Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: The_Storm    01/08/2016    1 recensioni
Chiunque abbia parlato per più di tre minuti con Arya Dreamscape non può fare a meno di descriverla con parole come "diversa", "strana", "asociale" e via discorrendo. Ma Arya è soprattutto complicata. Complicata nel suo modo di vestirsi, di mangiare, di relazionarsi...Nessuno è mai riuscito a capirla, nemmeno lei stessa. Preferisce stare da sola e, incredibile a dirsi forse, ma non ha nessun amico. La sua routine è la stessa da anni ormai, se si escludono alcune, rare, varianti. Ma cosa succederebbe se proprio una di queste varianti capovolgesse il suo piccolo mondo?
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La suoneria del mio cellulare mi riporta nel mondo dei vivi e io inizio a brontolare parole sconnesse e senza nessun apparente senso logico. Ovviamente il cellulare non dà segni di vita perché qualcuno mi sta chiamando, ma solo perché si è attivata la sveglia. Chiamatemi pure anormale o che so io, ma gli unici nomi che ho in rubrica sono quelli di mio padre e di mia nonna. Mia madre è sparita quando ero piccola e da allora non abbiamo più avuto sue notizie. Non mentirò, mi manca tremendamente. È stata una madre perfetta in quel poco tempo che è rimasta, ma ha preferito un altro uomo a mio padre e non ha più voluto saperne di me. Forse sarei riuscita anche ad accettare la separazione dei miei se lei non mi avesse cancellato dalla sua vita, ma l'ha fatto ed è inutile che io mi arrovelli per cose che non sono successe. 
Con un sospiro, decido di abbandonare le calde coperte e di raggiungere il bagno tra brividi e borbottii di disapprovazione verso il freddo. 
 
Una volta pronta, scendo le scale con lo zaino che sobbalza ad ogni passo appoggiato su una spalla. Saluto con un bacio sulla guancia mio padre intento a leggere il giornale che mi risponde con un grugnito ed esco di casa, avviandomi alla fermata dell'autobus. Casa mia è abbastanza lontana dalla scuola che frequento, ma a me va bene così. Mi piace sedermi e osservare le persone, immaginando chissà quale storia si nasconda dietro ognuno di loro. Lo so, è una cosa strana, ma non posso farne a meno, soprattutto se ho la musica che mi aiuta a farmi venire l'ispirazione. 
 
Scendo alla fermata proprio davanti la mia scuola e mi incammino verso l'entrata senza guardarmi troppo intorno. Preferisco evitare gli sguardi dei miei compagni. Ho sempre il terrore che qualche idiota inizi a prendermi di mira. Sono debole e so che non riuscirei a difendermi nemmeno a parole, ma crollerei immediatamente. Fortunatamente sembro essere invisibile per chiunque e anche oggi nessuno mi calcola più di tanto. A volte ho la strana sensazione che qualcuno mi osservi. Lo penso da quando andavo al primo anno, ma, anche se mi guardavo intorno confusa, non riuscivo a scorgere nessuno né tantomeno le persone mi si sono avvicinate, così ho archiviato questa sensazione come semplice paranoia e la ignoro. 
 
La giornata trascorre tranquilla e monotona come al solito e non posso fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Non nascondo che a volte vorrei che succedesse qualcosa di diverso, che mi dia uno stimolo, ma poi mi ricordo che sono una codarda e mi rimangio tutto. Torno a casa a piedi perché adoro camminare per le strade con la musica nelle orecchie, mi aiuta a pensare o ad allontanarmi dal mondo per fantasticare su qualsiasi cosa. 
 
Proprio mentre stavo pensando a quanto una nuvola assomigliasse ad un cupcake, sbatto contro qualcosa che mi fa rimbalzare e perdere l'equilibrio. Mi aspetto già di cadere, ma non accade. Sento che qualcuno mi afferra al volo e mi rimette diritta. Istintivamente alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti uno dei ragazzi più popolari e belli della mia scuola. Resto immobile, paralizzata dalla paura che possa iniziare a urlarmi contro o peggio a prendermi in giro, ma non lo fa. Si limita a guardarmi con aria accigliata e confusa, più qualcosa che non riesco a decifrare. I miei occhi, di uno strano verde che tende a virare in azzurro o in grigio in base al tempo incontrano i suoi, di un blu così profondo che quasi mi sembra di poterci nuotare.  Il contatto visivo dura solo un attimo. La sua presa sul mio braccio è salda, ma delicata, non mi fa male. Mi sbrigo a ricompormi e borbotto alcune scuse prima di passargli accanto con lo sguardo basso e il passo accelerato. Sento il cuore che batte come un matto dalla paura. 
Perché è successo? Non doveva accadere! Nessuno doveva notarmi troppo, accidenti. L'unica cosa che posso fare è sperare con tutta me stessa che si dimentichi della cosa in fretta o che almeno faccia finta di nulla. Infondo, perché mai avrebbe dovuto infastidirmi? Non lo conosco affatto, ma da quello che ho potuto vedere non prende in giro di sua spontanea volontà gli altri. Almeno, spero che la mia supposizione sia corretta. Con un sospiro decido di fare una svolta e fermarmi al parco. Tanto papà tornerà sta sera da lavoro e sarò comunque da sola. Mi siedo su una panchina ad osservare i bambini giocare con un sorriso sul viso. Adoro i bambini, il loro modo di pensare e di parlare. Non si fanno problemi a dire tutto ciò che passa loro di mente e non mentono solo per piacere alla gente. Hanno un modo di pensare semplice e ingenuo, senza mai doppi fini. Sono sempre stata convinta che il mondo sarebbe migliore se non abbandonassimo certi aspetti dell'infanzia. 
 
Mentre penso a tutto ciò, mi rendo conto che una bambina mi si è avvicinata e mi fissa con le sopracciglia aggrottate. Le rivolgo un sorriso dolce e mi tolgo le cuffie dalle orecchie 
-Ciao-
La saluto e lei agita una mano in risposta, un po' intimidita 
-Come ti chiami, piccola?-
Chiedo per metterla un po' a suo agio. Lei mi guarda e scuote la testa
-Non vuoi dirmelo?-
La bambina annuisce con il capo, sta volta con più foga e io aggrotto le sopracciglia, confusa. Poi lei si tocca la gola con la manina e capisco tutto 
-Non puoi parlare?-
Chiedo e lei annuisce di nuovo, intristita. Le sorrido e mi porto una ciocca di capelli dietro l'orecchio 
-Mmm allora facciamo un gioco: io devo indovinare il tuo nome. Ci stai?-
Propongo e lei annuisce freneticamente. Non riesco a non ridacchiare e incrocio le gambe sulla panchina, facendole cenno di sedersi accanto a me e lei ubbidisce senza protestare. 
-Vediamo...ti chiami....Gertrude?-
Chiedo scherzando e la smorfia che fa mi fa scoppiare a ridere 
-Scherzavo, scherzavo-
Alzo le mani in segno di resa e inizio ad elencare tutti i nomi femminili che mi vengono in mente, ma nessuno va bene. 
-Oh, ma è difficilissimo! Dammi almeno un indizio-
La prego e lei sorride divertita per poi  pensarci su. Poi si guarda la maglietta e mi indica una lettera stampata su di essa 
-S? Il tuo nome inizia per S?-
Chiedo e, quando lei annuisce ancora, sparo il primo nome che mi viene in mente
-Sophie?-
Lei sgrana gli occhioni di un blu stupendo e balza in piedi sulla panchina, battendo le mani. Io rido e alzo le braccia in segno di vittoria. 
-Hai un nome bello quanto te, Sophie. Io invece mi chiamo Arya-
Sorrido dolcemente e lei mi butta le braccia al collo. La stringo a me immediatamente e la faccio dondolare un po'. 
-Sophie! Non disturbare la ragazza, su!-
Una voce di donna ci costringe a separarci e vedo la piccola abbassare lo sguardo, dispiaciuta. Guardo la donna davanti a me e scuoto la testa 
-Nessun disturbo, signora, anzi, sua figlia è dolcissima-
Sorrido ampiamente per farle capire che va tutto bene e lei mi guarda stupita, ma poi sembra rilassarsi 
-Di solito non da confidenza a nessuno. È strano che sia venuta da te-
Mi confida e io scrollo le spalle 
-Beh, comunque mi ha fatto piacere parlare con lei-
La vedo sgranare gli occhi ancora di più e boccheggiare leggermente 
-Ma Sophie è...-
Si interruppe scuotendo la testa 
-Si, lo avevo capito, ma le parole non sono necessarie per avere una conversazione. E poi, è più divertente indovinare cosa sta cercando di dirmi, è come un gioco. Vero Sophie?-
L'ultima frase la rivolgo alla bambina, che annuisce contenta. Noto lo sguardo della donna insistente su di me e distolgo il mio, lievemente imbarazzata. Mi schiarisco la voce e mi alzo 
-Beh, io ora devo andare. È stato un piacere conoscervi-
Dico prima di abbracciare Sophie, che mi stringe con le sue braccia sottili 
-Grazie a te-
Mormorò la donna mentre mi allontanavo. È così strano parlare con una bambina muta? Scrollo le spalle e decido di non pensarci, ricominciando a camminare verso l'orfanotrofio in cui faccio volontariato. Sì, adoro i bambini se non si fosse capito 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: The_Storm