Miroku le passò un braccio attorno alla
vita e la guidò con fare protettivo tra la folla di studenti
che si era accampata al di fuori delle mura studentesche. Lei gli
lanciò un' occhiata di rimprovero.
- Avresti potuto evitare di correre così veloce. Qualche
giorno finiremo per ammazzarci. -
Il giovane si accigliò. - Se non ti fidi della mia guida vai
a piedi. -
Kagome evitò accuratamente di non lasciarsi andare ad una
delle sue sfuriate e puntò lo sguardo di fronte a
sè, osservando con noncuranza il portone che li avrebbe
condotti alle loro aule.
I sopralluoghi dei ragazzi si concentravano sul cortile scolastico, un
luogo dove la natura tentava faticosamente di riconquistare il proprio
spazio tra l’asfalto e il cemento.
La scuola si affacciava su una strada trafficata, ed era posta in una
zona che fungeva da barriera boschifera contro rumore e inquinamento.
L' ombra era scarsa. L'unico luogo da cui era possibile trarre un
minimo beneficio, durante le afose giornate estive, erano le fronde di
alcuni alberi, lì piantati per abbellire gli esterni e
garantire un piacevole spazio ricreativo.
Da poco erano sorte anche delle piccole aiuole, che accompagnavano gli
studenti alla scalinata principale.
La giovane sospirò, fossilizzando la sua attenzione sul
cielo ingrigito. Le nuvole dense e opache sembravano prevedere l'arrivo
della pioggia. Una folata di vento la fece tremare. L'aria era fredda,
pungente sul viso e, soprattutto sulle mani, che Kagome aveva rifugiato
nelle tasche della sua giacca. Chinò il capo, nascondendo il
viso sotto la sciarpa che la riparava fin sopra le labbra secche e
tremò ancora una volta. Miroku borbottò qualcosa
di incomprensibilie, stringendola a sè con un gesto brusco.
Era furioso.
I capelli scuri erano legati impeccabilmente in un codino, che il vento
sembrò non scalfire minimamente con le sue folate invernali,
mentre gli occhi, il cui colore era richiamato dai pochi raggi solari
che gli illuminavano il volto, apparivano ancor più belli.
Lucenti, accesi di un bagliore vigile e del colore del cielo. Un
sorriso malizioso gli incurvò di colpo le labbra e gli occhi
si accesero improvvisamente di un vivido chiarore. La rabbia venne
spazzata via come polvere.
Kagome lo fissò un ultimo istante, stupita, osservando con
interesse il suo broncio laciar posto ad un sorriso. Non
potè non seguire quello sguardo tanto luminoso che raramente
incorniciava il suo bel viso. Quando voltò il capo,
incontrò la figura alta e slanciata di una delle sue
più care amiche. Il suo nome era Sango. Tornò a
fissare confusa il fratello. Che anche quel pervertito di Miroku avesse
finalmente capito cosa volesse dire la parola amore?
Infondo non stava a lei dirlo, ma doveva ammettere che, quando c'era
Sango nei paraggi, Miroku cambiava radicalmente espressione.
Kagome si sfilò delicatamente dalla sua stretta e gli
accarezzò una guancia per attirare la sua
attenzione.
- Va da lei. -
La sua voce si ammorbidì.
Lui annuì. - Vado, ma non ti garantisco di tornare vivo. -
Rise. - Bada bene a non allungare le tua zampacce su di lei. -
Miroku sbuffò, sospirando profondamente, per poi munirsi di
una buona dose di ossigeno e coraggio. - Tenterò.-
aggiunse, stringendosi nelle spalle.
Kagome gli lanciò un occhiataccia e, scuotendo energicamente
il capo, incrociò nervosamente le braccia al petto. Quel
Miroku era senza speranza. Ma era sicuro che quel maniaco fosse suo
fratello?
- Scherzavo.- farfugliò
- Scherza finchè vuoi, tanto la faccia è
la tua, fratellino. -
Miroku soffocò a stento una risata isterica, poggiando una
mano incerta sulle spalle di Sango. Quando la ragazza si
voltò dubbiosa, lui le concesse un sorriso smagliante.
La campanella suonò in quell' istante. Gli studenti si
mossero vorticosamente verso il pavimento roccioso.
Kagome distolse lo sguardo dalla coppia e pregò mentalmente
di non fare una delle sue figuracce, capitolando a terra come un sacco
di patate. Tentò quindi di non finire inghiottita dalla
folla di studenti, poggiando la schiena al muro.
Si guardò attorno, cercando di scorgere almeno un volto
amico.
Continuò la sua ricerca e, proprio quando si era arresa e
stava anch'ella per mischiarsi agli studenti, incrociò uno
sguardo.
Quegli occhi la immobilizzarono.
Le gambe si ancorarono al pavimento e le labbra si socchiusero
delicatamente.
Perchè quel ragazzo la fissava a quel modo?
Senza che se ne accorgesse le sue gambe si mossero lentamente, alla
ricerca di una risposta che il suo corpo sembrava reclamare avidamente.
Un passo, poi due, poi tre.
Ma che diavolo stava facendo?
Strinse con forza i pugni lungo i fianchi, senza distogliere lo sguardo
da quel volto sconosciuto, che la fissava intensamente da
lontano.
Io ti
proteggerò. Una fitta di dolore alla testa la
fece accasciare a terra.
Con una mano si sostenne sul pavimento, con l'altra trattene il capo
dolente.
Una mano si mosse verso di lei e venne in suo aiuto. - Stai bene? -
Miroku la fissava addolorato, anche se non era la prima volta che la
vedeva reagire a quel modo.
- Quell'essere.. lo hai sognato anche stanotte, non è
così? - le domandò di punto in bianco,
irrigidendosi visibilmente.
Lei annuì debolmente, tentando di alzarsi con le forti
braccia di Miroku, che erano già pronte a
sorreggerla.
- Ha detto che mi proteggerà.-
Proteggerla da chi? Kagome fissò il pavimento con sguardo
perso e vuoto.
Sentiva le forze venir meno e le gambi molli.
Era stanca di continuare a sforzare a quel modo la memoria.
Aveva tremendamente bisogno di qualcuno che fosse sinceramente in grado
di rispondere ai suoi interrogativi. Ma esisteva realmente quel
qualcuno in grado di far luce sugli angoli bui e dimenticati del suo
passato?
Miroku si rabbuiò all'istante.
- Ti.. ti ha detto così? - farfugliò, sfuggendo
al suo sguardo per riversarlo tra gli studenti.
- Sì, ma non ricordo bene il suo volto. Aveva dei
lunghi capelli argentei e due occhi color ambra.-
- Ricordi altro, Kagome? -
Kagome scosse il capo malinconicamente. - Miroku, tu credi che quel
sogno fosse.. un ricordo? -
La sua voce si spense in un sussurro.
Miroku non rispose. Si limitò semplicemente ad abbracciarla
calorosamente, accarezzandole i lunghi capelli corvini.