiese, sperando in una risposta diversa dal suo solito: "Sei troppo piccola e ingenua per avere un uomo”.
- Volevi andare a letto col primo che incontravi, no? Ti sto accontentando! – rispose lui, baciandola.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cain Heel, Reino, Setsuka Heel
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Sicura di non volere che ti accompagni su? – le chiese Reino, fermandosi davanti all’ascensore.
- Sì. Se ti vedesse, non so come reagirebbe. –
- Mi fa piacere sapere che ti preoccupi per me, ma non ho certo paura di lui. Sono io, piuttosto, a preoccuparmi per te. – le spiegò, percependo l’aura tetra provenire dai piani superiori e appartenente di certo a suo fratello.
- Non oserà toccarmi. Stai tranquillo. –
- Lo spero. –
- Vado. Non conto di impiegarci molto. – disse Setsu, entrando in ascensore e sorridendogli, anche se in modo forzato.
Quando le porte si chiusero, si appoggiò contro una parete dell’ascensore, osservandosi allo specchio della cabina. Aveva inconsciamente paura, ma non che le facesse male fisico; aveva paura delle sue parole. Sapeva, però, che doveva affrontarlo e informarlo che non se ne sarebbe andata e che avrebbe vissuto altrove.
Si fermò davanti alla porta della camera che condividevano, indecisa se bussare o no. Non aveva con sé la tessera magnetica per aprirla, quindi doveva necessariamente bussare. Lo fece dopo interminabili minuti e attese, finché non vide la porta spalancarsi.
- Setsu! – esclamò Cain appena se la trovò davanti, in perfetta salute, e non poté essere più felice. Istintivamente la tirò a sé in un abbraccio quasi soffocante. Per la testa gli erano passati innumerevoli scenari terrificanti, che peggioravano col passare delle ore e che lo stavano portando alla pazzia. Se le fosse successo qualcosa, non se lo sarebbe mai perdonato.
Setsuka restò stupita da quell’accoglienza. Lo immaginava già a sbraitare, invece la stava abbracciando come se non la vedesse da anni.
- Ca-Cain? – lo chiamò, sperando la lasciasse. In altre circostanze sarebbe morta di felicità per un simile abbraccio, ma non dopo ciò che le aveva detto e fatto.
- Mi hai fatto morire di paura! Dove sei stata finora? Stai bene? Non ti è successo nulla, vero? – domandò, allontanandola solamente per esaminarla dalla testa ai piedi.
- Perché dovrei stare male? – chiese confusa.
- Ho temuto commettessi qualche sciocchezza dopo quello che è successo. – confessò dispiaciuto. Voleva allontanarla, non certo distruggerla al punto da uccidersi.
- Ci sono andata vicino. – ammise lei, entrando in camera e lasciando lui all’ingresso. Non aveva di certo voglia di parlare nel corridoio di un albergo dei suoi fatti personali.
- Cosa? Che hai fatto? – le chiese terrorizzato, seguendola e sbattendo la porta dietro di sé.
- Nulla di intenzionale, ma qualcuno è venuto a prendermi per tempo. – spiegò freddamente, iniziando a prendere i suoi vestiti dai cassetti e dall’armadio. Solo in quel momento Cain notò che indossava un cappotto maschile che le stava decisamente grande.
- Con chi sei stata? Di chi è quel cappotto? – domandò cambiando tono. “Io mi preoccupavo e lei invece era a divertirsi con qualcun altro, dopo ciò che è accaduto tra noi?” pensò infuriandosi.
- Con Reino e il cappotto è il suo, visto che il mio l’ho lasciato qui. – rispose lei, ignorando il cambio d’umore del fratello. Immaginava già si sarebbe arrabbiato sapendo di Reino, ma non le importò. Non stavolta.
- Dovevo immaginarlo! Non hai perso tempo per correre a chiedere il suo aiuto a quanto vedo! – le rinfacciò, pensando che in fondo non doveva essere poi tanto innamorata di lui per andare da un altro.
- Non l’ho cercato io, mi ha trovato lui. Su un cavalcavia. – gli rivelò indifferente, continuando a sistemare i suoi vestiti nella valigia.
- Cosa… cosa ci facevi lì? – sbiancò lui, voltandola con la forza per guardarla.
- Non lo so. Non ricordo molto di quello che è successo. Mi ha spiegato che ero quasi priva di sensi quando mi ha trovato, così mi ha portato a casa sua. L’unica cosa che ricordo è che volevo tanto sparire. Nient’altro. Suppongo sarebbe accaduto proprio questo visto che poi ha iniziato a nevicare. Forse sarei morta assiderata su quel ponte se non ci fosse stato lui. – raccontò, sentendo nuovamente il vuoto che aveva avvertito la notte passata.
- Sei una pazza incosciente! - urlò Cain, sentendo il cuore stretto in una morsa per il pericolo cui era andata incontro. - Che ti ha detto la testa quando sei uscita da qui senza cappotto? Eh? E poi che intenzioni avevi? Lasciarti morire di freddo? Pensavi di risolvere qualcosa? – - Quando me ne sono andata non ho certo badato alle temperature. Volevo solo allontanarmi da questa gabbia infernale che mi stava opprimendo. Più guardavo quel letto… - disse, voltandosi a guardarlo. - … più pensavo a quello che hai fatto… a quello che hai detto… - s’interruppe, sentendo nuovamente le lacrime pizzicare gli occhi, ma per orgoglio provò a fermarle.
- Non volevo arrivassi a questo punto. Volevo solo convincerti che il tuo amore nei miei confronti è sbagliato. –
- Lo hai fatto nel modo sbagliato! Hai idea di come mi sia sentita umiliata, usata, rinnegata perfino? Sono stata il tuo sfizio! Un oggetto su cui sfogare la tua voglia. Hai sminuito i miei sentimenti, definendoli malati. Più che allontanarmi da te, sembrava volessi spingermi a odiarti! – gli urlò contro, osservando i suoi occhi distogliere lo sguardo dal suo e farsi cupi. Improvvisamente un dubbio le si instillò nella mente.  - Aspetta!  É così? Mi hai mentito vero? Hai detto quelle cose per farti odiare, così che mi dimenticassi di te. Ho ragione? É così Cain? – domandò, con un briciolo di speranza.
Cain la osservò smarrito. Aveva capito il suo piano. Si era lasciato tradire dalla preoccupazione e non sapeva cosa rispondere. Si fece forza, ritornando a recitare il ruolo del bastardo che l’aveva ferita la sera prima, pensando che lo faceva unicamente per il suo bene.
- Non è così. Ti ho detto ciò che pensavo. Il tuo attaccamento morboso nei miei confronti non è normale. – mentì, facendo violenza su se stesso per non dirle la verità e ributtarla su quel letto, ripetendole quanto l’amasse e che sarebbe stata sua per sempre.
- Giuramelo! Giurami che non provi nulla per me e che non mi ami. Giuramelo e non ti chiederò mai più nulla al riguardo! – tentò nuovamente, sperando di potersi buttare tutto il dolore alle spalle.
- Ti amo, ma esclusivamente come una sorella, niente di più. – affermò, nascondendo il pugno tremante dietro la schiena e mantenendo la freddezza delle sue espressioni. Dentro, però, il suo sangue ribolliva rabbioso. Sapeva che negare ancora significava vederla andare via con quel ragazzo che, piano piano, si era insinuato tra di loro, rovinando il loro rapporto abitudinario che nessuno era riuscito a intaccare prima di allora.
Lo detestava. Se lo avesse avuto davanti a sé, lo avrebbe probabilmente ucciso a pugni. Se non si fosse messo in mezzo, sicuramente la sua Setsu non gli avrebbe dato motivo per ingelosirsi e la lite della sera prima non sarebbe mai  avvenuta. Si sarebbe accontentato di amarla in silenzio, senza venire a conoscenza di essere ricambiato. Ma tutto era finito e non si poteva più tornare indietro.
- Ho capito. – rispose atona Setsu, reprimendo le lacrime. Scioccamente, aveva sperato in un qualcosa che non sarebbe mai esistito. Nel silenzio in cui si erano chiusi, finì la sua valigia, prendendo anche tutte le sue cose dal bagno e la chiuse. Avrebbe pagato oro per ritornare come prima, illudendosi di essere felice anche solo standogli accanto. Non sapeva proprio come avrebbe fatto a vivere lontano da lui.
- Suppongo non ritornerai a casa. – ipotizzò quando la vide poggiare a terra la valigia chiusa, pronta per andar via.
- Supponi bene. Non ho voglia di stare lì da sola. E poiché qui non sono più gradita, andrò altrove. – replicò, prendendo le carte di credito dal comodino.
- Non ho mai detto di non volerti qui! – disse con tono duro.
- Ma hai detto sarebbe stato meglio andarmene. Non equivale forse a un invito a sloggiare? – gli fece presente, andando poi in cucina a prendere il cellulare e mettendolo nella tasca del cappotto di Reino, che aveva tenuto addosso per darsi coraggio.
- L’ho detto per te, non perché non ti volessi qui con me. Torna a casa. In questi mesi che mi rimangono qui in Giappone avrai tempo per riflettere da sola. Poi, quando tornerò, ne riparleremo. – tentò di convincerla, nell’ultimo disperato tentativo di non lasciarla nelle mani di un altro, con la sicura probabilità di perderla per sempre.
- Non voglio tornare a casa. Non ora almeno. Come hai detto tu stesso, soffro di un brutto male… - rise amareggiata per le sue stesse parole, per poi guardarlo con sfida e riprendere il discorso. - … e non credo di poterlo curare da sola, passando chissà quante settimane chiusa in casa. Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti. –
- E quel tipo assurdo sarebbe la tua cura? Una scopata è sufficiente a farti dimenticare l’amore che tanto decanti per me? – sbottò Cain frustrato, gettando a terra una delle sedie vicino a lui. Non riusciva ad accettare che sua sorella andasse a vivere con qualcuno che non fosse lui. Che un altro la toccasse e la facesse sua. Proprio non ci riusciva.
- E se anche fosse? Non dovresti esserne felice? Non è ciò che vuoi? Devo curare il mio "attaccamento morboso" nei tuoi confronti, giusto? E cosa c'è di meglio di altro uomo? – lo provocò, sicura che la sua precedente intuizione non fosse errata.
Non era stupida e conosceva suo fratello da tutta la vita. Con la mente più lucida, rispetto il giorno prima, era riuscita a seguire le inflessioni della sua voce, che tradivano le sue espressioni. E anche se continuava a recitare - perché ne era sicura, stava recitando -  non riusciva a nascondere del tutto i suoi sentimenti. Aveva notato il tremore del suo pugno stretto dalla rabbia, così come aveva colto lo sguardo smarrito che le aveva mostrato quando gli aveva chiesto se mentisse.
Cain, invece, si sentiva impazzire. Più lei parlava, più lui perdeva il controllo. Aveva capito che lo stava provocando, aspettando una reazione simile al giorno prima, quindi respirò profondamente, cercando di non tradirsi ancora una volta e rispondere nella maniera più corretta alle sue parole, ma non era affatto facile.
- Non voglio che diventi il gioco di quel tipo. – rispose, cercando di usare un tono piatto quando, invece, la voglia di chiuderla a chiave in quella stanza e ripeterle all'infinito che apparteneva a lui, infuriava nella sua mente.
- Non mi vede come un gioco, anzi… temo sia terribilmente serio. – asserì, dispiaciuta nei confronti di Reino.
- Vorresti forse farmi credere che ti ama? Ma andiamo! Ti conosce da qualche settimana! –
- La storia con lui è lunga da raccontare e comunque non ti riguarda. A questo punto è bene che me ne vada, visto che sembra non abbiamo più nulla da dirci. Però, Cain, lascia che un’ultima cosa te la dica prima di andar via… - esordì, fermandosi davanti alla porta con la valigia in mano e dandogli le spalle. Se lo avesse guardato in faccia, sicuramente non sarebbe riuscita a parlare. – Mi sento ferita e delusa dalle tue parole, tuttavia ho capito il perché le hai dette. L’ho capito poco fa. Il mio è davvero un amore malato, ma anche il tuo lo è, poiché è identico al mio. Però c’è una sostanziale differenza tra noi due… - si fermò, prendendo fiato, mentre Cain, dietro di lei, ascoltava incredulo le sue parole. - Io ero pronta ad affrontare il mondo per il bene che ti voglio, accettando le conseguenze del caso, tu no. Tu invece hai avuto paura. Forse ti preoccupa uno scandalo e temi per la tua carriera, non so. Di certo non lo fai per me. Non credo tu non sappia che qui in Giappone non è illegale per due consanguinei frequentarsi, così come non credo tu non sappia che in New Jersey ci si può addirittura sposare anche tra diretti discendenti. Il modo lo avremmo trovato, ma non hai voluto. Potevamo stare qui, o ritornare negli Stati Uniti, o addirittura cambiare paese. I posti non mancano, manca la volontà e il coraggio. Hai deciso di mettere fine a ciò che non hai nemmeno permesso che iniziasse, quindi, giunti a questo punto, una scelta per il mio futuro devo pur prenderla... –
- Setsu… tu… - provò a parlare Cain, interrompendola, ma era talmente sconvolto da non sapere che dire. Lei aveva capito tutto e, forse, diceva anche il vero. Aveva paura, ma non certo per la sua carriera. Rifletté sulle sue parole. Aveva ragione quando diceva che c'erano altre possibilità. Possibilità che lui non aveva mai preso in considerazione però.
Setsu rimase in attesa di una sua domanda o di qualunque altra cosa. L’aveva interrotta ma non sembrava avere nulla da dire, così, riprese il discorso, stringendo con forza il manico della valigia e voltandosi verso il fratello.
- Non ritornerò a casa, né fra qualche mese né mai forse, ma non per il motivo che pensi tu. La mia scelta non dipende da Reino. Ci ho pensato, e forse è ora che inizi a vivere per me stessa, camminando sulle mie gambe e uscendo da sotto la tua ala protettrice, visto che è così pesante da schiacciarmi, fino quasi a uccidermi. Avrei potuto anche accettare che non mi amassi, ma sapere che ricambi i miei sentimenti e li rinneghi per chissà quale motivo, è dura da mandar giù. Hai scelto anche per me con la tua decisione, costringendomi a soffrire. Ti amo Cain, ma non starò a piangermi addosso, quindi hai davvero l’ultima possibilità per fermarmi e non farmi uscire da questa stanza, perché se adesso ne esco, non ritornerò mai più. – spiegò, osservando il suo turbamento e pregando tutti gli Dei in un miracolo.
Il suo ultimatum lo aveva spiazzato. Cain non si aspettava un simile discorso dalla sorella. L’aveva sottovalutata e ora si trovava di fronte ad una scelta: accettare la loro relazione o lasciarla andare?
- Non puoi mettermi davanti ad una simile scelta! Non posso accettare né l’una né l’altra! –
- Allora scelgo io. Se non vuoi considerarmi come una semplice donna, trovo impossibile ritornare a vivere con te. Io non ti vedo come un fratello. Ogni volta che i miei occhi si posano su di te, non posso fare a meno di pensare che vorrei baciarti, toccarti, fare l’amore con te. Non credo di poter ritornare alla finzione di prima, quindi vado via. Addio Cain. – lo salutò infine, aprendo la porta e uscendo definitivamente da quella stanza e dalla vita del fratello, o almeno per un bel po’ di tempo.
Aveva bisogno di stargli lontana, o sarebbe di sicuro impazzita. Represse nuovamente le lacrime e scese al piano inferiore, dove Reino la attendeva.
- Com’è andata? – la accolse preoccupato, osservando gli occhi lucidi.
- Peggio di quel che credessi. Poi ti racconto a casa, non mi va di farlo qua. – rispose avvilita, sentendo il cuore in frantumi. Aveva detto a Cain che non sarebbe rimasta a deprimersi per lui, ma non era la verità. Era stato il suo orgoglio ferito a farglielo dire. In realtà si sentiva distrutta. Lui provava qualcosa per lei, ma non era così forte quanto i suoi sentimenti.
- Non fare quel faccino triste, cucciolo. Sul tuo viso deve esserci sempre il sorriso, non queste orribili lacrime. – le disse, asciugandole l’angolo dell’occhio dal quale stava scivolando via incontrollata una lacrima. Come già accaduto, la strinse tra le braccia per confortarla e farle capire che lui c’era e non l’avrebbe mai lasciata sola.
Quel gesto la rasserenò nuovamente e sentì il cuore alleggerirsi un po’. Non sapeva spiegarsi il perché, ma la presenza di Reino la tranquillizzava. Forse perché le offriva una spalla su cui piangere.
- Grazie. – rispose solamente, ricambiando l’abbraccio e sentendosi un po’ meglio.
- Di nulla. Andiamo? – le chiese, allontanandola appena per osservare il suo viso.
- Sì… andiamo. – acconsentì, lasciando a lui la sua valigia e uscendo dall’albergo al fianco del ragazzo che la stava salvando dalla pazzia.
Da quel momento iniziava la sua nuova vita, lontano dall’unico uomo che, era certa, avrebbe amato più di se stessa.
 
Cain osservò la porta chiudersi lentamente, come se gli stesse dando l’ultima chance per fermarla, ma non lo fece. Era talmente sconvolto da non riuscire a muovere un muscolo. Tutto quello che stava vivendo nelle ultime ventiquattro ore era talmente assurdo che non sapeva come comportarsi. Ciò che sapeva chiaramente era che non voleva dire addio a sua sorella. Come avrebbe fatto a vivere senza di lei? Un conto era saperla a casa, ad attendere il suo ritorno, un altro era saperla lontano, nelle mani di un altro uomo che non era lui.
“Mi sto contraddicendo, maledizione! Prima voglio allontanarla, anche ferendola, ora, invece, vorrei solo stringerla a me e non dirle addio!” rifletté confuso, facendo poi l’unica cosa che gli venne istintivo fare: seguirla e fermarla. Per dirle cosa non lo sapeva, ma doveva assolutamente fermarla.
Scese di corsa le scale senza attendere l’ascensore, sperando non fosse ancora uscita dall’albergo. Arrivato alla fine delle scale, però, vide una scena alla quale non avrebbe mai voluto assistere, ovvero Setsu abbracciata al ragazzo che aveva rovinato tutto.
“No… io ho rovinato tutto! Avrei potuto approfittare di questa possibilità, invece ho distrutto ogni cosa. Ed ora c’è lui con lei. Forse è meglio così.” si disse, pensando che quello fosse un segno per tenerli lontani.  Fece dietrofront e risalì nella sua camera, richiudendosi la porta dietro.
La sua condanna a morte era stata proclamata e non avrebbe potuto fare più nulla per fermarla.
 
 
 


 
E rieccoci col nuovo capitolo. Cain voleva fermare la sorella alla fine, ma non l’ha fatto perché l’ha vista tra le braccia di Reino. L’ha lasciata andare via anche se si è pentito della sua scelta ed è rimasto solo. Che ne sarà  di lui ora? Tutto solo soletto :’( mi spiace in fondo.
Dal capitolo successivo andremo un po’ avanti coi giorni e i mesi ^_^ spero continuerete a seguire la storia e a farmi sapere le vostre impressioni ^_^
Grazie di cuore a chi lo sta già facendo :*
Alla prossima :*
Baci Faby <3 <3 <3 <3 
P.S: ricordo sempre la pagina Facebook su Skip Beat ;) unitevi a me e agli altri fan nell'attesa del nuovo capitolo, il 238, che uscirà il 20 *-* speriamo ci sia di nuovo Kuon :3   Skip Beat Italia - Cain&Setsu   
   
 
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