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Autore: getsomeSleep    31/07/2016    0 recensioni
Dove una ragazza incontra un ragazzo in modo troppo bizzarro per far evolvere la loro storia in maniera normale.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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«Non ce la faccio più. Prima o poi darò fuoco a questo stupido negozio e vivrò di pesca come Sampei» dice Brian. Le sue versioni su come migliorare la sua vita si sono evolute nel tempo: tre mesi fa, all'uscita del nuovo Assassin's Creed, voleva diventare compagno di meditazione del Dalai Lama. O l'anno scorso, quando era uscita una nuova console, voleva imparare a coltivare cotone e ritirarsi nel suo mondo fatto di solitudine e di magliette.
«Brian, posso farti una domanda?» dico stropicciandomi gli occhi.
«Certo, piccola Agnes.»
«Che cazzo di problemi hai?» Lo sento ridere.
«Vado a casa, ho visto troppi invasati oggi» gli dico.
«Dopodomani è giorno di paga.»
«E non potrei esserne più felice» gli rispondo con un sorriso prima di lasciargli un buffetto sulla guancia.
Tiro fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
Sono le 19:42  e ho due messaggi di Blake.

Ci tengo a scusarmi.

Ammettilo però, far schizzare la coca-cola dappertutto è abbastanza equivoco.

Cretino. Solo lui potrebbe collegare le due cose.
Metto la giacca, esco dal negozio e vado a slegare la bici per tornare a casa.
«Ciao, tesoro» mi saluta mio padre appena mi vede. È seduto sul divano con i pantaloni della tuta e una vecchia maglietta gialla con macchie di candeggina.
Mi tolgo la giacca e mi dirigo verso Dean. Gli lascio un bacio sulla guancia ricoperta da un accenno di barba che, di sicuro, domani non avrei trovato.
«Ciao, papà. Com'è andata al lavoro?»
«Sono stanco» mi risponde.
«Papà non è ancora arrivato?» chiedo.
«Dovrebbe arrivare a momen-»
Mio padre viene interrotto da Corey che entra in casa abbastanza rumorosamente.
Io e Dean ci scambiamo un'occhiata.
«Ciao principesse» ci saluta appena ci vede.
Ricambio il saluto ridendo, mio padre fa finta di essere offeso, ma senza risultati soddisfacenti.
«Vado in camera a cambiarmi, poi scendo per apparecchiare» dico ai miei.
Mentre salgo le scale sento uno schiocco di un bacio e le voci dei miei papà mischiarsi chiedendosi a vicenda come fosse andata la giornata.
Entro in camera e mi tiro via le magliette lasciandole per terra e metto quella comoda del pigiama. I pantaloni fanno la stessa fine.
Mi volto verso il mio letto ancora da fare e vedo Zeke addormentato. Dopo aver accarezzato il mio gattino, vado di sotto per apparecchiare la tavola.

                                      ***
Jeremy.

Agnes esce di casa palesemente imbarazzata. Io e il ragazzo che è entrato poco fa ci scambiamo un'occhiata.
«Tieni le mani a posto. Lei non va bene per te» mi dice.
«E chi saresti tu?»
«Sono suo cugino.»
"L'ho conosciuta solo due giorni fa» gli dico cercando di spiegargli le mie intenzioni amichevoli verso sua cugina.
Lui sta zitto e annuisce solamente.
«Sei una leggenda. Come avete fatto a far saltare la macchina del professore di spagnolo?» E qui la conversazione prende decisamente una piega migliore.
Salgo in macchina e vado verso casa. La radio è spenta, così la accendo e il cd che ho preso ad Agnes inizia a riprodurre la canzone che, rispetto alle altre contenute nel disco, mi piace di più.
Dopo meno di cinque minuti arrivo a casa e quando entro, mia madre sta cucinando qualcosa che sfrigola ed emana un profumo davvero molto buono.
«Ciao ma'» la saluto andando verso di lei e lasciandole un bacio sulla guancia.
«Sto cucinando il pollo alla paprika» mi dice.
«E io ti voglio tanto, tanto bene.» Il pollo alla paprika è il mio piatto preferito.
«Vai a cambiarti» dice mia madre «tra poco è pronto.»

                                     ***

Mio padre a cena ha raccontato una barzelletta talmente squallida che mia madre mi ha chiesto di chiamare qualcuno per farlo sopprimere, e sono scoppiato a ridere.
«Mamma, vado da Tyler» le dico. «Non aspettarmi alzata.»
Ovviamente non vado da Tyler.
Agnes mi ha confuso con il suo imbarazzo, perciò penso di andare da lei.
Arrivato sotto casa sua, mi arrampico sul tubo attaccato al muro e cerco di aprire la finestra, che non collabora.
Riprovo e non si apre.
Quando, guardando attraverso le tende, vedo Agnes entrare in camera, mi blocco.
Ha il pigiama con cui l'ho vista l'altra volta e i capelli bagnati. In mano ha una tazza che fuma.
Prende il portatile e lo porta sul letto con se.
Si mette sotto le coperte e spegne la luce, e sicuramente starà guardando un film o una qualche serie tv. Sto lì a guardarla per un po'. Ogni tanto sbadiglia e beve un sorso dalla tazza di star wars.
Sto lì, seduto in equilibrio sul piccolo balcone fino a quando non la vedo chiudere gli occhi.

                                      ***
Agnes.

«Julius» bisbiglio e lui si volta verso di me. «La numero tre.»
Lui guarda il suo foglio per un attimo e poi annuisce con un espressione meravigliosa.
Inutile dire che la mia verifica di storia non sta andando molto bene, e visto che il mio amico è un fenomeno in questa materia, mi aiuta sempre.
Julius tossisce, il segnale che abbiamo accordato, e io alzo la mano.
«Mrs. Cage, posso chiedere un fazzoletto a Julius?» le domando.
«Oh, certo cara.»
Il mio amico mi allunga il fazzoletto con le soluzioni sopra e faccio finta di soffiarmi il naso rumorosamente, poi copio la domanda.
Dopo dieci minuti suona la campanella e tiro un sospiro di sollievo. Meglio stendere un velo pietoso, probabilmente l'unica domanda che ho fatto giusta è quella di Julius.
«Allora, piccola scema, com'è andata?» mi domanda il mio amico stiracchiandosi. Gli faccio una smorfia e lui scuote la testa sorridendo.
Julius, i suoi capelli biondicci e il suo profumo davvero troppo buono, sono entrati a far parte della mia vita in prima media. Stavo attraversando la strada e mi ha investito mentre era sui pattini. Mi ero sbucciata entrambe le ginocchia e lui mi ha portata a casa in spalla come se pesassi pochissimo. Mi ha aiutato a medicarmi e poi ha chiesto scusa ai miei genitori. L'ho amato da quel momento. È una parte fondamentale di me e io una parte importante di lui. Io non potrei stare senza lui. I miei stravedono per Julius, è come se fosse un secondo figlio. È la persona con cui sto bene, e mi basta. Nessuno dei due ha mai pensato al nostro rapporto come rapporto amoroso. Siamo una cosa nostra, che non ha una definizione.
«Andiamo da KFC?» gli chiedo una volta fuori da scuola.
Mi guarda per un secondo. «Pago io» gli dico sospirando.
«Era questo che volevo sentire» mi risponde lo scroccone.
 
                                     ***

«Voglio avere un figlio da questo chicken nugget» dice il mio amico con la bocca piena.
«Voglio essere la madrina.»
Dopo aver finito di mangiare il pollo, leggendoci nel pensiero, io e Julius ordiniamo una fetta di torta al cioccolato. Ma ha talmente tanto cioccolato nell'impasto, nella glassa, nello sciroppo, nei pezzettini sopra quel pezzo di paradiso che, anche se siamo pieni, la mangiamo lo stesso. Non possiamo negarci i piaceri della vita.
Con due forchette, iniziamo a gustarci la torta e come due bambini, ci impiastricciamo la faccia di glassa.
«Julius, sono sporca in faccia, per caso?» gli chiedo come se non lo sapessi da me.
«Assolutamente no, sei linda e pinta esattamente come lo sono io» mi risponde sorridendo.
Finita la torta, mi abbandono sul divanetto sul quale siamo seduti e appoggio la testa sulla spalla di Julius.
«Piccoletta, se mi sporchi la maglietta ti tiro via le sopracciglia mentre dormi.»
Prendo un tovagliolo e mi pulisco la bocca, poi mi volto verso di lui.
«Sono ancora sporca?»
Trattenendo un sorriso, annuisce.
Si bagna il dito con la lingua e mi pulisce la guancia e sotto il naso. Quando ha finito, lo guardo. Non ho idea di come abbia fatto, ma si è sporcato sotto l'occhio destro e tutto il mento.
Prendo un fazzoletto e gli pulisco il mento, poi, come ha fatto lui, mi bagno il dito e pulisco la guancia sporca.
Ritorno con la testa sulla sua spalla.
«Andiamo a casa? Mi è venuto sonno» mi dice lasciando un piccolo bacino sulla mia fronte. Io annuisco.
Mi offre il braccio e usciamo.

   
 
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