Serie TV > Castle
Segui la storia  |       
Autore: nikita82roma    18/07/2016    4 recensioni
Un mese dopo la sparatoria al loft Kate riprende finalmente conoscenza. Ma lei e Rick dovranno ricominciare tutto da capo nel modo più imprevisto e difficile, con un evento che metterà a dura prova il loro rapporto e dovranno ricostruire il loro "Always", ancora una volta. Ma Rick avrebbe fatto tutto per lei, per loro, per riprendersi la loro vita e non avrebbe più permesso a niente e nessuno di separarli.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Rick Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Always Together'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Kate si svegliò presto. Si sentiva bene, molto bene. L'idea di riprendere la sua quotidianità e di andare al distretto l'aveva caricata di nuove energie, anche se solo per andare a leggere vecchi rapporti e non per svolgere quel lavoro che amava: lei era una donna d'azione non certo di scartoffie e scrivania.
Si vestì e salutò Castle che ancora si rotolava tra le coperte dandogli un bacio che lo svegliò solo per un attimo. Rick si svegliò solo quando sentì la porta del loft chiudersi. Toccò il lato destro del letto cercando Kate e non la trovò, rendendosi conto di quello che era successo prima, quando l'aveva salutato. La Si districò tra le lenzuola alzandosi velocemente ed accorgendosi che Kate era già uscita. Sospirò lasciandosi scappare un sorriso e si rimise a letto.

Quando Kate scese dal taxi davanti al dodicesimo le sembrò di respirare aria di casa. Vedeva molte facce conosciute altre no, ma tutte la salutavano con grandi sorrisi, felici di vederla di nuovo lì anche se ancora in vesti non ufficiali. Quando uscì dall'ascensore i suoi passi decisi rimbombavano nel corridoio, non aveva i soliti tacchi vertiginosi che era solita usare in ogni occasione, ma questo non toglieva nulla alla sua camminata elegante.

C’era ancora poca gente al distretto, Javier e Kevin non erano ancora arrivati, vide la Gates, invece già nel suo ufficio che le fece cenno di entrare, ma era al telefono e non voleva disturbarla. Esposito e Ryan avevano liberato quella che era la sua vecchia scrivania, rimettendole sopra alcuni di quegli oggetti che aveva lasciato nel suo ufficio di capitano e che la Gates aveva messo da parte, senza togliere nulla. 
Appoggiò la borsa sul piano, prese la targa in legno che avevano messo sulla scrivania: Katherine Beckett Captain. La prese in mano facendo scorrere le dita sulle lettere incise. 
- Ehy Beckett! Non ci credi che sei capitano? - La voce allegra di Esposito
Kate alzò lo sguardo verso l’amico scuotendo la testa accennando un sorriso.
- Non mi ci vedo Capitano, Javi. Non mi ci vedo tutto il giorno lì dentro a compilare scartoffie, fare telefonate, mediare con i politici. Io sono una che agisce, che lavoro sul campo, non sono una burocrate.
- Pensa a quello che ti è successo, non mi pare che sei stata un capitano che stava solo in ufficio, no?
- Ma è diverso Espo! - Posò la targa sulla scrivania - Perché secondo te l’ho fatto? Perché sono voluta diventare capitano?
- Perché sei la migliore Beckett. E i migliori non possono restare tutta la vita a fare i detective. Devono fare grandi cose. - Le diede un bacio sulla fronte, poi si tolse la giacca appoggiandola dietro la sua sedia.
Kate annuì, pensando alle parole dell’amico e collega. Andarono insieme in archivio, cercarono tra gli scaffali l’anno che le interessava, l’ultimo del quale avesse qualche ricordo. 
- Allora, Beckett, da dove vuoi cominciare? Ti ricordi qual è l’ultimo caso a cui hai lavorato?
Ci pensò un po’ su…
- Benni Rocha… no, aspetta… Harriet Wilson la cameriera del Pepper Market uccisa nel retro del ristorante dal fratello del suo fidanzato, te la ricordi?
- Ehm… no a dir la verità, ma cerchiamola… 
Esposito e Beckett passarono in rassegna le scatole nello scaffale e finalmente la trovano.
- Eccola! - Disse Javier. - Quindi da qui in poi. - Indicò tutti gli altri fascicoli dei casi che avevano risolto in quegli anni.
Kate prese in mano il dossier del caso successivo. 
- Oh, cominciamo subito con un serial killer… Harrison Tisdale… 
- Cosa? - Disse Javier prendendole i fogli di mano
- Questo è il caso successivo all’ultimo che ricordi? - Kate annuì - È quando abbiamo incontrato la prima volta Castle!
- Ah - Beckett rimase per un attimo senza parole. La sua memoria selettiva aveva cancellato tutto esattamente dal momento in cui aveva conosciuto Rick. Come poteva credere che fosse una casualità? 
- Tutto bene? - Le chiese Esposito vedendo il suo plateale turbamento
- È così strano Javi… Così strano…
- Dai, prendiamo un po’ di questi così cominci a studiarteli.
I due presero una pila di fascicoli ciascuno e tornarono alle loro scrivanie. Anche Ryan era arrivato nel frattempo e aspettava Javier picchiettando nervosamente sul ripiano della scrivania.
- Dai andiamo fratello c’è stato un’omicidio tra la Columbus e la 61th 
Kate si era appena seduta e sentendo quelle parole, un sussulto ed un riflesso incondizionato le fecero appoggiare le mani al bordo della scrivania e spostare indietro la sedia per alzarsi. Si fermò prima di farlo, ma il suo gesto non passò inosservato ai due che la guardarono benevoli abbozzando un sorriso e lei ricambiò con un cenno della testa e con la mano a dirgli di andare, che stava bene.
Non era così in realtà. Non stava bene per niente. Sapeva che la sua amnesia coincideva con il periodo in cui più o meno aveva conosciuto Castle, non aveva idea, però, che fosse esattamente da quei giorni. 
Avrebbe voluto aprire il cassetto, prendere la sua pistola e assicurare qualche bastardo alla giustizia, invece stava lì, a cercare di scovare qualcosa nel suo passato.
- Tutto bene Capitano Beckett? - Victoria Gates era alle sue spalle e la stava osservando
- Oh, non mi chiami così Signore… 
- Sarebbe voluta andare con i detective Ryan ed Esposito, non è vero?
- È il mio lavoro Capitano.
- Credo che qualora volesse tornare, non avrebbe problemi a superare la valutazione e a riqualificarsi, anche nel suo stato. Ma di certo non potrebbe andare sul campo, visto che è incinta.
- Lo so, ma non mi sento pronta per dirigere un distretto, non è quello che so fare, al momento o che mi sento di fare.
- Una soluzione si potrebbe sempre trovare, come congelare la sua carica fino a quando non avrà superato la su amnesia, ma così almeno qui al distretto, potrebbe partecipare alle indagini, interrogare i sospettati, parlare con i testimoni. È sempre stata brava in questo, la migliore… Ci pensi Capitano Beckett
- Sì, Signore, ci penserò…
- Beckett, guardi un po’ chi c’è là - La Gates le indicò l’ascensore dal quale era appena uscito Rick sorridente con due tazze di caffè in mano che procedeva verso di loro a passo allegro salutando tutti. Kate, nel vederlo arrivare così gioioso, arrossì quando i loro sguardi si incrociarono e lui le riservò un sorriso ancora più dolce.
- Capitano Gates, Capitano Beckett… - Rick salutò le due donne porgendo loro i caffè che Kate prese subito ma la Gates rifiutò gentilmente con un cenno della mano.
- Signor Castle, non avrei mai pensato di dire questa frase ma è un piacere rivederla al distretto - Lo salutò la donna.
- Il piacere è tutto mio Signore!
- Bene, vi lascio soli. Mi raccomando Castle, questo è sempre un distretto di Polizia anche se sua moglie non è in servizio!
- Io farò il bravo, ma non posso garantire anche per Beckett! - Le disse facendo il finto ingenuo mentre la Gates ritornava nel suo ufficio.
- Ehy ciao Capitano… Sei uscita presto stamattina… - Rick la salutò accarezzandole il viso e questo imbarazzò tantissimo Kate che si ritrasse appena.
- Dai Castle! Non qui!
- Beh, non ho fatto nulla di sconveniente. - Poi si guardò intorno, mancava una cosa. - Aspettami qui, intanto bevi il tuo caffè, è decaffeinato!
Castle si allontanò andando a parlare con un agente che doveva conoscere bene, a giudicare dalla stretta di mano e dalle pacche sulle spalle. Si voltarono un paio di volte verso Kate, Rick indicò qualcosa e gesticolò, alla fine l’agente annuì e Rick soddisfatto tornò da lei, sedendosi sulla sedia di Esposito, bevendo anche lui il suo caffè.
- Allora, cosa stai facendo di bello?
- Te l’ho detto ieri, guardo i fascicoli dei vecchi casi.
- Uhm… venire al distretto ti ha fatto tornare la vecchia Beckett! - Sbuffò Castle.
- E quello cosa fa? - Disse Beckett vedendo l’agente con il quale prima aveva parlato Castle arrivare con una sedia. Rick la prese e la mise vicino alla scrivania di Kate e si sedette. - Questo cosa vuol dire Castle?
- Mancava qualcosa, mancava questa! - Disse accarezzando i braccioli un po’ malconci.
- Cosa è questa? E perché l’hai messa lì?
- Direi che è una sedia, e si vede. Ti facevo più perspicace Beckett!
- Vai avanti Rick! Non uccidere la mia pazienza!
- Sì, decisamente la vecchia Beckett… - Disse tra se e se - Ma torniamo alla sedia, questa è la mia sedia ed è qui, perché è qui che io stavo seduto.
- Tu stavi qui? - Rick annuì energicamente con la testa. - Seduto qui, vicino a me, come un cagnolino? Tutti i giorni, tutto il giorno?
- Beh, sì più o meno… tu mi chiamavi quando c’era un omicidio, comunque diciamo gran parte del tempo sì, stavo qui.
- E cosa facevi?
- Esponevo le mie teorie, ti aiutavo, traevo ispirazione per Nikki Heat, almeno all’inizio. Poi semplicemente, quando non c’erano omicidi e tu dovevi compilare i tuoi rapporti, stavo qui, ti guardavo…
- È piuttosto inquietante Castle!
- Ma tu eri bellissima, come lo sei anche adesso. - Kate abbassò lo sguardo e tornò a sfogliare il fascicolo. - Cosa abbiamo qui? 
Castle girò la cartellina verso di se e vide le foto del cadavere.
- Allison Tisdale… Fiori per la tua tomba - Kate lo guardò - è il nome del mio romanzo, quello al quale è ispirato l’omicidio. Ci siamo conosciuti con questo caso.
- Sì, lo so, me lo ha detto Esposito. - Rispose evasiva Kate riprendendosi i fogli.
- Ah, come mai hai cominciato proprio da questo? - Chiese Rick insistente.
- Perché il è il primo che non ricordo. - Kate era spazientita e non aveva voglia di parlarne.
- Capisco…  
- Sicuro che capisci Castle? - La voce di Beckett si fece senza volerlo più aggressiva.
- Ci provo, quantomeno ci provo a capirti, Kate… - Disse sconsolato alzandosi ed andando verso la sala relax, dove svuotò il suo restante caffè nel lavandino e buttò il bicchiere. Quando si voltò Kate era dietro di lui. 
- Scusami Rick, mi dispiace. - Non riuscì a guardarlo negli occhi.
- Beh tornare al distretto ha fatto venire a galla quel tuo lato dispotico che mi trattava sempre male, come ai vecchi tempi - Castle sorrise, ma Kate non capì se un sorriso ironico oppure no.
- Sei arrabbiato?
- No… Sono dispiaciuto. Vorrei aiutarti, ma so che vuoi fare da sola, quindi è inutile che io stia qui, ti infastidisco solamente.
- È cominciata così?
- Cosa?
- Tra noi due, è cominciata così? Con tu che mi stavi sempre addosso ed io che ti avrei voluto sparare o almeno arrestare perché non lo sopportavo?
- Sì, più o meno sì… Però mi hai arrestato veramente.
- E tu cosa hai fatto?
- Ti ho detto che la mia safeword durante certi giochi è…
- Mele! - Gli completò la frase Kate stupita.
- Te l’ho detto negli Hamptons? - La guardò Rick malizioso
- No, non credo…
- Bene, anzi, ottimo… Mi piacciono questi ricordi - Gli disse ammiccando
- Sarà meglio se ne parliamo a casa, però… - Kate gli appoggiò una mano sul petto e Castle mise la sua sopra quella di lei.
- Certo, è meglio Kate - Il suo tono si era immediatamente addolcito - Mi raccomando, non ti affaticare troppo e ricordati di pranzare, non voglio che vi trascuriate, tu e lei, ok?
- Ok Castle, non ti preoccupare.  - Rick le sfiorò appena le labbra con le sue, poi uscì dalla sala relax ed anche dal distretto, lasciando lì Kate, con quel ricordo strano appena riaffiorato.

Don Antonio era un piccolo ristorante italiano sulla 50th strada famoso per la pizza ed altre specialità italiane. L’ambiente era informale ed abbastanza caotico, forse non il posto migliore per una chiacchierata, ma sia Rick che Alexis adoravano quel posto e, anche se solitamente non accettano prenotazioni, chiamarsi Richard Castle, essere un cliente affezionato e lasciare sempre buone mance fa in modo che un tavolino per lui si trova sempre e fu così anche quella volta. Rick arrivò un po’ prima, si mise di lato rispetto agli altri in fila per un tavolo ed aspettò Alexis che arrivò un po’ trafelata. 
- Scusa scusa papà ma c’è stato un’imprevisto.
- Non ti preoccupare Al! 
La prese sottobraccio ed entrarono. Il cameriere, un ragazzo con forte accento napoletano, italiano come tutto il resto dello staff, lo accompagnò al tavolo un po’ in disparte che gli aveva lasciato in fondo al locale stretto e lungo, dove il forno a legna troneggiava come sovrano indiscusso. Ordinarono due pizze margherite, classiche, e dei fritti tipici italiani: ben presto capirono che quel giorno, lì parlare sarebbe stato impossibile, così si godettero semplicemente l’ottimo pasto, chiacchierando del più e del meno, rimandando la conversazione al loro dopo pranzo, nella caffetteria lì vicino che Castle aveva già adocchiato. 

Nel più tranquillo ambiente di quel café un po’ démodé, davanti a due cappuccini e due fette di torta, padre e figlia si ritrovarono a parlarsi un po’ imbarazzati.  Erano seduti su delle poltroncine dalle imbottiture rivestite da motivi patchwork floreali, con le spalliere alte ed un piccolo tavolino tondo tra di loro dove entrava a mala pena quello che avevano ordinato.
- Hayley è tornata in Inghilterra. Ha ricevuto un’importante offerta… 
- Sì, lo so, mi ha mandato un messaggio. Sono felice per lei.
- Avrebbe voluto chiamarti, ma non voleva disturbarti.
- Me lo ha scritto, ho apprezzato. Ti dispiace che se ne sia andata? Avevate un buon feeling.
- È stata una buona amica, in un periodo complicato.
- Sì, decisamente complicato… - Rick sorseggiò il suo cappuccino, appoggiando poi la tazza sul piattino girandola e rigirandola più volte. 
Alexis aveva imitato i gesti del padre. C’era difficoltà per entrambi nell’affrontare quella discussione. Loro avevano sempre parlato tanto, confidandosi tutto, ma non avevano più avuto modo o voglia di confrontarsi da quando era successo il fatto, perché ancora faticavano a chiamarlo con il proprio nome, che sarebbe dovuto suonare più o meno come “ti ho trovato più morto che vivo dentro casa nostra dopo che avevano sparato a te e a tua moglie”. Era decisamente meglio continuare a chiamarlo il fatto.
- Che intendi fare ora papà? - Rick ci pensò un attimo, prendendo tempo mettendosi in bocca un pezzo di torta al cioccolato ed arancio che masticava lentamente.
- Tornare a fare il mio lavoro. - Disse infine
- Quale lavoro?
- Lo scrittore. - Castle era estremamente serio, come poche volte lo era stato con sua figlia. - Vedi Alexis, tu anni fa mi hai detto una cosa, che dovevo crescere e smettere di giocare, che ero uno scrittore e non poliziotto. Beh, forse quel momento è arrivato, il momento di crescere intendo.
- Sai che non volevo dire quelle cose.
- Oh sì che le volevi dire ed avevi tutto il diritto di farlo in quel momento.
- Papà ho capito perché hai fatto certe scelte e quello che è successo dopo, tra te e Beckett, dimostra che avevi ragione tu, su di lei e su di voi.
- Sì, Alexis, però sono successe tante altre cose. Adesso abbiamo bisogno di normalità. Io, Kate e la bambina.
- Per questo vuoi cambiare? Per la bambina?
- Sì, anche. E’ un problema?
- No… - Alexis posò la forchetta con la quale stava mangiando la sua cheesecake sul piatto rumorosamente e si appoggiò alla spalliera della poltroncina.
- Al, che c’è? Ti conosco, cosa ti turba?
- Niente papà, pensavo che quando ti ho chiesto io di cambiare vita, di evitare di metterti in situazioni pericolose perché avevo solo te, tu non l’hai fatto, invece adesso… è stupido lo so, alla mia età fare questi discorsi così infantili.
- Ehy la parte della sorella maggiore gelosa mi mancava nel repertorio sai? La situazione ora è diversa Al… Non so cosa farà Beckett nel suo futuro. Se non tornerà al distretto io di certo non mi metterò a seguire qualche altro poliziotto, ma se lo farà o se vorrà fare qualunque altra cosa, qualcuno dovrà stare con la piccola ed io modestamente ho una certa esperienza ed ho già fatto un ottimo lavoro crescendo la mia figlia maggiore.
- Non prenderti meriti che non hai papà!
- Almeno qualcuno dovrai riconoscermelo!
- Va bene, qualcuno piccolo.
- Ok, ci sto, meglio di niente. Comunque ti dicevo, adesso le cose dovranno cambiare per forza ed anche se Kate decidesse di non tornare al distretto o di fare altro, io non continuerei certo a collaborare con la polizia, lo capisci vero questo? Non voglio che tu faccia paragoni tra te e Mini Beckett. Tu sarai sempre mia figlia, così come lo sarà lei. Come non ho fatto mancare nulla a te quando eri piccola dandoti tutto me stesso così farò con lei, ma questo non vuol dire che per lei farei qualcosa che per te non ho voluto fare. Sono situazioni diverse, anche età diverse. Non puoi paragonare l’impegno costante che richiede una neonata con quello di una ragazza adolescente che stava per diplomarsi.
- Il bisogno di avere una figura paterna è lo stesso, però - disse Alexis tristemente.
- Pumpkin ho capito il tuo punto di vista, però non puoi negare, che quando ti stavi per diplomare non avevi bisogno che ti cambiassi il pannolino o ti dessi da mangiare ogni 3 ore. Sarebbe stato imbarazzante, non trovi? - Riuscì a farla sorridere - Non parlo di esigenze morali, ma materiali. Se l’opportunità di seguire Kate con tutto quello che comportava, mi fosse capitata quando tu eri molto piccola, sicuramente mi sarei comportato in maniera diversa, anche davanti a certi pericoli che ci potevano essere.
- E’ stupido vero fare questi discorsi ad una della mia età? Ti prego non dirlo a Kate, non vorrei che pensasse male, che io non sia felice per la bambina…
- No, Al è umano. E credo che su questo nessuna persona al mondo possa capirti come Kate, su quanto perdere un genitore possa far male anche quando si è grandi. 
- Papà, ma tu credi veramente che Beckett possa lasciare il distretto?
- Non lo so. Sia il sindaco Welldon che il giudice Markway sono convinti che le chiederanno di nuovo di candidarsi a senatrice.
- E tu pensi che accetterà?
- Ora no. Ma credo che se ritrovasse la memoria potrebbe farlo
- Ti dispiacerebbe?
- No, dovremmo organizzarci con la bambina e tutto il resto, tra qui e Washington, ma sarei contento, per lei dico, può fare tanto.
- Sì lo credo anche io. 
- Sarebbe un problema per te? Se noi dovessimo vivere tra qui e Washington dico… sì lo so, sto correndo forse un po’ troppo, ma per te sarebbe problematica come cose?
- No, no… assolutamente, poi Washington non è lontana. - rispose imbarazzata - Papà, ti posso dire una cosa? Non vorrei però che la prendessi male.
- Dimmi tutto, tanto dopo la gelosia da sorella maggiore sono pronto a qualsiasi cosa!
- Mi manca la vecchia Beckett. Cioè, non fraintendermi, lo so che Kate è sempre lei, però è diversa…
- So quello che vuoi dire piccola, manca molto anche a me, ma non dispero, tornerà.
Alexis prese la mano di suo padre, cercando di dargli coraggio e gli sorrise volendo anche lei essere ottimista. Poi venne al motivo per cui gli aveva chiesto di parlare quel giorno.
- Sai papà, ho ricevuto una proposta… 
- Spero non di matrimonio, perché altrimenti ti dovresti vedere costretta a rifiutare e posticipare di almeno 10 anni o forse più!
- Papà!
- Ok, sono serio, dimmi.
- Andare a seguire un corso alla Penny Law. 
- A Philadelphia?
- Sì. 
- Mi pare un’ottima università, qual’è il problema?
- Philadelphia.
- E’ una bella città, certo non è New York, però non è male, ci ho presentato più volte i miei libri.
- Non è un problema per te?
- Ma no Alexis, è la tua vita ed è giusto che tu faccia quello che senti. E non mi dire che ora ti dico così perché c’è la bambina che sta per nascere che un’altra sceneggiata da sorella maggiore gelosa non la sopporterei.
- Ammetto che ci ho pensato papà!
- Lo so che lo hai pensato! Sei mia figlia, ti conosco un po’! Se vuoi andare vai. Cercati un bel posto dove stare e non ti preoccupare di nulla. Al, però devi dirmi una cosa, sinceramente. C’entra qualcosa questo Dustin con la tua decisione?
- Beh… In parte sì… Ma non è come pensi, non voglio andare a Philadelphia perché c’è lui, casomai è il contrario, dopo che ho ricevuto la proposta per Philadelphia sono andata un paio di volte a fare dei colloqui e l’ho conosciuto lì. Ora è qui a New York per uno stage, tornerà alla Penny Law a fine settembre, io però conto di andare un po’ prima, se non è un problema.
- Quando vuoi Al.
- Ti mancherò papà?
- Tantissimo pumpkin!
- Ti prometto che per quando nascerà Mini Beckett sarò qui!
- Ci conto!
- Non me lo perderei per nulla al mondo!

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Castle / Vai alla pagina dell'autore: nikita82roma