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Autore: Scarcy90    02/08/2016    2 recensioni
La giovane infermiera Lisa Light vive la sua solita vita nel reparto di Neurochirurgia in un ospedale universitario. Ad accompagnarla, nel viaggio di tutta una vita, il suo esuberante collega e migliore amico, Chris.
Julian Blackwood, uno sceneggiatore spiantato e colmo di pensieri, circondato da strani amici. Insieme ai quali ha fondato una casa di produzione cinematografica indipendente, la Maudits.
Un incidente motociclistico e un particolare progetto, costringeranno la zelante infermiera a confrontarsi con un mondo quasi completamente opposto al suo, in cui regnano solo le idee e l'immaginazione di chi crea qualcosa praticamente dal nulla. I due protagonisti saranno posti davanti a loro stessi. Dovranno fare scelte importanti per poter comprendere e accettare appieno le loro anime così diverse ma al contempo simili.
Dal Capitolo 5
-Lo fai sempre?- chiese lui con occhi strani.
-Cosa? Vestire i pazienti che ne hanno bisogno?-
-No, accarezzare le gambe dei pazienti in modo così provocante.-
Le guance di Lisa presero fuoco mentre si rendeva conto che non aveva tenuto l’elastico dei pantaloni largo ma aveva permesso che il dorso di una delle due mani restasse in contatto con la pelle di Julian
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 6
 
 Il pomeriggio seguente Lisa si trovava nello spogliatoio delle infermiere pronta a cominciare il suo turno per quel giorno. Se ne stava in piedi fissando il pavimento. Aveva indossato i pantaloni della divisa ma la casacca era ancora ferma nelle sue mani, lasciandola solo in reggiseno.
 Per tutta la notte non aveva fatto altro che pensare alla sua conversazione con Julian. Quell’uomo riusciva a tirare fuori il peggio di lei. Le aveva fatto ammettere la sua attrazione ed era persino arrivato a costringerla a confessare il vero motivo per cui si era allontanata da Theo.
Lei non era abbastanza.
Non era ciò che lo rendeva davvero felice.
 Forse lo aveva sempre saputo ma ammettere in quel modo i suoi pensieri ad un mezzo sconosciuto che non le stava neanche simpatico, era una cosa che non si sarebbe mai aspettata.
 La storia con Theo l’aveva toccata molto più del previsto. L’aveva obbligata a fare i conti con l’opinione che aveva di se stessa, ed era arrivata alla conclusione che la forte Lisa Light in realtà era una donnicciola innamorata, condizionata completamente da un uomo.
 Non avrebbe mai creduto possibile che un ragazzo la riducesse in quel modo.
 Lo amava davvero a tal punto?
 La porta dello spogliatoio si aprì e Lisa vide entrare la giovane sostituta di Lyala.
 -Ciao, Lisa- disse lei con un sorriso.
 -Ciao…- non sapeva il suo nome, non lo ricordava.
 -Martha- il sorriso non abbandonò il suo volto.
 -Mi dispiace, io…-
 -Non scusarti, sono arrivata solo ieri. Posso capire se non ti ricordi come mi chiamo, staitranquilla.-
 Lisa cominciò a fissarsi le mani imbarazzata.
 Quella ragazza era semplice. Non indossava niente di vistoso, neanche una catenina. Il trucco era appena accennato e i capelli lunghi, neri, se ne stavano lisci e in ordine senza mostrare nessuna pretesa.
 Una semplice, giovane, ragazza.
 -Vediamo di rompere il ghiaccio- cominciò Martha prendendo la divisa. –Come va con il paziente della stanza diciannove?-
 Lisa spalancò gli occhi e avvertì le guance scaldarsi.
 -Ne parla tutto il reparto- rise l’altra infermiera. –Credo siano anche partite delle scommesse su quando lo ucciderai con un cuscino. O era strozzarlo col tubo della flebo? Non me lo ricordo.-
 Parlavano solo del fatto che non lo sopportasse. Be’ quello era vero.
 -E’ un uomo piuttosto irritante, non so se hai notato.-
 Martha s’infilò i pantaloni bianchi.
 -A dire il vero, con me e con le altre infermiere è un angelo. Un po’ testardo su alcune cosette ma non ci ha mai dato problemi.-
 -Cosa?! Non ci credo!-
 Quindi era solo lei a scatenare in Julian quel comportamento insano.
 -E’ un ragazzo molto educato e piacevole. Molto intelligente, sì.-
 Lisa indossò la casacca e attaccò il cartellino.
 -Si vede che non sopporta solo me, posso farmene una ragione.-
 -Oppure è interessato a te.-
 Le mani di Lisa si bloccarono mentre si stava legando i capelli.
 -E’ attraente- continuò Martha. –Non ci sarebbe nulla di male nel trovarlo un uomo affascinante. Non credi?-
 -Gli uomini con cui non posso fare una conversazione senza perdere le staffe non sono proprio il mio tipo.-
 Martha si aprì in un sorriso colmo di dolcezza.
 -Mi sembra un’ottima considerazione.-
 -Ci vediamo in reparto- disse Lisa aprendo la porta.
 -Certo.-
 La porta si richiuse alle spalle dell’infermiera Light. Per un attimo rimase ferma, con lo sguardo fisso nel vuoto. Per la prima volta le venne un dubbio serio, a cui non aveva mai dato adito ma che si era annidato nel suo cervello da diversi giorni.
 Sarebbe davvero riuscita a lavorare con Julian Blackwood senza combinare un casino epocale?
 
 Era giunto il momento di servire la cena al principino della stanza numero diciannove. Lisa aveva evitato per tutto il pomeriggio di avere contatti con lui e ci era riuscita. Ora però, i suoi colleghi erano occupati e toccava a lei.
 Si diresse verso la sua stanza e notò che la porta era aperta. L’orario di visita non era ancora finito quindi Lisa dedusse che ci fosse Peter con lui.
 Entrando nella stanza notò che non si era sbagliata, tranne che per un piccolo dettaglio. Non c’era solo Peter.
 -Lisa!- esclamò il ragazzo occhialuto salutandola con un sorriso. Sulla sedia accanto a lui c’era seduta una donna sulla trentina. Anche lei portava gli occhiali e il suo viso era caratterizzato da lineamenti piuttosto spigolosi, avevano quasi un sentore di mediorientale. I lunghi capelli erano costretti in treccine etniche.
 -Lei è Lisa?- chiese la donna alzandosi in piedi.
 -Esatto, mia cara.-
 -Presentale, Peter. La piccola Light non ci sta capendo un bel niente.-
 Quella voce costrinse Lisa a voltarsi verso l’unico letto presente nella stanza. Incontrò immediatamente gli occhi scontrosi di Julian mentre la fissava in modo enigmatico. Soffocarlo con un cuscino o strozzarlo, eh? Qualcuno quella scommessa l’avrebbe vinta, ne era certa.
 -Lisa, questa è Daisy- disse Peter allegro. –E’ uno dei fondatori della Maudits, nonché la mia fidanzata.-
 Lisa distolse lo sguardo da Julian mentre posava il vassoio con la sua cena sul tavolo.
 -E’ un piacere conoscerti, Daisy.-
 -Oh, il piacere è tutto mio- rispose la donna porgendole subito la mano. –Ti ringrazio davvero tanto per aver accettato la nostra proposta. Ci hai proprio tolto le castagne dal fuoco. Almeno l’incidente di questo imbecille è servito a qualcosa.-
 -La solita rompi scatole- mormorò Julian incrociando le braccia, cercando di nascondere una smorfia di dolore. Le costole incrinate facevano ancora male.
 Lisa notò subito che il colorito dell’uomo era migliorato rispetto al giorno precedente. Si stava riprendendo in fretta.
 -Non hai il diritto di parlare, Julian Blackwood.-
 Per poco l’infermiera non fece un salto. La voce di Daisy era sicura e colma di rimprovero. Sembrava una madre che stava sgridando il figlio.
 -Hai rischiato di morire per una stupida cotta del cavolo. Quella donna era un demonio e tu l’hai scambiata per una dea. Non le è mai importato un accidenti di te, eri solo il suo passatempo e tu hai lasciato che ti manipolasse a suo piacemento. Fai tanto il duro e poi ti lasci abbindolare come un liceale. Hai ventisette anni, non quindici.-
 Julian alzò gli occhi al cielo spazientito.
 -Ti ho già detto che sono stato un coglione, ma sono tornato in me quasi subito. Perciò smettila di farmi la paternale.-
 -Come, prego? Io non smetto proprio di fare un bel niente! Andare a quella velocità e rischiare di diventare una macchia rossa sull’asfalto è stato un gesto da puro idiota. E tutto solo perché la reginetta dell’Inferno ha deciso di tornare con il suo ex e di lasciarti. Sei un emerito imbecille!-
Lisa spalancò gli occhi incredula. Julian aveva davvero fatto una cosa del genere?
 -Che razza di stupido- mormorò avvicinandogli il tavolino al letto per permettergli di consumare la cena.
 -Che hai detto?-
 La donna lo fissò dritto negli occhi.
 -Ho detto che sei uno stupido.-
 -Ma come ti…?-
 -La tua vita è importante!-
 Fissò i suoi occhi in quelli di Julian. Ne scaturì odio allo stato puro, tanto da far sobbalzare il paziente.
 -Sei in un ospedale, io qui ci vivo. Vedo gente morire ogni giorno, persone che non vogliono morire ma che non hanno altra scelta. Combattono fino alla fine, si aggrappano ad ogni briciolo di energia. Tu eri sano, non avevi nulla. Non hai avuto rispetto per te e per le persone che ti vogliono bene. Sei stato un lurido egoista.-
 Così andò a farsi benedire il dovere di un infermiere nel giudicare le scelte del paziente. Quell’uomo era in grado di scardinare qualunque filtro Lisa avesse costruito per fare il suo lavoro come si doveva.
 Julian la guardò per qualche secondo poi si aprì in un sorriso amaro.
 -Cosa ti fa pensare che qualcuno avrebbe pianto la mia morte?-
 -Il fatto che due persone siano qui. Me lo fa pensare vedere un amico in questa stanza tutti i giorni a sopportati, e assistere ad una amica che ti rimprovera duramente solo perché voleva che tu restassi in vita. Sono già due persone, e nonostante tu sia un imbecille, sospetto che ce ne siano altre.-
 Il silenzio invase la stanza.
 -Ho già ammesso di essere stato un coglione, non posso fare di più.-
 Abbassò la testa con aria sconfitta.
 Lisa non ci vide più e il suono di una schiaffo riecheggiò nella stanza. Il viso di Julian si era girato dall’altra parte e lentamente portò una mano sulla guancia colpita.
 -Perché…?-
 -Perché c’è altro che puoi fare, che devi fare. Ti devi scusare con i tuoi amici.-
 Julian spalancò gli occhi incredulo per ciò che aveva sentito.
 -Sono stati in pena per te, hai fatto prendere un colpo a tutti loro. Il minimo che tu adesso possa fare è scusarti.-
 -Mi piace questa ragazza- mormorò Daisy al fidanzato.
 -Anche a me- rispose Peter.
Julian continuava a massaggiarsi la guancia mentre uno strano sorriso gli appariva sul volto.
 -Sta sorridendo?- chiese Daisy stupita. –Ancora non ha lanciato fiamme dagli occhi?-
 L’uomo continuò a sorridere e puntò lo sguardo sulla sua gamba ingessata. Una delle tante conseguenze che aveva portato quella decisione piuttosto azzardata e stupida.
 -Costretto ad esaudire i desideri di una ragazzina impicciona- mormorò tra sé. –Sto cadendo davvero in basso.-
 -Non mi sembra di aver ancora sentito delle scuse- disse Lisa con voce dura.
 -Okay, va bene- alzò lo sguardo e rimase in silenzio per un istante guardando i suoi amici. Prese un respiro. –Mi dispiace- lo disse tutto d’un fiato. –Avete ragione entrambe e io sono stato un imbecille. Va bene, così?-
-Si può sempre migliorare- disse Lisa aprendosi in un sorriso. –Per il momento credo che questo possa bastare. Ragazzi?-
 -Va bene- risposero i due in coro, ancora troppo stupiti per il comportamento di Julian. Non aveva mai ascoltato nessuno, non aveva mai dato ragione a nessuno, ed erano bastate poche parole di quell’infermiera per farlo cedere in quel modo.
 -Ora che ho svolto anche la parte psicologica del mio lavoro, vi lascio. Altri pazienti attendono la cena.-
-Aspetta!- esclamò Daisy piazzandosi davanti la porta con le mani sui fianchi. Somigliava tremendamente alla caposala Burton.
 Lisa stava per aprire bocca ma la donna la interruppe riprendendo a parlare.
 -Noi dobbiamo parlare! Oggi!-
 -Daisy, smettila di fare la dittatrice. Sei incredibilmente invadente- mormorò Julian scuotendo la testa.
 -Prova a crescere tu con tre fratelli maschi e una madre come la mia e, credimi, l’invadenza diventa alquanto relativa.-
 Incrociò le braccia e fulminò Julian con lo sguardo. Si rivolse poi, ancora una volta, a Lisa.
 -Hai da fare stasera?-
 L’infermiera restò per un attimo in silenzio mentre guardava quella strana ragazza che era perfino più bassa di lei. Eppure nonostante il corpo minuto e la misera statura emanava un’energia che sarebbe stata in grado di radere al suolo una montagna.
 -Non ho nulla da fare, ma presumo che se avessi avuto un impegno mi avresti costretto a rimandare.-
 Daisy sorrise soddisfatta.
 -Sei davvero perspicace, sono sicura che andremo d’accordo.-
 -Tu vai d’accordo con tutti quelli che ti danno corda- ancora una volta Julian s’intromise.
 -Anche, tu. Forse è per questo che non ti sopporto.-
 L’aria era diventata pesante nella stanza. Lisa fissava i due interlocutori velatamente preoccupata. Ora la potente energia partiva anche dal corpo di Julian.
 Lisa guardò Peter che alzava le spalle rassegnato prima di esibirsi in un vistoso sospiro esasperato.
 -Okay, dateci un taglio!- esclamò alzandosi in piedi di scatto. Si voltarono entrambi a guardarlo. –Fate sempre il solito teatrino e ancora non vi siete stancati? Accettate il fatto di avere due caratteri ingestibili e non pestatevi i piedi l’un l’altra. Fate gli adulti!-
 Aveva pronunciato ogni singola parola con compostezza e il sorriso sulle labbra.
 Lisa notò con piacere che non era l’unica a pensare che Julian Blackwood avesse un carattere tremendo.
 -Okay, va bene- disse Julian abbassando lo sguardo. Daisy lo seguì a ruota.
 -Quindi è così che funziona?- chiese Lisa ai tre presenti.
 -In che senso, mia cara?- la gentilezza di Peter mitigava l’aria nella stanza. Era come una finestra che si apriva e faceva entrare una brezza rinfrescante.
 Julian la fissava con un misto di interesse ed ostilità.
 -Loro si accendono e tu li spegni?-
 Più semplice di così non avrebbe potuto dirlo. Loro erano il fuoco, i loro caratteri la legna che continuava ad alimentarli. E Peter. Be’ Peter non era aria, ma acqua. Una bella cisterna piena d’acqua che riusciva a sedare le fiamme. Lisa aveva l’impressione che quei tre funzionassero insieme solo perché era lo stesso Peter a tenerli uniti.
 -Mi consideri un secchio d’acqua?- chiese Peter scoppiando a ridere.
 -Nel mio immaginario sembri più una cisterna, il secchio non sarebbe sufficiente.-
 A quel punto anche Daisy cominciò a ridere.
 -Sempre più perspicace.-
 -Perciò quando lavorerò con quello straccio d’uomo anch’io dovrei essere come l’acqua?-
 -Straccio?!- esclamò Julian risentito.
 Lisa lo ignorò.
 -La conversazione a cui ho appena assistito mi ha aperto un mondo, ancora non so di preciso come comportarmi con questo idiota, ma almeno mi sono fatta una minima idea.-
 -Io sarei qui nella stanza, non dovresti tenere i tuoi insulti per te in mia presenza?-
 La donna alzò le spalle.
 -Non ho filtri. Non mi piace averli. Se penso una cosa la dico, soprattutto se la persona in questione non mi è particolarmente simpatica.-
 Si rivolse a Daisy non facendo caso alle frecciate di disappunto che Julian le lanciava.
 -Daisy, sono pronta ad eseguire i tuoi ordini. Hai bisogno di me stasera?-
Le palpebre di Daisy sbatterono un paio di volte prima che il cervello le si ricollegasse.
 -Oh, sì. Voglio conoscerti meglio. Lo faccio sempre con i miei colleghi e non vedo perché tu debba essere un’eccezione. Bevi qualcosa con me e Peter?-
 -Cosa?!- la voce che proveniva dal letto non sembrava aver toccato le due donne.
 -Su, Julian. Sei intrappolato in un letto d’ospedale. Potrai conoscerla meglio anche tu, quando uscirai da qui- si esibì in un occhiolino. –Nel frattempo a lei ci penso io.-
 -Ho la sensazione che questa frase dovrebbe disturbarmi ma farò finta di nulla.-
 -Amo la tua intelligenza- disse Daisy quasi commossa. –Non ho bisogno di spiegarti nulla.-
 -Il mio lavoro mi obbliga ad essere sempre un passo avanti agli altri.- Lisa sorrise. – E, a proposito di passi, ora devo proprio alzare i tacchi e occuparmi degli altri pazienti .Stacco alle venti e trenta, potete venire a casa mia con me se vi va di aspettare qui.-
 -Potremmo prendere qualcosa da bere nel frattempo- disse subito Peter con la sua solita premura. –Bianco o rosso?-
 -Entrambi- disse Lisa sorridendo. –Domani mattina non ho nulla da fare e i miei adorabili pazienti mettono a dura prova la mia povera mente.-
 Un’occhiata verso Julian fu d’obbligo.
 -Ho voglia di una bella sbronza.-
 -E sbronza sia!- esclamarono Daisy e Peter all’unisono.
 Lisa stava per uscire dalla stanza, poi si fermò.
 -Ah, se trovate dei limoni portateli.-
 -Ci devi fare la limonata? Non sei già abbastanza acida?- la voce piccata arrivò direttamente dal paziente del letto.
 Lisa si voltò con un sorriso furbo.
 -No, bimbo. A casa ho la tequila.-
 Uno sguardo complice con i suoi futuri ospiti e uscì dalla stanza. La risata che sentì mentre si allontanava dalla stanza le fece capire che avevano afferrato il concetto. Oltre al vino, c’era bisogno di tequila, sale e limone. Senza i limoni sarebbe stato complicato.
 
******
 
 Non fu semplice spiegare a Chris perché due amici di un paziente si fossero piazzati sul divano di casa loro. Alla fine però, convenne che non si trattava di un’idea così malvagia. Lisa avrebbe dovuto lavorare con quelle persone e a Chris faceva piacere conoscerle un po’ meglio. Almeno non sarebbe stato in pensiero per Lisa. Attirava da sempre i guai come una calamita.
 I due ospiti, oltre al vino e ai limoni, avevano anche pensato di prendere due pizze. Dopo averle spazzolate via si sentivano tutti molto più soddisfatti.
 Fino a quel momento avevano parlato del più e del meno. Daisy e Peter si erano conosciuti su un set tre anni prima e da allora non si erano più separati. Qualche mese più tardi, su un altro set, avevano conosciuto Julian e Luke. Da quell’incontro, sul set di un film rimasto del tutto anonimo, era arrivata l’idea. Erano stanchi di dover lavorare con sceneggiature di terz’ordine, e sapevano di essere più che competenti per creare loro stessi i propri lavori. Così fondarono la Maudits.
 Quando anche la seconda bottiglia di fino fu vuotata e Chris si cimentava nella preparazione degli short di tequila, Lisa fece una domanda che le ronzava in testa da un po’ di tempo.
 -Come mai Maudits? A quanto ne so io, non a che fare con qualcosa di sinistro questa parola?-
 -Non direi- cominciò Peter sorseggiando il suo vino con calma. Lui era ancora al primo bicchiere, mentre la testa di Lisa vorticava per tutto l’alcol che aveva già ingurgitato. Stessa cosa valeva per gli altri due.
 -Il nome lo ha proposto Julian.-
 Lisa sussultò nel sentire quel nome.
 -Già- intervenne Daisy con la voce più acuta rispetto all’inizio della serata. – Al principio ha imposto l’idea, come al solito. Per lui era perfetto senza dare spiegazioni, ma alla fine ha parlato.-
 -Sì, dopo che tu lo hai torchiato per giorni.-
 -Poteva resistere e invece ha ceduto. Se avesse parlato prima avrei evitato di essere così insistente, dato che la sua idea mi è apparsa valida nel momento in qui si è deciso a spiegare.-
 -E qual è questa spiegazione?- chiese Chris porgendo a tutti un bicchierino di tequila.
 Peter fece un cenno di diniego con la testa.
 -Io passo, domani devo alzarmi presto- il suo sorriso era puro e semplice. –Comunque il motivo è non è contorto. Maudits viene dalla frase “Poetes Maudits”, i poeti maledetti. Un po’ tutti conoscono questa espressione ed essendo noi indipendenti e nuovi avevamo bisogno di un nome significativo che lasciasse l’impronta. Forse non è rassicurante ma una casa di produzione non deve esserlo. Dobbiamo farci conoscere come rivoluzionari e freschi. Il nome è perfetto per questo scopo.-
 -Short?- fece Daisy alzando il bicchierino colmo di tequila.
 Chris e Lisa annuirono subito.
 Presero un pizzico di sale e lo misero in bocca. Poi la tequila e subito dopo la fetta di limone per rinfrescare il palato.
 Appena il liquido chiaro lambì la gola di Lisa, avvertì il calore scivolare lungo l’esofago fino allo stomaco e la testa cominciò a girare più vorticosamente. Eppure era una sensazione così piacevole e liberatoria. Il giorno dopo si sarebbe sentita sicuramente a pezzi ma in quel momento la tequila era la cosa migliore che le fosse capitata quel giorno, o forse era la cosa migliore da settimane.
 -In effetti- cominciò Chris posando il bicchierino sul tavolino. –Come idea mia piace, ha grinta.-
 -Proprio ciò che volevamo dimostrare- rispose Daisy con un sorriso.
 Lisa rimase per un attimo sovrappensiero. Davvero era questo il solo motivo che aveva spinto Blackwood a proporre quel nome con tanta determinazione? Dal titolo della loro sceneggiatura aveva capito che i nomi non erano importanti per lui fino a quel punto. Non aveva dato rilevanza al titolo di quello che doveva essere il suo capolavoro, perché battersi tanto per il nome della loro casa di produzione?
 Forse la tequila stava svolgendo il suo lavoro troppo bene, cominciava ad immaginarsi tutto.
 -Un po’ strano- cominciò con un sorriso. –Ma adatto.-
 -Il grosso difetto di quel babbeo- cominciò Daisy con voce sempre più strana ed acuta, -è la sua malsana convinzione di avere perennemente ragione.-
 -E’ anche un tuo difetto- mormorò Peter divertito.
 -Vero- rispose lei punta sul vivo. –La differenza è che io ascolto gli altri a un certo punto, lui no. Per carità, molto spesso si trova davvero dalla parte della ragione, ma questo non vuol dire che sia giusto non provare ad analizzare anche altre opinioni. E’ un difetto, un enorme difetto.-
 Lisa non poté ribattere neanche nella sua mente su ciò che Daisy aveva detto. Julian era un testone, su quello non vi erano dubbi di sorta.
 -Venendo a te, Lisa- quasi si spaventò nel sentirsi chiamata in causa. –L’intuizione che hai avuto oggi è più che giusta. Quando ti toccherà lavorare con lui, accontentalo nella misura giusta, in modo che resti mansueto. Tuttavia, se pensi che la tua idea sia più valida della sua non lasciarti sopraffare, sii decisa e cerca di fargli capire con le buone ciò che non afferra al volo. Nel caso in cui non funzionasse, chiamami e ci penserà la tua Daisy a rimetterlo al suo posto. Non lascerò che ti manchi di rispetto!-
 In realtà non erano le mancanze di rispetto che Lisa temeva. Fare l’infermiera l’aveva preparata all’irriverenza della gente. Ciò per cui non si sentiva pronta era lei, lui e un’intera stanza dove non c’era nessun altro.
 Avrebbe dovuto tenere a bada la sua attrazione, la quale aumentava all’innalzarsi del livello d’alcol che le circolava nei vasi sanguigni. Doveva tenerlo bene a mente: mai bere con Julian Blackwood, il suo corpo non avrebbe risposto alla mente in quel caso. La voglia che provava del suo corpo cresceva in modo proporzionale ai bicchierini di tequila.
 Tequila.
 Mai in presenza di quello sceneggiatore da quattro soldi.
 -Mi potete, in qualche modo, preparare al dover lavorare con lui?-
 La sua voce era calma. Aveva bisogno di informazioni su Blackwood, e due amici del suo nemico si trovavano seduti sul divano nel suo appartamento. Situazione perfetta.
 -Credo proprio di no- disse Peter deciso.
 -Perché no?- chiese Lisa sorpresa. Non le pareva una richiesta così assurda.
 -Julian… Lui non è un tipo per cui ti possiamo preparare- la voce di Peter era divertita. –Lui è orgoglioso, lunatico, testardo e tante altre cose che non possono essere definite né difetti né tantomeno pregi. Si pone con le persone in base alle persone stesse, non si concede a tutti. Se gli vai a genio può diventare un grande amico ma se ti detesta non cambierà mai idea.-
 -Presumo di trovarmi nella seconda categoria.-
 Daisy e Peter si lanciarono un’occhiata veloce.
 -Tu non hai mai visto il Julian che detesta qualcuno- intervenne Daisy provvedendo a riempire i bicchierini di tequila. –Non ti odia, fidati. Ti sta studiando, gioca con te. Fa parte del suo modo di fare. Quasi con tutti si è comportato così.-
 Lisa si lasciò andare ad un sorriso divertito.
 -Sono onorata del fatto che si prenda gioco di me- la sua voce ironica era smorzata dall’effetto dell’alcol. –La notizia che non mi detesta mi riempie di grande gioia.-
 Daisy scoppiò a ridere, rischiò di versare la tequila sul tavolino.
 -Tu proprio non lo sopporti, eh?-
 La donna incrociò le braccia, fingendo un broncio.
 -E’ così evidente?-
 Ci fu un attimo di silenzio che precedette la risposta di Daisy, la donna si era trovata impegnata per qualche secondo nel distribuire i bicchierini colmi. Rispettarono il rito precedente, e dopo il sale Lisa posò il bicchierino sulle labbra, pronta a bere.
 -E’ evidente che lo odi. Eppure, da come lo guardi, mi è chiaro che te lo porteresti a letto volentieri.-
 La tequila di Lisa finì tutta addosso a Chris, seduto di fronte a lei intorno al tavolino. Nel recepire le parole di Daisy si era sentita talmente scoperta da farsi venire un colpo di tosse. La tequila era esplosa fuori dalla sua bocca, colpendo l’amico in pieno viso.
 -E che cavolo!- esclamò Chris alzandosi in piedi di scatto. –Torno subito- si diresse contrariato verso il bagno.
 Lisa tossì per qualche secondo mentre Daisy non la perdeva d’occhio. Peter se la rideva sotto i baffi, impegnato a cercare qualcosa nella tasca destra dei pantaloni.
 -Di che diavolo parli?- chiese Lisa con un filo di voce, rivolgendosi a Daisy.
 -Di nulla che tu già non sappia. Julian è un bel ragazzo, ha il fascino del tipo misterioso ed è piuttosto scontroso nelle risposte. L’uomo che qualunque romanziera vorrebbe portarsi a letto. Il protagonista maschile impossibile da domare ma che attira a sé la protagonista in un vortice di attrazione.-
 -E che c’entro io con questo vortice? Non sono attratta da Blackwood.-
 -Quello che pensi, Lisa, lo sai tu. Io, però, me la cavo nel leggere le persone e conosco il potere che quell’uomo sa esercitare sul genere femminile. L’ho visto tutti i giorni per quasi tre anni. In un modo o nell’altro lui ottiene sempre la donna che vuole.-
 -Allora sono fortunata, fino ad ora non siamo entrati in empatia. Dubito di essere una donna che possa desiderare. E comunque rimane il fatto che io non ho alcuna intenzione di andare a letto con lui.-
 A quel punto la risata di Peter si diffuse in tutto l’appartamento.
 -Gli hai detto tu che ne sei attratta, piccola Light.-
 Un fulmine attraversò la mente di Lisa. Quell’idiota di Blackwood aveva parlato, aveva raccontato ciò che gli aveva detto in corridoio. Quella confidenza era per lui, non doveva diventare argomento da salotto. Almeno non nel suo salotto!
 -Io direi di chiudere qui l’argomento- disse alla fine Peter posando degli oggetti sul tavolino. –Quello che farete o non farete tu e Julian Blackwood può tranquillamente restare fra voi due.-
 Lisa si limitò a fissare le mani di Peter.
 -Stai facendo quello che credo?- chiese con curiosità.
 -Ci sono problemi?- Peter si bloccò subito e la guardò.
 Gli occhi di Lisa si posarono su quegli oggetti.
 -Stai scherzando, vero? La faccio io! Sono passate settimane dall’ultima volta. In questo momento sei il mio eroe!-
 -A saperlo l’avrei tirata fuori prima- la risata di Peter era contagiosa, persino Lisa, che sapeva di trovarsi in una posizione quasi imbarazzante, si lasciò andare ad un sorriso.
 Pochi minuti dopo, Chris tornò nella stanza. Si era ripulito e aveva cambiato la maglietta.
 -Chris!- esclamò Lisa contenta.
 -Che succede?- chiese lui confuso.
 -Guarda qui! E’ venuta bene, vero?-
 Gli occhi di Chris si illuminarono alla vista di ciò che Lisa aveva in mano. Quella che sembrava una sigaretta più lunga di una normale, se ne stava tra il dito indice e medio di Lisa. Era già accesa ed emanava un profumo particolare, che Chris conosceva.
 -Era da settimane che non decidevi di fumare erba. Finalmente sei tornata in te, senza una canna al giorno diventi insopportabile. Ti fa solo bene.-
 -Il solito galantuomo- rispose lei espirando e passando a lui la speciale sigaretta.
 - Sei tornata, finalmente. Lasciare Theo è di sicuro la cosa migliore che hai fatto.-
 -Comincio a pensarlo anch’io. Ma dove l’hai presa l’erba?- chiese rivolta a Peter. –E’ ottima.-
 -Fa parte della riserva speciale di Julian. Ne ho presa solo un pochino, non ci farà neanche caso.-
 Lisa scoppiò a ridere.
 -Per caso, per arrotondare, fa il trafficante di droga nel weekend?-
 Daisy intervenne.
 -C’è chi ama il vino, chi la birra, chi è un cultore di formaggi. Julian Blackwood è un appassionato di cannabis. Un hobby come un altro.-
 -Era fatto quando ha scritto la sceneggiatura?-
 Daisy e Peter scoppiarono a ridere.
 -Noi scriviamo sempre da fatti, ci apre la mente. O forse ci fa divertire di più. In entrambi i casi le nostre sceneggiature risultano almeno decenti.-
 Lisa sorrise.
 -Sì, alle superiori lo facevo anch’io qualche volta. Scrivevo dopo aver fumato e venivano fuori le frasi più belle e ragionate. Quando le rileggevo il giorno dopo non potevo credere che fossero opera mia.-
 -Bene- disse Peter ripassandole la lunga sigaretta. –Per quando lavorerai con Julian farò in modo che ne abbiate una scorta.-
 La ragazza si ritrovò ad analizzare velocemente la situazione. In precedenza era stato stabilito che lei e Julian non avrebbero potuto trovarsi da soli in una stanza in presenza di alcol in circolo. Con la cannabis sarebbe stato diverso? Magari sotto quell’effetto rilassante avrebbe potuto ignorare i segni dell’attrazione che provava.
 In quel momento era sia ubriaca che fatta di cannabis. Provò a pensare a Julian e si concentrò sui risultati di quei pensieri. Aveva caldo, un brivido le percosse la schiena, mentre nella pancia cominciava ad avvertire un formicolio. La sua mente le presentò un Julian addormentato. I lineamenti rilassati, le labbra semi aperte. La voglia di baciare quelle labbra, la invase.
 No! Niente cannabis da sola in una stanza con Julian Blackwood!
 -Va bene, così lavoreremo meglio.-
 Era troppo fuori di sé per dare la vera risposta. L’alcol e il resto contribuivano a farle ammettere di essere stata sconfitta, almeno lo doveva confessare a se stessa: avrebbe dovuto fare uno sforzo inimmaginabile per non cedere alla tentazione di fare l’amore con Julian Blackwood. Un’attrazione del genere non l’aveva mai provata con nessuno, eppure doveva trovare il modo di contrastarla. Le cose non si potevano complicare, aveva un lavoro da portare a termine e non avrebbe permesso a Julian Blackwood di rovinare tutto.
 -Direi di fare un altro brindisi- disse Chris versando la tequila.
 Gli altri stavano per rispondere quando qualcuno bussò alla porta.
 -Aspetti qualcuno?- chiese Lisa a Chris.
 -Io no.-
 Lisa si alzò con un po’ di fatica dalla poltrona cercando di arrivare alla porta tutta intera. Quando la spalancò il respiro le si mozzò in gola, mentre le sue palpebre battevano incessantemente.
 Aveva aperto la porta senza guardare dallo spioncino e in quel momento, trovandosi davanti quegli occhi, si rese conto che forse avrebbe dovuto usarlo.
   
 
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