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Autore: Taila    23/04/2009    1 recensioni
La sua figura sembra marchiata a fuoco dentro la mia mente, non mi abbandona mai, è una presenza costante al bordo della mia anima. Mi osserva, ride di me, mi tormenta. Chiudo la palpebre ed il suo fantasma opalescente si delinea nel buio, avanzando languido e sensuale, estasiandomi. Tendo una mano nel buio, nel disperato tentativo di poterlo finalmente toccare, di farlo mio, di spegnere il mio tormento nella morbida dolcezza delle sue labbra. Come ogni volta riesco solo ad agguantare il nulla. Scompare ed il suo sorriso brucia come acido dentro di me.
[Senza Traccia - Martin x Danny]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Come promesso ecco qui il nuovo capitolo di ‘That’s amore’. Non so come, ma miracolosamente sono riuscita a ritagliarmi uno spazio per rivederlo e postarlo. In questo primo capitolo ho smesso il pow di Martin e sono passata alla narrazione in terza persona, infondo questo è il percorso di Danny per comprendere chi ama, Martin sa già cosa prova per lui e deve farci quotidianamente i conti. Mi sono scatenata un po’ nella descrizione degli eventi ed a confondere un po’ le acque ^^ ma spero davvero di non aver esagerato ^^’’’ Ringrazio Isult: Compagna! Anch’io sono contentissima di aver trovato un’altra persona a cui piaccia questa coppia *ç* Ho rivoltato il sito da cima a fondo ma non sono mai riuscita a trovare nessuna fic su di loro. Martin e Danny sono stupendi insieme *O* Spero che questo capitolo non ti deluda e che ti piaccia anche se è in terza persona. Ti ringrazio per aver inserito la mia fic tra i tuoi preferiti (inchino) ^O^ Ringrazio tutti coloro che hanno anche solo letto (me tanto contenta).
Ora vi lascio alla lettura del capitolo, al prossimo gente ^o^


Capitolo uno: Perdonami, ma ti amo.

L’aveva detto lui che era un suicidio, che avrebbero dovuto attendere i rinforzi. Invece no! Danny non aveva voluto sentire ragioni: aveva impugnato la pistola, era sgusciato fuori dal loro nascondiglio e si era avvicinato alla baita. Anche lui era conscio che il ragazzino rapito rischiava la vita ogni secondo che scorreva, che dovevano fare qualcosa e non restare li con le mani in mano; ma sapeva anche che affrontare una banda di rapitori alla cieca ed in due era un suicidio! Poi era lui quello impulsivo che si buttava a capofitto in ogni situazione senza calcolare i pericoli da affrontare, rischiando sempre la vita! Scosse la testa: peccato che il cane da guardia avesse fiutato la sua presenza ed iniziato ad abbaiare mandando in fumo il loro piano. Prima ancora di riflettere sulla situazione in cui si erano cacciati, in una manciata di secondi Martin aveva raggiunto Danny e lo aveva afferrato per un polso e trascinandolo poi via, ignorando le sue proteste, prima che i rapitori potessero organizzarsi e difendersi.
Ed ora si trovavano a correre nella boscaglia, con la neve alle caviglie e la tormenta che occludeva la loro vista con un velo di nevischio; l’unica nota positiva era che la neve cancellava sistematicamente le loro tracce. Incespicavano continuamente, ormai sfiniti dalla loro lotta impari con gli elementi naturali: dovevano trovare un riparo altrimenti quella sarebbe stata davvero la fine per loro. Non sapevano dove stessero andando, sapevano soltanto che dovevano continuare ad andare avanti per salvare la propria vita. Martin non aveva mai allentato la presa sul polso del compagno per paura di perderlo. In quel momento non pensava a se stesso, ma era concentrato solo su Danny, sul compito di salvarlo da quell’inferno di vento e neve, e riportarlo a casa. Riportarlo da Elena. Un pensiero amaro, che lo trapassò come un proiettile, ma che non si impedì di formulare: amare significava soprattutto lasciare che l’altro fosse felice, e se Danny era felice con Elena e la sua bambina, allora anche lui lo era. Doveva esserlo.
Solo pensieri buonisti di cui cercava di convincersi per non annegare nella disperazione.
Un rumore soffocato e poi Martin si sentì trascinare verso il basso, cercò di opporre resistenza, ma il peso di Danny era troppo per lui. Per un istante fluttuò nel nulla, prima di venire brutalmente sbattuto con la faccia contro la neve gelida e ghiacciata. Lui e Danny rotolarono verso il basso per un tempo infinito, sbattendo di tanto in tanto contro i tronchi nascosti degli abeti. Quando finalmente si fermarono Martin sentiva tutto il corpo dolorante, come se lo avesse investito un tir. Cercò di guardarsi attorno, ma la bufera di neve nascondeva ogni cosa. Sapeva della presenza di Danny accanto a sé solo perché stringeva ancora la sua mano, si avvicinò al compagno gattonando malamente nel mantello di neve, fino a che il suo volto si delineò sfumato nella luce del crepuscolo e nel nevischio. Con orrore scoprì che era svenuto. Con quelle temperature doveva restare vigile altrimenti sarebbe potuto morire assiderato! Iniziò a schiaffeggiarlo forte in volto per farlo rinvenire, chiamando contemporaneamente il suo nome, ma le sue urla si perdevano nel ruggito del vento.
Alla fine si arrese: non potevano restare li, sarebbero morti entrambi, doveva trovare immediatamente un rifugio. Ma dove? In quel momento gli sembrava di essere piombato in un mondo dove cielo e terra si confondevano in un’unica distesa bianca, senza alcun confine. Si morse le labbra: era la cosa più stupida a cui potesse pensare, ma al momento non riusciva a vedere nessun’altra alternativa.
Si liberò del pesante giaccone del FBI, avvolgendoci completamente Danny ancora incosciente, per tenerlo al caldo, ed iniziò a scavare con le mani un buco nello spesso mantello candido che copriva il suolo. In un documentario aveva sentito che la neve era un isolante, che manteneva il calore all’interno e non lasciava penetrare quello esterno: era il momento di scoprire se tutti quegli esperti dicessero stupidaggini oppure no.
Quando si fermò, credendo di aver scavato una cavità che sembrava abbastanza grande per ospitare entrambi, aveva le mani violacee e spaccate dal gelo, piccoli rivoli di sangue rigavano la pelle tumefatta cadendo poi a macchiare il candore della neve. Con le ultime energie che gli restavano, Martin riuscì a trascinare di peso l’amico all’interno ed una volta all’interno vide che la gamba destra di Denny era girata in una posizione innaturale: durante la caduta doveva essersela rotta. L’agente sospirò: ci mancava solo quella! Prima del mattino successivo non avrebbe potuto uscire da li: con la tormenta e la notte incipiente non sarebbe più riuscito a trovare quel rifugio improvvisato. E poi, a dirla tutta, non gli andava di lasciare Danny da solo, non in quelle condizioni. Gli mise una mano sulla fronte e la trovò appena più calda del naturale: gli stava salendo la febbre! Per fortuna aveva abbastanza ghiaccio per gli impacchi, pensò con amara ironia.
Danny tremava per il freddo e respirava affannosamente, Martin sapeva che in quel caso c’era una sola cosa da fare, ma il solo pensiero lo riempiva di terrore. Desiderava con tutto se stesso avere un contatto simile con lui ed era proprio questo a spaventarlo: sarebbe riuscito a resistere, oppure si sarebbe lasciato andare ed avrebbe approfittato della situazione? Scosse la testa scacciando tutti quei pensieri oziosi che gli affollavano la testa: erano in una situazione così critica che non poteva davvero scendere a patti con se stesso. Doveva pensare a Danny prima di tutto. Prese un respiro profondo e si stese accanto a lui, passandogli un braccio sotto la schiena se lo strinse contro. Fece scorrere lo sguardo sul volto insolitamente pallido di Danny, soffermandosi un istante di troppo su quelle labbra sottili ed illividite. Si sentiva mortalmente stanco! Stanco di quel rigido controllo che si imponeva quotidianamente per resistergli. Stanco di camminare continuamente sul ciglio di un burrone, costantemente diviso tra amore ed odio. Stanco di poterlo solo guardare da lontano, divorato dalla gelosia e dal desiderio. Stanco di doverlo dividere con Elena. Passò un dito tremante sulla morbida carnosità delle labbra, sentendole tiepide e screpolate dal vento gelido. Solo un bacio, non avrebbe chiesto niente di più, avrebbe cercato di accontentarsi. Poggiò la fronte contro quella di Danny, con gli occhi chiusi, respirando in modo pesante e scoordinato, ancora combattuto tra quello che desiderava fare e ciò che la sua coscienza gli vietava. L’odore di menta di quella pelle brunita entrava dentro i suoi polmoni ad ogni respiro, intossicandolo, infrangendo sempre più la sua lucidità.
- Perdonami Danny, ma… ti amo!- mormorò sulle sue labbra con la voce tremante di paura e disperazione.
Con un gesto rapido del capo annullò la distanza tra loro e sfiorò le labbra dell’amico con un bacio leggero: non voleva approfittare troppo della situazione. Si era messo già troppo alla prova: non avrebbe retto ad un contatto prolungato.

Danny si sentiva come se fluttuasse nel nulla, come se il suo corpo non esistesse più, come se fosse cosciente e perso allo stesso tempo. Si sentiva leggero. Si sentiva incapace di fare qualsiasi cosa, come se quel torpore che gli stava invadendo gli arti ed il cervello, lo stesse svuotando di ogni volontà. Si sentiva bene!
Non sapeva come fosse arrivato in quel luogo, non ricordava niente di quello che era accaduto prima, come se fosse nato in quel momento, ma non aveva paura: si sentiva in pace con se stesso e con il resto del mondo, come se quel buio avesse il potere di rassicurarlo. Doveva essere la stessa sensazione di quando si trovava nella pancia di sua madre, quando era al sicuro in un luogo ugualmente umido e buio…
Un morbido tepore lo stava avvolgendo invitante, sciogliendogli piacevolmente il corpo. Ma la sua mente stava, intanto, registrando quello che accadeva attorno a lui e la sua attenzione era stata catturata da una voce lontana e sfumata, vagamente familiare, che stava invocando disperatamente il suo nome. Era straziante ascoltare quella voce che lo implorava di svegliarsi. Danny avrebbe voluto avere labbra e voce per rassicurare chiunque fosse che stava bene, che non c’era nulla da preoccuparsi. Quella voce era troppo dolce non doveva essere alterata da tutto quel dolore.
Il calore attorno a lui aumentò all’improvviso ed un odore intenso e sconosciuto aveva iniziato a solleticargli il naso; una strana corrente tiepida gli carezzava ad intervalli irregolari il volto. Era piacevole, dannatamente piacevole! Stava così bene in quel momento, da desiderare di non voler mai lasciare quel luogo.
Poi quella voce era tornata a farsi sentire, nostalgica come il rumore della risacca sulla battigia, tremante di dolore e paura, di ansia.
- Perdonami Danny, ma… ti amo!- .
Ed un istante dopo dalle sue labbra era divampato un incendio improvviso che aveva arroventato tutto il suo corpo, squassando la sua anima, ed il buio attorno a lui era stato illuminato da una luce di un candore abbacinante. Nessuno in tutta la sua vita si era mai rivolto a lui con parole così colme d’amore e d’affetto. Quelle parole erano così cariche di sentimento da lasciarlo per un attimo senza fiato.
Chi era? Chi era quella persona che lo amava in quel modo?
Voleva saperlo. Non sapeva perché, ma voleva sapere chi era quella persona…
Forse se avesse aperto gli occhi, avrebbe potuto vederla…
Concentrò ogni sua energia sulle palpebre, cercando di sollevarle, ma sembravano essere state pietrificate tanto erano pesanti. Ed allora provò e riprovò, fino a che quel buio non venne tagliato da una lama di luce grigia…

La prima la cosa che Danny vide riaprendo gli occhi fu una parete stranamente curva di un bianco lucido, come se alla vernice fossero stati mescolati dei brillantini. Intontito sollevò a fatica la mano toccando la parete e le dita affondarono nella sostanza morbida, umida e fredda. Neve? Corrugò la fronte nel tentativo di ricordare: rammentava la baita con i rapitori, la fuga con Martin in mezzo alla bufera di neve e poi… il nulla! Era come una grossa macchia d’inchiostro che oscurava tutto fino a quel momento.
Solo quando tentò di muoversi si rese conto che qualcosa gli stringeva i fianchi e premeva sul suo stomaco, impedendogli di muoversi. Abbassò curioso lo sguardo e vide che erano mani grandi dalle dita lunghe e sottili, ma forti, da uomo; mani piagate e macchiate di sangue rappreso, di uno strano colore violaceo. Corrugò la fronte ed, a fatica, cercò di capire la situazione in cui si trovava: era sdraiato sul fianco, un paio di braccia muscolose gli stringevano la vita ed un torace ampio era premuto contro la sua schiena, un volto era poggiato contro il suo collo.
Facendo il più piano possibile tentò di voltarsi, ma un movimento scoordinato alla gamba destra lo fece sussultare e guaire per il dolore. La persona stretta lui si rialzò di scatto, fissandolo con un paio di iridi azzurre liquide di sonno e preoccupazione.
- Danny! Tutto bene?- la voce di Martin lo raggiunse, perforando le maglie del dolore che gli avevano artigliato la gola.
- La… la gamba…- ansimò pesantemente, spostando lo sguardo su di lui.
Le mani di Martin cercarono di bloccare i suoi movimenti e di calmarlo: se avesse continuato ad agitarsi in quel modo, il dolore sarebbe aumentato.
- Hai una gamba rotta, Danny, calmati non è niente!- cercò di rassicurarlo.
Danny, bloccato per le spalle dalle mani dell’amico, iniziò a respirare profondamente, lentamente il dolore iniziò a sfumare e, tra il velo di lacrime che gli aveva involontariamente riempito gli occhi, Danny scorse il volto di Martin: gonfio di sonno, tagliato dal gelo, gli occhi arrossati dal vento.
- Cos’è successo?- chiese cercando di distrarsi, con un tono di voce così roco da far rabbrividire Martin.
- Mentre ieri stavamo fuggendo siamo incappati in una scarpata e siamo caduti di sotto. È così che ti rotto la gamba.- rispose cercando di ignorare le reazioni inopportune del suo corpo.
Danny annuì distrattamente, mentre prendeva respiri sempre meno profondi.
- E questo cos’è?- chiese poi indicando con un cenno della testa la parete di neve.
Martin arrossì: era certo che quando avesse raccontato anche quella parte, Danny sarebbe scoppiato a ridere.
- Eri svenuto e non sapevo dove portarti, tutto era coperto dalla bufera e non vedevo ad un palmo dal naso, quindi ho scavato una buca nella neve, come una specie di igloo… hai presente? Trattengono il calore.- spiegò imbarazzato.
Gli angoli della bocca dell’amico si tesero pericolosamente verso l’alto.
- E non ridere! – gli intimò prima che potesse parlare, distogliendo lo sguardo – Tu non saresti riuscito a fare di meglio!- borbottò incrociando le braccia al petto.
In realtà Danny pensava che l’amico fosse stato grande: pochi sarebbero riusciti a non farsi prendere dal panico in una situazione simile ed a restare abbastanza lucidi da trovare una soluzione per sopravvivere. Lui non credeva di saper fare altrettanto. Osservò il suo profilo teso e stremato dell’amico, la linea delle spalle rigida, ed uno strano, doloroso calore gli si sciolse nel petto.
- Grazie.- sussurrò con un piccolo sorriso.
Martin si volse verso di lui e quando incrociò l’espressione dolcemente divertita con cui Danny lo stava guardando si sentì sul punto di cedere, di commettere l’irreparabile. Tossicchiò imbarazzato cercando di distogliere la mente da quei pensieri inopportuni.
- Vado a cercare qualcosa per steccarti la gamba, tu resta qui e cerca di muoverti il meno possibile. Controllo anche se c’è campo qui sotto.- e si volse per uscire.
Solo in quel momento Danny si rese conto che Martin indossava solamente il maglione a dolcevita e che la sua giacca era stesa su di lui a mo di coperta.
- La tua giacca!- lo fermò prima che uscisse.
- Ho il maglione non preoccuparti!- gli sorrise prima che il candore della neve lo inghiottisse.
Aveva bisogno che quell’aria gelida e pulita gli schiarisse il cervello e gli raffreddasse il sangue. Quella stretta vicinanza con Danny lo stava uccidendo. Ogni volta che lo guardava o gli sorrideva una stilettata gli si piantava con precisione chirurgica nel cuore. Respirò ad ampie boccate sentendo i polmoni infilzati da decine di aghi ghiacciati. Sollevò lo sguardo e vide innalzarsi davanti a sé una ripida parete, non molto alta ma ora ricoperta di neve ghiacciata, attorno a lui c’erano abeti e pini con le chiome imbiancate. Aprì lo sportellino del cellulare e vide che non c’era campo, la bufera di neve doveva aver disattivato i ripetitori e le linee telefoniche erano ancora isolate. Martin sospirò frustrato: erano bloccati li, in mezzo al nulla! Era bloccato in mezzo al nulla con Danny! Rabbrividì e sperò che Jake avesse già attivato le squadre di ricerca e che fossero sulle loro tracce. Rimise il cellulare in tasca ed iniziò a cercare un paio di rami per la gamba di Danny. Non poteva permettersi di restare la fuori a lungo: i rapitori probabilmente stavano ancora setacciando il bosco alla loro ricerca. I rami erano umidi e difficili da spezzare senza attrezzi, le sue mani martoriate urlavano di dolore ad ogni minimo movimento, ma alla fine riuscì a conquistarne un paio abbastanza lunghi e robusti.
Rientrò nel loro rifugio una manciata di minuti dopo, con il volto e le mani intirizzite. Danny riaprì gli occhi, sollevato di averlo di nuovo accanto a sé: aveva temuto a saperlo li fuori al freddo e con il pericolo costante di finire nel mirino dei loro inseguitori. Ora si sentiva rassicurato, tranquillo.
- Non c’è campo. Dobbiamo vedercela da soli e sperare in Jake!- disse mentre portava le mani al bordo del maglione.
Con un movimento rapido lo sfilò insieme alla canottiera, restando a torso nudo sotto lo sguardo perplesso dell’amico. Danny fece scorrere gli occhi sui bicipiti allenati, sulle spalle ampie e sul torso perfettamente delineato; vide la pelle incresparsi in decine di brividi prima che indossasse nuovamente il maglione. Avvertì le viscere contorcersi in uno spasmo a quella vista. Martin passò più volte le mani sulle braccia per riprendere calore, prima di dedicarsi all’amico che lo fissava immobile, con uno strano sguardo negli occhi sgranati.
- Che c’è?- gli chiese sollevando un sopracciglio.
- Stavo godendomi il tuo spogliarello!- ghignò l’altro, decidendo che era meglio buttarla sul ridere.
Ma neanche lui stesso si rese conto di quanto veritiere fossero quelle parole. Martin aprì le labbra come per dire qualcosa, ma alla fine rinunciò per il bene di entrambi, e scosse la testa prima di afferrare la propria canottiera e farla a pezzi, riducendola in lunghe strisce di stoffa.
- Cercherò di farti meno male possibile, ma tu stringi i denti, ok?- gli disse prendendo i due rami.
Ottenuto l’assenso preoccupato dell’amico, Martin gli prese delicatamente la gamba poggiando i rami ai due lati, passando le strisce di stoffa attorno, stringendole ed annodandole in una steccature rudimentale. Danny sibilava di dolore tra i denti serrati, gocce di sudore gli imperlavano la fronte, aveva le palpebre serrate e le mani strette a pugno contro il torace.
- Scusa, non volevo farti male!- disse Martin una volta terminata la fasciatura.
Danny, la voce congelata in gola dal dolore, scosse la testa: non era stata colpa sua! Quando fu nuovamente in grado di respirare normalmente, sollevò le palpebre e vide l’amico seduto accanto a lui che guardava la luce declinante al di la dell’apertura, con le braccia strette attorno al corpo come per trattenere il calore.
- Vieni qui!- disse senza nemmeno accorgersene, la voce ancora arrochita.
- Come?- ribatté Martin sorpreso: forse aveva capito male.
- Vieni qui! Dai!- ripeté scostando, questa volta, il cappotto che lo copriva in un chiaro invito.
La testa di Martin si svuotò completamente quando comprese il senso di quelle parole: lo stava davvero invitando a stringersi a lui sotto quel misero pezzo di stoffa? Deglutì a vuoto incapace di fare qualsiasi altra cosa. Nella sue mente immagini infuocate sfrecciarono incendiandogli il sangue, scosse la testa scacciandole.
- Ti muovi o vuoi un invito scritto?- lo canzonò l’altro agente.
- Vengo, vengo!- e Martin sperò che la sua voce risultasse abbastanza ferma.
Si stese al fianco di Danny, il più lontano possibile, coprendosi solo con un misero lembo del cappotto.
- Ti vergogni per caso?- gli chiese Danny a bruciapelo.
- No!- saltò Martin sentendosi punto nel vivo.
- Ed allora perché non ti avvicini?! Non mordo mica e, davvero, sto gelando Martin!- sbottò esasperato indicando il cappotto sospeso tra loro che lasciava entrare aria gelida.
Doveva comportarsi come al solito, come se fossero semplici amici, come se lui non provasse nulla per l’altro. Doveva indossare nuovamente la sua solita maschera per non destare sospetti. Con il cuore che gli martellava nel petto, Martin si avvicinò fino a poggiare la testa sulla spalla dell’altro, lasciando che il cappotto li avvolgesse completamente. Tutto quello superava di molto le sue più rosee aspettative: fino a due giorni prima, mai avrebbe scommesso che si sarebbe ritrovato in una situazione simile. Danny era piacevolmente caldo e quell’odore dolce che aveva la sua pelle gli intorpidiva i sensi. Più i minuti scorrevano, più Martin si rilassava, godendosi quel dono inaspettato ed irripetibile, mentre gli spiegava a grandi linee quale fosse la loro situazione.
- Domani andiamo via di qui!- decise per entrambi Danny.
Doveva pensare, cercare di concentrare la propria mente su qualcosa che non fosse la propria pelle che bruciava a contatto con quella di Martin, ed il suo odore deciso e sensuale dell’altro che gli stava confondendo la mente.
- È fuori discussione: dove pensi di andare con quella gamba?- ribatté l’altro agente.
- Hai intenzione di restare qui un mese intero? – chiese l’altro sarcastico – Non possiamo restare qui ancora per molto, prima o poi quei bastardi ci troveranno, ed allora faremo la fine dei topi! E se non ci uccidono loro, lo farà il freddo!- .
Martin non rispose, sapeva che l’altro aveva ragione ma era troppo impegnato a godersi quel momento per preoccuparsi di altro. Involontariamente spinse il volto contro l’incavo del collo di Danny e subito si ritrasse, come se si fosse scottato.
- Ma tu hai la febbre!- esclamò allarmato mettendogli una mano sulla fronte.
Bruciava. Bruciava così tanto da sembrare una stufa!
- Ecco perché mi sento così strano…- constatò Danny in tono totalmente disinteressato, come se fosse una cosa normale.
- Accidenti!- imprecò Martin tra i denti mentre si allontanava da lui.
Prese quello che restava della sua canottiera, lo bagnò con la neve gelida e lo pose sulla fronte dell’amico, che al contatto sospirò in modo dannatamente sensuale. Ora Martin ne era davvero convinto: dovevano andare via di li a qualsiasi costo, prima che l’altro prendesse una polmonite, prima che fosse troppo tardi.
Danny osservò lo sguardo colmo di furibonda preoccupazione con cui l’altro lo stava fissando, senza capire il motivo di tutta quell’ansia rivolta verso di lui.

Un pallido sole faceva capolino dal velo di nuvole che coprivano il cielo, rivestendo ogni cosa di una luce lattea che feriva lo sguardo, la neve aveva avvolto tutto in una inquietante coltre di silenzio. Martin fece capolino dall’apertura e lanciò uno sguardo attorno, quando fu sicuro che era tutto tranquillo aiutò Danny ad uscire: un braccio attorno alle spalle dell’altro e la gamba piegata per non toccare il terreno. Si fermarono davanti la scarpata da cui erano precipitati.
- Ci conviene seguirla e cercare un punto più favorevole per risalirla.- propose Martin.
Danny con la testa poggiata contro la guancia dell’amico, rispose qualcosa di intellegibile. Quella notte all’addiaccio aveva contribuito ad innalzargli la febbre ed ora si sentiva intontito e senza forze, riusciva a malapena a restare aggrappato a Martin.
L’agente cominciò a trascinarsi, sostenendo tutto il peso dell’amico e pregando il Cielo che gli desse la forza per portarlo in salvo. Passò una mano attorno alla vita di Danny per sorreggerlo meglio e stringerselo contro. La testa ciondolava avanti ed indietro come quella di una bambola di pezza, gli occhi socchiusi come se stesse per perdere conoscenza. Non poteva lasciare che si addormentasse, doveva tenerlo desto in qualsiasi modo. Parlò per un tempo infinito di tutto e di niente, anche se gli rubava fiato ai polmoni e gli costava una fatica immane, parlò per tenerlo sveglio, parlò perché non lo lasciasse.
Il rumore di legno spezzato si diffuse all’improvviso nel silenzio della boscaglia, infrangendolo. Martin non sapeva quanta distanza avessero coperto fino a quel momento, quanto si fossero allontanati dalla baita, sapeva soltanto che erano spacciati. Con le poche energie che gli erano rimaste si caricò Danny sulle spalle ed iniziò a correre, cercando una via di fuga per portare l’amico in salvo. I muscoli iniziarono ben presto a bruciare come se fossero immersi nell’acido da batteria, le ossa sembravano sul punto di spezzarsi. Il cuore pulsava furibondo nel petto ed i polmoni respiravano gas incandescenti. Si sentiva sul punto di crollare. Durante quella folle corsa udì l’abbaiare di cani sovrapporsi al respiro affannato dei loro inseguitori: ecco come avevano fatto a trovarli! Martin imprecò tra i denti aumentando, per quanto poteva, la velocità. Lo sparo di un fucile gli aggredì l’udito prima che la sua gamba sinistra cedesse sotto il suo peso ed un dolore folle gli mordesse ogni centro nervoso. Crollò nella neve fresca, di fianco, trascinando con se anche il corpo febbricitante di Danny. Martin abbassò lo sguardo e vide la stoffa dei suo pantaloni inzupparsi rapidamente di sangue sulla coscia. Mentre i loro inseguitori si avvicinavano, si trascinò pietosamente a terra, striando il candore della neve di tracce cremisi, cercando di spostare Danny al riparo del tronco di un abete. Frapponendosi, poi, fra lui e la morte. Quel calore contro la schiena gli dava coraggio, quella forza che gli mancava per guardare i loro rapitori in faccia, di attendere la morte a testa alta, senza battere ciglio davanti il freddo metallico della canna della pistola che gli era stata puntata sulla fronte. Martin non implorò per avere salva la vita, rimase soltanto a fissarli impassibile. Registrò chiaramente l’indice poggiato sul grilletto fare pressione.
Lo sparo però non giunse dalla direzione giusta, ma da qualche parte alla loro destra. Martin vide il corpo del criminale cadere a peso morto senza un gemito, un gruppo di uomini armati vestiti con mimetiche nere che circondarono gli altri rapitori, confondendogli la vista ed urla che si infrangevano nella sua testa frastornandolo.
Una mano si poggiò sulla sua spalla attirando la sua attenzione, si volse di scatto e vide Jake Malone chino su di lui, con un’espressione preoccupata e sollevata insieme in volto, e la pistola ancora in pugno. Erano salvi! Quella consapevolezza sciolse tutta la tensione dentro di lui, i muscoli si rilassarono e le forze defluirono via lasciandolo spossato, incapace di muoversi e di pensare.
- Come…?- .
Jake ghignò divertito mentre riponeva la pistola.
- Il GPS nei vostri cellulari.- spiegò trattenendo una risata davanti l’espressione del sottoposto.
Il GPS! Come aveva fatto a non pensarci prima? Era così semplice che gli veniva da ridere! Una risata isterica con cui scacciare tutta la paura provata.
- Agente Fitzgerald potrebbe lasciare la mano dell’agente Taylor? Dovremmo portarlo via.- la voce di un paramedico lo riscosse dai suoi pensieri.
Solo in quel momento, vedendo le loro mani intrecciate, Martin si rese conto di non aver mai lasciato Danny, di aver sempre mantenuto un contatto con lui.

  
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