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Autore: Ludos98    29/07/2016    1 recensioni
La Dimensione Magica si trova a un punto di rottura, e c'è soltanto un modo per ripristinare l'ordine e scacciare le forze del male. Eppure, a volte, un desiderio ci trascina in situazioni più grandi di noi. L'anticonformista Musa verrà catapultata in un mondo a lei estraneo, e, si renderà conto, che, tutto ciò in cui ha creduto, tutto ciò che ha sempre pensato, non è assolutamente vero.
Dal testo:
"-Voglio essere diversa, un po’ speciale. [...] Voglio che qualcuno mi ami per ciò che sono, e non per quello che rappresento. Voglio trovare un posto in cui sentirmi straordinaria, e soprattutto non voglio restare in uno dove sono obbligata ad essere ordinaria, per via delle circostanze."
Genere: Angst, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Musa, Riven, Stella, Valtor, Winx
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Chapter 4: The Prophecy of the Phoenix
Passato, presente e futuro.
Sono sufficienti a determinare lo scorrere inesorabile del tempo?
Io dico di no.
Come affermava il filosofo Agostino,
il passato è già avvenuto,
il presente si trasforma subito in passato
e il futuro deve ancora arrivare.
Quindi, cos’è che definisce una persona?
Melody, molti anni prima
Tanto tempo fa, quando la Dimensione Magica non era ancora stata spezzata dalla Guerra Oscura, nel pianeta di Melody regnava la pace.
Si trovava nell’orbita più lontana dell’Universo Magico, il cui centro era rappresentato dal regno di Solaria, e sorgeva sulle sponde di un fiume, chiamato Armonia. Difatti, era ciò che si percepiva in ogni angolo del reame: gli abitanti sembravano allegri, spensierati, rilassati, e non litigavano mai tra di loro.
Questo avveniva, poiché Melody racchiudeva il potere della musica.
Gli altri pianeti lo deridevano spesso, considerandolo inutile, rispetto a Domino, il quale possedeva la magia del fuoco, o Zenith, il regno tecnologico, che aveva permesso la modernizzazione della specie. Eppure, soltanto gli ingenui avrebbero potuto sottovalutarlo.
La musica era la lingua universale del mondo, in grado di unire o separare le persone, a seconda delle circostanze. Per fortuna, gli umani lo avevano capito. Infatti, sulla Terra, la musica accompagnava i mortali nei loro momenti migliori, come in quelli peggiori, trasformandosi in una perfetta confidente, capace di offrire ottimi consigli, attraverso un semplice testo.
Inoltre, all’epoca, il pianeta di Melody stava attraversando un periodo di fioritura, perché il nonno di Musa governava, e la storia magica lo avrebbe sempre ricordato come un sovrano severo ma giusto.
All’ombra di un acero giapponese dalle foglie rosse, dato che l’autunno era alle porte, e sotto al quale sarebbe stata sepolta molti anni dopo, sedeva composta la principessa Wa-nin.
Lunghi capelli blu marino le ricadevo sciolti sulle spalle, sebbene alcune ciocche fossero appuntate con dei fermagli, i quali tenevano ferma la coroncina di fiori che indossava. Aveva una pelle candida, tendente al rosa, che la faceva sembrare delicata, quindi nessuno avrebbe potuto prevedere per quale ragione si trovasse lì.
-Indovina chi sono?! – domandò una voce maschile, arrivando alle sue spalle, sorprendendola, e poggiandole le mani sugli occhi. Wa-nin l’avrebbe riconosciuto tra mille, di conseguenza gli afferrò delicatamente i polsi, allontanandoli dal suo viso, sorrise, si voltò e gli stampò un bacio sulle labbra.
Lei gli cinse il collo con le braccia, lasciandosi trasportare dall’eccitazione che quello scambio di effusioni le stava provocando, diventando sempre più acceso, mentre lui le accarezzava la schiena nuda.
Le loro lingue si incontrarono, iniziando a danzare insieme, in perfetta sintonia, e lasciando intendere che i due bramavano di poter passare alla fase successiva. Purtroppo, ciò non poteva accadere, poiché Wa-nin era una reale, mentre il ragazzo un semplice apprendista mago. Infatti, avevano una relazione segreta da mesi ormai, e solevano incontrarsi sotto quell’albero, che si era tramutato nel loro posto.
-Devo fermarmi, perché non ti potrò soltanto baciare, se indossi quel vestito. – si allontanò, col fiato corto, e alludendo all’abito bianco, il quale era simbolo di castità, che la principessa indossava. Wa-nin alzò gli occhi al cielo, poi accennò una risata, divertita. Successivamente, si sedette sulle sue ginocchia, intenzionata a metterne a dura prova la forza di volontà. Il volto del mago si indurì, sottolineando il mento spigoloso e le sopracciglia violacee, aggrottate. Eppure, l’espressione seria non durò molto, soprattutto perché lei gli rivolse uno sguardo al quale era impossibile resistere.
-Perché ci hai messo tanto? E’ quasi l’ora del tramonto, e sai che devo tornare al castello. – finse di rimproverarlo, fissando quegli occhi azzurri come il mare che lo contraddistinguevano, nonostante il tono alterato non le si addicesse. Il Palazzo Reale si trovava al di là delle case adiacenti al fiume, nel cuore della Foresta Melodica. Il re lo considerava una roccaforte inespugnabile, sebbene Wa-nin si sentisse oppressa, ogni qual volta che si aggirava per i corridoi. Forse, perché non poteva esprimere il proprio amore alla luce del sole.
Ma quella sera sarebbe cambiato tutto. O almeno, così pensava.
-Mi dispiace, mia signora, Saladin mi ha trattenuto. – un brivido percorse la schiena della principessa, nell’udire quell’appellativo. Adorava quando la chiamava così. Poi annuì con il capo, comprendendo e giustificando il ritardo del ragazzo. Il padre, Saladin, era uno dei maghi più potenti dell’intera Dimensione Magica. Faceva parte della Compagnia della Luce, un circolo ristretto che professava la magia bianca, ed era stato entusiasta, nel momento in cui il figlio gli aveva comunicato di volersi specializzare nella sua materia di competenza. Quindi, i due erano partiti, per recarsi a Melody, e iniziare l’apprendistato in uno dei luoghi più armoniosi di sempre. Tuttavia, Saladin non avrebbe potuto prevedere che il suo rampollo si innamorasse. – Ma nulla poteva tenermi lontano da te. Mi manchi come l’aria, quando non ci sei.
Le loro bocche si unirono in un altro bacio appassionato, e fu come tornare a respirare. Anche Wa-nin ne sentiva la mancanza, e ormai non si accontentava più di condividere tali momenti, nascosti dal resto del mondo.
Ben presto, il capo del ragazzo si spostò sul collo della principessa, iniziandolo a baciare dolcemente. Lei inclinò la testa all’indietro, in preda all’eccitazione, e socchiuse gli occhi, appagata, mentre giocherellava con alcune ciocche dei suoi capelli corti color biondo cenere.
Le umide labbra del mago raggiunsero la scollatura del vestito, mentre lei si ritrovò a cingergli la vita con entrambe le gambe, percependo un rigonfiamento nei suoi pantaloni. La voleva, più di ogni altra cosa al mondo, e, se lei non l’avesse fermato, l’avrebbe posseduta su quello stesso albero.
Purtroppo, il rintocco delle campane interruppe la magia.
I due ragazzi sobbalzarono, tornando alla realtà. Tale suono indicava l’arrivo imminente del tramonto, e, di conseguenza, del Saluto al Sole, un canto eseguito quotidianamente dalle Ninfe della Musica. Quando era bambina, lo trovava uno spettacolo affascinante, poiché vedeva queste bellissime donne che cantavano al galoppo di cavalli alati.
Al momento, odiava l’armonia del regno, dato che aveva interrotto la sua pomiciata.
-Vieni al ballo, stasera, e dirò tutto a mio padre. – lo invitò lei, mentre recuperava il fiato e si sistemava le pieghe del vestito. Musa le assomigliava moltissimo. Il mago rimase sorpreso, poiché, infondo, la figura del nonno lo spaventava. Non osava immaginare quale sarebbe stata la sua reazione, all’udire che sua figlia aveva avuto una storia clandestina per tutti quei mesi. Eppure, ci erano dentro insieme, e, se lei riteneva che fosse giunto il momento di dirlo al mondo, l’avrebbe seguita in ogni caso. – Lui capirà, e poi potremo sposarci.
Ne avevano parlato innumerevoli volte, e, purtroppo, senza una cerimonia riconosciuta dal Sommo Sacerdote del regno, non avrebbero potuto spingersi oltre un bacio. Ormai era palese quanto entrambi si desiderassero, e, sebbene i pensieri perversi di qualche istante prima, lui la rispettava e l’amava così tanto da aspettare il matrimonio.
Certo, avevano solo 20 anni e al giorno d’oggi risulterebbe strano, ma, all’epoca, principi e principesse solevano sposarsi giovani. Inoltre, era nata subito un’intesa tra i due.
-Sei sicura? Insomma, non vorrei morire per mano del re. – la sicurezza mostrata nei confronti della principessa, mentre si stavano baciando, era svanita. Adesso, la sua espressione evidenziava quanto fosse spaventato e ciò la divertiva.
Si avvicinò a lui, stringendogli calorosamente le mani, per trasmettergli pace e serenità, mediante l’energia della musica. Tale abilità rientrava nei suoi poteri. Ci riuscì, poiché il ragazzo si rilassò.
-Io ti amo, e voglio passare il resto della mia vita con te. – ammise, mantenendo lo sguardo fisso nei suoi occhi azzurri. Wa-nin pensava che non avrebbe mai conosciuto il vero amore, e che si sarebbe sposata per dovere. Invece, il mago aveva fatto irruzione nel suo cuore, stravolgendole l’esistenza. D’altro canto, lui riteneva che non fosse degno di meritare quell’amore, ma vederla lì, fiera dei propri sentimenti, gli faceva quasi credere il contrario. - Non mi interessa né di mio padre, né della legge. Non permetterò a nessuno di separarci.
La determinazione della principessa eliminò qualsiasi dubbio presente nel cervello del mago, il quale sorrise, entusiasta all’idea del futuro che li attendeva: lui avrebbe terminato l’apprendistato, poi si sarebbero trasferiti nel Castello della Nota, costruito appositamente per Wa-nin, governando insieme il regno.
Chissà, magari avrebbero anche avuto dei figli.
-Va bene, mi hai convinto.
Lei lasciò la presa, e iniziò ad incamminarsi verso il castello, mentre Mark prese la strada opposta.
Sì, quello era il suo nome.
 
Alfea, presente
-Se continui a truccarti in questo modo, non ti riconoscerà più nessuno. – affermò divertita Musa, la quale era sdraiata sul letto di Stella. Aveva trascorso la maggior parte del tempo insieme alla fata del Sole e della Luna, nelle ultime due settimane. Il giorno del suo compleanno le aveva promesso che ci sarebbe sempre stata per lei, e la ragazza dai capelli blu manteneva la parola data.
Difatti, erano esattamente 14 giorni che Stella non abusava di sostanze stupefacenti.
Musa l’aveva supportata durante le prime notti, in cui si svegliava urlando, desiderosa di drogarsi. Inoltre, tentava di non perderla mai di vista, poiché temeva che potesse cedere. Di conseguenza, dormiva molto più frequentemente nella sua stanza che nella Meringa.
Un’altra ragione, che giustificava tale decisione, era dovuta dal fatto che nella camera di Musa si trovasse la profezia, e la fata novella non si sentiva ancora pronta ad affrontarla. Di solito, ciò che la contraddistingueva era il coraggio, ma, in quella situazione, aveva intuito che si trattasse di qualcosa che non poteva affrontare da sola.
Quindi, avrebbe chiesto aiuto all’unica persona che conosceva perfettamente la storia dell’intera Dimensione Magica: Faragonda.
-Nuovo anno, nuova vita. – rispose decisa la principessa di Solaria, mentre ripassava il mascara per l’ennesima volta, riportando l’amica alla realtà e ricordandole un antico detto terrestre, che la fece sorridere. Guardò la sua immagine riflessa nello specchio, e si sistemò i capelli, fiera del risultato ottenuto. – Poi, ci saranno anche gli Specialisti al discorso di Faragonda e, avendo superato la fase Brandon, questa ragazza non vede l’ora di tornare in pista.
Se Musa l’avesse conosciuta due anni prima, avrebbe riso, poiché quella battuta rientrava nel repertorio della fata del Sole e della Luna. Eppure, molte cose erano cambiate da allora, e, sebbene si sforzasse di andare avanti, forse non l’avrebbe mai dimenticato davvero. Infondo, lo Specialista era il suo primo amore.
-Hai superato la fase Brandon, davvero?! – la canzonò, mettendosi a sedere e fissandola perplessa, dato che aveva capito che l’amica stesse mentendo. Stella si voltò, alzando gli occhi al cielo, annoiata. Tale comportamento lunatico, derivava dalla polvere di fata: infatti, nonostante la pelle avesse riacquistato un colorito roseo, le emozioni erano ancora imprevedibili. Odiava tutto ciò, ma cercare di non drogarsi risultava sempre più difficile. Allo scoccare del 15esimo giorno, avrebbe ricevuto la prima moneta della riabilitazione, ma la principessa di Solaria non sapeva se sarebbe stata in grado di resistere un’altra giornata. Musa l’aveva convinta a frequentare riunioni per persone con delle dipendenze, accompagnandola qualche volta, ma non poteva offrire maggiore contributo, se non era Stella la prima a crederci. – Quindi, non sei curiosa di sapere cosa stava per dirti alla festa, prima che tu lo interrompessi bruscamente.
Stella sbuffò, poi afferrò la cipria e un pennello dalla sua make-up collection e si sedette sul letto, di fronte alla fata novella. Forse, in cuor suo desiderava saperlo, ma doveva convincersi del contrario, per poter andare avanti.
-Non sono io quella che ha perso le staffe senza motivo, allontanando Riven e fingendo che non ti importi. – la punzecchiò, eludendo l’affermazione precedente, e applicandole la cipria sul viso, per conferire maggiore colorito alla sua carnagione candida. Musa non apprezzò tale gesto, poiché detestava truccarsi. Inoltre, riteneva che la principessa di Solaria non fosse la persona più adatta a giudicare la situazione, considerato che si era categoricamente rifiutata di affrontare Brandon. Oltre a ciò, una sensazione di gelosia le invase tutto il corpo, dato che la relazione tra Stella e Riven le sembrava sospetta, soprattutto dopo la scena a cui aveva assistito al compleanno della fata del Sole e della Luna.
-E’ uno zero a sinistra per me. – rispose indispettita, scrollando le spalle, facendo una smorfia con la bocca e scansando con un gesto della mano il pennello. Infondo, Musa sapeva di aver sbagliato, ma era troppo orgogliosa per ammetterlo. Difatti, nelle ultime due settimane, aveva evitato Riven come la peste. Temeva che, se lo avesse cercato nel momento del bisogno, lui le avrebbe riso in faccia. Aveva tutte le ragioni per farlo, considerato come si era comportata nei suoi confronti.
Eppure, le mancava.
Le mancava sistemare la Meringa insieme, punzecchiarlo e averlo sempre intorno. Non sapeva niente di lui, però era come se una forza esterna li avesse spinti l’uno verso l’altra, portandoli a incontrarsi e, inevitabilmente, a scontrarsi.
Che si trattasse del Fato?
Oppure il Destino?
No, lei non credeva a tali sciocchezze.
Sebbene fosse una fata, e avesse accettato la suddetta condizione, si riteneva ancora una persona razionale. Tuttavia, avrebbe scoperto presto ciò che la legava a Riven, e sarebbe rimasta piacevolmente sorpresa da tale rivelazione.
-Capisco. – disse infine Stella, comprendendo che la ragazza dai capelli blu non volesse parlarne. Era curioso il fatto che riuscissero a risolvere i problemi sentimentali altrui, ma non i propri.
Comunque, la fata degli astri era decisa a mettere una pietra sopra la relazione con Brandon, e non le importava quanto tempo ci avrebbe impiegato. Purtroppo, non poteva sapere, che lui non gliel’avrebbe permesso.
Lo Specialista rappresentava la sua cura e il suo veleno, però, gliene aveva perdonate fin troppe e adesso era giunto il momento di voltare pagina.
-Stella, Musa muovetevi! Faragonda sta per fare il suo discorso! – sbraitò una voce dalla sala comune. Apparteneva a Bloom, ovviamente. Un altro avvenimento importante delle ultime settimane era stato l’ingresso ufficiale di Musa nel Winx Club. Non che la fata novella avesse fatto i salti di gioia, ma per tenere d’occhio Stella, aveva accettato. Inoltre, Musa pensava glielo avessero proposto solo perché la Principessa di Solaria era la sua mentore.
Tempo dopo avrebbe capito che, in realtà, ciò era avvenuto per la tenacia, il coraggio, e il sarcasmo che la ragazza dai capelli blu possedeva.
-Non mi sento pronta. – ammise la fata del Sole e della Luna balbettando, e alzandosi di scatto dal letto, iniziando a camminare a ritroso, fin quando una sedia non la fermò. Le tremavano le mani, infatti la cipria e il pennello utilizzati qualche istante prima, caddero sul parquet. L’ansia che stava provando, derivava dall’astinenza, che la portava ad essere più instabile del solito. Lei era convinta che non avrebbe sopportato lo stress scolastico, e ciò che ne conseguiva, quindi preferiva evitare di affrontare il mondo esterno. – Non ce la farò.
Tuttavia, Musa non condivideva la stessa opinione.
L’amica era sfuggita alla sua vita per settimane, ormai, per cui la fata novella riteneva che fosse giunto il momento di scendere nell’arena, fronteggiare i leoni, e ricevere gli applausi da parte del pubblico. Certo, nella sua situazione non sarebbe stato facile uscirne vittoriosi, ma la ragazza dai capelli blu credeva in lei, poiché stava già dimostrando una forza di volontà inimmaginabile.
-Invece sì. – ribatté sicura di se l’altra, raggiungendo la mentore e stringendole le mani, affinché smettessero di tremare, e si tranquillizzasse. In quel frangente, un’altra persona avrebbe potuto definire Stella “debole”, ma Musa non la vedeva così. Difatti, lei sosteneva che, una volta superata tale situazione, sarebbe diventata più forte che mai. – Affronterai questa giornata, e la supererai, perché so che puoi farlo. Se c’è una cosa che ho imparato, da quando sono qui, è che sopravvivere è importante tanto quanto vivere.
La Principessa di Solaria fissò le loro mani unite, incrociò gli occhi della fata novella e annuì. Dietro a quel gesto, vi erano nascoste parole superflue, che non avevano il bisogno di essere pronunciate ad alta voce, poiché entrambe le conoscevano.
Quindi, Musa si incamminò verso la porta, con Stella al seguito, pronte per assistere al discorso di Faragonda, in onore del primo giorno di scuola del terzo anno.
 
Quando giunsero nella sala comune, assistettero a una scena piuttosto esilarante. Infatti, Bloom camminava frettolosamente per la stanza, mantenendo il telefono attaccato all’orecchio e aspettando una risposta che non sarebbe mai pervenuta. Nel frattempo, Flora e Tecna erano sedute sul divano rosa e la osservavano divertite.
-Sono passate due settimane, io non capisco! – sbottò, fermandosi di fronte alle amiche, e dando le spalle a Stella e Musa, poiché non le aveva sentite arrivare. La fata della Fiamma del Drago si riferiva ad Aisha, la quale, dopo il loro litigio, aveva deciso di tornare ad Andros, il suo pianeta natio, a tempo indeterminato. Inizialmente, la Principessa di Domino si era sentita destabilizzata, dato che lo aveva scoperto tramite un biglietto lasciatole dalla fata dei Fluidi, la stessa sera del compleanno di Stella. Poi, aveva provato rabbia, come in quel momento, perché Aisha si rifiutava di rispondere alle sue chiamate. Di conseguenza, si sentiva preoccupata, poiché temeva che le fosse accaduto qualcosa di terribile. In tal caso, non se lo sarebbe mai perdonato.
-Credo che tu conosca il motivo della sua partenza, Bloom. – affermò Flora, lanciandole uno sguardo allusivo, di una persona che sa più di quanto dice. Forse, si trattava proprio di quel caso. Infondo, la fata dei Fiori era una grande osservatrice, e, nell’ultimo anno, aveva notato come le due ragazze si preoccupassero sempre l’una dell’altra. Una preoccupazione che superava l’amicizia, lasciando intendere altro. Inoltre, non avrebbe mai dimenticato la reazione folle che Aisha aveva avuto, quando Bloom era stata rapita da Lord Darkar.  Quindi, stava aspettando pazientemente che si confidassero con lei, perché era loro amica e avrebbe capito. – Penso che tu debba lasciarle un po’ di spazio, e, quando si sentirà pronta, tornerà.
La Principessa di Domino la guardò perplessa, ma non ebbe il tempo di ribattere, perché, seguendo lo sguardo di Flora, si accorse dell’arrivo di Musa e Stella.
-Oh bene, siete qui. – disse in tono annoiato, riponendo il telefono in una tasca della gonna e indossando nuovamente quella maschera di superiorità, che teneva a distanza chiunque. – Possiamo andare?
Le altre annuirono e si avviarono verso l’uscita, curiose di affrontare una nuova giornata, la quale si sarebbe rivelata grande, ma non nella maniera in cui tutti si aspettavano.
 
Nel frattempo, una navicella di Fonterossa volava alta nel cielo azzurro, dirigendosi verso Alfea, in occasione del discorso di Faragonda.
Fate e Specialisti condividevano un legame indissolubile da secoli, di conseguenza non risultava affatto strano che presenziassero alle rispettive cerimonie importanti.  
Come il primo giorno di scuola del terzo anno, per esempio.
Inoltre, poiché la Dimensione Magica si trovava sul piede di guerra, in procinto di scoppiare e rivelarsi la peggiore di tutti i tempi, gli Specialisti si recavano lì per conferire maggiore protezione alle fate.
I Maghi erano esclusi da tale intervento, perché il loro aiuto veniva considerato utile solo durante le battaglie. Difatti, controllare la magia degli elementi richiedeva un allenamento costante.
-Su con la vita, amico! – esclamò Brandon, dando una pacca sulla spalla di Riven, distogliendolo dai suoi pensieri. I due ragazzi erano capitati nella stessa stanza all’inizio del loro apprendistato, e da quel momento non avevano smesso di essere amici.
Sebbene avessero caratteri opposti, insieme formavano una squadra imbattibile. Forse, proprio questo rappresentava il loro punto di forza. Certo, Brandon era lo scudiero di Sky, ma in caso di necessità, non avrebbe rivolto a lui la sua lealtà. – Cambia questa faccia!
Lo Specialista lo squadrò irritato, mostrando la solita espressione che utilizzava per non lasciar trasparire le sue emozioni. Stava pensando a Musa, al fatto che non l’avesse né vista né sentita per due settimane, e, sebbene all’inizio fosse rimasto ferito dall’atteggiamento isterico di lei, adesso cominciava a temere che non volesse rivederlo mai più. Infondo, da quando gli avevano affidato il compito di proteggerla, aveva già rischiato la vita una volta. Avrebbe compreso, se avesse richiesto un altro Specialista come guardia del corpo.
Quindi, poiché riteneva che la miglior difesa fosse l’attacco, avrebbe fatto lui la prima mossa, per evitare di restare coinvolto, rispetto a quanto già non era.
-Non posso, questa è la mia faccia. – rispose scrollando le spalle, facendo una smorfia con la bocca e provocando ilarità nell’amico, il quale sorrise divertito. Anche il ragazzo dai capelli castani era sovrappensiero, teso all’idea di incontrare Stella, dopo la loro ultima conversazione. Sapeva di essersi comportato malissimo nei suoi confronti, e voleva rimediare. Le motivazioni per cui l’aveva lasciata erano serie, di conseguenza sperava di poterle fornire una spiegazione.
Tuttavia, aveva paura che non sarebbe mai avvenuto.
-Musa non mi parla da due settimane, e non so cosa fare affinché la situazione migliori. – Riven raramente esternava quello che provava, però Brandon era il  suo migliore amico, e poteva fidarsi, sapendo che non l’avrebbe mai raccontato a nessuno. – Ma tu dovresti essere felice, vedrai Stella.
Brandon sospirò, appoggiando la testa al sedile sul quale si trovava, equipaggiato, pronto per affrontare qualsiasi evenienza. Il compagno di stanza non era a conoscenza degli ultimi avvenimenti, e le ragioni per cui non gliel’aveva detto c’entravano con il loro passato, perché temeva che potesse ripetersi.
-Ci siamo lasciati il mese scorso. – disse mestamente, poiché ammettere ad alta voce di averla mollata per telefono, rendeva tale azione ancora più vile. Se Riven non avesse avuto la cintura di sicurezza allacciata, si sarebbe alzato, adoperando una delle tante armi che indossava, per ferirlo nel peggior modo possibile.
Stella era una delle persone a cui teneva di più al mondo, quindi non voleva che soffrisse per gli atteggiamenti immaturi dello Specialista.
Era già accaduto in passato, e l’immagine di Stella strafatta di polvere di fata, che ballava su un tavolo, perseguitava ancora i suoi incubi.
Sbatté le palpebre, per allontanare quel terribile ricordo.
-Cosa?! Sei pazzo?! – esclamò sorpreso, e al tempo stesso indignato. Aveva sempre pensato che Brandon e Stella fossero una di quelle coppie che sarebbero state insieme tutta la vita. Erano perfetti l’uno per l’altra: sebbene si prendessero in giro la maggior parte del tempo, provavano entrambi un sentimento di totale rispetto, lealtà e amore, che raramente Riven aveva visto tra due persone. Inoltre, non l’avrebbe mai ammesso, ma sperava di provare un affetto del genere nei confronti di qualcuno, un giorno. Tuttavia, chi si sarebbe innamorato di un ragazzo scontroso? – Perché hai rotto con lei?
Nonostante fossero migliori amici, Brandon preferiva non parlare della fata del Sole e della Luna con lui. Poi, in tale situazione, non poteva proprio farlo, altrimenti avrebbe messo a repentaglio la sua sicurezza e quella di Stella.
Ovviamente, non voleva che le accadesse qualcosa.
-Avevo le mie ragioni, non sono affari tuoi. – affermò schietto, eludendo la domanda. C’era una politica di tacito accordo tra i due Specialisti: se uno di loro pronunciava la suddetta frase, l’altro doveva evitare di chiedere. Eppure, Riven si sarebbe sempre sentito coinvolto e non poteva non esprimere la propria opinione. – Stella non è più un tuo problema.
Sembrava che Brandon stesse marcando il territorio, o almeno il ragazzo dai capelli color vinaccia percepì ciò dal tono della voce. Ogni tanto lo Specialista si illudeva che l’amico l’avesse perdonato per gli errori commessi in passato, ma infondo sapeva, che tali azioni l’avrebbero definito fino alla fine dei suoi giorni. Gli altri l’avrebbero sempre visto come il traditore che ha messo in pericolo la vita dei suoi amici.
-Lo so questo. Ma ti ricordi cos’è successo l’ultima volta che l’hai ferita? – domandò in maniera retorica l’altro. Certo, Brandon lo ricordava. Infatti, interruppe il contatto visivo, e Riven comprese di aver scaturito una reazione in lui. Entrambi avevano commesso degli errori, però, forse, quelli di Brandon erano peggiori dei suoi. Lo Specialista dai capelli castani aveva amato Stella tanto quanto l’aveva distrutta e, sebbene lei l’avesse perdonato, tali azioni avrebbero sempre incrinato il loro rapporto. – Spero davvero che tu abbia avuto una buona ragione, altrimenti farò qualcosa.
Brandon accennò una risata, ma non perché avesse trovato dell’ironia nell’affermazione dell’amico. Infatti, lui riteneva che quell’interessamento fosse del tutto fuori luogo e non richiesto. Insomma, Riven aveva affermato molte volte di essere andato avanti!
Eppure, lo Specialista dai capelli castani non sapeva che volere bene a una persona fosse un lavoro a tempo indeterminato.
-E’inutile e lei non significa più niente per te, quindi stanne fuori. – sentenziò, guardandolo fisso negli occhi e aggrottando le sopracciglia, con fare intimidatorio. Ma Riven lo conosceva, e non si lasciò intimorire dalle sue false minacce. Infondo, lui aveva visto di peggio.
Di conseguenza, rispose:
-Lei significherà sempre qualcosa per me.
Il passato è un’arma a doppio taglio,
che potrà sempre essere utilizzata contro di noi.
Poiché è già successo,
e non importa quanta strada tu abbia fatto da allora.
Sarai sempre giudicato per gli errori commessi in passato.
  
 
Musa non l’avrebbe mai affermato ad alta voce, ma si sentiva emozionata all’idea di un nuovo anno scolastico. Certo, per lei era già iniziato settimane prima, in quanto le allieve del suo corso avevano cominciato le lezioni precedentemente. Però, quel giorno percepiva l’agitazione nell’aria, quindi decise di lasciarsi coinvolgere da tutta quell’eccitazione che le altre fate stavano provando, e di sorridere.
Sorriso che scomparve, quando giunse al portico del cortile, insieme alle Winx, e vide Riven. 
La paura, i dubbi e i timori che aveva nutrito nei confronti del ragazzo dai capelli color vinaccia, tornarono a galla, paralizzandola. Non si aspettava di trovarlo lì, appoggiato ad una colonna, a braccia conserte, con il suo solito sguardo accigliato.
Ecco, probabilmente il fatto che non fosse cambiato per niente  dall’ultima volta che l’aveva visto, le diede un po’ di sollievo.
Infatti, il cuore riprese a battere in maniera regolare, e il respiro si stabilizzò.
Eppure, non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Temeva di essersi dimenticata che aspetto avesse, invece, osservandolo, ricordava ogni piccolo particolare: le sopracciglia aggrottate, le iridi viola ipnotiche, i capelli accuratamente acconciati. Inoltre, notò che i suoi muscoli erano in tensione, di conseguenza capì quanto dovesse sentirsi a disagio in quella situazione.
Riven soleva costruirsi un’armatura per allontanare il resto del mondo, affinché nessuno potesse ferirlo, e Musa avrebbe imparato nel tempo a intrufolarsi al suo interno, per capire cosa celasse.
La fata novella percepiva che le Winx si erano riunite con i loro rispettivi fidanzati, i quali affiancavano Riven, ad eccezione di Stella, che stava ignorando Brandon, ma lo Specialista aveva completamente catturato la sua attenzione. Difatti, si domandò quali pensieri stessero vagando nel cervello del ragazzo, poiché lo sguardo catartico era ricambiato.
Ultimamente, Musa si era chiesta come mai provasse tali emozioni contrastanti, dalla rabbia violenta alla gioia pura, alla vista di Riven.
No, non aveva ancora trovato una risposta.
Comunque, stabilì che, l’unico modo per comprenderlo, era sotterrare l’ascia di guerra.
Tuttavia, prima che la ragazza dai capelli blu potesse agire, fu colta di sorpresa dalla preside Faragonda, la quale apparve sulla scena, seguita da una figura minuta, facendole perdere la concentrazione.
L’uomo era di bassa statura, aveva lunghi capelli grigi, che rispecchiavano il colore degli occhi e delle sopracciglia, e indossava un abito sui toni del beige. In mano teneva uno scettro, la cui forma ricordava la creatura mitologica del dragone cinese.
Forse, nella Dimensione Magica esistevano persino i draghi.
Era curiosa di scoprirlo.
-Musa, permettimi di presentarti Saladin, il preside della scuola di Fonterossa. – ruppe il ghiaccio Faragonda, usando il timbro pacato della voce, che la contraddistingueva. Se avesse dovuto definirla, probabilmente la fata novella avrebbe detto “la calma al centro dell’uragano”. Rappresentava un punto di riferimento per ogni allieva di Alfea, perché ispirava fiducia. L’anziana donna la invitò ad avvicinarsi al mago con un gesto della mano, che lei seguì. – Saladin, lei è Musa, una fata del primo anno molto dotata.
La ragazza dai capelli blu sorrise imbarazzata, poiché non riteneva di essere all’altezza di altre fate.
Come Stella, per esempio.
Il preside Saladin le porse una mano, che lei strinse, dimostrandosi la brava bambina educata, che suo nonno aveva cresciuto. Se Faragonda le trasmetteva sicurezza e tranquillità, il mago faceva l’opposto, mettendola a disagio con quello sguardo arcigno, che tentava di mascherare attraverso un sorriso falso. Adesso comprendeva il motivo per cui gli Specialisti, in particolare Riven, erano diventati incredibilmente seri all’arrivo dell’uomo.
-E’ un piacere conoscerti, Musa. – pronunciò il suo nome con una voce viscida, che le provocò un brivido lungo la schiena,  riconfermandole quella sensazione di inquietudine, provata qualche istante prima. Eppure, nessun’altro sembrava essersene accorto, per cui finse di stare al gioco.
Saladin la osservò a lungo, e rimase stupito dalla somiglianza con Wa-nin, la madre di Musa. Si era ritrovato nella medesima situazione, ma in circostanze diverse, anni orsono.
L’ironia della sorte.
-Il piacere è mio, preside Saladin. – rispose la fata novella, allentando la stretta e riportando la mano lungo il fianco. Poi, si ricordò che doveva riferire assolutamente a Faragonda, quanto aveva scoperto grazie agli scatoloni inviatile dal nonno, soprattutto la profezia. Quindi, colse l’occasione per fuggire da quel contesto affatto rassicurante. – Preside Faragonda, posso parlarle un minuto?
La fata anziana stranamente s’irrigidì, poiché non si aspettava una richiesta così diretta da parte sua. Inoltre, anche lei doveva metterla al corrente della verità, prima che fosse troppo tardi e Musa smettesse di fidarsi della donna. Eppure, quello non era né il luogo né il momento adatto.
Quindi, tagliò corto, dicendo:
-Più tardi, Musa. La cerimonia di apertura sta per iniziare, e devo ripassare il mio discorso.
E si avviò verso il cortile, seguita dal preside Saladin, le Winx e gli Specialisti. Brandon tentò di approcciarsi nuovamente a Stella, la quale lo allontanò, raggiungendo le altre.
La ragazza dai capelli blu dubitava che una fata saggia e potente come lei avesse bisogno di prepararsi un discorso, ma preferì non indagare oltre.
Di conseguenza, tornò ad occuparsi del problema che l’affliggeva dall’inizio: Riven.
-Ciao. – lo salutò cauta. Non sapeva come approcciarsi a lui, dopo due settimane di religioso silenzio. In effetti, non esisteva nulla di giusto o sbagliato che potesse dire per cominciare una conversazione. Aveva semplicemente pensato, che, se fosse stata lei la prima a rompere il ghiaccio, il loro rapporto sarebbe tornato quello di sempre.
Ovviamente Riven non gliel’avrebbe permesso.
Lo Specialista si sentiva ancora ferito nel profondo, per come era stato trattato alla festa di Stella, e non si sarebbe accontentato di un misero tentativo da parte della fata novella.
Doveva meritarsi il suo perdono.
-Ciao. – rispose freddo, mantenendosi sulla difensiva. Il ragazzo aveva interrotto la sua camminata non appena lei gli aveva rivolto la parola, e adesso la stava guardando di sottecchi. Infondo, l’aveva ammirata a sufficienza, trovandola radiosa e incantevole, quando era giunta nell’atrio. Eppure, tentò invano di allontanare quegli strani pensieri, poiché gli annebbiavano la vista, rendendolo meno lucido e impedendogli di seguire il piano.
Difatti, proseguì in direzione degli altri Specialisti, i quali non erano molto distanti dal portico, senza aspettare ulteriori affermazioni da parte di Musa, che, però, non tardarono ad arrivare.
-Secondo te cosa dirà Faragonda? – chiese ingenua la fata novella, accelerando il passo, per poterlo raggiungere e porsi al suo fianco. Non esisteva domanda più inutile, però la ragazza dai capelli blu era pur sempre orgogliosa e detestava scusarsi. Se solo qualcuno le avesse detto che con un semplice “mi dispiace”, avrebbe risolto ogni incomprensione.
Riven sorrise divertito, sebbene non trovasse alcuna ilarità nella richiesta della fata. Ciò che lo infastidiva, era la sua indifferenza. Avrebbe tollerato le urla e gli insulti, persino il fatto che non si fosse scusata, ma non il totale menefreghismo.
Credeva che Musa fosse diversa, invece aveva dimostrato di essere uguale a tutte le persone che lo circondavano: falsa, calcolatrice e superficiale.
Tuttavia, lo Specialista era stufo di sentirsi usato dalla gente secondo le loro necessità. Forse, doveva ricominciare a pensare a se stesso, come un tempo.
-Mi dispiace, non posso fornire la mia opinione. Infondo, sono solo la tua guardia del corpo. – concluse, mostrando un ghigno, che fece alzare gli occhi al cielo alla fata novella. Finalmente, Musa comprese a quale gioco stesse giocando e non ne era affatto contenta. Detestava chi utilizzava le sue stesse frasi, pronunciate in un momento di debolezza, contro di lei. Entrambi si fermarono, guardandosi in faccia per la prima volta dall’inizio della conversazione. La ragazza dai capelli blu capì dalla durezza del viso dello Specialista, che non si trattava di uno scherzo. Purtroppo, non ebbe modo di ribattere. – Se vuoi qualcuno che ti faccia da psicologo, trovatene un’altra.
In seguito se ne andò, raggiungendo gli altri Specialisti, lasciandola lì, scioccata, mentre cercava di assimilare quanto aveva appena ascoltato, che sembrava un licenziamento immediato.
Il presente sfugge dalle nostre mani,
e non possiamo controllarlo.
Spesso,
ci dimentichiamo persino di viverlo.
 
-Buongiorno, Fate di Alfea e Specialisti di Fonterossa, e grazie per essere qui oggi, in una giornata tanto importante quanto speciale per la nostra scuola. – esordì la preside Faragonda, avvicinandosi al microfono, che si trovava sul palco allestito per l’occasione. Alle sue spalle, c’era il corpo docente: l’ispettrice Griselda, il professor Palladium, Wizgiz, Avalon e Daphne, l’inquietante sorella di Bloom, che insegnava Storia della Magia. Le studentesse erano in piedi, suddivise in diverse file, e ascoltavano assorte le parole della loro direttrice. Alle Winx chiaramente avevano riservato un posto in prima fila, poiché erano alunne del terzo anno, e, soprattutto perché avevano già raggiunto la trasformazione Enchantix, fondamentale nella vita di una fata. Invece, Musa osservava la scena dal fondo del cortile, in quanto apparteneva ad un altro corso. – Sebbene le forze del male siano tornate, costringendoci ad attraversare tempi bui e difficili, è giusto ricordarsi di gioire per gli avvenimenti positivi che compongono la nostra esistenza: come il termine del cammino scolastico di una fata.
Gli Specialisti circondavano il giardino, e avevano il compito di sorvegliare e difendere le allieve, in caso di un attacco dall’esterno. Certo, c’era la barriera protettiva, ma non bisognava mai essere troppo prudenti durante una guerra magica. Musa non poté evitare di cercare Riven con lo sguardo, il quale occupava un posto di guardia insieme a Brandon nei pressi del portico, che pareva non ricambiare. Tuttavia, la ragazza dai capelli blu non sapeva che posava gli occhi su di lei, quando non prestava attenzione.
La confessione dello Specialista l’aveva sconvolta, e, nonostante provasse a concentrarsi sul discorso di Faragonda, quelle parole continuavano a ronzarle in testa, senza fermarsi.
-La trasformazione a cui aspirerete si chiama Enchantix. E’ sostanziale che voi la raggiungiate, perché accrescerà i vostri poteri, permettendovi di utilizzarne di nuovi, come la polvere di fata. – proseguì l’anziana donna, ottenendo la concentrazione massima dai suoi spettatori. Infatti, persino le compagne di classe di Musa fantasticavano su quanto sarebbe stato fantastico diventare una fata Enchantix. Al contrario, lei si sentiva spaventata all’idea. Temeva di non essere all’altezza di un potere così immenso, e considerato come la polvere di fata aveva ridotto Stella, non moriva dalla voglia di provarla. – Però ricordate: da un grande potere, derivano grandi responsabilità. Infatti, per raggiungere questo livello, dovrete compiere un sacrificio nei confronti di un abitante proveniente dal vostro pianeta d’origine.
Musa iniziò a riflettere su chi avrebbe potuto salvare in circostanze disastrose: di sicuro, non Andy o la sua combriccola, dopo ciò che le aveva fatto. Poi, realizzò che, l’unica persona per cui avrebbe rischiato la vita, era proprio il nonno.
Nutriva un amore e un totale rispetto nei confronti dell’ex-sovrano di Melody, e, sebbene si fosse abituata a vivere nella Dimensione Magica, le mancava ogni giorno terribilmente.
-Per fortuna, abbiamo già delle fate Enchantix tra di noi, - affermò Faragonda, indicando le Winx, e lanciando uno sguardo allusivo a Bloom, poiché aveva notato l’assenza ingiustificata di Aisha. La Principessa di Domino scrollò le spalle, fingendosi sorpresa. – che avranno l’opportunità di perfezionare le loro abilità magiche, e ricevere, al termine dell’anno scolastico, il titolo di Guardiane.
Una folata di vento contaminò il momento idilliaco che il discorso di Faragonda aveva creato. Musa aggrottò le sopracciglia, sospettosa.
La barriera protettiva non doveva forse evitare anche l’intrusione dei fenomeni atmosferici?
Purtroppo, non ebbe modo di trovare una risposta, poiché un fulmine comparve dal nulla, colpendo la barriera e spaventando i presenti, i quali sussultarono.
Il cielo, fino a qualche istante prima limpido e sereno, fu coperto all’improvviso da una moltitudine di nuvole grigiastre, portatrici di pioggia. Su una di esse apparve un marchio violaceo, la cui forma peculiare sembrava la sovrapposizione di un cerchio e delle ali di qualche grottesca creatura.
Quattro figure lo attraversarono, palesandosi sopra la barriera protettiva del college di Alfea, e Musa dovette trattenere un grido, poiché riconobbe le ragazze che avevano attaccato lei e Riven nei vicoli di Magix il mese precedente. Di conseguenza, comprese che quella vicenda non si sarebbe conclusa nel migliore dei modi.
Stella l’aveva messa in guardia, confessandole che si trattava delle Trix, tre sorelle streghe, che erano state cacciate da Torrenuvola, perché assetate di potere. Si chiamavano Icy, Darcy e Stormy, e per la fata novella non fu complicato capire a chi appartenesse ogni nome. Infatti, le streghe avevano l’iniziale cucita sulle loro tutine aderenti.
In passato si erano scontrate in più occasioni contro Winx e Specialisti, accumulando sconfitte, quindi Musa non fu affatto sorpresa di vederle lì, al fianco di un nuovo nemico.
-Mi dispiace interrompere, ma il tuo discorso non era così interessante. – commentò sprezzante l’uomo circondato dalle Trix, incrociando le braccia al petto e sorridendo sornione.  Uno stupore generale si levò tra la folla, non appena l’imminente minaccia aprì  bocca, poiché dovevano averlo riconosciuto. Invece, la ragazza dai capelli blu non sapeva chi fosse, per cui si limitò a studiarlo, in caso si arrivasse allo scontro diretto.
Aveva lunghi capelli biondo cenere, i quali ricadevano disordinati sulla giacca bordeaux che indossava, una carnagione pallida, tendente al grigio, e degli occhi azzurri come il mare in una giornata di sole. Il suo look elegante, composto anche da pantaloni abbinati e un paio di stivali in pelle, lo resero una figura ancora più enigmatica agli occhi Musa.
Si era sempre immaginata i cattivi della storia come mostri spaventosi ( tra questi: vampiri, lupi mannari, morti viventi), mentre, se lo avesse incontrato per la strada, non l’avrebbe scambiato come tale.
-Valtor! – esclamò furiosa la preside Faragonda, socchiudendo gli occhi, stringendo i denti e mettendosi in una posizione difensiva, assomigliando a una leonessa pronta a difendere i suoi cuccioli. Anche gli Specialisti si prepararono a combattere, poiché sguainarono le spade.
Quindi, quello era il suo nome.
La fata novella stabilì che gli si addiceva, considerato l’aspetto esteriore.
-E’ facile parlare, - proseguì, sicuro di se, catturando l’attenzione di tutti, e nutrendosi della paura che aleggiava nell’aria. – però mi piacerebbe vedere l’influenza di queste parole sulle tue allieve in un momento di crisi.
Mormorii impauriti si diffusero tra le fate di Alfea, e anche Musa cominciò a lasciarsi trasportare, provando una sensazione che ricordava. Durante lo scontro con le Trix a Magix, si era trovata al confine tra la vita e la morte, ci aveva camminato sopra, e Riven stava per finire dalla parte sbagliata. Il terrore che si era impossessato del suo corpo in quella situazione, la teneva ancora sveglia la notte, pertanto aveva giurato a se stessa di evitare che accadesse nuovamente.
Purtroppo, non fu accontentata.
-Non sei il benvenuto, perciò allontanati dalla mia scuola! – ruggì l’anziana donna, mettendo a tacere qualsiasi voce, e riconfermandosi il punto di riferimento che Musa ammirava. Sebbene l’intenzione fosse di intimidirlo e costringerlo ad andarsene, Faragonda non ci riuscì. Infatti, lo stregone cominciò a ridere di gusto, tenendosi il ventre, divertito da quei tentativi vani. Forse si aspettava qualcosa in più, che le minacce vuote di una vecchietta decrepita.
La fata novella non poté trattenersi oltre, e cercò con lo sguardo Riven: lui ricambiò e, con un cenno del capo, le trasmise la sicurezza di cui aveva bisogno per affrontare tale circostanza.
Ovviamente non osava muoversi, per passare inosservata, ma, se avesse potuto farlo, si sarebbe gettata tra le sue braccia. Non voleva darsi una spiegazione di quel desiderio assurdo, non durante un momento critico, necessitava solo un po’ di contatto umano.
Almeno è così che tentò di giustificarsi, senza convincere nessuno.
-Sai, mi ha reso molto triste il fatto di non aver ricevuto un invito. – proseguì Valtor, fingendosi offeso, e portandosi una mano sul cuore, che probabilmente non batteva da tempo, per enfatizzare la sua affermazione. Musa restò sbigottita dal repentino cambio di espressione facciale, e capì quanto fosse squilibrato quel tizio. – Infondo, un tempo facevo parte della vostra comunità.
Stavolta fu Faragonda a ridere, nonostante non ci trovasse nulla di divertente nelle dichiarazioni dello stregone. Invece, la ragazza dai capelli blu si domandò a cosa si riferisse la preside. Durante le lezioni di Storia della Magia non aveva mai sentito parlare di creature magiche rinnegate.
Esistevano gli Specialisti e i Maghi.
Chissà, forse quest’ultimi si convertivano in stregoni una volta tradito il gruppo.
-Sciocchezze, non ne hai mai fatto parte davvero. – puntualizzò lei, senza mai distogliere lo sguardo dall’uomo. Aveva raggiunto un’età, questo era vero, ma non avrebbe permesso a nessuno di attaccare la sua scuola. Si era guadagnata quel posto col sudore della fronte, e non avrebbe affatto deluso le sue alunne. – Perché sei qui, Valtor?
I presenti trattennero il fiato, aspettando trepidanti la risposta dello stregone, coscienti che non avrebbe migliorato la situazione. Difatti, Valtor percepì la loro tensione e decise di prendersene gioco: piegò il capo da un lato, osservando un punto indefinito nel cielo grigio, facendo così credere che stesse scegliendo le parole adatte da usare, quando già le conosceva.
-Voglio la cosa più preziosa che si trova in questa scuola. – decretò impassibile, spostando lo sguardo sul pubblico all’interno della barriera. Eppure, non incrociò mai quello di Musa, per cui la ragazza dai capelli blu si sentì sollevata. Tuttavia, tale sensazione non durò a lungo. – Vi concederò mezz’ora per capire di che si tratta, e per consegnarmela. In caso contrario, raderò al suolo Alfea sotto ai vostri occhi.
Così com’era apparso, scomparve nella nebbia, seguito dalle Trix.
Poiché lo scambio di battute tra la preside Faragonda e Valtor si era concluso, scoppiò un panico generale, e le persone iniziarono a urlare e a scappare, in preda alla paura. Musa rimase immobile, senza comprendere come dovesse reagire di fronte a quella reale minaccia. Infatti, fu strattonata diverse volte, fino a ritrovarsi a terra.
Quando toccò il suolo, il cervello ricominciò a trasmettere impulsi, e la fata novella divenne cosciente delle circostanze. Di conseguenza, si alzò, prefissandosi un unico obiettivo: trovare Riven.
Si fece largo tra la folla a gomitate e spintoni, per raggiungere il luogo in cui lui era di guardia. Sperava che fosse lì, anche se in cuor suo si stava maledicendo per averlo perso di vista.
Invece, contro ogni previsione, si imbatté in Faragonda, la quale, adoperando un tono convinto e ambiguo al tempo stesso, le disse:
-Qualsiasi cosa accadrà oggi, ricordati chi sei.
Poi sparì.
Musa non ebbe modo di elaborare l’informazione, perché il suo scopo era quello di ricongiungersi con Riven e formulare una soluzione per la follia che stavano vivendo. Quindi, riprese a cercarlo.
Si guardò intorno, ma, in mezzo alla confusione, non riusciva a scorgere nessun volto conosciuto. La fata novella non aveva mai avuto paura di rimanere sola nel corso della sua vita, anzi amava la solitudine e il silenzio che ne conseguiva, però, in quel momento, si sentì il cuore più pesante. Provò a scacciare le sensazioni spiacevoli, e si costrinse a proseguire.
Per fortuna, si scontrò contro una persona più alta di lei, che si rivelò essere Riven.
Quando alzò il capo, si ritrovò il viso dello Specialista a pochi centimetri dal suo, e fu un sollievo per entrambi. Lui non si sarebbe mai perdonato, se non l’avesse raggiunta. Sebbene il piano di vendetta che aveva deciso di attuare, restava pur sempre il suo guerriero e non avrebbe permesso a nessuno di ferirla, senza che potesse essere lì a difenderla.
-Dobbiamo trovare gli altri, ed elaborare un piano. – sentenziò Musa, allontanandosi ma non eccessivamente. Poi, volse lo sguardo verso il cielo, nel punto in cui era comparso Valtor. – Questo pazzo furioso non distruggerà la mia nuova casa.  
Il futuro è incerto, è attesa,
non possiamo prevederlo.
Forse,
è il motivo per il quale ci spaventa così tanto.
 
Melody
Ci fu un tempo, molti anni orsono, in cui il Palazzo Reale del Pianeta della Musica era noto in tutta la Dimensione Magica per i Balli che ospitava. Infatti, sul Corso Chiave di Violino, viale sul quale si ergeva l’imponente edificio, carrozze provenienti da ogni regno, attendevano di varcare i cancelli d’orati e lasciare fuori il mondo esterno.
Sebbene l’armonia che caratterizzava Melody, la reggia era stata costruita in uno stile molto simile al barocco, sviluppatosi sulla Terra, per evidenziarne la potenza politica, economica e giudiziaria.
Un’innumerevole quantità di finestre bifore illuminate ricopriva la facciata, fungendo inoltre da contrasto con l’intonaco rosso rubino che avvolgeva l’intera residenza. Nel susseguirsi dei secoli, ogni sovrano vi aveva apportato le dovute modifiche, poiché, agli occhi dei sudditi, l’aspetto del Palazzo Reale suggeriva la tipologia di governo che il Re avrebbe intrapreso. Difatti, il tutto era ornato di elementi architettonici sfarzosi, che circondavano finestre, infissi, colonnine.
Naturalmente, il regno del Nonno di Musa fu sempre ricordato come un periodo di massimo splendore per il Pianeta della Musica.
Purtroppo non durò a lungo.
Se l’esterno incuteva timore e rispetto nei confronti dello spettatore, l’interno raggiungeva apici di magnificenza, stupendo ogni volta gli ospiti dei regni lontani.
La Sala del Trono, dove si soleva tenere banchetti e ricevimenti, sorgeva su una pavimentazione in mosaico, il quale narrava vicende significative per la famiglia reale.
Colonne portanti in stile corinzio costeggiavano la vastità di finestre presenti nella stanza, che assumevano le più rare forme geometriche, affinché la luce potesse  infiltrarsi e rischiarare ogni angolo. Eppure, ciò che catturava l’attenzione dopo aver varcato la soglia, erano i lampadari: realizzati in vetro e decorati in oro, ne scendevano dal soffitto almeno una dozzina, risultavano perfetti per la maestosità del luogo.
Quella sera, gli invitati sembravano divertirsi, dato che la maggioranza stava ballando seguendo il ritmo della musica suonata dall’orchestra reale.
Invece, il sovrano di Melody si trovava in disparte, osservando la festa con aria pensierosa, mentre sorseggiava un drink. Per fortuna, perse tale abitudine nel corso degli anni.
Uno squillo di trombe interruppe le danze, attirando di conseguenza l’attenzione dei presenti, perché segnava l’arrivo della principessa Wa-nin.
La fanciulla apparve sulla scalinata in tutta la sua disarmante bellezza. Rivolse un candido sorriso ai sudditi, poiché così le era stato insegnato dai precettori, appoggiò le dita sul corrimano preparandosi a scendere e raggiungere il fianco del re.
Indossava un abito bianco a maniche lunghe, il quale sottolineava la sua purezza, ma permetteva anche di accentuarne le forme. Intorno ai polsi e alla fine del vestito c’erano dei particolari in oro, rosso e argento bianco che ricordavano il tema dell’intero castello.
I capelli blu marino le ricadevano lisci sulle spalle, sebbene qualche ciocca fosse appuntata grazie a dei fermagli ricoperti di brillantini.
-Wa-nin, figlia mia, sei incantevole stasera. – si complimentò il sovrano, porgendole una mano che lei strinse, facendo una riverenza in segno di saluto. – Tua madre sarebbe fiera di te.
Il Nonno adoperò un tono triste, in quanto la Regina era defunta da tempo. Quella ferita sarebbe sempre stata motivo di incomprensioni tra i due, perché un lutto non si supera, bensì ci si convive ogni giorno.
La principessa sorrise mesta, e voltò leggermente il capo in direzione degli invitati, cercando con lo sguardo Mark, il quale cercava di dissimularsi tra la folla, ignaro del fatto che lei l’avrebbe trovato ovunque. Infatti, quando incrociò i suoi occhi azzurri come il mare, un brivido le percorse la schiena, rammentandole ciò che era in procinto di fare.
-Padre, devo confidarti un segreto, e spero di rendere fiero anche te. – sussurrò, affinché soltanto il sovrano udisse le sue parole. Lui aggrottò le sopracciglia, ignaro di quello che la figlia volesse raccontargli. La fanciulla fece un respiro profondo, attese che l’attenzione delle persone si distogliesse da loro due, e si preparò a confessare l’amore clandestino che provava nei confronti dell’apprendista mago. Nel frattempo, Mark li stava osservando, e iniziò lentamente ad avvicinarsi alla scalinata, così da supportare e giungere in aiuto della principessa in caso di necessità.
Purtroppo, il Nonno colse tutti in contropiede.
-Oh sono sicuro che possa aspettare, adesso che sei qui è giunto il momento di fare un annuncio. – eluse la richiesta velata della figlia, la quale avrebbe voluto alzare gli occhi al cielo, seccata, per aver ricevuto un ennesimo rifiuto da parte sua, ma non lo fece. Il Re si rivolse agli invitati, catturandone nuovamente l’attenzione, gonfiò l’aria nei polmoni, preparandosi a comunicare una decisione che avrebbe cambiato tutto. – Signori e signore, sovrani di ogni regno della Dimensione Magica, amici, questa sera sono lieto di proclamare l’unione in matrimonio di mia figlia, Wa-nin, e il Principe degli Usignoli, Ho-boè.
Le vittime di un incidente affermano come ci sia un prima e un dopo nelle loro vite dopo la tragica vicenda, e niente sia più lo stesso. Tutto cambia, o forse siamo noi a cambiare?
Ecco, la dichiarazione del padre rappresentava esattamente questo.
La principessa avrebbe voluto gridare, dato che lui le aveva sempre promesso che si sarebbe sposata per amore, e non per dovere. Forse conosceva la verità e per tale motivo non le aveva concesso di parlare. Scelse di accettare quell’ipotesi, perché l’altra risultava troppo ripugnante e spregevole.
Eppure, sebbene fosse sconvolta, finse di stare al gioco e mostrò un sorriso falso, che scomparve non appena vide Mark lasciare la sala, incredulo quanto lei.
 
-Mark, aspetta! – Wa-nin lo raggiunse sulla terrazza in cui si era rifugiato, quando le congratulazioni per l’imminente matrimonio cessarono, permettendole di sgattaiolare fuori inosservata. Lui era girato di spalle, vicino alle scale, e la fanciulla temeva che potesse scenderle e sparire nella notte. Nonostante volesse andarsene, dopo aver udito la sua voce, si fermò. L’avrebbe sempre fatto per lei. – Questa non è la fine.
L’apprendista mago si voltò e rise di gusto, sebbene non riscontrasse alcuna ilarità nelle parole della donna che amava. Come poteva essere ancora speranzosa in seguito a quanto era successo? Probabilmente, l’ottimismo e la tenacia erano le qualità che apprezzava di più in lei. Anche se non ebbe mai modo di confessarglielo.
-Mi stai prendendo in giro?! – esclamò, ferito. Non si capacitava di come la fanciulla rifiutasse di accettare la realtà. Il destino aveva giocato loro uno scherzo di cattivo gusto, era evidente. – Sei promessa in sposa ad un altro.
Il fatto che lui lo affermasse senza ulteriori preamboli, rendeva il tutto così reale, e Wa-nin non si sentiva pronta ad affrontarlo. Non poteva tollerare che il suo futuro fosse già deciso. Infatti, cercò il contatto visivo prima di dire ciò che stava pensando, però Mark aveva lo sguardo rivolto altrove.
Proseguì lo stesso, decisa.
-Non è così che deve andare, non per forza. – fece un respiro profondo, e attese di ottenere la sua massima attenzione. Nonostante evitasse di guardarla, lei sapeva che la stava ascoltando. – Possiamo scappare, così io non sarò più una principessa e staremo insieme.
Dirlo ad alta voce sembrava ancora più folle e insensato dell’idea stessa, ma le pareva l’unica possibilità. Una possibilità per iniziare una nuova vita, lontano da tutta quella ricchezza e falsità, in cui era cresciuta. Infondo, aveva sempre provato un senso di oppressione tra le mura della corte.
Quella poteva rivelarsi la loro occasione.
-Non te lo chiederei mai, Wa-nin. – raramente pronunciava il suo nome, ma sembrava così giusto detto da lui. Quando fantasticava sul loro futuro, immaginava se stessa anziana, mentre si teneva ancora per mano all’apprendista mago, sotto all’acero giapponese dalle foglie rosse. Purtroppo, non sarebbe mai successo. – Poi, credi che tuo padre non verrebbe a cercarti? E’ importante questa alleanza per voi.
Si mormorava da secoli che il male incombesse, che si stesse preparando per risorgere e sferrare l’attacco peggiore di tutti i tempi. Eppure, non era ancora accaduto. Di conseguenza, la principessa non comprendeva per quale motivo dovesse sacrificare la sua felicità per un’alleanza politica discutibilmente utile.
Comunque, non era questo ciò che aveva colto dalle parole di Mark.
-E quindi vuoi lasciarmi?
Lui sospirò, sorprendendosi di quanto la fanciulla fosse perspicace. Sebbene desiderasse tenerla con se per il resto della vita, era giunta l’ora di lasciarla andare. A volte è necessario compiere dei sacrifici nei confronti delle persone che amiamo, nonostante ci feriscano in prima persona.
Non sarebbe amore, altrimenti.
-E’ arrivato il momento di guardare in faccia la realtà: apparteniamo a due mondi diversi. – Mark sapeva che per convincerla a desistere, doveva impuntarsi su una promessa che si erano scambiati tempo addietro: dopo essersi baciati per la prima volta, avevano stabilito che nessuna differenza sociale si sarebbe intromessa nella loro relazione. Così era stato, almeno fino a quella sera. – Tu sarai sempre la principessa di Melody ed io l’apprendista mago che a malapena riesce a fare un paio di incantesimi, senza ferire nessuno.
Trattenere le lacrime risultava ogni istante più complicato. Non voleva mostrarsi debole, ma sentiva che non c’era ritorno da ciò che le stava dicendo.
Lo avrebbe perso, senza poter combattere per lui.
Per il loro amore.
-Ma stai ferendo me, adesso.
Una lacrima le rigò il candido viso, e lei non si preoccupò di trattenerla. Vederla così fu troppo per Mark: desiderava che fosse felice, ed era evidente che con lui non potesse esserlo.
-Mi dispiace. Addio, mia signora.
Poi sparì, lasciandola sola nel buio.
All’improvviso,
presente e futuro coincidono.
Il mondo galoppa velocemente,
mentre noi rimaniamo immobili,
contemplando ciò che avremmo potuto avere,
che si trasforma in un ricordo sbiadito del passato.
 
Alfea
L’ufficio di Faragonda si era trasformato in un fortino di guerra, in quanto tutti tentavano di organizzare un piano che potesse contrastare la minaccia di Valtor. Le Winx, gli Specialisti, i professori, l’ispettrice Griselda e la preside si trovavano intorno alla scrivania di quest’ultima, discutendo animatamente per scegliere la soluzione migliore. Invece, Musa stava in disparte rispetto agli altri, poiché non riusciva a pensare in mezzo a quella confusione.
Lo stregone aveva concesso loro soltanto mezz’ora per comprendere quale fosse l’oggetto più prezioso nel college di Alfea, e consegnarglielo. Altrimenti, avrebbe distrutto la scuola.
Il tempo stava scorrendo inesorabilmente veloce e l’ansia iniziava a prendere il controllo nella mente dei presenti, in particolare in quella della fata novella, poiché non sapeva come si sarebbe conclusa la giornata.
-Il libro si intitola The Untold Stories, e contiene appunto storie mai raccontate. – stava parlando Faragonda, rivolgendosi a Winx e Specialisti, catturandone l’attenzione completa. Al contrario, Musa cercava di capire cosa volesse intendere l’anziana donna con ciò che le aveva detto in giardino. Forse, il panico dell’attacco l’aveva portata a straparlare. O almeno, alla ragazza dai capelli blu succedeva spesso. – Ma non è solo questo: correlati alle novelle ci sono degli incantesimi oscuri, che nemmeno il Mago più esperto potrebbe destreggiare. Di conseguenza, penso che Valtor voglia adoperarlo per distruggerci.
Quindi, erano impelagati in una trappola senza possibilità di fuga: nel peggiore dei casi, lo stregone avrebbe raso al suolo Alfea sotto i loro occhi, e nel migliore dei casi l’avrebbe fatto comunque, sebbene gli avessero consegnato l’oggetto più potente.
Se conosci il nemico, puoi sconfiggerlo.
Una delle tante frasi criptiche del nonno, che solo in quel momento cominciò ad acquisire un senso.
Lei non conosceva Valtor, ma gli altri sì.
Nel corso della sua vita aveva compreso a fatica, che in una squadra non c’è posto per l’io, perciò avrebbe dovuto riporre fiducia nei propri compagni, e sperare che non sarebbero morti.
-L’unica cosa che possiamo fare, è guadagnare tempo. – ammise la fata novella, e tutti si voltarono a guardarla. Inizialmente, si irrigidì alla vista di così tanti occhi su di lei. Eppure, chiunque avrebbe definito il suo panico insensato, in quanto si esibiva di fronte a molta gente con una disinvoltura invidiabile. Però, come affermava Musa, quando saliva su un palcoscenico si sentiva invincibile e una volta terminato lo spettacolo tornava ad essere poco più che una persona normale. – Dobbiamo recuperare il libro, ma al tempo stesso contrattaccare, per creare un diversivo. Come si svolgono di solito gli assalti di Valtor?
Non rivolse la domanda a nessuno in particolare, anche se si augurò  di ottenere una risposta. Il mese precedente non si sarebbe mai aspettata di ritrovarsi a elaborare piani di guerra, circondata da Fate, Specialisti e Maghi.
Infondo, la vita è strana.
-Generalmente, posiziona le Trix in prima linea, ed interviene nel momento che gli sembra più indicato per finire lui stesso la vittima. – a prendere la parola fu Tecna, la Fata della Tecnologia, con la quale non aveva avuto modo di conversare a lungo, durante la sua permanenza a Magix. La ragazza dai capelli fucsia teneva in mano uno strumento elettronico che Musa avrebbe definito un successore dell’iPad, dal quale fuoriusciva una mappa tridimensionale dell’intera scuola. Era curioso come la scienza tecnologica fosse a volte più evoluta rispetto alla Terra, mentre altre meno. – Cosa hai in mente?
In realtà, Musa non ne aveva idea.
O almeno, fino a quel momento.
Di sicuro, era certa di non voler affrontare nuovamente le Trix. Quelle tre la spaventavano. Eppure, desiderava ancora meno scontrarsi con Valtor, perché non si sentiva pronta per poter sostenere un combattimento.
Quindi, giunse all’unica conclusione possibile.
-Dobbiamo lavorare d’astuzia. – esordì lei, riflettendo su come esporre la sua ipotesi senza che risultasse ridicola. Avrebbe voluto cercare lo sguardo di Riven, però realizzò che lui poteva metterla in difficoltà e non lo fece. Anzi, proseguì sicura di se, dimostrandosi una leader più valida di quanto Bloom sarebbe mai stata. – Se Valtor schiera le pedine deboli in prima fila, noi dobbiamo fare esattamente il contrario.
Il caos divampò un’altra volta nella stanza, perché i presenti cominciarono a formulare le proprie opinioni sullo schieramento e per fortuna intervenne l’ispettrice Griselda a calmare le acque.
D’altra parte, lei insegnava Autodifesa.
Sebbene fosse mingherlina, sarebbe stata in grado di spaventare un drago, Musa ne era convinta.
-Zitti! – sbraitò, Fate e Specialisti sobbalzarono, e il silenzio calò all’istante. Si posizionò gli occhiali che indossava, e si preparò a comunicare il piano che avrebbero attuato, senza ulteriori repliche. – Le Winx e  gli Specialisti si occuperanno della difesa di Alfea, scontrandosi di conseguenza contro le Trix. Faragonda ed io cercheremo il libro in biblioteca.
La ragazza dai capelli blu impallidì alla decisione della professoressa, poiché si ricordò che da un paio di settimane anche lei era diventata un membro ufficiale del Winx Club. Tuttavia, non comprendeva quale aiuto potesse fornire in battaglia, essendo una fata alle prime armi.
Di conseguenza, fece ciò che nessuna allieva prima di lei aveva osato: contestare il provvedimento di Griselda.
-Sono la fata meno potente in questa stanza, potrei occuparmi io del libro. – suggerì, ignara della magia che custodiva nel suo corpo. Faragonda la osservò, desiderosa di raccontarle la verità, affinché venisse a conoscenza della propria grandezza. Però, stavano attraversando un momento di stallo, e una tale confessione l’avrebbe confusa ulteriormente. Perciò decise di aspettare, sebbene ormai quasi tutti i presenti fossero al corrente dei fatti.
La preside approvò con un cenno del capo, prima che l’ispettrice Griselda potesse rimproverarla per la sua insolenza.
-Non esiste che tu vada da sola, io vengo con te! – esclamò Riven, parlando per la prima volta dall’inizio di quella riunione. La ragazza dai capelli blu rimase piacevolmente stupita dalla sua determinazione, considerato ciò che le aveva detto la stessa mattina. Probabilmente, non avrebbe mai compreso lo Specialista.
-Oh mi fa piacere, sapere che ti unisci a noi. – lo canzonò lei, nonostante non riuscisse a nascondere il sorriso che le era apparso sul viso. Per quanto lo negasse, la rendeva felice il fatto che Riven l’accompagnasse anche in quella avventura. In qualche modo, lui le trasmetteva sicurezza.
-Non c’è più tempo, andate! – dichiarò Faragonda, spingendoli verso la porta, mentre gli altri si preparavano ad affrontare le Trix.
Musa lanciò un’ultima occhiata alla stanza, come se dovesse imprimere quell’immagine nella sua mente per ricordarla in futuro, e incontrò lo sguardo terrorizzato di Stella.
Non ebbe il tempo di fermarsi, ma anche se lo avesse avuto, non sarebbe stata in grado di confortarla. Infondo, era spaventata quanto lei.
Perciò si limitò a guardarla, mentre varcava la soglia, convincendosi  che l’avrebbe rivista una volta terminata quella follia.
 
La biblioteca risultò ancora più taciturna del solito, mentre Musa e Riven cercavano il libro nella sezione proibita, poiché la signorina Barbatea, la bibliotecaria, aveva suggerito loro di iniziare da lì.
Sebbene avesse deciso di aiutarla, non le aveva rivolto la parola da quando avevano lasciato l’ufficio di Faragonda, creando di conseguenza un silenzio imbarazzante.
Eppure, la ragazza dai capelli blu era una persona testarda, infatti tale aspetto aveva finito per rivelarsi un pregio o un difetto a seconda della situazione, e non avrebbe desistito prima di ottenere una risposta sensata da parte dello Specialista.
-Perché ti sei offerto volontario per accompagnarmi? – la voce della fata novella fu limpida e chiara, sembrò quasi annullare quell’incantesimo del silenzio che era calato sull’intera stanza. Riven si voltò, sorpreso, poiché la domanda gli risultava ovvia. – Mi pare di capire che volessi licenziarti.
Il ragazzo dai capelli color vinaccia alzò gli occhi al cielo, seccato, intanto che riponeva un libro sullo scaffale, perché non era quello che desideravano trovare.
Davvero non lo comprendeva?
Lo Specialista cominciò a chiedersi se fosse ancora lui ad attuare una vendetta nei suoi confronti, e non il contrario.
-Stiamo attraversando un momento di crisi, e ufficialmente sono ancora il tuo guerriero. – ammise, scendendo dalla scaletta sulla quale era salito per raggiungere il ripiano più alto. Poi, si scrollò la polvere che gli si era annidata tra le mani, e la guardò intensamente. – Quindi devo proteggerti, fine della storia.
Musa rimase scioccata dalla sua schiettezza, difatti inarcò le sopracciglia e strabuzzò gli occhi. Anche se, entrambi sapevano che nessuno avrebbe creduto a una giustificazione del genere.
In seguito, la ragazza dai capelli blu scelse di adoperare l’arma migliore per smorzare la tensione: il sarcasmo.
Durante la sua vita terrestre, prima di scoprire che fosse una fata, si era costruita un’armatura grazie all’ironia, nella quale amava nascondersi, per non permettere al mondo esterno di vedere le proprie debolezze. Inoltre, riteneva che fosse l’unico strumento difensivo che possedeva.
Se qualcuno le avesse raccontato la verità tempo addietro.
-Oh certo, non vorrei essere aggredita da qualche tomo. – lo canzonò scrollando le spalle, e facendo una smorfia con la bocca, perché voleva infastidirlo. In realtà, il sarcasmo le serviva anche a mascherare la paura, come in quel momento. Tuttavia, lo Specialista non poteva capirlo, perché era impantanato nella sua ragnatela di orgoglio. L’astio provato nei confronti del ragazzo dai capelli color vinaccia fu messo per un istante da parte, poiché nello scaffale in basso a sinistra, Musa vide il libro. – Riven, l’ho trovato! Possiamo salvare Alfea!
L’euforia li travolse entrambi, facendo dimenticare loro il mondo esterno, infatti la fata novella cominciò a saltare su se stessa, tenendo in una mano il volume, e  trascinando con l’altra un riluttante Riven.
-O forse, potete cadere con lei.
La gioia provata qualche istante prima cessò improvvisamente, quando ruotarono il capo e riconobbero a chi apparteneva quella voce.
Valtor.
Melody
La pioggia scendeva dolcemente, appannando le finestre del Castello della Nota. Erano trascorsi alcuni mesi da quel fatidico Ballo, quindi le nozze della principessa Wa-nin si avvicinavano sempre di più.
In effetti, si sarebbero tenute il giorno seguente.
La giovane donna aveva lo sguardo triste, assente e rivolto verso l’esterno, come se avesse voluto cogliere ogni goccia di quel terribile temporale.
Nel frattempo, il Re le stava parlando, ma lei era troppo presa dai suoi pensieri per potergli rispondere. Da quando Mark l’aveva lasciata, si sentiva bloccata in una bolla di sapone. Il resto del mondo si muoveva così rapidamente che lei non riusciva a raggiungerlo.
Di conseguenza, l’unica via fuga da ciò che la circondava fu quella di chiudersi in se stessa. Aveva eretto un muro, per tenere lontano tutti coloro che l’avevano fatta soffrire, e l’aveva tramutato nella sua armatura impenetrabile.
Inoltre, in preda alla disperazione, si era tagliata i suoi lunghi e setosi capelli. Mark li adorava, per cui aveva stabilito che se non poteva toccarli lui, nessun altro l’avrebbe fatto. Al momento, portava un caschetto spettinato, il quale sarebbe stato impossibile da acconciare per il matrimonio.
Forse, era proprio l’obiettivo della principessa.
Non poteva ribellarsi in alcun modo al sistema, e, sebbene avesse accettato di sposare Ho-boè, il principe degli Usignoli, in cuor suo sapeva di essersi soltanto sottomessa al volere del padre.
Quindi, quello era il solo modo che aveva trovato per vendicarsi.
-Spero tu comprenda il valore di questa unione, Wa-nin. I nostri regni stringeranno una solida alleanza, così da fronteggiare insieme le forze del male. – la principessa interruppe l’ascolto, poiché il Re le aveva fatto quel discorso innumerevoli volte, dal momento in cui si era fidanzata ufficialmente. Si vociferava che l’oscurità fosse in procinto di attaccare l’intera Dimensione Magica, e ogni Pianeta stava riponendo le proprie difese. Lei non credeva alle dicerie, come non credeva alle unioni puramente a scopo politico.
Aveva bisogno di fatti, non di false speranze.
-Wa-nin, mi stai ascoltando? – domandò seccato il sovrano di Melody. Si era abituato alla ribellione silenziosa che la figlia gli stava aizzando contro, ma non l’avrebbe sopportata oltre. Doveva capire che quel matrimonio faceva parte di un puzzle molto più grande, e, di conseguenza, smettere di comportarsi come una ragazzina capricciosa.
-No, padre. – ammise, proferendo parola finalmente. Incrociò le braccia al petto, e si sedette diritta sulla poltrona della toletta, guardandolo fisso negli occhi. – Non mi interessa sentire per l’ennesima volta il discorso che preannuncia il mio futuro. Tanto, l’unica a rimetterci sarò io.
Il Re inarcò le sopracciglia e spalancò la bocca, stufo dell’insolenza della figlia. Strinse i pugni, ma percepiva che la collera non sarebbe rimasta dormiente a lungo.
Infatti così fu.
-Non osare rivolgerti a me in questo modo, signorina! – sbottò furioso, puntandole contro un dito. Wa-nin non proferiva una frase di senso compiuto nei confronti del padre dalla notte del Ballo, però se quello era tutto ciò che aveva da dire, allora lui avrebbe reagito di conseguenza. Ormai non era più tempo di sermoni e risposte a monosillabo. – Domani attraverserai la navata, sposerai il principe, e lo farai con un sorriso stampato in faccia! E’ così che deve essere, così è stato deciso.
Le urla del Re provocarono finalmente una reazione nella principessa, la quale si alzò di scatto, allontanando la poltrona dalla toletta e preparandosi a ribattere.
Lei era consapevole del fatto che non potesse cambiare la propria situazione, ma il padre doveva sapere quello che pensava, affinché convivesse con un tale fardello per il resto dei suoi giorni.
-Immagino che sia stato facile per la mamma, sposare uno come te. – rifletté la fanciulla, mostrando un sorriso falso. Wa-nin detestava discutere. Piuttosto faceva commenti ironici, a discapito dell’altro interlocutore. Come in quel caso. Sua madre era deceduta mentre la dava alla luce, causando una profonda ferita in entrambi, che non si sarebbe mai risanata davvero. – Pensa che sollievo deve aver provato, quando è morta e ti ha lasciato.
Se Musa avesse assistito a quella scena, probabilmente non avrebbe riconosciuto suo nonno. Infatti, quest’ultimo, accecato dalla rabbia, colpì sua figlia in pieno viso con uno schiaffo.
Wa-nin indietreggiò, spaventata, tenendosi la guancia dolorante. Si chiese in quale modo il potere l’avrebbe influenzata, spingendola a cambiare, come era accaduto al Re.
Al momento lei non poteva immaginarlo, ma governare un regno l’avrebbe portata a scoprire lati oscuri di se stessa, che non credeva esistessero.
-Spero che per domani avrai imparato a tenere a freno la lingua. – le puntò nuovamente un dito contro, e la principessa si pentì di essere stata così arrogante. In un universo maschilista, in che modo pensava di riuscire a fare la differenza? – Hai tutta la notte per rifletterci, sogni d’oro.
Poi, uscì dalla stanza a grandi passi, sbattendo la porta.
Come di consueto, Wa-nin udì la chiave rigirarsi nella serratura, affinché non potesse scappare, e si sentì ancora una volta chiusa in gabbia.
La caduta di un fulmine la distrasse, facendola sobbalzare, e, quando si voltò per andare a chiudere la finestra, si ritrovò davanti l’amore della sua vita.
Mark.
Nei mesi precedenti aveva desiderato ardentemente rivederlo, anche solo per un istante, così che la sua immagine non sparisse nel dimenticatoio della memoria. Dopo ciò che si erano detti al Ballo, lei temeva che l’avesse abbandonata e che non si sarebbero incontrati mai più.
Invece adesso si trovava lì, in piedi di fronte a lei.
Doveva pur significare qualcosa.
-Ti sono mancato? – le chiese, adoperando il solito tono malizioso, che Wa-nin adorava. Infatti, sorrise. Rispetto all’ultima volta che l’aveva visto, era cambiato: indossava vestiti eleganti, aveva sicuramente lavorato sulla massa muscolare, e i suoi capelli erano più lunghi. 
Non assomigliava all’apprendista mago che aveva imparato a conoscere, ed in seguito ad amare. Sembrava sicuro di se stesso, e, quando lo osservò a fondo, notò un alone di malvagità intorno alla sua aura magica.
La principessa capì che non si trattava di una visita di cortesia, perciò decise di indagare, nonostante quell’oscurità l’attirasse molto.  
-Perché sei tornato, Mark? – domandò decisa, senza mai distogliere lo sguardo dal suo incantevole volto, con il fine di memorizzare ogni minimo particolare. Nemmeno lui riuscì a interrompere il contatto visivo, perché dopo averla rivista, gli sembrò di essere tornato a respirare in seguito ad una lunga apnea.
Nel periodo in cui erano stati lontani, Mark aveva viaggiato in svariate dimensioni dell’universo magico, migliorando le abilità magiche, e scoprendo nuove fonti di potere. Indubbiamente, si era avvicinato alle forze oscure, sebbene non avesse ancora stabilito quale fosse il suo schieramento.
Forse, era andato a cercarla per scoprirlo.
-Sono qui per avvertirti. – annunciò, e stava dicendo la verità. Sin dal loro primo incontro, Wa-nin gli aveva fatto desiderare di essere una persona migliore. Lui sperò di poter ancora aspirare a diventarlo, sebbene le azioni losche e meschine che aveva compiuto di recente. – Presto scoppierà una guerra, ed io non potrò proteggerti. A meno che tu non venga con me.
La fanciulla si domandò cosa avesse combinato, per confidarle tale informazione. Non che le importasse eccessivamente, in quanto l’apprendista mago aveva deciso di avvisare proprio lei, tra tutte le persone presenti sulla Dimensione Magica.
Non suo padre, bensì lei.
L’aveva sempre messa al primo posto, anche quando l’aveva lasciata andare, pensando che potesse trovare la felicità con qualcun altro.
Il problema era proprio questo: Wa-nin non avrebbe mai amato così tanto un uomo, come aveva amato Mark.
Loro si appartenevano, e sarebbe stato così anche in futuro, nonostante non potessero stare insieme.
Infatti, la dura realtà interruppe le sue fantasie con il lieto fine.
-Mark, io vorrei scappare con te, ma devo sposarmi domani. – quella notizia colpì il ragazzo, come se lo avessero aggredito fisicamente. Il suo sguardo si posò sull’abito bianco appeso ad un’anta dell’armadio, e se la immaginò all’altare: sarebbe stata la più bella delle spose. Purtroppo, alla fine della navata non avrebbe trovato lui ad aspettarla.
Nemmeno per la principessa fu semplice pronunciare quelle parole, perché infondo erano trascorsi mesi, ma la situazione non aveva accennato ad un cambiamento. Eppure, lei si sentiva diversa nel profondo, e percepì lo stesso nell’animo tormentato di Mark.
-Beh, allora credo che non abbiamo più nulla da dirci. – concluse mesto, avviandosi a testa bassa verso la finestra ancora aperta. Non aveva grandi aspettative, ma una piccola parte di lui, quella buona, sperava che lei accettasse. Adesso, era in grado di difenderla da chiunque, e se fossero fuggiti insieme, l’avrebbe fatto. Le avrebbe dimostrato che il confine tra bene e male non è così definito.
-Mark, aspetta! – esclamò, un attimo prima che sparisse nelle tenebre, e lui interruppe l’incantesimo del teletrasporto. E’ vero, non poteva abbandonare la sua vita a corte e seguirlo nell’ignoto, ma non voleva che la loro storia terminasse in quella maniera. Non voleva ricordarlo sulla soglia della finestra, con un espressione triste e delusa dipinta in volto. – C’è qualcosa che puoi fare per me.
Non furono necessarie ulteriori parole, poiché Mark si voltò, camminò a grandi passi verso di lei, e annullò la distanza che li separava, stampandole un bacio sulle labbra. Inizialmente, fu uno di quei baci dolci, un misto di tristezza e malinconia, perché consapevoli che sarebbe stato l’ultimo.
Eppure, quando si staccarono, avevano ancora voglia l’una dell’altro. Infatti, Wa-nin gli cinse il collo con le mani, e riprese a baciarlo, stavolta con desiderio. Lui comprese le sue intenzioni, perciò le fasciò i fianchi e l’avvicinò a se, affinché non ci fossero barriere tra i loro corpi.
Solo i vestiti.
Le lingue si incontrarono in una danza passionale, che si interruppe soltanto per permettere ai due di riprendere fiato. Allora la principessa si sfilò lentamente la vestaglia viola che indossava, e la fece cadere sul pavimento, rimanendo con una camicia da notte bianca, la quale lasciava poco spazio all’immaginazione. Mark si slacciò i bottoni della camicia, che ben presto andò a fare compagnia alla vestaglia.
Lei ammirò il suo petto possente e vi appoggiò le mani, mentre riprese a baciare l’apprendista mago in maniera delicata, con il fine di eccitarlo ulteriormente. Mark decise di prendere il controllo della situazione, perché la desiderava da così tanto tempo e non avrebbe aspettato un solo secondo in più per farla sua. La prese in braccio e la portò a letto, per poi posizionarsi sopra di lei e cominciare a baciarle il collo. Le era sempre piaciuto, anche quando non si spingevano oltre una buona pomiciata.
Quella notte non sarebbe stato così.
La principessa cadde in balia del piacere, mentre lui si occupava della sua gola, e lei passava le mani nei lunghi capelli biondi. Wa-nin desiderava che la vedesse per intero, perciò non appena lui allontanò le labbra dal punto in cui si sarebbe ritrovata un succhiotto più tardi, si tolse la camicia da notte, rimanendo completamente nuda.
Mark aveva sempre affermato che fosse bellissima, ma dopo averla vista in quel frangente, capì che i vestiti non le rendevano affatto giustizia. Prese a baciarle i seni, mentre lei percepiva un rigonfiamento nei pantaloni che ancora indossava.
Quando giunse all’inguine, le fece un servizio con la lingua che difficilmente avrebbe dimenticato. Gemiti di piacere uscirono dalla bocca della principessa, ma non era abbastanza.
Voleva che gridasse il suo nome.
Di conseguenza, si sfilò i pantaloni, rivelando un’erezione gonfia e desiderosa di unirsi alla sua vagina.
Wa-nin gli cinse i fianchi con le caviglie, con il fine di invitarlo a penetrarla e farle raggiungere il massimo del piacere.
Poi, avvenne.
Il dolore durò solo un istante, poiché fu sostituito da una sensazione mai provata prima. In quel momento, così vicini, lei si sentì invincibile e pensò di poter toccare il cielo con un dito.
Urlò il suo nome più volte quella notte, non curandosi che qualcuno potesse ascoltarli, perché stava facendo l’amore con l’uomo che amava.
Questo le bastava.
 
Alfea
Il primo pensiero di Musa fu quello di scappare e cercare aiuto. Se non l’avesse fatto, era certa che sarebbe morta nel giro di dieci secondi, per cui decise di non lasciare nulla di intentato.
Purtroppo, la stanza era sigillata da una barriera invisibile, innalzata da Valtor, col fine di impedirle di fuggire. Infatti, sebbene la colpì ripetutamente con dei pugni, non riuscì ad abbatterla, e si costrinse a desistere. Preferì conservare le proprie energie per un combattimento sempre più prossimo.
-Mi dispiace, non sarà così semplice. – si scusò lo stregone, sorridendo sornione e incrociando le braccia al petto, divertito dai tentativi fallimentari della fata novella. Lei fece un respiro profondo, raccolse il coraggio nascosto dentro di se, e concluse che, se era destino che lei dovesse morire, l’avrebbe fatto lottando fino alla fine.
Quindi, si girò e lo squadrò con l’aria più minacciosa che riuscì a trovare. Nel frattempo, Riven aveva sguainato la scimitarra.
-Oh puoi scommetterci. – lo sfidò, socchiudendo gli occhi, con fare intimidatorio. Anche se, serviva ben altro per spaventare Valtor. Afferrò il volume che le era caduto durante la sua fuga repentina, e lo indicò. – Vuoi questo libro? Allora dovrai passare sul mio cadavere, Magic Winx!
Si trattava solo della seconda volta in cui Musa attivava la trasformazione in battaglia, e durante la prima non era accaduto nemmeno per sua scelta.
Ma questo lei non lo sapeva.
Un fascio di luce l’avvolse, e negli istanti che seguirono avvenne il cambio d’abito, infatti si ritrovò il solito vestitino rosso ricoperto di brillantini, abbinato agli stivali alti, le cuffie sui toni del rosa e le ali da libellula. I lunghi capelli blu erano sempre raccolti in un paio di codini.
La fata novella atterrò al fianco dello Specialista, il quale pensò quanto fosse incantevole nella sua vera forma, anche se evitò di soffermarcisi a lungo, per concentrarsi sull’imminente scontro. Gli studenti di Fonterossa erano abituati sin dal primo anno a battersi per la propria vita, però, osservando Valtor, nemmeno un combattente esperto come lui poteva prevedere l’esito del duello.
Musa assunse una posizione difensiva, osservando il nemico per comprendere quale fosse il momento indicato per attaccare.
-Come ho fatto a non capirlo subito, sei la figlia di Wa-nin. – lo stregone stava temporeggiando, era chiaro. Al corso di Autodifesa con Griselda aveva imparato che ci sono due tipi di attacco: quello fisico e quello mentale. Naturalmente, lui stava utilizzando il secondo e da ciò che le aveva detto Tecna sul suo conto, non ne rimase affatto sorpresa. Eppure, quando pronunciò il nome della madre, Musa vacillò. Cosa c’entrava con tutta questa storia? – Caspita, siete proprio due gocce d’acqua.
La ragazza dai capelli blu non aveva mai parlato a Riven della sua famiglia, ad eccezione del nonno, e sebbene lui non cogliesse l’affermazione di Valtor, capì dall’espressione turbata di Musa quanto tale argomento la mettesse in difficoltà. Di conseguenza, era evidente perché lo stregone l’avesse scelto per torturare la vittima del giorno.
-Perché conosci il nome di mia madre? Lei non era una fata! – esclamò convinta, serrando i pugni. Detestava che qualcuno la nominasse invano, poiché aveva pochissimi ricordi che la riguardavano, senza considerare i flashback che aveva avuto negli ultimi tempi e a cui non voleva pensare.
Valtor rise di gusto, e la fata novella non capì se avesse trovato dell’ilarità in ciò che aveva detto, o se fosse solo uno squilibrato.
Probabilmente tutti e due.
-Ti sorprenderebbe scoprire la verità. – confessò, tornando all’improvviso serio. Infatti, la guardò fisso negli occhi, e Musa sentì come se potesse attraversarla e conoscere i suoi segreti più intimi. – Quel libro? Non rientra tra i miei interessi primari. In realtà, mi trovo qui perché entrambi veniate a conoscenza di una storia mai raccontata.
Musa e Riven si guardarono, aggrottando le sopracciglia e non capendo dove volesse andare a parare lo stregone.
Poi, Valtor schioccò le dita, apparve una sfera volante e tutto divenne chiaro.
Al suo interno si susseguirono spezzoni di una vita passata, che la fata novella non riconosceva come propria, in cui lei era una principessa e si aggirava nel Castello della Nota, insieme a sua madre, Wa-nin. Basandosi su ciò che vedeva, avrà avuto all’incirca cinque anni.
In seguito l’immagine cambiò, mostrando il Pianeta di Melody dilaniato dalla Guerra Oscura, scatenata dalle Tre Streghe Antenate: morte, sangue e distruzione stavano prendendo il sopravvento. Quindi, la regina, seguendo il suggerimento del suo consigliere, aveva deciso di travasare l’intero potere del regno all’interno del corpo di Musa.
La scena successiva fu terribile, poiché conteneva la Cerimonia del Trasferimento, in cui sua madre aveva perso la vita. Si trovavano sulla Piazza Principale del reame, e Musa poté osservare come ogni abitante collassasse mentre Wa-nin eseguiva l’incantesimo, fin quando a morire non fu proprio lei.
Una lacrima rigò una guancia della fata novella, la quale, nonostante non credesse a quanto aveva appena visto, non poté evitare di rivivere il dolore provato quando il nonno le aveva spiegato che i suoi genitori non sarebbero mai tornati a casa.
Infine, vide la sua fuga sulla Terra insieme al nonno, avvenuta grazie a una versione bambino di Riven, il quale l’aveva trovata in piazza, sconvolta, e l’aveva condotta a una navicella di Fonterossa, rischiando la vita.
-Non ti credo, queste immagini sono false. – decretò, sperando vivamente che la sua voce risultasse ferma e non spezzata dal pianto. Riven stava provando lo stesso tipo di shock, dato che non ricordava assolutamente nulla di ciò che Valtor aveva appena mostrato loro. – I miei genitori sono morti in un incidente d’auto, quando avevo solo cinque anni.
Adesso lo Specialista comprese perché non gliel’avesse mai detto: che quelle immagini fossero vere o meno, Musa era un’orfana, proprio come lui.
Avrebbe voluto confortarla, rassicurarla che sarebbe andato tutto bene, ma sapeva che non era così.
Quell’esperienza li avrebbe cambiati entrambi inevitabilmente, sempre se fossero sopravvissuti.
-Non permettere ai tuoi falsi ricordi umani di offuscarti la mente. – la ammonì lo stregone, prendendosi una confidenza che non meritava. Musa sciolse i pugni, pensando a ciò che le aveva mostrato, che in qualche assurda maniera cominciava lentamente ad acquisire un senso nella sua mente. Anche se, la parte razionale e terrestre si rifiutava di accettarlo. – Come spiegheresti la presenza del tuo amico, Riven, giusto? So perfettamente che entrambi avete avuto dei flashback sul vostro passato. Eccovi fornita la spiegazione.
La fata novella e lo Specialista incrociarono i loro sguardi, sorpresi che fosse accaduto anche all’altro e al tempo stesso delusi per non essersi confidati. Un sorriso mesto comparve sul candido viso della ragazza dai capelli blu, che però non riuscì a provare gioia in tale circostanza.
-Ammesso che sia vero, perché ti sei disturbato di venire fino a qui per dirmelo?
Musa iniziò a credere che l’attacco ad Alfea fosse soltanto una scusa per parlarle e rovinarle il castello di carte in cui aveva sempre vissuto. Tuttavia, lei era ostinata e adesso pretendeva delle risposte.
-Ti sto offrendo la possibilità di scegliere il lato vincente. – le propose in maniera allettante, porgendole una mano che ritrasse repentinamente, in seguito ai suoi sguardi minacciosi, e poiché si stava preparando a mostrarle un’altra serie di flashback. – Infondo, noi ci siamo già incontrati. A Melody, ricordi?
Una seconda sfera volante comparve dal nulla, mostrandole il ricordo che le era venuto in mente incontrando Riven ad Alfea, durante il suo primo giorno di scuola. Durante la loro fuga verso la navicella, avevano incontrato un uomo che Musa conosceva e si trattava proprio di Valtor.
La fata novella fu scossa da una forte sensazione di nausea, quando finalmente vide il quadro generale: lo stregone era il consigliere della regina, le aveva suggerito di eseguire l’Incantesimo di Trasferimento con il fine di impossessarsi dei suoi poteri.
Poteri che non sapeva ancora gestire, tra l’altro.
Per fortuna, grazie a Riven non accadde.
-Tu sei pazzo se pensi che mi alleerò con te.
Nonostante la confusione generale, l’unica certezza a cui si appigliava era che quell’uomo fosse uno squilibrato e non l’avrebbe aiutato neanche morta.  
-Preferisci restare con le persone che ti hanno mentito, cancellato la memoria, e messa in pericolo, non rivelandoti la verità sui tuoi poteri?
In realtà, Musa non aveva pensato all’altro lato della faccenda, però evitò di giungere a conclusioni affrettate e focalizzò il suo odio nei confronti di quel folle bipolare.
Allora Riven intervenne, perché la ragazza dai capelli blu non ce l’avrebbe fatta da sola, e lui doveva fornirle tutto il sostegno possibile. Infondo, quelle rivelazioni erano state una grossa sorpresa anche per lui, e forse insieme avrebbero evitato di impazzire.
-Perché dovrebbe credere alle tue parole? – sbottò, adoperando il solito tono acido che lo contraddistingueva, e Musa rimase piacevolmente sorpresa nel vederlo prendere le sue difese. Infatti, sorrise di sfuggita. – Infondo, tutto questo potrebbe rivelarsi una gigantesca bugia.
Sebbene entrambi dovettero ammettere che si trattava della verità, ormai le prove erano schiaccianti.
Valtor sospirò con fare solenne, sembrando quasi infastidito da tale insinuazione, e prese a camminare per la stanza, con le mani dietro la schiena.
-Ho sempre odiato voi Specialisti, e il vostro comportamento arrogante. – lo stregone finse di leggere i titoli sulle costine dei libri, mentre proseguiva con la sua opinione distorta della realtà, evitando il contatto visivo. O almeno, fino a un certo punto del discorso. – Puoi anche non credermi, ma la tua memoria muscolare lo farà. Hai una cicatrice sul petto, vicino al cuore, di cui non ricordi la provenienza. E se riprendesse a sanguinare, proprio adesso?
Valtor gli rivolse uno sguardo penetrante, e Riven cominciò a massaggiarsi il petto dolorante. Di conseguenza, Musa scattò e senza ragionare lanciò contro il nemico un’Onda Sonica, che lui neutralizzò senza troppe difficoltà.
-Tu non oserai. – ringhiò, pronta a battersi da sola se fosse stato necessario. Non avrebbe permesso a quel maniaco di ferire Riven.
Comunque, mentre lo Specialista tentava di mantenere il proprio respiro regolare, lei aveva compreso come doveva essersi procurato quella ferita.
O meglio, chi gliel’aveva inflitta.
Era stato Valtor, quando li aveva incontrati durante la loro fuga in direzione della navicella anni orsono. Quindi, fu finalmente chiara la sensazione di dejà - vu che aveva provato in seguito allo scontro con le Trix a Magix, dopo aver rianimato lo Specialista.
-Invece oso. Nel mio specchio magico ho molti ricordi anche del tuo amichetto.
Una terza sfera apparve mostrando una versione più giovane di Stella, la quale aveva assunto la sua trasformazione base, e stava combattendo contro Icy, Darcy e Stormy.  
Sembrava esausta, eppure non si dava per vinta.
Musa sorrise fiera, perché sapeva che la sua mentore fosse una tosta.
Nel frattempo, Riven aveva iniziato a sanguinare, lo si poteva evincere dalla sua tuta macchiata, ma, prima di accasciarsi al suolo, realizzò di quale ricordo si trattasse e non voleva per nessuna ragione al mondo che la fata novella ne venisse a conoscenza.
Quella vicenda non si era conclusa bene.
Per cui, in un momento di distrazione dello stregone, lanciò la sua scimitarra sulla sfera, che stranamente si dissolse nel nulla.
Poi crollò a terra, semisvenuto.
-Riven! – gridò terrorizzata la ragazza dai capelli blu. Fino a quel momento, non aveva compreso quanto fosse grave la ferita dello Specialista, ma, quando si inginocchiò al suo capezzale per tamponare l’emorragia, si ritrovò ben presto impantanata in una pozza di sangue. Ce n’era troppo e non sapeva quanto ancora potesse resistere senza una trasfusione.
Tentò invano di restare lucida, però le lacrime le inondarono il volto, offuscandole la vista e i pensieri, poiché la possibilità di perderlo diventava ogni secondo più concreta.
Lui non doveva morire.
Non ora che entrambi ricordavano.
Aveva ancora così tante storie da raccontargli, e soprattutto non poteva morire pensando che lei lo odiasse, quando non era affatto così.
-La lotta tra il bene e il male affligge il mondo da secoli, Musa. – riprese a parlare lo stregone, mentre Riven impallidiva ogni secondo di più, sebbene la ragazza dai capelli blu si sforzasse di non ascoltarlo. Ne aveva abbastanza della sua voce tagliente. – E’ come una partita a scacchi: lenta, sofferta, complessa. Ma, alla fine, c’è un solo vincitore e quello sarò io.
Nonostante avesse pianto, cercò di rivolgergli l’espressione più minacciosa che conosceva. Non gli avrebbe concesso la soddisfazione di avere l’ultima parola.
-Nei tuoi sogni, forse.
Allora lo stregone mostrò finalmente la sua natura: quella di un mostro inquietante. Infatti, Musa intravide una luce rossa nei suoi occhi, che la fece rabbrividire.
-Ti ribadisco il concetto: io mangerò ogni pedina del tuo esercito, fin quando non giungerò al re per fare scacco matto! Allora saprai che il grande stregone Valtor ha trionfato, spegnendo ogni luce della Dimensione Magica.
In seguito, così com’era apparso, scomparve, con la tacita promessa di tornare e vendicarsi.
Ciò che accadde dopo, Musa lo ricordava in maniera poco nitida, poiché avvenne troppo velocemente.
All’improvviso, una dozzina di Specialisti invase la stanza, riponendo Riven su una barella e allontanandolo da lei, senza che potesse spiegare la situazione. Quindi si ritrovò tra le braccia di Stella, la quale era ancora in forma Enchantix, che la strinse a se mentre piangeva, sfogando così la tensione provata fino a qualche istante prima.
Tuttavia, quando arrivò Faragonda, Musa si allontanò dalla sua mentore e rivolse all’anziana donna delle parole, di cui più tardi si sarebbe pentita.
-Non sarò la vostra fottuta protagonista, è chiaro?!  
Poi varcò la soglia, dirigendosi verso la propria stanza, per lavare via il sangue di Riven che le ricopriva gran parte del corpo.
La sera
Bloom rientrò nella sua stanza esausta, dopo aver contribuito alla ricostruzione della scuola, frammentatasi in diverse aree a causa dell’attacco di Valtor. Quando varcò la soglia, rimase delusa nel non trovare Aisha sdraiata sul suo letto, intenta a studiare o ad ascoltare la musica.
Era stata una giornata lunga e faticosa per tutti, e la fata della Fiamma del Drago aveva ingenuamente pensato che la notizia dell’assedio fosse giunta anche nel Pianeta più remoto della Dimensione Magica, spingendo di conseguenza Aisha a tornare.
In quelle due settimane aveva iniziato ad abituarsi all’assenza della principessa di Andros, eppure le mancava da morire la quotidianità che ormai condividevano da oltre un anno. Le mancava chiacchierare fino a tarda notte, dormire abbracciate, tranquillizzarla una volta terminati gli incubi, e sì le mancava persino svegliarsi con il frastuono dei suoi allenamenti.
Eppure, Flora aveva ragione: la fata dei Fluidi era orgogliosa, e si sarebbe fatta viva al momento ritenuto da lei opportuno per affrontare la situazione a testa alta.
Infondo, Bloom la conosceva e sin da subito aveva intuito che, sebbene si mostrasse forte di fronte agli altri, era una persona fragile.
Tuttavia, durante la loro lontananza aveva avuto il tempo di riflettere su quanto si erano dette alla festa di Stella, e l’assalto di quella giornata l’aveva portata ad una conclusione.
Quindi, prese il telefono per lasciarle un ultimo messaggio.
-Ciao, lo so che non mi hai richiamata, e anche adesso sta rispondendo la segreteria, perciò deduco che tu non voglia parlarmi. – stava temporeggiando, poiché non era mai stata capace di esprimere i propri sentimenti. Sky le aveva reso tutto semplice, perché praticamente erano cresciuti insieme, quindi non furono necessarie molte parole per capire che si piacessero. Fece un respiro profondo, e tentò di rivolgersi a lei con il cuore in mano. – Avevi ragione tu, su ogni cosa. Io non so quello che voglio, ma oggi ad Alfea c’è stato l’ennesimo attacco e per tutto il tempo non ho fatto altro che pensare a te, e sperare che fossi al sicuro.
La principessa di Domino girò il capo in direzione di una parete, sulla quale era appesa una lavagnetta di sughero che conteneva foto di lei e Aisha. In particolare, si soffermò su una fotografia che avevano scattato durante la festa di fine corso del secondo anno, in cui sorridevano spensierate perché avevano appena sconfitto Lord Darkar. Inoltre, quella sera avevano fatto l’amore per la prima volta.
-Questo è un luogo in cui accadono fatti terribili, perciò avevi ragione ad andare via, probabilmente ti eviti una tragedia. Però guarda me, praticamente sono cresciuta qui. – il college di Alfea era stato una seconda casa per lei ancora prima di diventarne una studentessa. Infatti, i suoi genitori frequentavano spesso la scuola per via di Faragonda, perché erano stati membri della Compagnia della Luce, sconfiggendo le Tre Streghe Antenate. – Forse, questo mi ha fatto del male, cambiandomi in maniera radicale, tanto che non lo supererò mai.
Infondo, da quando si era iscritta lì, aveva dovuto affrontare la minaccia delle Trix, di Lord Darkar ed infine di Valtor. Qualunque persona sana di mente, avrebbe tagliato la corda.
Ma non Bloom.
-Tuttavia, ho un sacco di ricordi che mi legano a Magix: questo è il luogo in cui mi sono innamorata, in cui ho trovato le mie migliori amiche, è qui che ho imparato ad essere una fata. – sebbene spesso e volentieri si comportasse come una principessa arrogante, era infinitamente grata per ciò che aveva ricevuto da Alfea e le persone che la circondavano. Lo sarebbe sempre stata. – E’ il luogo in cui ho conosciuto te.
Pronunciò decisa quella frase, affinché la fata dei Fluidi comprendesse la sua importanza. Sin dal loro primo incontro, Aisha l’aveva spinta contro i propri limiti, spronandola ad essere migliore, comprendendola come nessuno aveva mai fatto.
Non si trattava solo di sesso, lei l’amava.
Si maledì per averlo capito troppo tardi.
-Quindi, credo di aver vissuto tanto quanto sono sopravvissuta. Dipende da come la guardi, io scelgo di vederla così e di ricordarti così. – Bloom riprese fiato, cosciente del fatto che forse avrebbe dovuto supplicarla di tornare e non riempirle la casella telefonica con un discorso criptico. Però, aveva tentato di convincerla innumerevoli volte in quelle due settimane, senza ottenere risposta. Di conseguenza, dedusse che Aisha avesse bisogno di ascoltare altre parole. – Spero che tu stia bene, ciao.
Attaccò il telefono un attimo prima di udire il “bip”, che l’avvisava che il suo tempo era scaduto. Poi, si diresse verso il bagno per rinfrescarsi, ignara del fatto che Aisha non avrebbe mai ricevuto quel messaggio, perché era prigioniera di Valtor.
Cambiare, migliorarsi, crescere,
pur rimanendo fedeli a se stessi.
Questo è il segreto.
 
Dopo aver cenato, Musa entrò a grandi passi nell’ufficio di Faragonda in cerca di risposte. Si era ripulita completamente dal sangue di Riven, nonostante ogni tanto controllasse le mani temendo di trovare altri residui.
-Non so se posso fidarmi di voi, ma ho bisogno che lei mi spieghi questo altrimenti impazzirò. – esordì, andandosi a sedere su una delle poltrone che si trovavano di fronte alla scrivania, e mostrando il foglio con la profezia alla preside.
L’anziana donna sobbalzò, sorpresa che quel pezzo di carta fosse sopravvissuto nel corso degli anni. Tuttavia, non la stupì che l’avesse trovato proprio lei.
-Arriverà da un pianeta lontano una ragazza dalla sinistra mano, il cui destino è salvare l’universo, nonostante il suo destino sia avverso. Dalle ceneri risorgerà, e il canto della fenice divamperà. – lesse ad alta voce la fata novella, non comprendendone il senso. Aveva intuito che potesse trattarsi di lei, ma, per non peccare d’arroganza, era giunta alla conclusione che fosse una coincidenza. Eppure, le immagini che Valtor le aveva rivelato continuavano a ronzarle in testa, suggerendole che quei versi nascondessero qualcosa di più. – Che significa?
Faragonda respirò a fondo, preparandosi a mettere tutte le carte in tavola.
Ormai non era più tempo di segreti e bugie.
In seguito a ciò che era accaduto, Musa meritava di sapere la verità, altrimenti non li avrebbe mai aiutati a sconfiggere il male.
-Allora, prima di tutto, devi sapere che quello che ti ha detto Valtor è vero. – le confessò mesta, poiché avrebbe preferito raccontarglielo in altre circostanze. La fata novella socchiuse gli occhi affranta, quando vide la sua ultima speranza sfumare all’orizzonte. Inizialmente, aveva pregato affinché la preside smentisse i farfugliamenti di quel pazzo bipolare, perché affrontare di nuovo la perdita dei genitori, il fatto di essere diversa, sarebbe stato troppo doloroso. – Sei la principessa di Melody, e ne contieni l’intero potere.
Adesso si spiegavano molte cose.
Per esempio, come fosse riuscita ad eseguire l’incantesimo di riflesso durante la lezione di Wizgiz il primo giorno di scuola, o come in seguito avesse rianimato Riven senza sapere il perché.
-Tua madre, la regina Wa-nin, è morta mentre eseguiva l’incantesimo. – udire quelle parole fu simile a ricevere una coltellata nel petto. Infatti, Musa emise un gemito, però si fece forza per trattenere le lacrime. Non si sarebbe perdonata, se fosse crollata. – Lei voleva concederti una seconda possibilità, quindi chiese aiuto alla Compagnia della Luce per salvarti dalle grinfie delle Tre Streghe Antenate. Saladin, Codatorta, Griffin ed io escogitammo un piano di salvataggio e, come hai visto, l’intervento di Riven fu sostanziale per la tua salvezza.
La ragazza dai capelli blu non si capacitava di ciò che Faragonda le stesse raccontando. Aveva sempre desiderato essere speciale, ma, in quel momento, si sentiva una specie protetta in via d’estinzione.
In quale modo una persona maldestra e smemorata come lei sarebbe stata in grado di gestire il potere di un intero Pianeta?
Non ne aveva idea, e ciò la spaventava, poiché era sempre stata razionale nel corso della sua vita umana.
Quando si prefissava un obiettivo, lo raggiungeva.
Ora si sentiva persa, non sapeva a cosa aggrapparsi.
-Quindi, il mio passato come si ricollega alla profezia? – domandò, prendendo finalmente coraggio, e interrompendo il discorso della donna, poiché non avrebbe tollerato rivivere quelle tragiche vicende. La fata novella guardò supplichevole la preside, la quale si intenerì e desiderò proteggerla, più di quanto non stesse già facendo. – Sono io, giusto? La ragazza di cui si parla.
Faragonda annuì.
Allora, ogni certezza di Musa crollò definitivamente e si sentì sospesa nel vuoto, mentre ripensava a un’esistenza pregna di bugie.
Tutta la sua vita era stata una menzogna, però si trovava ancora sotto shock per poter provare una qualunque emozione.
Avrebbe dovuto provare rabbia verso coloro che le avevano mentito, nascondendola sotto una campana di vetro, e impedito di sviluppare a pieno le proprie abilità magiche.
Avrebbe dovuto provare timore, perché non conosceva quello che il futuro aveva in serbo per lei.
Infine, avrebbe dovuto provare tristezza per la perdita dei genitori, di cui non ricordava quasi nulla.
-Tu sei la nostra unica speranza. – rispose avvilita, e Musa si stupì, poiché era certa che non l’avesse mai vista così demoralizzata. La donna anziana le prese una mano, e lei gliela lasciò stringere. – La fenice bianca, colei che trionferà sulle forze del male.  
Sebbene quell’avventura fosse cominciata in una maniera folle, e ciò che le stava proponendo la preside sembrava un suicidio, la ragazza dai capelli blu si convinse.
A differenza di Valtor, il quale voleva diventare il sommo stregone della Dimensione Magica, giustificando i mezzi loschi con l’obiettivo finale, Faragonda le aveva mentito per proteggerla.
L’aveva capito solo in quel momento, dopo aver ascoltato la sua versione dei fatti.
-Va bene, vi aiuterò. – concluse, rimanendo sulla difensiva, perché la preside non avrebbe recuperato subito la fiducia di Musa. Tuttavia, provò piacere nel vedere il sollievo dipinto sul volto di Faragonda. Poi, si alzò, dirigendosi verso la porta. Se affrontare l’oscurità rientrava nel suo destino, aveva bisogno di chiarirsi con una persona. – Adesso mi scusi, c’è una cosa che devo fare.
Fonterossa
Quando varcò la soglia dell’infermeria, Riven stava ancora dormendo. In altre circostanze, non le avrebbero concesso di vederlo, perché il coprifuoco era già passato da un pezzo.
Eppure, non si trattava di una situazione normale.
La fata novella richiuse lentamente la porta, poiché temeva di svegliarlo. Poi, si concesse un momento per contemplarlo, col fine di verificare quali fossero le sue condizioni: riposava beato in uno dei tanti letti presenti nella stanza, con le coperte rimboccate fino all’altezza della vita, poiché parte del petto era fasciata e Musa avrebbe giurato che al di sotto ci fossero dei punti, o il loro equivalente magico.
Spostò lo sguardo sul suo braccio sinistro, il quale era attaccato a una flebo, che ne rigenerava l’organismo attraverso una trasfusione di sangue. Il colorito della pelle stava pian piano tornando roseo, e i parametri vitali risultavano stabili.
Sospirò sollevata, perché se Riven fosse morto, niente avrebbe avuto più senso. L’unica nota positiva di quella tragica mattina era stata aver scoperto che condividevano lo stesso passato.
Il destino li aveva spinti a ritrovarsi, e, considerati gli ultimi avvenimenti, Musa dedusse che non fosse una semplice coincidenza.
In realtà, la ragazza dai capelli blu si era recata lì con l’intenzione di parlarci e spiegare il proprio comportamento da isterica. Però, vederlo sonnecchiare tranquillo, l’aveva portata alla conclusione che le sue scuse potessero aspettare il giorno seguente. Infatti, dopo essersi assicurata che stesse ancora dormendo, appoggiò una mano sulla maniglia della porta, preparandosi a sgattaiolare via silenziosamente.
Tuttavia, la voce dello Specialista non glielo permise.
-Musa, cosa ci fai qui? – domandò sorpreso, con la voce ancora impastata dal sonno. Ricordava alla perfezione cosa fosse accaduto, però rimase stupito nel trovare proprio lei al suo capezzale al momento del risveglio. Guardandosi intorno, capì di essere in infermeria e notò che la flebo con la sacca di sangue era quasi finita, infatti si sentiva molto meglio rispetto a quando l’avevano ricoverato. Anche il dolore al petto era diminuito, e sapeva che entro un paio di giorni si sarebbe rimesso completamente.
La fata novella si voltò, decisa a spiegarsi.
Ora o mai più.
-Sono venuta a scusarmi. – confessò spedita, senza ulteriori giri di parole. Musa aveva realizzato che, per sotterrare l’ascia di guerra, era necessario giungere a un compromesso. Di conseguenza, era andata a cercarlo, mettendo da parte l’orgoglio. – Sono venuta a scusarmi per come ti ho trattato al compleanno di Stella, perché ti ho urlato contro e non lo meritavi. Sono venuta a scusarmi per oggi, perché ho finto che non mi importasse quando invece non era così.
Riven accennò una risata, che smorzò la tensione, poiché non credeva alle proprie orecchie. La ragazza dai capelli blu sorrise nervosa, non comprendendo il motivo di quella reazione. Infondo, non c’era dell’ironia in ciò che aveva detto.
-Wow, mi fa piacere sapere che devo rischiare la vita per ottenere delle scuse. Me lo segno per la prossima volta. – mostrò il solito sorriso arrogante, che la spinse ad alzare gli occhi al cielo, sebbene avesse colto il suo sarcasmo. Lo Specialista aveva sempre la battuta pronta, però Musa capì da come la stava guardando, che l’avesse perdonata. – Per la cronaca, dispiace anche a me. Sono stato uno stupido, e ci ho fatto quasi uccidere entrambi.
La fata novella annuì, dato che non le era piaciuto affatto l’atteggiamento freddo e distante che le aveva riservato per tutto il giorno. Infatti, andò a sedersi sul letto di fronte a lui, senza aspettare che le desse il permesso.
Riven sussultò.
-Esatto, sono venuta a parlarti anche di questo. – aggiunse, puntandogli un dito contro che gli fece strabuzzare gli occhi, e lo vide persino più preoccupato di quando Valtor aveva riaperto la sua vecchia ferita. – Oggi non mi hai dato l’opportunità di esprimere la mia opinione, quindi ti comunico che rifiuto le tue dimissioni con effetto immediato.
Il ragazzo dai capelli color vinaccia distolse lo sguardo, perso nei ricordi. Lui non poteva proteggerla, però non riusciva a spiegarle il motivo.
Perché se l’avesse fatto, sarebbe cambiato tutto.
Riguardava una vicenda avvenuta due anni prima, che lo aveva distrutto, esortandolo a mettere in discussione i suoi principi.
-Mi dispiace, non posso farlo. Ho già vissuto questa situazione, e io… - lasciò la frase a metà, poiché, quando vide la speranza dipinta sul volto di Musa, la quale si aspettava una storia straordinaria con il lieto fine, si sentì tremendamente in colpa per ciò che era successo. Tuttavia, la fata novella non era un’ingenua e sospettava che si trattasse delle ultime immagini mostrate loro dallo stregone. – Mi dispiace, Musa.
Eppure, a lei non interessava.
Lo voleva al suo fianco, perché non ce l’avrebbe fatta ad affrontare ciò che l’aspettava. Altrimenti, l’aiuto che le aveva offerto, anni orsono a Melody, permettendole di salvarsi, sarebbe stato vano.
In una maniera del tutto inaspettata, lo Specialista stava diventando molto importante per Musa, facendole provare dei sentimenti che ancora non riusciva a spiegarsi.
-Non mi importa del tuo passato, Riven. Tutti commettono degli errori ed io credo, che non siano quelli a definirci. – affermò sicura, perché lei aveva provato di recente cosa significasse incolparsi per delle azioni commesse. Per esempio, nell’ultimo periodo si era maledetta per aver incontrato Andy e la sua allegra brigata. Però, quando ti ritrovi al confine tra la vita e la morte, capisci che è inutile serbare rancore. – Ritengo inoltre, che tu abbia fatto molta strada da allora.
Nonostante lui non volesse fornirle una vera motivazione, la ragazza dai capelli blu percepiva che fosse così. In caso contrario, non si sarebbe buttato nel ghiaccio quando si erano appena conosciuti, o non avrebbe rischiato di morire dissanguato per evitare che soffrisse.
Forse, Musa vedeva eccessivamente il buono negli altri, però le azioni dello Specialista non le sembravano malvagie.
Invece, Riven si sentiva solo un egoista.
-Sì, ma se sapessi ciò che ho fatto, non mi guarderesti più nello stesso modo. – l’avvertì, perché poteva tollerare gli sguardi sprezzanti delle persone che definiva “amici”, ma non il suo. Non la stava proteggendo, ne era consapevole, bensì tentava di compiere la scelta migliore, affinché nessuno provasse dolore. Al fine di sopportare da solo il peso di quel fardello. – Quindi, ti consiglio di richiedere un altro guardiano. Sky e Brandon sono tra i più valorosi del mio corso.
O almeno, erano le voci di corridoio a dirlo.
Riven aveva dimostrato in diverse occasioni di essere alla loro altezza, se non migliore. Tuttavia, lo Specialista detestava trovarsi al centro dell’attenzione, di conseguenza nascondeva le proprie capacità.
-Ancora non l’hai capito? Non ho bisogno di un altro guerriero. – lo canzonò, sorridendo divertita. Musa riusciva a capire come si sentisse, perché anche lei era sempre stata la seconda scelta nel corso della sua vita umana. Però, da quando viveva a Magix, aveva deciso che non sarebbe stato più così. – Io voglio te, Riven.
La fata novella non distolse neanche per un attimo lo sguardo dagli occhi del ragazzo, mentre pronunciava quella frase. Purtroppo, lui le infranse i sogni.
-Lo dici per compassione?
Stavolta fu Musa ad accennare una risata, nonostante desiderasse schiaffeggiarlo per la domanda insensata che le aveva rivolto. Perché lo Specialista non aveva un minimo di amor proprio, tanto da arrivare a credere che nessuno potesse tenere a lui?
-No, lo penso sul serio. Ho visto come ti sei battuto per me su Melody, e, dopo le rivelazioni di oggi, mi conosci meglio di chiunque altro. – ribatté convinta e al tempo stesso sorpresa da se stessa, poiché fino alla stessa mattina affermava che l’unico a conoscerla fosse il nonno. Eppure, le tragiche esperienze di cui erano stati vittime, li avevano in qualche modo legati indissolubilmente per il resto della vita. – Comprendo il tuo timore, nel non volerti confidare con me. Ma sappi che, quando vorrai farlo, io sarò proprio qui. Come tu ci sei sempre stato.
Infondo, le cose non cambiano mai.
Siamo noi a cambiare.
Alfea
Musa tornò al college con un sorrisone stampato in faccia, perché Riven non si era licenziato e avevano chiarito ogni incomprensione. Quindi, decise di condividere la propria felicità con Stella, la sua persona.
La principessa di Solaria le aveva promesso che l’avrebbe aspettata sveglia, così da scoprire subito le ultime novità. Infatti, la fata novella non si preoccupò di bussare e spalancò la porta della stanza dell’amica.
Tuttavia, rimase sorpresa quando non la vide sotto le coperte.
-Stella, mi devi cinque rossetti! – esclamò, prendendola in giro, poiché avevano scommesso sulla reazione di Riven, e la fata del Sole e della Luna aveva puntato sul fatto che lo Specialista non l’avrebbe perdonata. Invece, era accaduto l’esatto contrario. Musa si guardò intorno, non riuscendo a capire dove potesse essere l’amica, in quanto la luce era accesa. Ipotizzò che si trovasse sul soppalco a riordinare vestiti, perché sì, sebbene fosse notte fonda, lei aveva strane ossessioni. Però, quando allungò il collo, non scorse la sua esile figura. – Stella, dove sei?
Un lamento proveniente dal bagno la fece sussultare.
Si precipitò immediatamente verso l’abitacolo, e ciò che si ritrovò davanti la sconvolse.
Stella era stesa sul pavimento, aveva affianco una scatolina di polvere di fata vuota, e il suo corpo era scosso da spasmi. Sulla Terra l’avrebbero chiamata overdose, ma la principessa di Solaria le aveva assicurato che quella sostanza non uccidesse le creature magiche.
Musa non aspettò per verificare che tale teoria fosse vera, infatti si inginocchiò accanto a lei, e la mise su un fianco, sperando che espellesse il contenuto di ciò che aveva ingerito.
-Stella, perché l’hai fatto? – non poteva formulare domanda più sbagliata, ma fu l’unica cosa che le venne in mente in quel momento, per non farsi prendere dal panico.  Naturalmente, la fata del Sole e della Luna non le rispose, però, mentre la scuoteva, sentì che farfugliava il nome di Brandon. – Qualcuno mi aiuti!
Non possiamo cancellare ciò che è accaduto in passato,
ma possiamo imparare da esso.
 
L’ispettrice Griselda si aggirava nervosa nell’ufficio di Faragonda, intanto che parlava con quest’ultima. L’anziana donna l’aveva messa al corrente della profezia trovata da Musa, ed entrambe erano giunte ad una terribile conclusione.
-Quindi, sei proprio sicura? – chiese cauta, desiderando che smentisse le loro teorie. Purtroppo, avevano fatto delle ricerche in testi antichi per tutta la notte, tentando di decifrare i versi della profezia e ciò che ne era emerso, sembrava spaventoso.  
-Sì, mio malgrado. – ammise demoralizzata, mentre osservava la pioggia che scendeva copiosa in quella notte oscura. – Lei deve morire.
O forse no.




Spazio dell'autrice.
Salve popolo di EFP!
Sì, lo so, sono una persona orribile perché ho aggiornato la storia dopo mesi che non lo facevo. Però il capitolo quattro mi spaventava, dato che è molto importante per la trama orizzontale. Mi scuso anche per la sua eccessiva lunghezza, e ho pure tagliato delle scene, altrimenti non l'avrei mai finito!
Detto ciò, non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate! Sono a vostra completa disposizione per chiarimenti, curiosità e teorie.
Quindi, vi aspetto nelle recensioni.
Alla prossima,
-Ludos98
  
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