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Autore: ten12    28/07/2016    2 recensioni
Curare qualsiasi malattia con un infusione. Ciò è possibile a Yharnam, la città dei Grandi Antichi e del sangue curativo, e stranieri da ogni dove giungono alla città dalle lunghe guglie portando con loro i propri demoni. Perciò sappi questo: a nessuno, a Yharnam, interessano gli orrori che hai commesso tu o quelli di qualunque altro viandante. Forse può sembrarti un bene fintantochè non arrivi durante una notte di caccia.
Genere: Dark, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La caduta di Yharnam'
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Le immagini, i luoghi e l'ambiente descritti sono proprietá intellettuale, protetta da copyright, di Sony entertainment e FromSoftwer games. Nessuna violazione é voluta. Questo testo di finzione é da intendere come tale. I personaggi descritti nella storia sono, principalmente, creati dall'autore. Nel caso appaiano o vengano menzionati personaggi non creati dall'autore è un avvertimento non sia presente mi scuso, nessuna violazione era o é intesa. In questo racconto é menzionato Gherman, personaggio appartenente al gioco originale e, pertanto, proprietà intellettuale di Sony Entertainment.
 

“Arriva il contadino con il cannone, stronzo peloso” disse a se stesso Finch mentre correva verso lo scontro all’inizio del ponte, e verso la bestia oscura alta quattro metri che si ergeva in tutta la sua furia. Non poteva lasciar passare nessuno, anche a costo della vita. Non l’aveva detto a Gaenoph, ma aveva smesso di sognare. Se fosse morto lì sarebbe scomparso per sempre, o forse inghiottito in un incubo. Avrebbe preferito di gran lunga la prima opzione. I lacci al suo braccio sinistro erano attaccati alla base a cui si fissava il cannone. Il gancio che connetteva e bloccava l’arma da fuoco all’arto era in un acciaio raro, prodotto ovviamente al di fuori della giurisdizione dell’officina della chiesa della cura. Era quella la cosa che apprezzava di più dell’essere un “eretico del officina”: la libertà. Mezzo secolo prima nessuno avrebbe sospettato uno sviluppo così violento. Finch ripensò al volto di Gherman, il fondatore dei cacciatori, mentre l’intera città che aveva amato e protetto, per cui aveva dato il suo piede destro, per cui aveva sacrificato la sua allieva migliore si lasciava fagocitare dalla chiesa e permetteva che lui venisse decapitato nella pubblica piazza insieme ai pochi fratelli rimastigli. Era dimenticabile quella maschera di dolore e costernazione? All’epoca Finch era un diciottenne armaiolo dell’allora settantenne chiesa della cura e non aveva mai condiviso il punto di vista del “primo cacciatore”. Aveva sempre pensato che il suo approccio alla caccia fosse troppo morbido per le bestie e che si adattase più ad i cacciatori impazziti. Vent’anni dopo la sua esecuzione Finch aveva rivisto Gherman nel sogno del cacciatore. Aveva parlato a lungo con lui ma, soprattutto, ne aveva compreso ed abbracciato la filosofia. Fu durante quella stessa caccia che conobbe per la prima volta i cacciatori polveriera o “eretici dell’officina”. Il suo matrimonio con la chiesa era morente e Finch capiva che non solo la sua consorte limitava volutamente lo sviluppo delle tecnologie, ponendolo sotto costanti controlli, ma impediva che altri avanzassero in tal senso. “Divorziò” senza pensarci troppo e consapevole del divenire un criminale nel farlo ma, vista la sua indole concreta e diretta, non se ne preoccupò fino a quando non mise su famiglia.  Finch si fermò ad un centinaio di metri, piantò il piede sinistro per terra, con la punta in avanti, ed il destro perpendicolare rispetto al primo per assorbire il rinculo. Guardò le tacche sulla faccia superiore del cannone regolando la distanza secondo quelle. Tirò la maniglia nella mano sinistra verso l’interno innescando Thoggart, il suo cannone. Il colpo partì violentemente. Cannone e braccio vibrarono in egual modo facendo digrignare i denti a Finch per lo sforzo di articolazioni e muscoli. Il proiettile raggiunse la schiena della bestia oscura e la trapassò all’altezza della scapola per poi cadere sulle teste del gruppo di ibridi qualche metro più avanti, alle spalle dei cacciatori circondati, ed esplodere in schegge avvolgendo l’area dello scontro in un denso fumo nero. Golia cadde in avanti, morente e senza fiato per urlare. “ATTENTI!” gridò un cacciatore del sogno all’interno della coltre di fumo. La massa pelosa acquistò velocità e rovinò violentemente sul terreno causando uno spostamento d’aria sui lati. Un rumore di ossa rotte si propagò da sotto il mastodontico cadavere per tutto il ponte, terribilmente silenzioso. Finch guardò la scena a bocca aperta con sorpresa e terrore. Il proiettile avrebbe dovuto esplodere sulla schiena della bestia ferendola gravemente e non oltrepassarla. Se in un primo momento poteva fingere che quella che aveva ferito la gigantesca creatura era una molotov, senza causare sospetti, ora, chiunque fosse sopravvissuto, avrebbe potuto denunciarlo ed incassare la ricompensa. Delle fiamme proruppero dalla nuvola di fumo ed inghiottirono tutti e sette gli ibridi rimasti. Tre dei cinque cacciatori del gruppo circondato uscirono dal fumo coperti di sangue e polvere con uno sguardo indagatore.

 

Il piano era di Gota, era perciò giusto che fosse lui a compiere il crimine più grave. Il vino e gli alcolici in generale sono una bevanda poco comune a Yharnam. Poco comune: non rara. Questo è dovuto al fatto che la bevanda più prediletta è il sangue raffinato. Di alcool, però, se ne fa un uso molto più frequente durante la caccia. Dopo tutto le bestie odiano il fuoco e le ferite vanno disinfettate. Gota era nascosto, insieme ad Hector, alla base della scaletta coperta che portava al punto di osservazione e teneva in mano una molotov ed una lanterna per innescare la miccia. Erano tutti e tre nervosi. Viggo uscì dal piccolo androne ed avanzò verso la decina di cacciatori neri ed i sei bianchi rimasti a guardia dei cancelli. Vide attraverso le sbarre il sognatore di prima correre verso lo scontro più avanti. Si avvicinò al gruppo di cacciatori della chiesa e prese fiato.

 

Erano due cacciatori del sogno( o sognatori) ed un cacciatore nero della chiesa. I due sognatori avevano entrambi il volto coperto con una bandana in pelle nera ed indossavano il classico tricorno scuro. Portavano entrambi una palandrana, una nera ed una bianca, aperta che lasciava intravedere una veste in lino grezzo a cui erano attaccati due rinforzi spessi di pelle all’altezza dei pettorali e degli addominali. Stivali, rinforzati con parastinchi in metallo decorato ad impressione, coprivano dal ginocchio in giù i pantaloni del colore del lungo cappotto. Il cacciatore nero della chiesa, invece, portava una bombetta sopra ad un cappuccio scuro, cucito insieme, che lasciava vedere solo il volto del cacciatore coprendo orecchie e fronte. Poco più in basso delle ginocchia si fermava una pesante e spessa tunica nera   Lo guardavano tutti e tre. Finch rimase immobile, fissandoli a sua volta impassibile nell’irrazionale tentativo di non sembrare colpevole. Si sentiva soffocare dal silenzio che aleggiava sul ponte. Avrebbe potuto estrarre la pistola a ripetizione, che portava alla cintola, con la destra e sparare contro i due sognatori per poi liquidare il cacciatore nero con facilità. Il sognatore che fu un tempo fu disgustato da quel pensiero. Era fuori questione. L’idea di fuggire si fece strada nella sua mente. Gaenoph era, d’altro canto, un sognatore ferito nella confusione e niente di più. Non poteva abbandonarlo al nulla così però, ma nemmeno farsi arrestare era molto utile, anzì era controproducente per l’amico tanto quanto per lui. Uno dei due cacciatori del sogno, quello con il cappotto nero, si inchinò. Un gesto di gratitudine. Finch tirò un sospiro di sollievo. Gli altri due guardarono il primo un po’ interdetti poi capirono cosa aveva rischiato il cacciatore polveriera per aiutarli e si unirono al primo esibendosi in altri due inchini. Finch sorrise di rimando, esausto dopo tutti gli avvenimenti di quella notte.

 

“GOTA!!!” Viggo si blocco terrorizato. Come avevano fatto a scoprirli! Si voltò, razionalizzando i suoi timori e sperando di sbagliarsi. Un uomo dai capelli rossi alto due metri, dal volto smunto, muscoloso e dalla costituzione asciutta vestito con una tunica azzurrina con decorazioni dorate si stava avvicinando seguito da due rappresentanti del coro. Viggo divenne un lenzuolo e deglutì. Quello era Jogo, il comandante dei cacciatori della chiesa. “TU!” disse puntando il dito su Viggo. “Io,io,io…aaaaaaaaah…io…” Balbettò Viggo “DOVE CAZZO È IL TUO CAPITANO, VOLONTARIO!” Urlò Jogo avvicinandosi con ferocia ed a passo di carica fermandosi a tre centimetri dal volto di Viggo. Gota sbucò dalle scale e ,facendo finta di non riconoscere la voce del suo comandante, chiese, avvicinandosi alle tre cariche della chiesa “Che succede?” Jogo si voltò con uno sguardo degno di una bestia “PER QUALE MOTIVO MI È STATO RIFERITO CHE AVETE APERTO IL FUOCO SUI CIVILI!” Sputò per la ferocia con cui disse quelle parole. Gota rimase perfettamente calmo con la saliva del superiore sul volto. Non era nuovo alle sfuriate del suo superiore. “Noi non abbiamo dato alcun ordine signore” Rispose “Gli esaminatori hanno agito in autonomia” Jogo si girò verso i suoi cacciatori con un feroce sguardo interrogativo. Il gruppetto di assassini era silenzioso e si era posizionato sull’attenti in una fila, spalla a spalla. Hector uscì dalle scale e si fermò a guardare in silenzio e da qualche metro di distanza il colloquio insieme ed accanto a Viggo.  “Tu dov’eri?” Chiese Jogo posando di nuovo lo sguardo su Gota il quale perse un po’ del suo smalto, pensando ad una risposta plausibile, e disse dopo qualche secondo “Ero alla postazione di osservamento a guardare…” Un boato si propagò in tutto il ponte. Il proiettile di Thoggart aveva appena colpito terra. Tutti si voltarono a guardare verso l’origine dell’esplosione. “…quello” terminò Gota. Jogo si avviò verso i cancelli ed i cacciatori della chiesa si sbrigarono ad aprirli.

“CACCIATORI!” Finch ed i tre colleghi si voltarono verso la voce che aveva appena urlato quel sostantivo. Lo riconobbero tutti e tre. Era Jogo, il comandante dei cacciatori della chiesa della cura, conosciuto per la sua intransigenza e per il suo odio nei confronti dei nemici della istituzione che rappresentava. Finch staccò il cannone dal braccio e lo nascose sotto il mantello da viaggio che gli copriva la schiena. Si avviarono tutti e quattro verso i cancelli aperti, silenziosamente. Jogo rimase a guardarli avvicinarsi con il viso contratto in una smorfia di rabbia. Alle sue spalle i cacciatori che avevano massacrato la folla era tutti sull’attenti con le braccia sui fianchi. Finch vide alcuni di loro deglutire. Superarono la massa di cadaveri bruciati e o contorti all’entrata dei cancelli. Finch si impose di non guardare verso Gaenoph, non erano ancora al sicuro. Nella sua mente si fece strada la filastrocca contadina che la madre gli aveva insegnato quando vivevano ancora in campagna. Quella l’aveva sempre calmato e rilassato. Il movimento fu fulmineo. Lo stesso sognatore che si era inchinato dando l’esempio agli altri aveva estratto una pistola da sotto il lungo cappotto da cacciatore tenendola per la canna per poi colpire Finch alla testa con il calcio. Il vecchio cacciatore polveriera cadde in avanti.  Jogo rimase a guardare sorpreso e turbato. Il cacciatore nero della chiesa e l’altro sognatore si bloccarono ed il secondo gridò rabbioso “CHE CAZZO FAI!” Finch si toccò il retro della testa e vide con frastornata confusione che la punta delle sue dita callose era rossa di sangue. Il cacciatore del sogno guardò Jogo negli occhi e disse “Quest’uomo è un powder keg(cacciatore polveriera). Può trovare un cannone sotto il suo mantello”

 

   
 
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