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Autore: Sbirilla    19/07/2016    2 recensioni
«Severus!»
Lei aveva pronunciato il suo nome come fosse una preghiera. Non una supplica, di quelle ne aveva sentite tante negli ultimi due anni. Si vantava di non aver mai ceduto. Ma questa volta, per la prima volta, qualcuno – lei! – lo stava pregando solo di essere Severus e nessun altro.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Famiglia Malfoy, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: Lily/Severus
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Severus era stato chiamato dal suo Signore la mattina dopo, prestissimo, e non aveva potuto dormire molto. Ma non gli importava, finché da sveglio avesse potuto pensare a Lily e a quella notte. Le sue mani piccole e delicate, le sue labbra morbide, i capelli rossi che danzavano sul divano insieme a lei e gli occhi, quegli occhi per cui avrebbe ucciso. Sapeva che, se Voldemort avesse anche solo immaginato quei ricordi, Lily sarebbe stata in pericolo. Così prese quelle immagini e la voce di lei e il suo profumo e li chiuse in un cassettino in fondo alla mente, come un talismano che lo avrebbe protetto da qualsiasi cosa, come una lettera d’amore nascosta in una tasca della giacca.
Lily invece aveva dormito diverse ore, beata e calma come non si era mai sentita. James era fuori per lavoro e lei poteva pensare liberamente a Severus. Chissà cosa stava facendo, stava pensando a lei? Almeno un pochino… Stava lavorando? Dormendo? Leggendo? I pensieri cominciarono a vorticare nella sua mente, voleva rivederlo subito. Maledisse quello stupido incantesimo che lui aveva posto sulla casa, e se non avesse funzionato? Non avevano pensato a nessuna alternativa, e lei si sentiva impazzire al pensiero di non sapere come comunicare con lui. Passò la mattinata così, smaniosa, e continuò a sentirsi tesa quando James tornò a casa. Suo marito voleva fare l’amore. Lily si oppose inventando una scusa: le sarebbe sembrato di tradire Sev. La sera aveva un turno abbastanza breve, lo affrontò con i nervi a fior di pelle, sperando di vederlo o almeno di sentire qualcosa. Ma quando tornò a casa non era successo niente, e cominciò a pensare seriamente che il Principe avesse fallito: l’incantesimo non funzionava. Andò a letto esausta, nervosa e delusa. Alle cinque del mattino, però, qualcosa accadde. Lei si svegliò e all’improvviso lo sapeva. Sapeva che Severus era appena rientrato a casa. Si era aspettata un segnale di qualche tipo, un suono, una luce, e invece era esattamente come aveva detto lui: lo sapeva e basta. Si alzò dal letto di corsa, scrisse un biglietto a James che dormiva, inventando una visita alla mamma, e si smaterializzò.
Quando Lily arrivò nel salotto di Spinner’s End, Severus era seduto in poltrona, pensieroso. Non si era neanche tolto il mantello. Desiderava ardentemente sapere se l’incantesimo avesse funzionato, ma non si aspettava certo di vederla lì a quell’ora in un turbinio di capelli rossi e scompigliati. Ebbe appena il tempo di alzarsi che Lily gli era saltata al collo, baciandolo con passione, lasciandolo sorpreso e un po’ irrigidito mentre un timido sorriso gli increspava le labbra sottili. Quando lei si staccò aveva il respiro affannato, le girava la testa, non si era ancora ripresa dalla smaterializzazione, ma doveva sapere.
«Sev! Ti… ti sei…» le tremava la voce «…per caso ti sei pentito di quello che è successo l’altra sera?»
Con studiata lentezza, deliziato dalla sua urgenza di conferme, lui rispose «Come avrei potuto pentirmi?» e cominciò a togliersi il mantello. Solo allora notò che Lily indossava il pigiama. Un’adorabile camicia da notte azzurra, lunga fino ai piedi. La guardò con un sorrisetto che la fece arrossire.
«Tu invece? Ti sei pentita dell’altra notte?» Conosceva già la risposta: lei era lì, gli era saltata addosso. Lo chiese giusto per dire qualcosa, per prendere tempo e non sembrare troppo smanioso di avventarsi su di lei.
«No, no, certo che no» rispose lei, che finalmente sorrideva, e lui le prese il viso tra le mani e la baciò a lungo.
«Vuoi un caffè? Non credevo fossi sveglia a quest’ora, è molto presto» mormorò a fior di labbra.
Quelle parole furono per Lily un’illuminazione.
«Oh Sev, scusami! Desideravo così tanto vederti» arrossì violentemente «che non ho riflettuto. Insomma, sono le cinque del mattino e tu hai passato più di ventiquattr’ore… fuori» non sapeva che parola usare. Hai passato ventiquattr’ore al lavoro? Ventiquattr’ore in missione? Ventiquattr’ore a uccidere gente innocente? Scacciò immediatamente quel pensiero e proseguì «Sicuramente vorrai riposare adesso, ti lascio»
«NO!» un’espressione di panico aveva sconvolto per un attimo il viso impassibile di lui. «No, resta. Dai, preparo un caffè. Servirà a entrambi!» aggiunse con un debole sorriso, mentre si avviava in cucina e cominciava ad armeggiare con una piccola caffettiera italiana.
Lily sorrise e si sedette al tavolo. Lo osservava con un’espressione intenerita. Conosceva la storia di quella caffettiera ma non si aspettava di trovarla lì, pensava che lui l’avesse buttata. La mamma di Severus era stata in vacanza in Italia con la sua famiglia, da ragazza, e si era innamorata del caffè italiano. Chissà quante vite erano passate da allora, ma quando lui era solo un bambino, nei rari momenti di calma in cui Tobias era fuori casa, Eileen armeggiava con la caffettiera babbana e faceva il caffè. Un profumo meraviglioso riempiva l’aria e il piccolo Severus si sedeva lì, dove adesso stava seduta Lily, con lo sguardo sognante a immaginare una vita diversa. Calda e profumata, come il caffè. Dopo Hogwarts, quando era ritornato nell’odiata casa dei suoi genitori, aveva fatto sparire tutto. Tranne i libri, anche quelli babbani perché lui voleva conoscere tutto di tutto, e quella caffettiera. L’aveva riparata e aveva eliminato i danni del tempo, e adesso quell’unico gesto compiuto senza magia lo calmava e gli ricordava sua madre.
Bevuto il caffè, Severus le prese delicatamente le mani tra le sue - quelle mani perfette - e lei ebbe un brivido.  In silenzio la condusse nella piccola camera un po' spoglia, in cui troneggiava un grande letto matrimoniale di legno. Lily non si ricordava di essere mai entrata in quella stanza, doveva essere la camera da letto dei suoi genitori. Si sdraiarono e bastarono pochi minuti per ritrovarsi nudi, pelle contro pelle, respiro contro respiro, ad accarezzarsi piano. Non avevano la furia di quella prima notte, le mani scivolavano lente sui corpi accaldati, come una danza un po’ ipnotica. E lui, improvvisamente, stupidamente, cullato da quella calda sensazione di pace, si addormentò.  Severus non dormiva mai o quasi, non ne aveva bisogno e c’erano mille cose più importanti da fare, da imparare, da scoprire, da pensare. Ma in quel momento la sua mente si era concessa una tregua, come se per anni avesse cercato la posizione più comoda per dormire e adesso l'avesse trovata: la posizione giusta era tra le braccia di lei.
Lily era rimasta immobile, sdraiata nuda accanto a lui e lo guardava chiedendosi chi fosse quel ragazzo addormentato. Certo non era un pericoloso criminale. Era solo il suo migliore amico, un ventenne qualsiasi, ma diverso da tutti gli altri. Assicuratasi che quegli occhi che la trafiggevano da parte a parte fossero ben nascosti dietro le lunghe ciglia, si concesse finalmente di osservarlo per bene. Lui era pallido, più che pallido, sotto la pelle trasparente le sembrava di poter vedere il sangue scorrergli nelle vene. Si accorse che il fisico asciutto era disseminato di cicatrici piccole e grandi, sicuramente segni di incantesimi e maledizioni. Non riusciva a immaginare il Signore Oscuro usare metodi babbani per punire i suoi seguaci. Ma punirli di cosa? Non era il più bravo lui? Non era tra i preferiti? Lily sospirò, pensando a quali orrori doveva aver visto, subito e compiuto. La sfiorò il pensiero che quelle cicatrici fossero la mappa della sua anima e che seguendole avrebbe saputo la verità, avrebbe saputo se quello che dormiva accanto a lei fosse un terribile assassino o un ventenne innamorato. Oppure entrambi.
Quando Severus aprì gli occhi in quella morbida luce del mattino, la prima cosa che lo colpì furono gli occhi di lei che lo guardavano adoranti. Lily. Gli occhi di Lily. Gli occhi di Lily che lo guardavano. Adoranti. Pensò che qualche residuo di sogno gli fosse rimasto impigliato tra le ciglia. La seconda cosa che lo colpì fu la sconvolgente consapevolezza della presenza fisica di lei. Il suo peso leggerissimo sul materasso, i capelli rossi che gli sfioravano una spalla e il contatto troppo breve ma ardente tra i loro corpi. Quella era una cosa reale, non aveva niente a che vedere con il sogno. La terza cosa che lo colpì fu l’amara e deludente constatazione di essersi addormentato. Si era addormentato lì, con Lily tra le braccia. Si maledisse, chiedendosi con ansia febbrile quanti minuti preziosi di Lily avesse sprecato. Con gli occhi neri ancora velati di sonno, e non del tutto convinto di essersi veramente svegliato, si voltò a guardarla.
«Lily» articolò in un mormorio più roco di quanto avesse voluto.
Quel sono la riscosse, ma lei non ebbe il tempo di pensare: lui aveva schiuso leggermente le labbra e la stava baciando. Lily sorrise.
«Vuoi fare l'amore adesso?» il tono di lei così lieve e spontaneo gli arrivò come una carezza.
Fece un mezzo sorriso e una risatina gutturale lo scosse mentre la prendeva per i fianchi e se la faceva scivolare addosso, come una coperta che lo difendesse dal freddo gelido del mattino invernale.
 
   
 
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