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Autore: Applepagly    06/08/2016    3 recensioni
Alla ricerca di se stessa, per qualcosa che ha perduto: per Bloom il fuoco, e per le altre?
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Brandon, Helia, Nuovo personaggio, Winx
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Merry-go-round'
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Noticine:

Sì, posso rompere le scatole anche prima della lettura.

Ebbene, come prima cosa vorrei ringraziare chiunque legga e commenti questa storia; chiedo scusa per il ritardo con cui risponderò, ma questa settimana sono stata poco bene e non mi è stato possibile.

In ogni caso, beh... ecco il secondo capitolo della seconda parte. È un po' più lungo del solito perché ho cercato di accorparne due. Il prossimo dovrei pubblicarlo mercoledì (martedì sarò via tutta la giornata).

Qui troviamo un po' di spiegazioni anche per quanto riguarda la storia di Helia, ma ci tengo a precisare che è tutto un lavoro di pura fantasia anche per quanto riguarda i segreti dell'accademia di Fonterossa (le tutine speciali e qualcosa che troverete leggendo).

Bene, ora la smetto di assillarvi e vi lascio al capitolo. Grazie ancora a tutti e a presto!

TheSeventhHeaven



Seconda parte - Ordine

 

 

  Dopo l'iniziale difficoltà nel trascinare Solo sino alla sponda della grotta da cui si erano tuffati, i due ragazzi cercarono di ripercorrere il tratto che li aveva condotti lì.

Il bambino camminava a fatica, sebbene avesse il sostegno del suo bastone e di Bloom. Di tanto in tanto lei gettava qualche occhiata per accertarsi che non fosse troppo stanco, anche se quello trovava sempre la forza per sorriderle e rassicurarla.

«Hai trovato la strada, Helia?» gli domandò la ragazza. Lui stava qualche metro più avanti, facendo affidamento sulla sua memoria sebbene, come ricordò a se stesso, non c'era molto altro che lui avesse da tenere a mente.

«Da qui si apre un bivio. Io vado in avanscoperta; voi non muovetevi» raccomandò, indossando il suo guanto. Quel ragazzo doveva avere a che fare con Fonterossa, ne era sicura. Una volta arrivati ad Alfea, qualora qualcuno fosse stato ancora vivo, forse lo avrebbero riconosciuto.

Solo si guardava attorno spaesato e, per la prima volta, le sembrò fosse realmente ingenuo ed inesperto del mondo come chiunque avrebbe pensato, alla vista di quelle paffute guance. Sorrise. «Come ti senti?»

Lo adagiò su un cantuccio, calandogli sulle spalle la mantella che aveva portato con sé. Dalle galleria aveva iniziato a salire una corrente gelida che certo non avrebbe giovato alla salute di lui.

«Non preoccuparti, ho soltanto bisogno di riprendermi. Mi spiace essere di peso»

La ragazza scosse la testa, guardandolo negli occhi. Ogni volta che lo faceva veniva scossa da un violento brivido. «Non dire così... e poi sei piccolo, sono certa che Helia non si sia affaticato troppo»

Proprio in quel momento, il moro li raggiunse, annunciando di aver riconosciuto la strada. Si issò il ragazzino in spalla, non badando alle sue proteste, e proseguirono.

Bloom stava davanti e aveva il compito di tenere in mano la lanterna con il bocciolo, in modo da illuminare la via; dopo qualche ora, fu investita da un'inaspettata luce che segnava l'ingresso della cava.

Felice, corse fuori; la grande nube nera era sparita dal cielo, e al suo posto faceva da spettacolo uno splendido tramonto. Tirò un sospiro di sollievo, convinta che, se l'ambiente era tornato sereno, significava che il peggio era passato.

Tuttavia, la scuola distava molto e non era comunque prudente addentrarsi a Selvafosca con il buio. Decisero di accamparsi lì, accanto alla grotta.

Helia si premurò di imbastire il fuoco, dal momento che la lanterna non avrebbe riscaldato tutti e tre.

Nel momento in cui la scintilla provocò la combustione, i rubini di Solo brillarono più che mai; e la fata rimase turbata nel vedere che le fiamme venivano come attirate da quello che riconoscevano come padrone e padre.

Chi è Solo, in realtà?

«Ecco qua» fece il ragazzo, gettando a terra gli ultimi rami che era riuscito a trovare. «Dovrebbe bastare per tutta la notte. Vado a setacciare l'area»

«Aspetta, Helia! Posso andare io, tu riposati»

Lui storse un po' il naso, senza però cancellare il sorriso dalle labbra.

Helia sorride sempre... chissà com'è, quando si arrabbia.

«Non prenderla sul personale, ma senza poteri è un po' rischioso» disse. La vide incupirsi. «Hey, cosa ho detto? Non prendertela»

Quella annuì, prendendo posto accanto al bambino.

Era lei, quella di peso. Quanto a lungo sarebbe rimasta senza poteri? Perché Dafne era scomparsa? Era strano. Avrebbe giurato di sentire la sua voce chiamarla, quel giorno... o forse...

Forse l'aveva scambiata per quella di sua sorella, ma in realtà era stato Solo. E chissà quanto tempo ci sarebbe voluto, prima che trovassero una soluzione al problema di quel piccoletto, che pure appariva in quel momento tremendamente forte.

Scrutava il fuoco oscillare di vita, mentre questo si sporgeva verso i piccoli palmi delle sue mani. Che fossero... parenti? Da quel che sapeva, era lei l'ultima erede della Fiamma del Drago...

Ma se lui fosse stato davvero un membro della sua famiglia, questo avrebbe spiegato la certezza ostentata dalle parole di lui nel dirle che poteva aiutarla a riottenere quel che era suo sin dalla nascita. Eppure, se era stato creato per guidare coloro che abitavano lo Spirito, significava che egli stesso esisteva sin dal principio dell'universo...

«Dimmi, Bloom...» sussurrò lui, facendola sussultare. «Cos'è, per te, il fuoco?»

Presa alla sprovvista da quella domanda, non avrebbe saputo come rispondere. Già... cos'era, il fuoco?

«Calore? Pericolo?» continuò quello, apparendo ora molto meno infantile. La luce calda si rifletteva sulla sua carnagione diafana, facendola in qualche modo brillare. «Forza?»

«Non saprei...» non aveva mai riflettuto sulla vastità del suo dono, un dono a cui aveva sempre pensato come la capacità di sparare fiamme dalle mani. Sin da quando aveva scoperto di non essere una normale ragazza, aveva pensato al suo potere come a qualcosa che era scritto nel suo destino e non aveva mai considerato l'eventualità di dover lottare, per averlo.

Ma ora... ora forse avrebbe capito che cosa significasse essere una fata per davvero.

Cos'é? Che cos'é?

Vedendola in difficoltà, Solo scosse la testa. «Non importa, riprenderemo il discorso un'altra volta. Che ne dici di dormire un po'?»

Lei annuì, sdraiandosi; portò il braccio dietro la nuca a mo' di cuscino. Cercò di prendere sonno, ma le parole del ragazzino continuavano a rimbombare nella sua mente, come un'eco.

I passi leggeri di Helia la raggiunsero presto, e i due ragazzi si ritrovarono chiacchierare del più e del meno, a bassa voce, accompagnati dallo scoppiettio del fuoco; e a Bloom sembrava quasi di essere tornata quella di sempre.

Ad un certo punto, senza nemmeno accorgersene, iniziò a parlargli di Alfea, delle lezioni, delle sue amiche. Gli parlò di Stella, di come come fosse stato grazie a lei, che aveva scoperto di essere una fata; gli parlò del suo carattere solare ed irruente, di quel suo impicciarsi che era spesso, in verità, un goffo tentativo di aiutare coloro che amava.

Gli parlò di Tecna e Musa, le due così simili, così riservate e dai caratteri un po' bruschi, talvolta; gli parlò dei contrasti che aveva avuto, specialmente con la prima e, nonostante tutto, gli parlò di quanto tenesse a loro, al loro senso dell'umorismo e alle loro parole che cercavano di infondere conforto, sempre.

Infine, gli parlò di Flora, di quella che sentiva più vicina, subito dopo Stella.

«“Flora” hai detto..?» fece Helia, subito. Si passò una mano tra i fluenti capelli, confuso. Dove aveva già sentito quel nome?

«Sì. Lei... è la mia compagna di stanza. È sempre gentile e premurosa con chiunque e... è una persona fantastica. Credo andreste d'accordo» disse con un sorriso.

Lui annuì, sdraiandosi poco dopo. Ancora scosso e chiedendosi perché non riuscisse a fare a meno di associare quella Flora ad un odore dolce, di quelli che si ha sempre l'impressione di avvertire solo nei sogni.

Il tragitto da compiere era ancora lungo ma, appena svegli, era stato deciso di fare una piccola deviazione a Magix per arrangiare un pasto. A Bloom venne il magone non appena misero piede in città, memore di quel che era successo l'ultima volta che vi era stata.

Passarono per la piazza delle Nove Muse, il punto in cui lei aveva rinvenuto il corpo senza vita del ragazzo che le era piaciuto sin dal loro primo incontro; con sua grande sorpresa, il cadavere non c'era più. Inorridita all'idea che le creature d'ombra potessero averlo divorato, si sentì svenire.

Si trovava nuovamente nelle cucine di Alfea, anche se questa volta non stava preparando nessuna frittata ed era sola. Sentiva le voci delle sue amiche, mentre scherzavano del più e del meno; ma quelle risate potevano solo attraversare le spesse pareti senza porte.

Poi si era accorta di una presenza, di una donna. Era molto alta e il suo volto rotondo era incorniciato da una ciocche colore della notte che, ribelli, sfuggivano all'alta coda.

Aveva degli occhi limpidi, a metà fra il cielo sereno e quello in tempesta; e le sembrava di conoscerla.

Chiamava continuamente il nome di Helia, con un tono tra il supplichevole ed il nostalgico; e la voce somigliava a quella di Dafne. Mentre lo ripeteva, a Bloom parve che il viso di lei si sovrapponesse a quello del ragazzo; ecco dove aveva già visto quei lineamenti... che fosse la madre del giovane? Eppure sembrava essere appena più grande di loro.

La sorella...

«Helia...» sussurrò, tendendo una mano verso quell'immagine sfocata che si faceva sempre più nitida. Era svenuta di nuovo.

«Bloom! Ti senti male?» la sorreggeva tra le braccia, preoccupato. Forse era colpa dei suoi poteri perduti, forse era normale che avesse quel genere di crollo...

Lei scosse la testa, mettendosi seduta. Qualche metro più in là, Solo la scrutava con un indecifrabile sorriso sulle labbra sottili.

È lui a farmi questo? È la sua vicinanza?

Dopotutto, aveva iniziato a sentirsi spossata solo una volta giunta nello Spirito; non si sorprese quindi più di tanto, nel vedere che il bambino annuiva, come se le avesse letto nel pensiero. O magari era solo una sua convinzione.

«Forza... ti sentirai meglio dopo aver messo qualcosa sotto i denti» disse il moro, più per rassicurare se stesso. L'aiutò a mettersi in piedi e di lì il trio cercò nella caffetteria più vicina qualsiasi cosa avesse un aspetto ancora decente.

C'erano delle pagnotte nel retro dell'edificio, anche se un po' stantie. Mentre Helia stava di guardia e Bloom si dava da fare per trovare del burro da spalmarvi, Solo le stava dietro.

La scrutava con i suoi luminosi rubini e, dandogli uno sguardo con la coda dell'occhio, la ragazza non riuscì a non paragonarlo ad uno di quegli elfi o di quei dispettosi folletti di cui i romanzi fantasy terrestri erano pieni.

Da una parte, la metteva a disagio. Benché lei non fosse più munita di ciò che le aveva dato la forza di evocare incantesimi, riusciva ancora a percepire la portata del potere che quel bambino aveva in sé, e non poteva fare a meno di domandarsi se davvero una creatura millenaria avesse bisogno di due adolescenti, per salvarsi.

Dall'altro lato, c'era qualcosa, in quella particolare aura, che l'avvolgeva e l'attirava proprio come era successo al fuoco imbastito la notte prima.

«Sei sicura di sentirti bene, Bloom?» fece, alle sue spalle. Le dita affusolate del bambino andarono a stringersi sull'avambraccio di lei, e la ragazza sentì un'incredibile ed improvvisa energia attraversarla.

Cos'era? Le pareva fin troppo familiare... sì... la conosceva... ma com'era possibile?

«Bloom, cos'è il fuoco?» chiese, serio. Adesso quella forza si era fatta troppo pressante; investiva ogni fibra del suo corpo e la riempiva, dandole quasi l'impressione di essere sul punto di esplodere. Faceva male.

«Non... non lo so...» biascicò, in una smorfia di dolore. «So-Solo... che cosa stai...?»

La zittì con un sorriso. «Abbi fiducia, starai meglio. E forse sarai in grado di rispondere alla mia domanda»

Mollò la presa, ma non le parve per nulla che quel curioso processo d'infusione perdesse vigore, anzi... anzi, ora si sentiva diversa. Era come quando compiva la trasformazione, come quando il suo corpo raccoglieva a sé tutto se stesso per spiccare il volo con le sue ali.

Stava per chiedere spiegazioni, quando Helia rientrò. «Niente burro?»

Ancora frastornata, non riuscì a formulare alcuna frase di senso compiuto.

«No, ma lì c'è del miele» Solo indicò un recipiente posato su uno scaffale. Si mise in punta di piedi e lo afferrò. «Poco male»

L'altro emise una sorta di grugnito di dissenso. L'unica volta che aveva assaggiato il miele ricordava di essere stato male. Addentò un pezzo di pane come se non mangiasse da giorni; il bambino rise.

«Se avessi saputo che avevi tutta questa fame, ti avremmo offerto qualcosa da mangiare mentre eravamo nello Spirito»

Helia fece per rispondere, ma ad un tratto un clangore lo fece balzare in piedi, sull'attenti. Proveniva dal retro dell'edificio.

Con passo felino, cercò la causa di quel rumore, seguito a ruota da Bloom e dall'altro. Che fosse una creatura d'ombra? Eppure, il cielo di Magix aveva ripreso a brillare, seppure ancora debole; e quel cielo era come il cuore della dimensione, sapeva bene quando le sue creature soffrivano o meno.

La battaglia ad Alfea doveva essersi conclusa per il meglio, o il cielo ne avrebbe risentito; questo non significava quindi che quei mostri erano sconfitti?

Spaventata al pensiero che uno di loro potesse fare la stessa fine di Sky, tirò un forte sospiro di sollievo quando scoprirono che il nuovo venuto era solo un ragazzo, che doveva avere pressappoco la loro età.

Sorrise, sicura che non rappresentasse una minaccia; ma Helia non doveva essere dello stesso parere, perché subito tempestò il giovane di domande, come volesse sottoporlo ad un interrogatorio.

Quello non sapeva rispondere. Si esprimeva in mugolii soffocati e nei suoi occhi bruni si poteva chiaramente leggere la tragedia che aveva colpito l'intera città. «Non penso che sia pericoloso...» iniziò, chinandosi verso il ragazzo, che intanto si era rannicchiato in un angolo, vicino a delle vecchie pentole. «Sembra sconvolto per quello che è accaduto a Magix. Può essere che abbia perso l'uso della parola?»

«Talvolta succede» annuì Solo, avvicinandosi anch'egli. Sorrise e, di nuovo, Bloom percepì quell'energia che doveva esserle stata infusa prima; questa volta, però, non era indirizzata a lei.

Il custode dello Spirito stava cercando di instaurare un dialogo con quell'anima spaventata, che presto si ammansì come la più docile delle creature. Teneva lo sguardo fisso in quello del bambino, avvolto dal conforto e dal calore che quei rubini gli concedevano.

«È come dice Bloom. Ha subito un trauma pesante» disse, dopo un po'. «Si chiama Levi, ed è cresciuto sulla Terra proprio come te, Bloom»

Helia era perplesso, mentre lei aveva già capito che, qualsiasi cosa fosse, il potere di Solo andava ben oltre ogni altro mai visto. E questo non faceva altro che alimentare i suoi dubbi riguardo l'aiuto che egli aveva chiesto loro.

«Così vieni anche tu dalla Terra, eh?» iniziò. «Tanto piacere! Sono Bloom»

Levi abbozzò un buffo sorriso, curvando appena le sottili labbra in quella che era un'espressione impacciata piena di gratitudine. Faceva tenerezza, tutto ricurvo sulle sue ginocchia benché, come constatarono poco più tardi, in piedi fosse più alto di tutti loro.

Cercava di sorridere il più possibile, con quei suoi occhi grandi che saettavano da Bloom a Solo, evitando accuratamente Helia. Infatti, alla fine avevano deciso di portare ad Alfea anche quel giovane spaurito ma, per qualche ragione, sembrava temere l'altro ragazzo. Chissà, forse era perché lo aveva tempestato di domande senza un briciolo di scrupolo; ma la cosa sembrava essere reciproca.

Quella sera, fermatisi a Magix prima di riprendere il viaggio, Bloom perlustrò l'area insieme al presunto ex-Specialista. Questi, dal canto suo, non riusciva a spiegarsi la strana sensazione che lo aveva investito nel momento in cui aveva trovato Levi, la stessa che aveva provato quando, il giorno precedente, aveva sentito il nome “Flora”.

Era come se li conoscesse entrambi e, nel passato che non riusciva a ricordare, quei due avessero avuto un ruolo importante. Senz'altro, se le capacità di Solo erano così sconfinate da poter leggere i precedenti di un individuo appena conosciuto, di sicuro doveva sapere qualcosa; ma non sembrava disposto a parlare né a fingere di essere all'oscuro di quel che doveva aver scoperto.

Tutto quel gioco di intrighi lo stava confondendo più che mai, perché Helia era stanco di non sapere mai nulla, neppure se questo nulla lo riguardava in maniera diretta. Da quando aveva ripreso conoscenza, circa un anno prima, Bloom era stata l'unica persona veramente sincera con lui sin dall'inizio, o quasi.

Forse era la sola di cui potesse fidarsi e, tra l'altro, se entrambi conoscevano quella Flora c'erano alte probabilità che potesse ricordare qualcosa.

E, una volta espressi i suoi dubbi ed apertosi con la fata senza poteri, qualcosa ricordò, in effetti.

Si ricordò di una splendida bambina, che spingeva la sorellina su un'altalena e che, ad ogni movimento, faceva oscillare i morbidi codini che troneggiavano sul suo capo del colore del caramello. Si ricordò di averla osservata spesso, quella bambina, e di non aver mai trovato il coraggio per andare a giocare con lei.

Quella bambina, Flora; era lei, quella che aveva amato da piccolo. La sorellina, lei... gli aveva regalato il bocciolo di rosa, perché era stata proprio la piccola Flora a renderlo sempre luminoso, e la sorellina sapeva bene che ad Helia avrebbe fatto piacere.

Ma ancora non riusciva a ricordare chi fosse Levi e, soprattutto, chi fosse l'altra bimba che giocava sempre con lui e con la sorella di quella Flora.

 

*

 

Nelle cucine di Alfea c'era Levi, stavolta.

Si destreggiava tra i fornelli con sicurezza, privo di quella timidezza e quell'impaccio che caratterizzavano il vero Levi, quello che avevano trovato tremante nella periferia di Magix.

Il ragazzo canticchiava con una voce sdoppiata, come se fosse il canto unanime di più persone. E quelle persone cantavano una melodia che Bloom aveva imparato a riconoscere, quella del giovane e le sue cinque qualità.

Di nuovo, il calore, la fiducia, il perdono ed il suo gran cuore; ma perché non le veniva permesso di scoprire l'ultimo suo pregio? La sua mente ragionava e inconsciamente le poneva la stessa domanda che Solo le aveva rivolto: cos'era, il fuoco?

Emanava calore, in effetti, e tanta luce. Fiducia? Si poteva intendere come fiducia il suo essere sempre uguale e fine a se stesso, il suo movimento perpetuo e determinato?

E il perdono? Il fuoco accoglieva sempre e comunque, nel bene e nel male. Abbracciava chi cercava di sopravvivere e anche chi cercava la morte, non voltava mai le spalle a chi chiedeva il suo aiuto.

Il fuoco... sembrava quasi quel giovane di cui parlava la cantilena. Era... era una persona, a vederla sotto quella luce. Sì, una persona; una persona che aveva un gran cuore e che amava ogni cosa del creato, scaldandola o bruciandola, portandola a rinascere.

Perché il fuoco rinasceva sempre, prima o poi, e proprio quella sua scintilla dava vita anche a tutto il resto. Non esisteva forse una teoria, sulla Terra, per la quale tutto aveva avuto origine da uno scoppio, da una scintilla?

Il fuoco era quello?

Mentre questi pensieri affollavano il suo sonno, Bloom aveva l'impressione di sentire il proprio corpo in fiamme, come se si logorasse dall'interno; ma non era nulla di malevolo. Come quando il bambino le aveva infuso la propria energia, si sentiva forte, capace di compiere ogni impresa.

Ci pensò un urlo a svegliarla e riportarla nel mondo della realtà. Aprì gli occhi e si issò in piedi di scatto, all'erta.

Anche Helia e Solo dovevano aver sentito quel grido ed avevano fatto due più due, dal momento che all'appello mancava Levi. Lo cercarono, preoccupati, per le vie di Magix, e lo trovarono in un vicolo stretto, accucciato contro il muro.

Di fronte a lui, una creatura si apprestava a sfoderare un colpo che lo avrebbe sicuramente stroncato, se non fosse stato per il pronto intervento dell'altro ragazzo.

Questi cercò infatti di trattenere il braccio del mostro – che si era rivelato essere un mostro d'ombra – avvolgendogli attorno i lacci del suo guanto e fece forza, scaraventandolo al suolo. «Da dove è sbucato? Ieri abbiamo controllato e non c'era» biascicò, rinsaldando la presa.

Con uno strattone dilaniò la carne del nemico, pronto a far saltare anche gli altri arti.

Intanto, Bloom e il bambino sollevarono Levi, che non riusciva a muoversi per lo sgomento. «Helia, è tutto inutile!» lo avvertì la ragazza. «Si sta rigenerando!»

E, infatti, un istante dopo la creatura era di nuovo in piedi, sana e, soprattutto, più minacciosa che mai; il ragazzo dovette ingaggiare con lui una furiosa lotta per permettere loro di nascondersi. «Occupatevi di Levi, io... cercherò di distrarre questo coso»

Solo fece come era stato detto, tenendo per mano il giovane e trascinandolo sotto la saracinesca di un negozio; la fata li seguì, nascondendosi a sua volta. Ma mentre era lì, nel buio del locale, qualcosa le logorò l'anima, piano piano.

Vedere Helia alle prese con una creatura d'ombra aveva innestato in lei una strana sensazione. Rivedeva in lui Sky, Sky che combatteva e che finiva a baciare il suolo per colpa sua; le cose sarebbero dunque andate così anche questa volta?

No. Non posso lasciarlo solo, qualsiasi cosa accada.

«Non abbandonerò Helia» disse. «Devo aiutarlo. Solo...»

Guardò negli occhi il bambino che, curiosamente, non si oppose. Le sorrise, e ancora una volta lei si sentì... ardere, infiammata da una nuova forza.

Tornò sui propri passi, risoluta. Il ragazzo era a terra, esausto e sfigurato in volto da una serie di graffi che avrebbero senz'altro lasciato un segno. Sapendo di star per compiere un gesto eroico quanto stupido, Bloom sollevò con fatica una sedia di un bar lì accanto, tentando di colpire il mostro alle spalle.

Come la vide, Helia le urlò di non avvicinarsi, ma era tardi: la creatura si voltò di scatto, sorprendendo la ragazza ed assestandole un colpo che quella non vide nemmeno.

Poteva sentire il sangue sgorgarle da un braccio, unirsi all'insistente formicolio delle gambe e alle fitte sempre più persistenti al polso che le fecero intuire di averlo rotto. E poi i lividi, tanti lividi; ma non le importava, perché non percepiva soltanto il dolore.

Quell'energia che Solo le aveva dato le permetteva di avvertire ogni singola parte del proprio corpo, come se avesse vita propria. I muscoli erano in tensione, il respiro era più pesante e il cuore batteva all'impazzata in un ritmo che conosceva già e di cui, per breve tempo, aveva dimenticato l'essenza.

Ricordava la prima volta che si era trasformata.

Era stato un gesto dettato dalla rabbia e dalla paura, emozioni forti che provocavano l'istinto. E l'istinto aveva provveduto donandole un paio di ali che s'intrecciavano alle scapole ed un vigore che le dava l'impressione di essere invincibile; ma adesso era diverso.

La rabbia e la paura erano svanite, rimpiazzate da una nuova consapevolezza: la consapevolezza di essere se stessa. Perché finalmente aveva compreso le parole di quel bambino eterno, aveva compreso le parole di quel canto che si ripeteva nelle sue orecchie ed era riuscita a carpire l'ultima qualità del giovane, del fuoco.

Si trasformò ancora una volta, bruciando dal desiderio di essere come il fuoco; e quella forza disintegrò la creatura d'ombra, non lasciandone traccia.

Non badava al dolore perché il fuoco, che accoglieva e risanava, curò tutte le sue ferite, come se non fossero mai esistite.

Io... ce l'ho fatta?

«Bloom...» mormorò Helia, alzandosi. Le si avvicinò meravigliato da quel che aveva appena visto – oltretutto, per lui era la prima volta che assisteva alla metamorfosi di una fata – e sorrise. «Tu... sei riuscita ad ottenere indietro la magia!»

Lei annuì, con poca convinzione. No, i conti non tornavano ed era certa che si fosse trattato solo di un effetto temporaneo dovuto esclusivamente a Solo e all'ascendente che aveva su di lei il suo misterioso potere.

Proprio in quel momento, il ragazzino spuntò dalla via che aveva imboccato per mettere in salvo Levi. Avanzavano con passo lento, quasi stanco; eppure il bambino sembrava aver ripreso colore, mentre l'altro aveva fatto sparire l'espressione di puro terrore che aveva dipinta in viso da due giorni.

«State bene?» domandò Solo. Il suo sorriso tradiva soddisfazione.

«Sì. Ed è tutto merito suo» iniziò il moro. Raccontò l'episodio e, ad ogni sua parola, i dubbi strisciavano nella mente di Bloom.

Era bastato quello? Era bastato dare una definizione al fuoco, per renderla di nuovo fata?

Certo, lì per lì non ci aveva mai pensato. Non lo aveva considerato come tutte quelle cose, ma le aveva sempre riunite sotto un'unica entità: la vita.

Era quello, era vita; eppure lei lo sapeva già, inconsciamente.

Ma, forse, ciò che Solo aveva cercato di dirle sin dall'inizio era che solo prendendo consapevolezza della propria vera natura l'avrebbe padroneggiata; e se non avesse mai ricordato al suo cuore i molteplici volti del fuoco, forse non sarebbe mai tornata quella di prima.

Ora che aveva ritrovato il fuoco, anche il bambino sembrava rinato; e lei capì molte cose.

Ciò che gli avevano rubato gli era necessario, ma non se n'era reso conto finché non lo aveva perso; era come lei, ma lui non aveva mai perso nulla, non per davvero.

Tutta quella storia... era stata una semplice finzione?

 

*

 

  Helia procedeva per i boschi con cautela e teneva il braccio teso in avanti, sorreggendo la lanterna.

Sorrideva tra sé e sé, al pensiero di ricordare qualcosa del proprio passato, finalmente; e chissà, forse una volta ad Alfea avrebbe rivisto quella Flora e tutto si sarebbe sistemato.

Tuttavia, il fatto che Bloom avesse riottenuto i suoi poteri lo faceva sentire uno sciocco che, in un anno, non aveva concluso praticamente nulla, mentre per lei era stato sufficiente scavare un po' in se stessa per trovarsi.

Si sentiva stupido, soprattutto perché aveva sempre avuto la soluzione a due passi e non era stato in grado di cercare nei posti giusti. Per un anno intero aveva vagato nei meandri più oscuri e sperduti della dimensione quando gli sarebbe bastato camminare un po' fino a quel castello oltre il lago.

Adesso che mancavano pochi chilometri alla destinazione si malediceva per la propria impulsività, che gli aveva portato solo guai; e questo sospetto veniva rinnovato ogni volta che incrociava lo sguardo sincero di Levi.

Quella sera, il ragazzo lo aveva accompagnato nel suo ormai rituale giro di perlustrazione. Era un gesto che compiva spinto dalla curiosità, più che dall'effettivo desiderio di prevenire ospiti indesiderati.

Gli piaceva stare solo e riflettere, cercando di memorizzare quelle fronde e, al tempo stesso, di sollecitare la mente a ricordare se ci fosse mai stato o meno; ma aveva apprezzato la compagnia di Bloom, la volta precedente.

Oltre ad averlo aiutato a far riaffiorare due volti importanti, lo aveva fatto sentire... normale. Certo, dalla voce di lei trapelavano sempre molte incertezze, ma aveva cercato di rassicurarlo, di convincerlo che le cose si sarebbero rimesse al loro posto.

Aveva un potere tranquillante, come di una speranza immortale.

Levi invece lo agitava, e il fatto che non avesse mai spiccicato mezza parola lo insospettiva.

Stava dietro di lui, mantenendo il passo e guardandosi attorno. Helia si sarebbe aspettato che si rifiutasse di andare con lui, o che quantomeno mugolasse un po' di dissenso, ma quello non si era tirato indietro e, anzi, sembrava più che sicuro di non essere in pericolo.

Chissà che non si fosse calmato per merito di Solo. Anche lui, come Bloom, aveva un certo carisma se si trattava di rasserenare qualcuno.

«Sei stanco?» domandò al brunetto, guardandolo con la coda dell'occhio.

Il passo di Levi era leggero, silenzioso, e faceva da sottofondo a quella conversazione che, sicuramente, sarebbe stata costituita ancora una volta da domande e sillabe mugolate.

È un po' strano che si muova così. Sembra goffo, ma ha un passo insolitamente felpato.

«No, non sono stanco. Ma grazie per averlo chiesto» una voce dura gli rispose, costringendolo a voltarsi.

Sorpreso e allibito, non sapeva esattamente cosa dire.

«Ora che siamo soli, potremo parlare» continuò, sorridendo. «Una persona in vita si comporterebbe così dopo uno shock, giusto?»

Una persona... in vita?

«Se fossi ancora vivo, avrei reagito così. Il silenzio sarebbe stato l'arma migliore per impedirmi di pensare a certi orrori. Helia» fece, amaramente. «Non ti ricordi di me, eh?»

«No...» ammise, perplesso. Levi era un fantasma, nient'altro che un fantasma, quindi. «Ma so di conoscerti. Da qualche parte, io... so che sei stato importante»

Il ragazzo sospirò, mestamente. Si appoggiò alla ruvida corteccia di un albero; e fu allora che Helia si accorse dell'opacità della sua pelle.

Pareva una pallida ombra, fatta di acqua eterea che sotto la luce lunare brillava e cessava di nascondere la vera essenza di lui.

«Beh, per lo meno sei ancora vivo. Non sarei mai riuscito a perdonarmi se non fossi stato in grado di salvarti» affermò, ripercorrendo mentalmente degli eventi che nella coscienza dell'altro erano mere immagini sfocate.

«Chi sei?» chiese allora Helia, senza ulteriori indugi.

Fremeva all'idea di scoprire qualcosa, finalmente; ma quel che scoprì lo lasciò con l'amaro in bocca.

Ricordò ogni cosa che le parole di Levi gli mostrarono: era un allievo di Fonterossa, uno Specialista, e uno dei più promettenti, anche. Ma questo lo aveva nel sangue, perché era nipote di Saladin, di uno dei maghi più potenti che esistessero.

Saladin...

Sì, quel nome tornava. Saladin era “il suo nonnino”, quello che andava a trovare ogni pomeriggio d'estate, quando era piccolo; quello che gli insegnava tutto quel che sapeva sul mondo e, allo stesso tempo, lo lasciava giocare e godersi gli anni che non sarebbero tornati.

Era stato “il suo nonnino” ad accorgersi del suo potenziale, e i primi tempi lo aveva allenato personalmente.

Poi era arrivato il giorno del test di ferro. Così veniva chiamata, a Fonterossa, la prova che ogni Specialista doveva affrontare al termine del primo anno: una missione più pericolosa delle altre, in cui nessun docente o studente più anziano avrebbe potuto intervenire per salvare la vita ai cadetti.

«Eri il mio migliore amico ed io il tuo» sorrise Levi. «Tutti ti prendevano in giro, ti davano del raccomandato; ma io sapevo che valevi davvero. Avevo un po' più di esperienza alle spalle, rispetto a te, però non ero mai stato capace di passare il test di ferro»

La prima volta che aveva fatto l'esame, aveva ricevuto l'ordine di togliere di mezzo un pericoloso criminale che da un po' di tempo tormentava Magix, anche se era stato fatto il possibile per mettere a tacere le notizie. Levi non ce l'aveva fatta, perché non avrebbe mai potuto uccidere nessuno.

«Così ritentai insieme a te l'anno successivo» continuò. «Quella sera avremmo dovuto sventare un gruppo di mercanti d'armi modificate illegalmente, ricordi?»

Forse sì, forse iniziava a ricordare di come fosse elettrizzato all'idea di diventare un vero Specialista, quando in realtà il suo entusiasmo sarebbe stato stroncato poco dopo.

Sembrava strano e nessuno, all'infuori dell'accademia, lo sapeva; ma era così: gli Specialisti non erano buoni solo a dimenare spade colorate ed indossare tutine aderenti.

Quel che facevano era quasi un segreto, e quella vita da pseudo spie li rendeva perennemente in pericolo; eppure, chi avrebbe potuto immaginare che qualcuno potesse fare una soffiata a quei contrabbandieri, il giorno del test?

«Ci pensi? Cinque mesi di lavoro andati in fumo. Eravamo stati noi a proporci volontari per quella missione, e invece...» sospirò. «È così che sono morto. Almeno sono riuscito a metterti in salvo, anche se pare tu sia ruzzolato giù da un'altura, dopo» rise forte, cercando di mascherare la nota di tristezza che aveva intriso la sua voce di malinconia.

«Mi dispiace» fu tutto ciò che riuscì a dire di fronte al ricordo di quel che era stato. Si specchiò negli occhi caldi dell'altro, rivedendovi il passato che aveva creduto perso per sempre.

Levi scosse appena la testa. «Va tutto bene. Sai... io... non dovrei essere qui. Solo mi ha chiamato»

Solo?

«Lui non ha davvero bisogno di aiuto, Helia. Eravate tu e Bloom, ad averne» spiegò. Come aveva potuto non arrivarci prima? «Vi ha fatti incontrare, perché sapeva che lei ti avrebbe permesso di ricordare Flora»

«Tu ne eri innamorato perso. Credevi fosse solo una sciocchezza di quando eri bambino, ma più andavi avanti più ti rendevi conto che non era così» continuò dopo un po', in una risata. «E Bloom la conosce. Poi Solo ha trovato il modo di far rinsavire sia te che lei: ed ecco che sono arrivato io»

«Levi, io-»

«Lo so, Helia. Non posso fartene una colpa» lo interruppe, avvicinandosi a lui. Avrebbe voluto abbracciarlo, perché avevano condiviso tutto; ma era vicino ad andarsene, a togliersi quel peso per sempre. «Volevo solo dirti addio. E Solo... o meglio, il grande dragone mi ha dato la possibilità di farlo» concluse, sorprendendolo con quell'ultima rivelazione.

Sentendosi in qualche modo più leggero, chinò il capo per nascondere i suoi occhi, perché non voleva far uscire allo scoperto quelle lacrime che avrebbe pianto.

«Helia» lo chiamò. «Salutami tua sorella. Dille che non potrò mai dimenticarla»

Mia sorella?

«Vera...» sussurrò, senza nemmeno rendersene conto.

Mentre Helia cadeva a terra, come colpito da un incantesimo, vedeva Levi dissolversi senza smettere di sorridere; e quei due nomi, Flora e Vera, presero a vorticargli in mente come una dolce ninnananna a cui aggrapparsi.

Quando si svegliò, sdraiato accanto a Bloom, anche Solo era sparito e i due si trovavano sulla riva di quel lago profondo che, nella grotta scura, li aveva portati nello Spirito.

Quando si svegliò, si chiese se fosse stato un miraggio o la verità; eppure in volto portava ancora i graffi vivi che gli aveva inferto la creatura d'ombra.

Quando si svegliò, aveva l'impressione di aver fatto ordine nella propria mente.

 

  
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