Attenzione: Questa storia partecipa alla “VI Minidisfida: Missione RFN, seconda edizione” di
[Criticoni]. Poiché il regolamento prevedeva che si dovesse pubblicare la ff entro il 30 Aprile – pena, la squalifica – eccomi qua.
XD
Dunque, la
sfida prevedeva la scelta di un colore a scelta fra alcuni proposti e la
presenza obbligatoria di un personaggio da loro assegnato. Anche se non doveste
capirlo nel corso della storia ( sì, ammetto che non è facile), nelle note in
fondo al secondo capitolo* sono presenti entrambe le
informazioni ( NON andate a sbirciare prima di aver letto la ff, pigroni! XD).
*Per comodità ho pubblicato la storia dividendola in due
capitoli, sebbene, in realtà, si tratti di uno soltanto.
SACRIFICE
“ I'm burning in the heavens
and I'm drowning in the hell
My
soul is in a coma
and
none of my friends can tell
That
I'm reaching out and getting nothing
This
is just a story of a broken soul.”
(From “Take Me”- Papa Roach -)
Era
una serata qualsiasi, di inizio estate; il
caldo cominciava a sostituire il freddo rigido dell’inverno appena trascorso, e
il lieve frinire delle cicale riempiva di musicalità i silenzi vuoti delle
notti di Konoha.
Non
solo il verso degli insetti però, quella sera, invadeva l’aria.
Dall’interno
di villa Uchiha, il suono del chiacchiericcio concitato indicava la presenza di
qualcun altro all’infuori del solitario giovane padrone di casa, sostituendo la
consueta tranquillità che generalmente caratterizzava l’abitazione.
Al
suo interno, il vecchio team 7 stava discorrendo - più o meno – tranquillamente
attorno alla tavola imbandita per la cena.
-
… e così, era questa la grande notizia, Naruto? -.
Il
giovane ninja biondo annuì con vigore, piegando le labbra in un morbido e caldo
sorriso.
-
Già, finalmente una missione degna di questo nome! – borbottò poi, altero, memore delle precedenti missioni, a
parer suo, tutte noiosamente banali – Finalmente potrò dimostrare quanto vale
il grande Uzumaki Naruto-sama! – E il suo discorso si
concluse con il solito fervore.
Al
suo fianco, Sasuke sbuffò, Naruto gli lanciò un’occhiataccia e la voce di
Kakashi sopraggiunse prontamente, prima dello scoppiare dell’ennesimo
bisticcio.
-
… e quanto starai via? - A quella domanda, il biondo si fece serio;
un velo opaco calò sui suoi occhi azzurro cielo, solitamente così luminosi, e
una leggera smorfia incrinò il suo sorriso.
-
Mh… circa sei mesi, forse qualcuno in più… - mormorò vago,
dopo aver distolto l’attenzione dal suo compagno.
-
Quindi te ne starai fuori dai piedi per un bel po’. Beh, tanto meglio. – questa
volta Kakashi non fece in tempo a prevenire la lite, e dovette assistere con
rammarico alla solita scenetta. In fondo poteva essere divertente. Sakura, al
suo fianco – che una volta avrebbe preso a pugni Naruto e intimatogli di
lasciare andare Sasuke -, già
ridacchiava divertita.
Naruto,
nel frattempo, si era già lanciato sul compagno moro e, dopo averlo afferrato
per il bavero della divisa da jonin, lo strattonava furibondo.
-
Mollami immediatamente, razza d’idiota! – berciava questi, tentando di
liberarsi dalla sua presa. L’altro rispondeva a strattoni ancora più vigorosi. Alla
fine, l’ira sostituì il sentimento condiscendente che Sakura si sforzava di
ostentare, e risolse la situazione con un paio di colpi ben assestati che
riportarono la tranquillità, e la cena proseguì senza più intoppi.
-
Ah, sono proprio pieno! – annunciò Naruto, quand’ebbe concluso, dopo aver
poggiato pesantemente le bacchette sul tavolo. Si alzò con un movimento
leggermente goffo – Vado a prendere una boccata d’aria! - E si dileguò, rapido,
al di là dell’amado*¹.
Seguì
qualche istante di silenzio, poi anche Sasuke si alzò con un gesto fluido.
-
Esco anche io – li informò, per poi sparire a sua volta.
Nella
stanza rimasero solo Sakura e Kakashi.
-
Credo che sparecchierò e laverò i piatti. Non è giusto lasciare tutto a
Sasuke-kun. – asserì la kunoichi. Kakashi le sorrise.
-
Mh, bene…allora io credo che… - si bloccò, fulminato dallo sguardo gelido di Sakura,
che al contempo continuava a ostentare
un falso sorriso tranquillo - …ti aiuterò…
- concluse infine, rassegnato.
Quando
finalmente ebbe finito, prima che Sakura lo costringesse a fare qualunque altra
cosa, si scusò e la informò che, prima di tornare a casa, sarebbe uscito a
salutare i ragazzi. Sakura annuì, lo pregò di farlo anche per lei, e si
apprestò a concludere il suo lavoro, per poi andarsene a sua volta.
Con
un sospiro di sollievo, il sensei si avviò per la lungo veranda che dava sul
giardino interno di villa Uchiha, ma appena svoltato un angolo si bloccò, e
velocemente ritornò sui suoi passi, acquattandosi dietro la parete.
Quello
che aveva visto l’aveva sorpreso parecchio e, per essere sicuro che la vista
non l’avesse ingannato, si sporse lentamente oltre il muro, il più
silenziosamente possibile. No, non si era sbagliato.
Turbato,
seguì la scena in silenzio.
Naruto
e Sasuke era seduti appena più in là, sul pavimento di legno chiaro del
portico. Era buio, ma la fievole luce della luna illuminava a sufficienza le
due figure perché lui riuscisse a distinguerle chiaramente e a capire cosa
stessero facendo. Fu proprio quello, a lasciarlo più allibito.
Naruto,
che fino a mezz’ora prima rideva e scherzava come al solito attorno al tavolo a
cui avevano cenato, ora era lì, con il capo appoggiato nell’incavo del collo di
Sasuke e le mani strette intorno attorno ai lembi della sua maglia, che
singhiozzava chiaramente, con una disperazione e una tristezza tali da
togliergli il respiro. Il moro si limitava a tenere un mano sulla sua spalla e
ad esercitare una leggera pressione con le dita su di essa. Di tanto in tanto,
lo shinobi biondo borbottava qualche frase sconnessa e, dal movimento delle sue
labbra, intuì che Sasuke gli rispondeva monosillabico come al solito, seppur
anche nella sua espressione, abitualmente così indifferente, ci fosse un ché di
addolorato.
Di
fatto, non era un gran conforto, ma evidentemente a Naruto sembrava bastare;
conoscendoli, era già piuttosto insolito che si abbandonassero ad una così
grande forma di familiarità, benché fossero come fratelli, checché se ne
dicesse.
Proprio
per questo, intuì, la cosa doveva essere piuttosto grave; mai aveva visto il
suo allievo così palesemente afflitto.
Era
troppo lontano per capire alcunché di quel che si stavano dicendo, avrebbe
potuto usare lo sharingan e leggere le loro labbra, ma non lo fece. Decise che
non era il caso di star lì a spiarli, non erano fatti suoi, anche se era
preoccupato per il ninja biondo.
Prima
di voltarsi e andarsene, gli parve di intravedere Naruto sollevare appena lo
sguardo, anche se non sembrava averlo visto; i suoi occhi erano in tempesta, scuri
- quasi blu -, carichi di pioggia e di lampi. Disperazione e ira albergava in
essi, seminavano malinconia e desolazione.
Un
brivido gelato lo attraversò, vibrando lungo tutta la spina dorsale.
Sono
un’altra volta Kakashi aveva visto la lucentezza di quegl’occhi adombrasi a
quel modo.
Allora,
un gigantesco demone dalle sembianze di una volpe a nove code stava
distruggendo il villaggio, seminando morte e distruzione. Le iridi del suo
maestro, dello stesso colore di quelle di Naruto, l’ultima volta che l’aveva
visto avevano assunto quella stessa scura malinconica tinta.
***
Un
anno e mezzo più tardi, Naruto non aveva ancora fatto ritorno.
Da
che la scadenza del termine della missione era passata ormai da molto, e di Naruto
non vi era alcuna traccia, Kakashi comprese che non avrebbe dovuto
sottovalutare la spiacevole sensazione che l’aveva colto l’ultima volta che
l’aveva visto.
Tutto
il team era piuttosto inquieto e preoccupato, seppur ci fosse chi lo dimostrava
di meno, come Sasuke, e chi di più, come Sakura.
Il
fatto più sconcertante fu che l’Hokage, dopo una serie di eventi che l’avevano
portata inevitabilmente ad accorgersi della scomparsa di Naruto, qualche tempo
dopo la sua partenza, aveva detto loro di non aver mai commissionato una
missione a lungo termine allo shinobi biondo. Il ragazzo le aveva riferito che
sarebbe partito per un’altra sessione di allenamento intensivo con Jiraya. Ovviamente,
quando il sennin era tornato, solo e senza la più vaga idea di cosa l’Hokage
stesse parlando, fu evidente che il ragazzo aveva mentito a tutti loro.
A
quel punto, nel modo più discreto possibile (la scomparsa del jinchuuriki di
Kyuubi no Yoko avrebbe allarmato eccessivamente Konoha, ma anche gli altri
villaggi), Tsunade aveva intrapreso una serie di indagini segrete, attraverso
gli AMBU, di cui nemmeno il Consiglio fu informato, poiché, trattandosi appunto
della forza portante, la godaime aveva ritenuto opportuno non dar occasione
agli anziani – principalmente a Danzo - di usare quella storia contro di lei.
Nel
frattempo, sotto suo preciso ordine, loro avrebbero perseguito le loro abituali
attività in attesa di novità.
Fu
proprio quel pomeriggio, appena tornati dall’ennesima missione, che vennero
richiamati da Tsunade, ufficialmente per fare rapporto.
Quando
giunsero all’entrata del palazzo, riuscirono ad udire le grida irose
dell’Hokage fin laggiù. Lievemente titubanti, si fecero comunque avanti, e una
volta nell’ufficio della donna, guardandola in viso, si resero conto che la
situazione doveva essere più grave del previsto.
Shizune,
al suo fianco, era pallida come un cencio e tentava di calmare l’altra, ma era
evidente che anche lei non era nelle condizioni migliori per farlo.
-
Quei maledetti vigliacchi! –
-
Di chi state parlando, shishō? – intervenne Sakura, la più abituata alle
sfuriate della donna.
-
Di quelle vecchie mummie del Consiglio! Di chi se no?! È colpa loro! Sono stati
loro a costringere Naruto a lasciare il villaggio! – sibilò rabbiosa, Tsunade.
Confusione
regnò nella stanza.
-
Vi prego, Tsunade-sama, spiegatevi meglio. – intervenne allora, Kakashi. La
donna sospirò, tentando di calmarsi, ma era più che evidente che fosse del
tutto inutile.
-
Quello che sto tentando di dirvi è che quei maledetti cospiratori hanno
costretto Naruto a lasciare il villaggio e farsi rinchiudere in una prigione
appena al limitare dei confini del Paese del Fuoco, così da poterlo avere sotto
controllo e, nello stesso momento, tenerlo lontano dalle grinfie di Akatsuki. –
spiegò sintetica, a denti stretti.
Il
loro sgomento fu palese e ragionevole: Sakura si portò una mano alla bocca, gli
occhi leggermente sgranati, Kakashi spalancò l’unico occhio visibile.
Il
solo che non ebbe alcuna reazione, se non un leggero fremito alle dita, fu
Sasuke.
Kakashi
gli lanciò un’occhiata; quella era una reazione fin troppo “passiva” persino
per uno come Sasuke. Assottigliò l’occhio, sovrappensiero, poi, come folgorato
da qualcosa, lo sgranò nuovamente.
-
Tu lo sapevi! Non è vero, Sasuke? – Il moro sussultò, sorpreso. Lo sgomento era
palese sul suo viso. Aprì la bocca, forse per chiedere come facesse a saperlo -
perché a quel punto era inutile negare che non fosse così - ma Kakashi lo
interruppe:
-
Quella sera, quando ci siamo visti l’ultima volta a casa tua, Naruto sulla
veranda ti ha detto tutto, non è così, Sas’ke? -
Evitò di scendere nei dettagli e raccontare la scena a cui aveva assistito,
ancora gli doleva il petto a ripensarci, ad ogni modo, Sasuke avrebbe compreso
comunque, ne era sicuro. Infatti il ragazzo parve come fulminato dal ricordo.
Era
chiaro che li aveva visti. Sasuke lo fissò, aprì la bocca per ribattere, ma
prima di dire qualsiasi cosa, si interrupe e serrò le labbra in una linea
sottile, abbassando lievemente lo sguardo. In fine, si limitò ad annuire. Sakura
lo fissò, incredula.
-
Sasuke-kun, tu…come hai potuto lasciare che…? –
-
Gliel’ho promesso! – sbotto l’altro – Gli ho promesso di non dir nulla! -
Seguirono attimi di silenzio, Kakashi sospirò.
Era
evidente che il Consiglio non voleva che si sapesse in giro, dato che nemmeno
l’Hokage ne era al corrente, e che aveva costretto Naruto a mantenere il
silenzio. Era altrettanto evidente però, che una cosa del genere fosse un peso
eccessivo per un ragazzo di appena vent’anni, anche per uno come il ninja
biondo, indi per cui non aveva potuto fare a meno di sfogarsi almeno con il suo
migliore amico.
-
C’è una cosa che non capisco…- intervenne allora,
Sakura, con espressione evidentemente addolorata – Come hanno fatto a
convincerlo? Voglio dire, Naruto è… Naruto! Sappiamo
tutti noi quanto sia legato al villaggio e a noialtri. Ci vuole bene, non ci
avrebbe mai lasciati così… Inoltre, questo significa
anche rinunciare definitivamente al suo sogno di diventare Hokage, è evidente!
–
-
Sakura ha ragione. Naruto non si sarebbe mai lasciato convincere senza lottare.
– aggiunse Kakashi.
L’Hokage
sospirò, gettò un’occhiata indecifrabile a Sasuke, poi si decise a parlare di
nuovo:
-
Lo hanno ricattato. – disse – hanno barattato la sua libertà con la vita di Sasuke… -.
Questa
volta, lo shock fu tale che rimasero paralizzati sul posto.
Successivamente,
lo sguardo di tutti si spostò sull’interessato, ma quello che videro, non fu
ciò che si aspettavano.
Il
ninja aveva gli occhi sgranati, le sue membra erano attraversate da un
semi-impercettibile tremito e respirava con leggero affanno. Inoltre, aveva
mosso un passo lievemente in dietro. Era evidente che di questo neppure lui era
a conoscenza.
-
Non ti sei mai chiesto, ragazzo, come mai nonostante tu fossi un mukenin di
livello S, una volta rientrato al villaggio, non ti abbiano condannato? – gli
domandò Tsunade, fissandolo duramente.
Lui
si rabbuiò; certo che se l’era chiesto, però aveva sempre archiviato la cosa
poiché non gli interessava. Una volta compiuta la sua vendetta, non gli era
interessato poi molto del suo destino.
Abbassò
il capo, distrutto. Il senso di colpa, una bestia infida e meschina, gli saltò
al petto, stringendogli il cuore in una morsa soffocante.
Sentì
distintamente la mano di Kakashi posarsi sulla sua spalla e trascinarlo via, ma
il tutto gli scivolò indifferentemente addosso. Lo avvertì scambiarsi qualche
parola con il resto del gruppo, congedarsi e portarlo con sé ma, di nuovo, gli
sovvenne tutto come ovattato, quasi fosse un sogno – un incubo – dal quale non
riusciva a svegliarsi. Questo, almeno fino a che un potente scossone e il viso
preoccupato del sensei non lo riportarono alla realtà.
Si
guardò attorno, confuso, e realizzò solo in quel momento di essere a casa sua.
Il sensei lo aveva portato fino a casa sua e lui, troppo preso dalle sue
elucubrazioni mentali e dal rimorso, non se n’era nemmeno accorto.
-
Sasuke, ascoltami. – ordinò ad un certo punto l’altro – So che non è facile. So
che è più naturale che sia così e che non puoi fare a meno di farlo, ma non
sentirti in colpa. Naruto non lo vorrebbe. Non è per questo che l’ha fatto, e
questo lo sai anche tu. Non rendere inutile il suo sacrificio: lui l’ha fatto per
permetterti di vivere, non di sopravvivere trascinandoti costantemente
dietro il peso del rimorso, per questo non te l’ha detto. Tu lo conosci meglio
di me, di chiunque altro, forse meglio di se stesso. Non avrebbe mai lasciato
che ti facessero del male, non fartene tu stesso, ne soffrirebbe a sua volta. -
Si fermò, guardandolo dritto in viso con espressione seria ma rassicurante.
Lentamente, Sasuke annuì.
-
Lo so. – bisbigliò, a voce bassissima.
Per
un attimo, quando avevano ricevuto la notizia del ricatto, a Kakashi parve che
Sasuke fosse tornato il ragazzino tredicenne che aveva avuto come allievo e che
tremava terrorizzato, quando nessuno poteva vederlo, davanti all’angoscia di un
futuro inesistente.
Aspettò
qualche istante, poi riprese la parola.
-
Bene, allora sono sicuro che sarai d’accordo con me per il fatto di volerlo
salvare, no? – Sasuke assunse un’aria corrucciata, vagamente infastidita.
-
Certo, io non voglio debiti con quel dobe. - Kakashi annuì e sorrise lievemente
sotto la maschera.
-
Perfetto, perciò ci vediamo domani mattina all’alba alle porte di Konoha. – poi
aggiunse, sicuro che il ragazzo, troppo shockato, non avesse seguito l’ultima
parte del discorso con Tsunade – Visto che gli ANBU di Tsunade-sama hanno
localizzato dove si trova, partiamo il prima possibile. – L’altro annuì
semplicemente, quindi, con un ultimo cenno a mo’ di saluto, Kakashi si dileguò
in uno sbuffo di fumo. Non c’era mai stato bisogni di troppe parole, fra loro
due.