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Autore: izayoi007    22/04/2009    4 recensioni
"Naruto, che fino a mezz’ora prima rideva e scherzava come al solito attorno al tavolo a cui avevano cenato, ora era lì, con il capo appoggiato nell’incavo del collo di Sasuke e le mani strette intorno attorno ai lembi della sua maglia, che singhiozzava chiaramente, con una disperazione e una tristezza tali da togliergli il respiro. Il moro si limitava a tenere un mano sulla sua spalla e ad esercitare una leggera pressione con le dita su di essa. Di tanto in tanto, lo shinobi biondo borbottava qualche frase sconnessa e, dal movimento delle sue labbra, intuì che Sasuke gli rispondeva monosillabico come al solito, seppur anche nella sua espressione, abitualmente così indifferente, ci fosse un ché di addolorato."
[Storia partecipante alla VI Minidisfida: Missione RFN, seconda edizione di Criticoni.]
Genere: Generale, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Attenzione:  Questa storia partecipa alla “VI Minidisfida: Missione RFN, seconda edizione” di [Criticoni]. Poiché il regolamento prevedeva che si dovesse pubblicare la ff entro il 30 Aprile – pena, la squalifica – eccomi qua. XD

Dunque, la sfida prevedeva la scelta di un colore a scelta fra alcuni proposti e la presenza obbligatoria di un personaggio da loro assegnato. Anche se non doveste capirlo nel corso della storia ( sì, ammetto che non è facile), nelle note in fondo al secondo capitolo* sono presenti entrambe le informazioni ( NON andate a sbirciare prima di aver letto la ff, pigroni! XD).

*Per comodità ho pubblicato la storia dividendola in due capitoli, sebbene, in realtà, si tratti di uno soltanto.

 

 

 

 

 

SACRIFICE

 

 

 

 

“ I'm burning in the heavens

and I'm drowning in the hell

My soul is in a coma

and none of my friends can tell

That I'm reaching out and getting nothing

This is just a story of a broken soul.”

(From “Take Me”- Papa Roach -)

 

 

 

Era una serata qualsiasi, di inizio estate;  il caldo cominciava a sostituire il freddo rigido dell’inverno appena trascorso, e il lieve frinire delle cicale riempiva di musicalità i silenzi vuoti delle notti di Konoha.

Non solo il verso degli insetti però, quella sera, invadeva l’aria.

Dall’interno di villa Uchiha, il suono del chiacchiericcio concitato indicava la presenza di qualcun altro all’infuori del solitario giovane padrone di casa, sostituendo la consueta tranquillità che generalmente caratterizzava l’abitazione.  

Al suo interno, il vecchio team 7 stava discorrendo - più o meno – tranquillamente attorno alla tavola imbandita per la cena.

- … e così, era questa la grande notizia, Naruto? -.

Il giovane ninja biondo annuì con vigore, piegando le labbra in un morbido e caldo sorriso.

- Già, finalmente una missione degna di questo nome! – borbottò poi,  altero, memore delle precedenti missioni, a parer suo, tutte noiosamente banali – Finalmente potrò dimostrare quanto vale il grande Uzumaki Naruto-sama! – E il suo discorso si concluse con il solito fervore.

Al suo fianco, Sasuke sbuffò, Naruto gli lanciò un’occhiataccia e la voce di Kakashi sopraggiunse prontamente, prima dello scoppiare dell’ennesimo bisticcio.

-  … e quanto starai via?  - A quella domanda, il biondo si fece serio; un velo opaco calò sui suoi occhi azzurro cielo, solitamente così luminosi, e una leggera smorfia incrinò il suo sorriso.

- Mh… circa sei mesi, forse qualcuno in più…  - mormorò vago, dopo aver distolto l’attenzione dal suo compagno.

- Quindi te ne starai fuori dai piedi per un bel po’. Beh, tanto meglio. – questa volta Kakashi non fece in tempo a prevenire la lite, e dovette assistere con rammarico alla solita scenetta. In fondo poteva essere divertente. Sakura, al suo fianco – che una volta avrebbe preso a pugni Naruto e intimatogli di lasciare andare Sasuke -,  già ridacchiava divertita.

Naruto, nel frattempo, si era già lanciato sul compagno moro e, dopo averlo afferrato per il bavero della divisa da jonin, lo strattonava furibondo.

- Mollami immediatamente, razza d’idiota! – berciava questi, tentando di liberarsi dalla sua presa. L’altro rispondeva a strattoni ancora più vigorosi. Alla fine, l’ira sostituì il sentimento condiscendente che Sakura si sforzava di ostentare, e risolse la situazione con un paio di colpi ben assestati che riportarono la tranquillità, e la cena proseguì senza più intoppi.

- Ah, sono proprio pieno! – annunciò Naruto, quand’ebbe concluso, dopo aver poggiato pesantemente le bacchette sul tavolo. Si alzò con un movimento leggermente goffo – Vado a prendere una boccata d’aria! - E si dileguò, rapido,  al di là dell’amado*¹.

Seguì qualche istante di silenzio, poi anche Sasuke si alzò con un gesto fluido.

- Esco anche io – li informò, per poi sparire a sua volta.

Nella stanza rimasero solo Sakura e Kakashi.

- Credo che sparecchierò e laverò i piatti. Non è giusto lasciare tutto a Sasuke-kun. – asserì la kunoichi. Kakashi le sorrise.

- Mh, bene…allora io credo che… - si bloccò, fulminato dallo sguardo gelido di Sakura, che al contempo  continuava a ostentare un falso sorriso tranquillo - …ti aiuterò… - concluse infine, rassegnato.

Quando finalmente ebbe finito, prima che Sakura lo costringesse a fare qualunque altra cosa, si scusò e la informò che, prima di tornare a casa, sarebbe uscito a salutare i ragazzi. Sakura annuì, lo pregò di farlo anche per lei, e si apprestò a concludere il suo lavoro, per poi andarsene a sua volta.

Con un sospiro di sollievo, il sensei si avviò per la lungo veranda che dava sul giardino interno di villa Uchiha, ma appena svoltato un angolo si bloccò, e velocemente ritornò sui suoi passi, acquattandosi dietro la parete.

Quello che aveva visto l’aveva sorpreso parecchio e, per essere sicuro che la vista non l’avesse ingannato, si sporse lentamente oltre il muro, il più silenziosamente possibile. No, non si era sbagliato.

Turbato, seguì la scena in silenzio.

Naruto e Sasuke era seduti appena più in là, sul pavimento di legno chiaro del portico. Era buio, ma la fievole luce della luna illuminava a sufficienza le due figure perché lui riuscisse a distinguerle chiaramente e a capire cosa stessero facendo. Fu proprio quello, a lasciarlo più allibito.

Naruto, che fino a mezz’ora prima rideva e scherzava come al solito attorno al tavolo a cui avevano cenato, ora era lì, con il capo appoggiato nell’incavo del collo di Sasuke e le mani strette intorno attorno ai lembi della sua maglia, che singhiozzava chiaramente, con una disperazione e una tristezza tali da togliergli il respiro. Il moro si limitava a tenere un mano sulla sua spalla e ad esercitare una leggera pressione con le dita su di essa. Di tanto in tanto, lo shinobi biondo borbottava qualche frase sconnessa e, dal movimento delle sue labbra, intuì che Sasuke gli rispondeva monosillabico come al solito, seppur anche nella sua espressione, abitualmente così indifferente, ci fosse un ché di addolorato.

Di fatto, non era un gran conforto, ma evidentemente a Naruto sembrava bastare; conoscendoli, era già piuttosto insolito che si abbandonassero ad una così grande forma di familiarità, benché fossero come fratelli, checché se ne dicesse.

Proprio per questo, intuì, la cosa doveva essere piuttosto grave; mai aveva visto il suo allievo così palesemente afflitto.

Era troppo lontano per capire alcunché di quel che si stavano dicendo, avrebbe potuto usare lo sharingan e leggere le loro labbra, ma non lo fece. Decise che non era il caso di star lì a spiarli, non erano fatti suoi, anche se era preoccupato per il ninja biondo.

Prima di voltarsi e andarsene, gli parve di intravedere Naruto sollevare appena lo sguardo, anche se non sembrava averlo visto; i suoi occhi erano in tempesta, scuri - quasi blu -, carichi di pioggia e di lampi. Disperazione e ira albergava in essi, seminavano malinconia e desolazione.

Un brivido gelato lo attraversò, vibrando lungo tutta la spina dorsale.

Sono un’altra volta Kakashi aveva visto la lucentezza di quegl’occhi adombrasi a quel modo.

Allora, un gigantesco demone dalle sembianze di una volpe a nove code stava distruggendo il villaggio, seminando morte e distruzione. Le iridi del suo maestro, dello stesso colore di quelle di Naruto, l’ultima volta che l’aveva visto avevano assunto quella stessa scura malinconica tinta.

 

 

***

 

 

Un anno e mezzo più tardi, Naruto non aveva ancora fatto ritorno.

Da che la scadenza del termine della missione era passata ormai da molto, e di Naruto non vi era alcuna traccia, Kakashi comprese che non avrebbe dovuto sottovalutare la spiacevole sensazione che l’aveva colto l’ultima volta che l’aveva visto.

Tutto il team era piuttosto inquieto e preoccupato, seppur ci fosse chi lo dimostrava di meno, come Sasuke, e chi di più, come Sakura.

Il fatto più sconcertante fu che l’Hokage, dopo una serie di eventi che l’avevano portata inevitabilmente ad accorgersi della scomparsa di Naruto, qualche tempo dopo la sua partenza, aveva detto loro di non aver mai commissionato una missione a lungo termine allo shinobi biondo. Il ragazzo le aveva riferito che sarebbe partito per un’altra sessione di allenamento intensivo con Jiraya. Ovviamente, quando il sennin era tornato, solo e senza la più vaga idea di cosa l’Hokage stesse parlando, fu evidente che il ragazzo aveva mentito a tutti loro.

A quel punto, nel modo più discreto possibile (la scomparsa del jinchuuriki di Kyuubi no Yoko avrebbe allarmato eccessivamente Konoha, ma anche gli altri villaggi), Tsunade aveva intrapreso una serie di indagini segrete, attraverso gli AMBU, di cui nemmeno il Consiglio fu informato, poiché, trattandosi appunto della forza portante, la godaime aveva ritenuto opportuno non dar occasione agli anziani – principalmente a Danzo - di usare quella storia contro di lei.

Nel frattempo, sotto suo preciso ordine, loro avrebbero perseguito le loro abituali attività in attesa di novità.

Fu proprio quel pomeriggio, appena tornati dall’ennesima missione, che vennero richiamati da Tsunade, ufficialmente per fare rapporto.

Quando giunsero all’entrata del palazzo, riuscirono ad udire le grida irose dell’Hokage fin laggiù. Lievemente titubanti, si fecero comunque avanti, e una volta nell’ufficio della donna, guardandola in viso, si resero conto che la situazione doveva essere più grave del previsto.

Shizune, al suo fianco, era pallida come un cencio e tentava di calmare l’altra, ma era evidente che anche lei non era nelle condizioni migliori per farlo.

- Quei maledetti vigliacchi! –

- Di chi state parlando, shishō? – intervenne Sakura, la più abituata alle sfuriate della donna.

- Di quelle vecchie mummie del Consiglio! Di chi se no?! È colpa loro! Sono stati loro a costringere Naruto a lasciare il villaggio! – sibilò rabbiosa, Tsunade.

Confusione regnò nella stanza.

- Vi prego, Tsunade-sama, spiegatevi meglio. – intervenne allora, Kakashi. La donna sospirò, tentando di calmarsi, ma era più che evidente che fosse del tutto inutile.

- Quello che sto tentando di dirvi è che quei maledetti cospiratori hanno costretto Naruto a lasciare il villaggio e farsi rinchiudere in una prigione appena al limitare dei confini del Paese del Fuoco, così da poterlo avere sotto controllo e, nello stesso momento, tenerlo lontano dalle grinfie di Akatsuki. – spiegò sintetica, a denti stretti.

Il loro sgomento fu palese e ragionevole: Sakura si portò una mano alla bocca, gli occhi leggermente sgranati, Kakashi spalancò l’unico occhio visibile.

Il solo che non ebbe alcuna reazione, se non un leggero fremito alle dita, fu Sasuke.

Kakashi gli lanciò un’occhiata; quella era una reazione fin troppo “passiva” persino per uno come Sasuke. Assottigliò l’occhio, sovrappensiero, poi, come folgorato da qualcosa, lo sgranò nuovamente.

- Tu lo sapevi! Non è vero, Sasuke? – Il moro sussultò, sorpreso. Lo sgomento era palese sul suo viso. Aprì la bocca, forse per chiedere come facesse a saperlo - perché a quel punto era inutile negare che non fosse così - ma Kakashi lo interruppe:

- Quella sera, quando ci siamo visti l’ultima volta a casa tua, Naruto sulla veranda ti ha detto tutto, non è così, Sas’ke? - Evitò di scendere nei dettagli e raccontare la scena a cui aveva assistito, ancora gli doleva il petto a ripensarci, ad ogni modo, Sasuke avrebbe compreso comunque, ne era sicuro. Infatti il ragazzo parve come fulminato dal ricordo.

Era chiaro che li aveva visti. Sasuke lo fissò, aprì la bocca per ribattere, ma prima di dire qualsiasi cosa, si interrupe e serrò le labbra in una linea sottile, abbassando lievemente lo sguardo. In fine, si limitò ad annuire. Sakura lo fissò, incredula.

- Sasuke-kun, tu…come hai potuto lasciare che…? –

- Gliel’ho promesso! – sbotto l’altro – Gli ho promesso di non dir nulla! - Seguirono attimi di silenzio, Kakashi sospirò.

Era evidente che il Consiglio non voleva che si sapesse in giro, dato che nemmeno l’Hokage ne era al corrente, e che aveva costretto Naruto a mantenere il silenzio. Era altrettanto evidente però, che una cosa del genere fosse un peso eccessivo per un ragazzo di appena vent’anni, anche per uno come il ninja biondo, indi per cui non aveva potuto fare a meno di sfogarsi almeno con il suo migliore amico.

- C’è una cosa che non capisco…- intervenne allora, Sakura, con espressione evidentemente addolorata – Come hanno fatto a convincerlo? Voglio dire, Naruto è… Naruto! Sappiamo tutti noi quanto sia legato al villaggio e a noialtri. Ci vuole bene, non ci avrebbe mai lasciati così… Inoltre, questo significa anche rinunciare definitivamente al suo sogno di diventare Hokage, è evidente! –

- Sakura ha ragione. Naruto non si sarebbe mai lasciato convincere senza lottare. – aggiunse Kakashi.

L’Hokage sospirò, gettò un’occhiata indecifrabile a Sasuke, poi si decise a parlare di nuovo:

- Lo hanno ricattato. – disse – hanno barattato la sua libertà con la vita di Sasuke… -.

Questa volta, lo shock fu tale che rimasero paralizzati sul posto.

Successivamente, lo sguardo di tutti si spostò sull’interessato, ma quello che videro, non fu ciò che si aspettavano.

Il ninja aveva gli occhi sgranati, le sue membra erano attraversate da un semi-impercettibile tremito e respirava con leggero affanno. Inoltre, aveva mosso un passo lievemente in dietro. Era evidente che di questo neppure lui era a conoscenza.

- Non ti sei mai chiesto, ragazzo, come mai nonostante tu fossi un mukenin di livello S, una volta rientrato al villaggio, non ti abbiano condannato? – gli domandò Tsunade, fissandolo duramente.

Lui si rabbuiò; certo che se l’era chiesto, però aveva sempre archiviato la cosa poiché non gli interessava. Una volta compiuta la sua vendetta, non gli era interessato poi molto del suo destino.

Abbassò il capo, distrutto. Il senso di colpa, una bestia infida e meschina, gli saltò al petto, stringendogli il cuore in una morsa soffocante.

Sentì distintamente la mano di Kakashi posarsi sulla sua spalla e trascinarlo via, ma il tutto gli scivolò indifferentemente addosso. Lo avvertì scambiarsi qualche parola con il resto del gruppo, congedarsi e portarlo con sé ma, di nuovo, gli sovvenne tutto come ovattato, quasi fosse un sogno – un incubo – dal quale non riusciva a svegliarsi. Questo, almeno fino a che un potente scossone e il viso preoccupato del sensei non lo riportarono alla realtà.

Si guardò attorno, confuso, e realizzò solo in quel momento di essere a casa sua. Il sensei lo aveva portato fino a casa sua e lui, troppo preso dalle sue elucubrazioni mentali e dal rimorso, non se n’era nemmeno accorto.

- Sasuke, ascoltami. – ordinò ad un certo punto l’altro – So che non è facile. So che è più naturale che sia così e che non puoi fare a meno di farlo, ma non sentirti in colpa. Naruto non lo vorrebbe. Non è per questo che l’ha fatto, e questo lo sai anche tu. Non rendere inutile il suo sacrificio: lui l’ha fatto per permetterti di vivere, non di sopravvivere trascinandoti costantemente dietro il peso del rimorso, per questo non te l’ha detto. Tu lo conosci meglio di me, di chiunque altro, forse meglio di se stesso. Non avrebbe mai lasciato che ti facessero del male, non fartene tu stesso, ne soffrirebbe a sua volta. - Si fermò, guardandolo dritto in viso con espressione seria ma rassicurante. Lentamente, Sasuke annuì.

- Lo so. – bisbigliò, a voce bassissima.

Per un attimo, quando avevano ricevuto la notizia del ricatto, a Kakashi parve che Sasuke fosse tornato il ragazzino tredicenne che aveva avuto come allievo e che tremava terrorizzato, quando nessuno poteva vederlo, davanti all’angoscia di un futuro inesistente.

Aspettò qualche istante, poi riprese la parola.

- Bene, allora sono sicuro che sarai d’accordo con me per il fatto di volerlo salvare, no? – Sasuke assunse un’aria corrucciata, vagamente infastidita.

- Certo, io non voglio debiti con quel dobe. - Kakashi annuì e sorrise lievemente sotto la maschera.

- Perfetto, perciò ci vediamo domani mattina all’alba alle porte di Konoha. – poi aggiunse, sicuro che il ragazzo, troppo shockato, non avesse seguito l’ultima parte del discorso con Tsunade – Visto che gli ANBU di Tsunade-sama hanno localizzato dove si trova, partiamo il prima possibile. – L’altro annuì semplicemente, quindi, con un ultimo cenno a mo’ di saluto, Kakashi si dileguò in uno sbuffo di fumo. Non c’era mai stato bisogni di troppe parole, fra loro due.  

 

 

  
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