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Autore: Calya_16    01/08/2016    4 recensioni
Cosa succederebbe se Carol perdesse la memoria? Cosa farebbe Daryl? Ambientata durante la seconda parte della quinta stagione
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Peletier, Daryl Dixon, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Glenn gli spiegò cos’era appena successo: un uomo di nome Aaron gli aveva detto che voleva portarli ad una comunità, che li seguiva da tempo, ma che Rick non era per niente sicuro e adesso voleva indagare.
Quando arrivarono davanti al fienile Glenn li salutò, poiché doveva andare con una parte del gruppo a cercare l’auto di questo Aaron. Daryl annuì, per poi entrare a recuperare la sua balestra.
Carol si ritrovò così sola fuori all’aria aperta e si guardò attorno: tutto era tranquillo, eppure lei non sapeva cosa fare, come stare. Se non avesse perso la memoria sarebbe andata anche lei in missione?
Si strinse le braccia al corpo. In quel momento uscì Daryl che le lanciò un’occhiata, per poi fermarsi a guardarla.
“Dove vai?” Carol lo fermò, preoccupata. Non voleva rimanere sola, e lui era l’unico con cui avesse veramente parlato, era un piccolo appiglio in tutto quel casino.
“Devo perlustrare la zona. Non voglio che tu venga con me, entra e stai con Rick”
Solo dopo aver detto queste parole Daryl si rese conto del tono duro che aveva usato e così le si avvicinò.
“Come stai?” non gli era venuta in mente nessun’altra domanda, eppure gli sembrava così sbagliata e fuori luogo quella che quasi si morse la lingua.
“Penso bene, non ne sono del tutto sicura. Grazie per essermi stato vicino, sei stato davvero di grande aiuto”
Carol allungò la mano e prese quella di Daryl stringendola poi tra le sue, inconsapevole del disagio dell’altro. Quest’ultimo cercò di rimanere il più rilassato possibile, annuendo alle parole di lei.
“Lo avrebbe fatto chiunque”
“No. Gli altri non sono come te: non ti conosco bene come poteva essere prima, ma mi hai tratta in maniera diversa, non mi hai fatto sentire vuota” Carol gli sorrise, per poi lasciargli la mano e fare cenno verso il fienile.
“Ti lascio al tuo compito” un leggero velo di tristezza accompagnò quelle parole.
Daryl non avrebbe voluto lasciarla, ma non se la sentiva di farla andar con lui: quanto ricordava di quel mondo? Era pronta a difendersi? ‘Rimedierò’ con questo pensiero si girò e sparì alla vista.
Sospirando Carol entrò nel fienile, trovando un uomo seduto a terra, con le braccia legate ad un palo dietro la schiena.
“Ciao” la salutò questo, in maniera gentile.
Lei si bloccò, non sapendo bene cosa fare: come ci si doveva comportare con un prigioniero? Lo doveva salutare o fare finta di niente? Per fortuna arrivò Rick in suo aiuto.
“Lui è Aaron, dice che ha una comunità sicura e che vorrebbe che andassimo là con lui”
“Sembra una bella cosa” replicò Carol.
Rick le rivolse una strana occhiata, per poi andare a guardare appena fuori dalla porta. Carol andò a sedersi non molto distante, osservando tutto attentamente. Aaron iniziò a parlare e l’attenzione di Carol fu catturata da un breve scambio di parole tra i due.
“Voi non ci ucciderete, e noi sicuramente non uccideremo voi”
Rick si voltò un attimo a guardarlo “Solo perché siamo brave persone, non significa che non vi uccideremo”
Carol sentì un leggero brivido lungo la schiena e si schiacciò ancor di più contro la colonna cui si era appoggiata. ‘Che gruppo è mai questo? Io ho mai ucciso nessuno?’ per la prima volta quella domanda sfiorò la sua mente e iniziò a cercare di ricordare se aveva mai fatto del male a qualcuno, e nel qual caso era per difendersi?
Non ce la faceva più, doveva uscire da quel posto e cercare di trovare un po’ di pace. Si alzò in piedi e si diresse verso l’uscita, ma Rick la fermò.
“Dove pensi di andare?”
“Ho bisogno d’aria, non ce la faccio a stare qua dentro. Per favore”
“No Carol, è troppo pericoloso. Aaron dice che fuori vi è solo un suo compagno, ma non mi fido”
Lei scosse il capo, cercando ancora di convincerlo, ma quando vide che non vi era speranza di fargli cambiare idea iniziò a girare per il fienile, ispezionando ogni sua parte pur di non pensare troppo.
Stava finendo il suo giro quando un pianto attirò la sua attenzione: Rick si precipitò subito verso sua figlia e Carol lo raggiunse.
“Ti ricordi di lei?” le chiese con tono gentile Rick.
Lei scosse il capo e allungò un dito, subito preso dalla piccola e morsicato. A Carol scappò una risatina e poi una lacrima.
“Lei è Judith. E’ mia figlia, come Carl. Puoi prenderti cura di lei, lo hai sempre fatto. Sei una brava mamma”
Per la prima volta Carol sentì un’ondata di affetto verso Rick, un tipo di affetto che non si costruisce in un giorno e così lo abbracciò.
Prese poi in braccio Judith, che nel frattempo aveva ricominciato a piangere.
“Ha fame, dovremmo trovare qualcosa” con questo Rick la lasciò con la piccola e prima di iniziare a cercare del cibo osservò la sua amica cullare sua figlia e parlarle: solo la vecchia Carol lo avrebbe abbracciato in quel modo e un sorriso gli affiorò tra la barba.
 
          °°°°°°°°°°
 
Daryl stava facendo il terzo giro attorno al fienile ormai e non aveva visto nessuno, ne umani né zombie. Ormai stanco, dopo aver cercato tracce anche tra rami e sottobosco, decise di tornare dentro.
Voleva stare vicino a Carol, eppure tutta quella situazione lo spaventava; gli aveva fato bene stare un po’ solo con i suoi pensieri, si sentiva più in forze e pronto per delle sue domande, se ve ne fossero state. Solo sapeva che lui non avrebbe ripreso il discorso ma avrebbe aspettato lei, i suoi tempi: non aveva fretta, non voleva forzarla, gli bastava starle vicino e sentirla di nuovo lì con lui.
Gli era sembrato di sentire un legame prima, anche se molto debole e non voleva rovinare quello che stavano ricostruendo.
Quando Rick lo lasciò entrare andò subito con lo sguardo a cercare la figura della donna: non era molto distante da loro e stava cullando la piccola Judith. Sentendolo entrare sollevò lo sguardo e gli sorrise.
“Questa marmellata è buona. L’approviamo tutti, non è vero?” quell’ultima frase la rivolse alla piccola, che si stava leccando le labbra e intanto cercava di prendere il cucchiaio dalle mani di Carol.
A Daryl sfuggì un sorriso a quella visione, immaginandosi Carol con Sophia e quanto la vicinanza di Judith in quel momento potesse aiutarla e anche tenerla occupata.
“Scoperto niente?” chiese poi a Rick.
Questo gli raccontò che stava aspettando gli altri, e se non fossero tornati entro quaranta minuti avrebbe ucciso quell’uomo. Daryl annuì, in pieno accordo con lui.
Ora l’arciere voleva andare da Carol e sapere come stava, così le si avvicinò e posò la balestra a terra.
“Come sta la Spaccaculi?”
La testa di Carol si alzò di scatto a quel nome e rise.
“Come l’hai chiamata?”
“Spaccaculi. Fin da quando non aveva un nome l’ho chiamata così, penso che le si addica”
Senza pensarci troppo allungò la piccola all’uomo seduto accanto a lei e lo guardò dar da mangiare a Judith senza problemi, quasi trattarla come se fosse sua figlia.
Sentì qualcosa muoversi verso di lui, un sentimento strano che però non sapeva spiegarsi. Continuando ad osservarlo vide come la bambina giocava con lui, sembrava quasi adorarlo.
“Le piaci” constatò a voce alta.
“Lei piace a me” replicò Daryl con il suo tono un po’ burbero.
“Avevi una famiglia prima di questo?” Carol voleva sapere di più di lui, era curiosa verso quell’uomo che la capiva e aiutava. Lui sembrava conoscere così bene lei che quasi si sentiva un po’ a disagio.
Daryl la guardò con lo sguardo triste “Avevo un fratello”
“Intuisco che non c’è più, mi dispiace”
“Lo dici adesso. Era un vero stronzo, però tu lo hai messo a tacere una volta” Daryl accennò un sorriso a quel ricordo.
Carol si stupì e si fece più vicina “Quindi l’ho conosciuto. Quante altre cose ci sono capitate?”
“Molte” replicò lui, per poi venir distratto da Judith che reclamava altra marmellata.
“Non fatele venire mal di pancia!” sentirono Rick urlare.
Entrambi annuirono, così Carol prese il barattolo di marmellata dalle mani di Daryl e ne assaggiò un po’. Allungò poi un cucchiaio verso Daryl.
“E’ veramente ottima”
Questo la guardò scettico all’inizio, ma poi accettò. Carol rimase affascinata a guardarlo mentre mangiava la marmellata di mele.
‘Quella bocca è estremamente invitate. Carol smettila di pensare queste cose, non lo conosci. E se lui fosse qualcosa di più di un amico? Un altro cucchiaio, ti prego!’ la mente di Carol aveva iniziato a correre e lei faceva fatica a fermarlo.
Tirò via il cucchiaio a forza e poi si alzò, strabuzzando gli occhi: quell’uomo le dava troppe emozioni e lei in questo momento non riusciva a capire cosa volessero dire, era ancora sconvolta dalla notizia della morte di Sophia.
“Tutto bene?” l’alzarsi improvviso di Carol lo aveva allarmato.
“Sì, scusa. Crampo alla gamba” gli sorrise lei, per poi tornare a camminare in tondo.
‘Sophia non c’è più ed io mi metto a fantasticare su un uomo, forse c’è qualcosa che non va in me’ non riusciva a darsi altra spiegazione ‘O forse il mio cervello sta metabolizzando nuovamente la cosa e mi fa sentire meno il dolore. Dopo quel racconto, di come è stata trovata la mia bambina, sto meglio. Posso quasi vederla, quasi ricordare’ di questo non ne era sicura, sapeva che la memoria non le era tornata e vi avrebbe messo ancora un po’, eppure il suo cuore era un poco più leggero.
Fu riportata alla realtà dall’arrivo degli altri insieme a cibo e notizie.
 
          °°°°°°°°°°
 
Il camper su cui stavano viaggiando non era molto grande, tutti erano vicini e stanchi, vi era chi cercava di tenere compagnia parlando di tanto in tanto e chi invece si addormentava con la testa sulla spalla di un compagno.
Carl era seduto a terra con Judith in braccio, un braccio penzoloni oltre il fratello, gli occhi che le si chiudevano. Carol li osservava pacifica finalmente dopo molto tempo: poteva prendersi cura degli altri anche se non aveva più Sophia vicino, poteva continuare a fare del bene anche in quel mondo pieno di morti.
Aveva parlato con gli altri e le avevano spiegato bene la situazione e quasi le veniva da ridere: riusciva ad accettare un mondo dove le persone morte tornavano in vita e cercavano di mangiarti ma non ancora del tutto la scomparsa di sua figlia e dei suoi ricordi.
Poco prima di addormentarsi sul tavolo guardò la figura di Daryl seduto a terra, impegnato a pulire la sua arma, e un’immagine le arrivò alla mente: loro in una situazione simile, ma col camper fermo e lui che le parlava e poi le allungava qualcosa.
Sognò bottiglie di birra e fiori bianchi.
 
La notte passò tra scendere e salire da camper, fino a che alla mattina non arrivarono al cancello di Alexandria. Tutti stavano con il fiato sospeso, speranzosi e impauriti allo stesso tempo.
Carol aspettò che tutti fossero scesi, ma si sentì richiamare da un tocco sulla spalla: Daryl era rimasto indietro con lei e le passava un fucile.
“Sei brava con questo, tienilo con te. Mi sentirei più tranquillo”
Quell’ultima frase gli uscì quasi sussurrata, ma fu felice di averglielo detto.
Carol sbarrò gli occhi, alzando le mani e scuotendo il capo.
“Non ho la minima idea di come usarlo”
“Te lo insegnerò appena sarà possibile, te lo prometto”
Detto questo Daryl scese dal camper, ma Carol lo fermò prima che potesse scomparire alla sua vista.
“Daryl! Grazie”
Lui annuì, per poi raggiungere gli altri. La sentì vicino a lui poco dopo: respirava piano e teneva il fucile sulle spalle; non sapeva come usarlo, ma il suo corpo ricordava come andava tenuto e quello non sarebbe mai cambiato. Era convinto che quando le avesse insegnato nuovamente ad usare un’arma non avrebbe avuto bisogno di molte spiegazioni: il suo corpo ricordava, anche la sua mente ci sarebbe riuscita.
Per la prima volta dopo molto tempo era speranzoso, credeva in lei più che in chiunque altro.
L’intero gruppo era schierato davanti a quel cancello, non sapevano cosa aspettarsi.
Maggie e Michonne davanti, le più speranzose e con la voglia di un posto sicuro in cui vivere. Rick, Carl e Judith poco dietro, padre e figlio con la stessa espressione tesa sul volto.
Dietro loro cinque tutti gli altri, che ogni tanto di guardavano tra loro e non sapevano che pensare.
Carol pensò a casa sua, poi al camper che aveva sognato, alla fattoria che ricordava e al fienile dove si era svegliata: era la cosa più vicina alla realtà che conosceva e aveva paura. Fece un passo avanti e posò una mano sulla spalla di Daryl, poco più avanti di lei.
Lui si girò a guardarle e annuì col capo: non era sola, mai lo era e sarebbe stata.
Rimasero fermi così, quando il cancello finalmente venne aperto e una piccola cittadina si rivelò ai loro occhi.








Nota dell'autrice: non ho descritto il punto dove Aaron si ferma a recuperare il suo compagnio poichè rendeva la storia piuttosto pesante e non volevo rallentarla troppo, essendomi poi accorta di aver occupato due capitoli per descrivere una sola giornata! cercherò di migliore per questo, magari scrivendo capitoli più lunghi. Grazie a chi segue questa storia e cercherò di non pubblicare più così tardi, ve lo prometto!
   
 
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