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Autore: Sinnheim    26/07/2016    2 recensioni
Versione 2.0, modificata ed arricchita.
Secondo volume della serie "A Dance of Light and Shadow".
Tre anni dopo la pubblicazione del suo primo diario, Bloom si vede costretta a scrivere di getto tutto ciò che è accaduto negli ultimi mesi, non per svago, ma per raccontare quella terribile verità che ha colpito tutti ma che nessuno è stato in grado di capire in tempo. Azioni terribili richiedono terribili provvedimenti e Bloom, ancora una volta, è pronta a pagare il prezzo delle conseguenze delle sue azioni e di quelle degli altri. Questa volta, però, senza essere sicura di cosa ciò comporti. Sequel de Il Canto della Guerra.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Dance of Light and Shadow'
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CAPITOLO 5: IL CANTO DI AISHA




Fu un funerale senza suoni né colori, a parte il rumore della pioggia che, col suo ticchettio, sembrava scandire le lancette del tempo; nella desolazione più totale, pochi erano presenti alla sepoltura di Musa, tra i quali suo padre. Nessuno osava fiatare, nessuno aveva il coraggio di guardarsi in faccia.

Le ragazze si sentivano straniere in terra straniera, come se a combattere contro Riven non fossero state loro ma delle loro copie malvagie. Il ragazzo, seppur ridotto malissimo, era comunque sopravvissuto al brutale scontro e, in quel momento, si trovava dalla Griffin. Probabilmente non avrebbe visto la fine della settimana, se non la fine di quella stessa giornata.

Dopo che il mio... delirio esistenziale finalmente finì, fui io a fermarle: quasi sull'orlo della risata compulsiva, mi ci volle solo un gesto per porre fine a quel furioso massacro, quello stesso gesto che avrebbe potuto salvare Musa.

Per quanto riguarda Tecna, preferimmo non dirle niente dell’accaduto. Le ultime notizie sulle condizioni non erano affatto buone: la fata della tecnologia stava attraversando una pesante crisi d'astinenza, non potevamo infliggerle altro dolore.

Annientate, fissammo con occhi spenti il feretro della nostra cara amica, vuoti di pietà e di speranza. Come erano sempre i miei, d'altronde. Toccammo con mano la realtà di un mondo in cui la scintilla divina ci aveva abbandonato, lasciandoci brancolare nelle tenebre che portavano solo follia.

Come al solito, il fiume di dolore che mi scorreva in petto doveva essere forzatamente soppresso, come se il mio peccato più grande fosse quello di essere umana. L'Universo mi stava letteralmente urlando qualcosa del tipo 'non osare versare una lacrima, mostro', o forse era la corruzione a parlare, chissà.

La prigione mentale da cui non potevo evadere mi donava quell'aura di freddezza che, dopotutto, non poteva che fare bene a tutti. I presenti erano paralizzati sul posto, a momenti non li sentivo nemmeno respirare: provare qualsivoglia emozione sembrava una bestemmia contro gli dei.

Ingoiai il senso di colpa che mi stava logorando le viscere: il mio autocontrollo dipendeva interamente da questo. La preside Griselda non disse una parola, ma potevo scorgere la sua anima tremare: osservava la bara della sua allieva ma, allo stesso tempo, stava anche pensando intensamente, ponderava decisioni di enorme importanza.

Mi piaceva pensare che era il suo modo di reagire alla tragedia, ma ben presto le sue intenzioni furono manifeste: pochi giorni dopo il funerale di Musa, Griselda chiuse le porte di Alfea e mandò tutte le allieve a casa.

«Prima Faragonda, ora questo. La mia priorità siete voi e le studentesse, non posso vedervi morire in modi così barbari, senza nemmeno un motivo chiaro» ci disse in un raro momento di commozione.

Non potevamo che darle ragione. Noi professori decidemmo di fare della scuola una sorta di quartier generale per iniziare a indagare su questi fenomeni di corruzione; la pensata fu buona, lo sviluppo molto meno.

Non avevamo assolutamente idea di dove iniziare, di cosa pensare, di cosa fare. Non eravamo nemmeno sicure di quello che avevamo visto.

Come era prevedibile immaginare, alla fine ognuno se ne stava per i fatti suoi a rimuginare su chissà che cosa, mentre noi ragazze vagavamo senza meta per i corridoi deserti di Alfea parlando di cose vuote, come degli zombie intrappolati in un limbo di niente.

Eterni erranti su terre aride in cerca di una luce che non c'era, menti così provate da soffocare ogni idea sul nascere, come se i pensieri venissero strappati via ed evaporassero come acqua al sole. Tenere a bada il dolore causato dal senso di colpa divenne quasi il mio unico pensiero... mi mancò terribilmente Tecna, in quei giorni.

Stella, Flora e Daphne sguazzavano nella loro assenza catatonica. Flora, in particolare, si stava chiudendo in sé stessa come un riccio, mentre Aisha diventò una vera e propria trottola impazzita; le nostre giornate passavano lente e anonime, le sue, invece, erano un'incessante sessione di allenamento compulsivo, malato.

La osservavo spesso dalle finestre, di soppiatto. Non potevo credere di star vivendo un simile inferno, sembrava tutto talmente esagerato e onirico da sembrarmi un incubo.

Potevo fidarmi delle mie sensazioni? Alla fata delle piante disse che voleva diventare più forte, che allenarsi le impediva di sprofondare nella disperazione, ma percepivo che qualcosa non andava. O meglio, più di quanto doveva essere.

Mi guardava sempre con un certo sguardo, un misto di odio e curiosità insieme ma, ogni volta che si accorgeva di quello che stava facendo, si dava un colpetto alla fronte e scuoteva la testa, come per riportare alla mente qualcosa di importante e ovvio.

Le ragazze notarono questo suo comportamento e, giustamente, si preoccuparono: avevo fatto il madornale errore di dar retta alle voci della corruzione e di non seguire il mio istinto, non avrei commesso lo stesso sbaglio. Non potevo, non lo tolleravo.

Mi misi ad osservare attentamente la sua routine: Aisha seguiva un rigido allenamento quotidiano, e lo faceva sempre in una certa maniera, come uno schema fisso. Notai che, ogni volta che si accorgeva di essere scrutata da me, la sua foga aumentava, diventava quasi furiosa nei suoi esercizi, tanto da assomigliare più a una bestia che a una fata. Arrivai all’ovvia conclusione che ce l’aveva con me. E come darle torto...

Flora diventava sempre più cupa e triste: per un animo delicato come il suo, assistere a tutto quell'orrore fu peggio che morire. Aisha, in quanto sua migliore amica, avrebbe dovuto essere quella che, più di tutte, poteva aiutarla a superare il lutto, ma quel muro di furia che tirò su tra lei e tutte noi non faceva altro che ferire continuamente la fata delle piante, facendola appassire come i fiori che tanto amava.

C'erano giorni in cui la regina di Andros superava davvero ogni limite. Non era raro vederla allenarsi con fasciature varie, zoppicante e dolorante, ma mai saltava un giorno della sua routine di distruzione. Quella situazione iniziò a starmi stretta, così decisi di raccogliere tutta la calma glaciale che potevo e affrontarla sulla questione.

Come al solito, si trovava nel cortile deserto di Alfea, impegnata nei suoi esercizi; dopo ore di allenamento fisico, si stava concentrando sullo sviluppo dei suoi poteri, in particolare cercava di rendere il suo Morphix ancora più versatile e potente di quello che era già.

Il posto ormai era diventato trascurato e molto rovinato, non era nemmeno l'ombra di quella che era Alfea pochi giorni prima. La sua dedizione era massima mentre maneggiava quella gran quantità di potere, ma si accorse comunque della mia presenza.

«Cosa vuoi, Bloom?»

Il suo tono di voce era indubbiamente stizzito nei miei confronti, probabilmente avevo ragione su di lei.

«Aisha, credo proprio che noi dobbiamo parlare».

Come mi ero promessa, rimasi emotivamente neutra, ma lei non ne volle sapere.

«Come vedi, ora sono impegnata».

Mi diede le spalle e ricominciò ad allenarsi, ignorandomi completamente. Ma io sono comunque Bloom, no? Glaciale sì, ma fino ad un certo punto.

«Flora sta male, Aisha. Nonostante stia soffrendo da matti, è comunque preoccupata per te, per quello che stai facendo. Lo siamo tutte».

«Ah... Flora. Quella ragazza deve imparare a essere più dura nei confronti della vita».

Quelle parole mi fecero un male indescrivibile. Cosa stavamo diventando?

«Ma non sarebbe più Flora se non fosse così! Ti ascolti quando parli?» dissi alzando un poco la voce. La fata si fermò e si girò lentamente con occhi di fuoco.

«Cosa c'è, eh? Adesso ti preoccupi di noi? E Musa, allora? Adesso pensi a noi perché con lei hai mostrato quanto poco vali?»

Lo sapevo, mi riteneva responsabile. Per la prima volta dopo anni, le voci nella mia testa iniziarono ad urlare, lo sporco si impossessò di nuovo di me: abbassai la testa e chiusi gli occhi, non dovevo cedere per nessun motivo. Per gli dei, non ce la facevo più, era troppo… tutta quella follia era troppa.

«Ho... ho sbagliato. Lo so che ho sbagliato... è per questo che non voglio sbagliare più, lo capisci?»

«Io volevo entrare con lei, Bloom. Tutte noi volevamo accompagnarla da Riven, ma tu ci hai detto di fidarci di lei e aspettarla fuori. Non hai semplicemente sbagliato, l’hai ammazzata anche tu!»

Stavo letteralmente elemosinando amore, ma non sortì l'effetto voluto. Anzi. Notai una certa goduria negli occhi di Aisha: si accorse che la corruzione mi stava mangiando viva ma, invece di avere pietà e fermarsi, continuò a riversare il suo odio su di me, con cattiveria. Che anche lei fosse ormai arrivata al capolinea?

«Lo vedi? Il marciume che ti porti dentro ti sta punendo, Bloom. Io ci ho provato, davvero, ci ho provato a non vederti come la merda che sei, ma non posso farci niente. Continuavo a dirmi 'siete amiche da una vita, Aisha, cerca di capire la situazione'. Ma non c'è niente da capire! Hai lasciato morire Musa! Quando tu, con un piccolo gesto della mano, avresti potuto risolvere tutto!»

Aveva pienamente ragione, ne ero consapevole, ma l’oscurità iniziò a entrarmi nelle vene come un cancro velenoso.

«Mi... mi dispiace...» rantolai.

Non riuscivo a dire altro: il dolore che provavo era diventato insopportabile. Mi misi le mani sulla testa come per sorreggermela, ero al limite.

«Devo... devo prendere il mio farmaco...»

Feci per andarmene, ma la compagna di tante battaglie mi bloccò la strada con il Morphix non lasciandomi passare, aumentando ancor di più il mio sconfinato disagio.

«Aisha, ma sei impazzita? Vuoi che io perda la testa?!»

Mi accasciai in ginocchio, boccheggiando e lottando per quell'aria che i miei polmoni tanto bramavano, ma lei non demorse.

«Sai cosa, Bloom? Sono stufa. Stufa di stare sotto la tua ombra, stufa di essere dipendente da te. Ti senti l'unica abbastanza forte da poter proteggere tutti? Ti sbagli! Non voglio più essere protetta da te, hai mandato Musa a morire!» disse quasi sbraitando, poi continuò: «Voglio testare le mie capacità. È tanto tempo che sto affinando le mie abilità, è ora di mettermi alla prova. Io ti sfido, qui e ora!»

Non riuscivo a credere alle mie orecchie: non tanto per l'assurdità della cosa, ma per le mie percezioni. Avevo sentito bene, o era la mia corruzione che voleva farmi attaccare Aisha?

«Volevo... io volevo solo far stare tranquilla Musa! Le avrei fatto del male se avessi prelevato Riven con la forza, io... non potevo immaginare...»

Non feci nemmeno in tempo a terminare la frase che mi arrivò in pieno volto una sfera di Morphix rabbiosa. La fata di Andros si era trasformata e, nonostante lei fosse in forma Sirenix, il suo attacco era molto più potente del normale, probabilmente il frutto dell'intensissimo allenamento a cui si era sottoposta.

Ruzzolai via per molti metri, dolorante e disperata a livelli folli. Non provavo gli effetti devastanti della corruzione da così tanto tempo... la temevo. Ne ero e ne sono terrorizzata, direi una bugia se affermassi il contrario.

«Aisha... fermati, ti prego» dissi cercando di alzarmi, ma fui colpita di nuovo, e di nuovo ancora.

«Combattimi, Bloom!»

Barcollante mi rimisi in piedi, ma non avevo la forza di trasformarmi; confusa e con la mente annebbiata mi misi in guardia, ma non sapevo bene cosa fare: il mondo intorno a me divenne ovattato. Mi lanciò altre sfere: con notevole sforzo le evitai entrambe piegando il busto prima a destra e poi a sinistra, ma persi l'equilibrio e ricaddi a terra.

«Ho detto combatti

Cadde in profondissima concentrazione e manipolò una sfera di Morphix fino a farla diventare un disco sottilissimo e vorticoso, lanciandomelo addosso.

Non avevo mai visto quella tecnica prima d’ora. Insicura sugli effetti di quell’incantesimo, non me la sentii di alzare una barriera magica, così mi gettai di lato sfiorandomi di striscio. Notai inorridita che un sottile graffio sul mio braccio stava sanguinando: il piatto aveva tagliato a metà un albero nelle vicinanze.

“Ha... ha imparato ad affilare il suo Morphix..."

Il fiatone mi rendeva difficile parlare, ma non potei far a meno di urlare: «Aisha, vuoi uccidermi

Ero sull'orlo del pianto, ma non si fermò: costruì due mani giganti, come quelle di un golem, iniziando a calare pesantissimi colpi sul mio corpo. Ad ogni impatto, creava grandi solchi sul suolo e faceva tremare la terra, sentivo le mie ossa scricchiolare.

"...ha anche imparato a renderlo duro come pietra..."

I professori e le ragazze si affacciarono dalle finestre: mi videro coperta di sangue a terra mentre Aisha mi attaccava senza sosta, così fecero per correre fuori e soccorrermi, ma le uscite erano tutte bloccate dal Morphix.

«Combattimi Bloom! Non era forse quello che ti diceva Daphne, otto anni fa, quando hai stroncato anche tua sorella? Non sarò buona come lo è stata lei, ti darò una bella lezione!»

Sapete, c'è una cosa che ho categoricamente proibito di fare a tutti. Sia io che mia sorella abbiamo espressamente chiesto di non parlare mai più del momento in cui ho dovuto ucciderla. Era l'unica cosa che avevamo imposto di non fare, non solo per me stessa, ma anche per lei.

Ripensare a quel momento mi fa… mi fa sgorgare corruzione da tutti i pori, è un mio serio e pericoloso tallone di Achille. E infatti, Daphne, che aveva sentito dalla finestra tutto quanto, sgranò letteralmente gli occhi e imprecò in modo colorito, correndo via come un fulmine verso la mia camera per prendere massicce dosi di farmaco. Sapeva perfettamente cosa sarebbe successo, da lì a poco.

Il pugno gigante di Morphix che stava per colpirmi si spappolò letteralmente contro la barriera di fuoco blu che avevo eretto in una frazione di secondo. I miei occhi scarlatti divennero luminosi, e il sangue sparso un po' ovunque si incendiò. Mi rimisi lentamente in piedi, leggermente piegata su me stessa, dovevo avere molte costole rotte.

«...come…»

Aisha si fermò di colpo con aria preoccupata, come quando si stuzzica una bestia feroce con arroganza per poi scappare quando si sveglia e attacca. Realizzando di essere nei guai fino al collo, iniziò a lanciarmi convulsivamente masse di Morphix dure come cemento, trasformandole letteralmente in proiettili.

Ricoprii le mie braccia di fiamme blu e mi incamminai verso di lei, distruggendo senza sforzo quelle piccole sfere letali con un solo movimento netto degli arti.

«...come...»

La mia marcia non si arrestava: tenevo la testa bassa, troppo appesantita dalle voci che mi invogliavano a disintegrare tutto, per poi fermarmi davanti a lei come un drago che ha puntato la preda.

«Come osi!» urlai furiosamente.

Mi trasformai violentemente, tanto che le finestre di tutta la scuola andarono in frantumi e un vortice di fuoco azzurro mi ricoprii completamente. Quando pagai il debito per riavere l'anima di mia sorella, il Drago prelevò molto potere dal mio corpo, ma ne avevo una quantità così smisurata che sembrò non portare nessuna conseguenza alla mia abilità di combattimento.

Aisha, con tutto l'odio che poteva provare, capì che davanti a quella potenza non poteva niente. Vidi l'amarezza della sconfitta sul suo volto, l'ombra del fallimento che indugiava su di lei. Creai un Morphix mio, del colore del cristallo, e gli diedi la forma delle mani di golem che la mia avversaria aveva generato poco prima, con l'unica e sostanziale differenza che le loro dimensioni erano duplici.

Iniziai a pestarla con furia e disperazione, come quando due bambini se ne danno di santa ragione davanti la scuola per un dispetto. In quei pugni ci misi tutta la mia collera e il mio dolore per non aver salvato Musa, il completo nonsense di quella situazione, la vuotezza di quei giorni, tutto.

La ridussi male, ma non tanto da metterla in pericolo di vita: si era protetta col Morphix come poteva, se la sarebbe cavata. Le barriere che bloccavano le uscite andarono in frantumi e Daphne corse da me, mentre ero ancora ricoperta di fiamme blu e la furia delle voci mi dilaniava la mente: mi girai verso di lei, trattenendomi dal colpirla.

Stesi il braccio incendiato tremando come una foglia e mi feci fare le iniezioni. Mia sorella era l'unica che poteva farlo poiché, avendo il mio stesso potere, non veniva bruciata dalle mie lingue di fuoco.

Portammo Aisha in infermeria e spiegai loro quello che era successo. Flora diventava sempre più triste man mano che parlavo mentre teneva la mano alla sua amica, mentre le altre scossero la testa disperate e stanche. Andai a trovarla ogni tanto, ma la sconfitta le bruciava, bruciava tantissimo. Troppo. Mi odiava... mi odiava con tutta sé stessa.

Due settimane dopo, fece le valige e decise di andare su Pyros per allenarsi e diventare più forte, proprio come avevo fatto io per liberare il mio potere Enchantix; durante la prima settimana mandava dei messaggi a Flora per far sapere che stava bene, poi...

Alla seconda settimana di permanenza sul pianeta Riven morì, e di Aisha si persero le tracce. Non tornò mai più.

  
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