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Autore: Lory221B    09/08/2016    7 recensioni
La vita trascorreva tranquilla al 221B. Sherlock cercava nuovi modi per non annoiarsi e John evitava che i passatempi ricreativi del marito distruggessero l'appartamento. Poi, una mattina come tante, la figlia di John si presentò in Baker Street, con una lieta e sconvolgente notizia.
(johnlock) (non tiene conto degli eventi della quarta stagione)
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Irene Adler, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Troppo pomposo



John fissò più volte Sherlock, poi Grace, poi di nuovo Sherlock, poi cercò con lo sguardo la bottiglia di brandy invecchiato trent’anni, regalata da Mycroft qualche Natale prima, che conservava per occasioni tragiche come quella.

Sherlock appoggiò il vassoio del tè, avvicinandosi al marito con fare guardingo, temendo un occhio nero che si sarebbe sicuramente meritato. Fece per appoggiare una mano sul braccio di John, ma il dottore gli lanciò uno sguardo che significava solo “lasciami in pace o è l’ultima cosa che fai in questa vita”, per cui il detective arretrò, mangiandosi la battuta fuori luogo che avrebbe voluto fare.

Ci aveva messo anni, ma aveva imparato che per calmare John, le battute sarcastiche non erano l’ideale, anzi servivano solo a prendere una testata sul naso.

« Papà? » fece Grace, visibilmente preoccupata dal colorito del padre.

« Tesoro, ti spiace se scendiamo a prendere aria? » rispose lui, senza mai guardare in direzione di Sherlock.

Grace fece un cenno di assenso col capo, mentre si aggrappava al braccio che John le porgeva. Uscendo rivolse un ultimo sguardo al detective, ancora intento a riflettere sul modo corretto di scusarsi, per non aver mai rivelato in vent’anni, di cui quindici da sposati, che Irene Adler, la Donna, l’unica di cui John era stato davvero geloso, era viva e vegeta.

Si grattò la testa sconsolato e  si preparò alla sfuriata, che sarebbe arrivata quando John avrebbe fatto ritorno a casa. Era sicuramente il caso di pulire un po’ l’appartamento o almeno fare finta, se John fosse tornato e lo avesse trovato seduto in poltrona a leggere tranquillo, lo avrebbe ucciso in tredici modi diversi, era meglio che mantenesse un atteggiamento contrito.

Qualche ora di finte pulizie dopo, John ritornò a casa con un passo stanco e infastidito, leggermente più zoppicante del solito. Aprì la porta con rassegnazione ed entrò nell’appartamento, sconsolato. Sherlock prese un bel respiro e si tenne pronto, ogni insulto sarebbe stato meritato, lo sapeva.

Ma nessun grido arrivò, John si limitò ad un incolore “ciao” e si diresse alla sua poltrona. Afferrò il libro che stava leggendo da qualche giorno e ignorò completamente il marito, fermo in piedi al centro del soggiorno, con la scopa in una mano e uno straccio nell’altra.

Il detective si morse un labbro, se aveva scelto il silenzio per punirlo, era la strategia più crudele per lui. Una sfuriata passava subito, il silenzio rassegnato era decisamente più grave.

« John, potremmo parlarne? » fece Sherlock.

« No » rispose secco il dottore « Puoi continuare a fingere di pulire il soggiorno, se ti fa piacere »

« Preferire mi prendessi a pugni » rispose, con un mezzo sorriso.

« Servirebbe a qualcosa? » chiese John, appoggiando il libro sulle ginocchia e guardandolo dritto negli occhi.

Il detective imitò il marito e si sedette anche lui in poltrona, aprì più volte la bocca, per iniziare un discorso di scuse, ma fu subito stroncato da John « Risparmiami la scena madre, so che non ti dispiace davvero » fece tagliente « Hai agito così, perché lei era in pericolo di vita, poi gli anni sono passati e non hai ritenuto rilevante mettermi al corrente. E’ corretto? » chiese il dottore.

Sherlock annuì, anche un po’ spaventato dalla capacità di John di dedurlo.

« Bene, non c’è altro da dire, salvo che mia figlia vuole sposarsi a 18 anni e io passerò le cene di Natale con la mia nuova suocera, ex dominatrice e ex fiamma di mio marito, fantastico! » concluse, alzando di un’ottava il tono di voce, cosa che rallegrò Sherlock perché significava che la sfuriata stava per arrivare.

« Sei il solito melodrammatico. Non era la mia ex fiamma, John. Lo sai benissimo che non c’è stato niente, me lo hai chiesto milioni di volte. In quanto al Natale, non può essere peggio che passarlo con Mycroft o con il marito di Mary » provocò, per farlo scattare.

John lanciò a terra il libro e il detective tirò un sospiro di sollievo, era più facile fare pace dopo che si era sfogato.

« Io melodrammatico? Io? » sbraitò.

« Non urlare, spaventi i vicini » fece, in una perfetta imitazione della signora Hudson « E poi, tu ti sei fatto mezza Londra, ma non sto a saltare per aria ogni volta che qualche tua assurda ex salta fuori dal passato »

« Sherlock, per prima cosa nessuna mia ex è rispuntata dal passato, inoltre erano relazioni superficiali mentre a te, mi risulta, siano interessate solo due persone in tutta la vita, una sono io e l’altra è la Donna »

Il detective trattenne per un attimo di troppo il fiato e John capì che c’era qualcosa che gli stava nascondendo. Terrorizzato di essere la causa dell’infarto di suo marito, Sherlock riprese a respirare ed esalò, a voce appena udibile da orecchio umano, un leggero commento sul punto  « Se proprio vuoi essere preciso, sarebbero tre »

« Come? » chiese John.

« Un mio compagno di Università, siamo usciti tre volte, ma si è fatto prete. Non so, in effetti, se le due cose siano collegate, cioè che abbia preso i voti dopo essere uscito con me » fece, leggero, cercando di strappare un sorriso che non arrivò « Comunque è un prete, per cui non credo tu possa concepirlo come una minaccia »

John strinse i pugni, si alzò in piedi lentamente, come riflettendo sul da farsi, fece un passo verso Sherlock, per prendere a calci almeno una sedia, se non il marito stesso, poi imprecò sottovoce e si diresse in camera « Vado a dormire e sei pregato di accomodarti sul divano, sta notte » gridò sbattendo la porta della stanza.

« Sono solo le 6 » rispose il detective, guardando avvilito l’orologio e temendo che il marito stesse invecchiando precocemente.

John si sedette sul letto, nemmeno il tempo di comporre il numero di Mary, che gli arrivò il primo sms.

Grace mi ha detto che non l’avete presa bene.
Cosa dovrei sapere su questa Irene?
M

E’ una storia lunga, ti spiegherò
Non l’ho presa bene per niente, ha 18 anni!
J

Conviene assecondarla, se le diamo contro, la spingiamo verso di lui.
M

« Fantastico » commentò John, prima di rigirarsi nel letto e tentare di addormentarsi.


**** *****

La mattina dopo, le prime luci dell’alba filtrarono dalle tende, che Sherlock aveva dimenticato di tirare quando si era rassegnato ad addormentarsi sul divano.

La notte era stata popolata da sogni particolarmente infelici, in uno di questi il detective scopriva amaramente che gli ultimi quindici anni erano stati un sogno, viveva nel Sussex tra gli alveari ed era completamente solo.

Si svegliò di soprassalto, biascicando il nome di John. Fortunatamente non era in un cottage ma sul divano, raggomitolato in posizione fetale. Era certo di essersi steso sul divano ancora con i vestiti, ma senza vestaglia; si accorse, invece, di essere al caldo, merito di una coperta di pile che John doveva aver adagiato su di lui, durante la notte. Aprì gli occhi, li sbatté più volte. John era seduto al tavolo, sorseggiava un tè e sembrava stesse leggendo, in maniera quasi maniacale, qualcosa sul tablet.

Il detective cercò di intuire l’umore del marito, forse era ancora arrabbiato o forse no, la coperta di pile era comunque un buon segno. Rimase in silenzio, pensando a una frase brillante per rompere il ghiaccio, quando John, senza dire nessuna parola, si alzò dal tavolo, puntando  in direzione del divano, sempre con lo sguardo fisso sul tablet. Meccanicamente Sherlock si sollevò leggermente per farlo sedere, cosa che John fece, come d’abitudine rodata da anni di matrimonio, e Sherlock riappoggiò la testa sulle ginocchia di John, sorridendo tra sé, per essersi risparmiato un’altra giornata di litigate.

« Non pensare ti abbia perdonato » commentò John « Solo che adesso sono più concentrato su questo Christopher » fece, girando il tablet verso Sherlock e rivelando un giovane ventenne, alto, dal portamento regale, i capelli castani leggermente ricci e gli occhi azzurri.

« Non ti piace? » chiese Sherlock.

John emise un verso di disapprovazione e poi si mise a leggere, con il tono più pomposo che riuscisse ad imitare « Christopher Maximilian Nicholas von Ormstein, figlio di  Wilhelm Gottsreich Sigismond von Ormstein, granduca di Cassel-Felstein, nato a Varsavia, in Polonia, brillante primogenito di una lunga stirpe di nobili, discendenti dai sovrani Boemi,  ha frequentato le migliori scuole del Regno Unito, prima Eton e poi Oxford - già si capisce che è un insopportabile snob » commentò acido.

« Anch’io ho frequentato Eton e Oxford » rispose il detective, in un tentativo di tranquillizzarlo.

« Appunto » lo stroncò John, lanciando comunque un’occhiata divertita « In ogni caso, mi spieghi come una fuggitiva come Irene Adler, sia riuscita a sposarsi con un Granduca e fare ritorno a Londra come niente fosse? » fece, alzando leggermente il tono di voce, ma contrariamente agli occhi in tempesta, sembrava più si stesse preparando a marcare il territorio e non all’ennesima sfuriata contro Sherlock.

« Nessuno è andato a cercarla in Polonia, il Granduca le forniva un’ottima protezione e ora può fare ritorno tranquillamente a Londra perché la maggior parte delle persone che volevano vederla morta, ormai sono passate a miglior vita »

« Mi aveva detto di essere gay » commentò John, tra sé, ricordando una vecchissima conversazione con la cara Irene.

« Non credo si sia sposata per amore. Ti ripeto, il Granduca era la miglior soluzione per stare al sicuro »

« Questo mi rincuora! » commentò John « In ogni caso, vorrei tanto capire perché Grace voglia sposarsi a 18 anni » esalò.

« John, Grace vive da sempre in una famiglia sopra le righe, tu e Mary avete divorziato che aveva tre anni e lei non ha battuto ciglio, noi due ci siamo sposati poco dopo e non ha mai fatto capricci, è sempre stata brava, nei limiti di una bambina che ha ereditato i vostri geni » fece sorridendo « Poi Mary ha sposato David, l’uomo più noioso del mondo, avete messo al corrente Grace, di parte del passato della madre, lei ha letto il tuo blog, ti ha visto finire continuamente sulle prime pagine dei giornali. Non mi sembra tanto strano che voglia una vita ordinaria, con un marito, una casa, figli, un cane, quelle cose da perfetta famiglia dei telefilm »

John incassò il discorso in silenzio, come se per la prima volta si fosse reso conto che nonostante Grace si fosse sempre dimostrata entusiasta per le avventure paterne e non si fosse mai lamentata di niente, poteva non essere quella la sua famiglia ideale, magari avrebbe preferito lui, Mary ed un cane.

« Direi di no » fece il detective, rispondendo ai pensieri di John « meglio due genitori divorziati ma felici. Ti vorrei ricordare che avete passato tre anni a litigare per ogni sciocchezza »

La risposta di John non arrivò, perché fu interrotta dal trillo del campanello di ingresso. Sherlock alzò gli occhi al cielo, distinguendo subito quel tipo di modo di premere il campanello, da tutti gli altri « Ci mancava solo Mycroft ».

Si alzò per andare ad aprire, mentre John ancora fissava il tablet, nell’improbabile tentativo di dedurre tutta la vita di Christopher, da quella minuscola foto postata su wikipedia.

Mycroft entrò in Baker Street,  arricciando il naso, con il consueto disappunto per il disordine e la polvere dell’appartamento. Guardò John, ancora seduto frastornato sul divano, che non dava alcun cenno di interesse all’entrata del cognato « Non commenterò che sei ancora in pigiama, vista la lieta novella che vi è stata data »

« Sai già del matrimonio di Grace? » chiese John, ben sapendo che era una domanda inutile, Mycroft sapeva sempre tutto.

« Ovviamente e direi che capita proprio a fagiolo » commentò, sfilando una cartellina dalla borsa, destando non poca curiosità in Sherlock e un misto di apprensione in John « Siamo abbastanza convinti, e per siamo intendo io e l’MI6, che la vostra vecchia conoscenza, abbia commesso diversi furti in giro per l’Europa, ai danni di uomini molto importanti » fece allungano i documenti a Sherlock.

« Stiamo parlando di Irene Adler? » chiese John « La mia futura suocera, dovremmo indagare di nuovo su di lei? » chiese, certo che non ne sarebbe uscito vivo da tutta la vicenda « Perché dovrebbe fare dei furti, è ricca » commentò.

« Probabilmente si annoia » commentò distrattamente Sherlock, leggendo il fascicolo.

« Su con la vita, John. Se arrestiamo Irene, non dovrai sopportarla come suocera » commentò Mycroft, con un sorrisetto indisponente.

Watson sospirò forte e poi andò a cercare la bottiglia di brandy che sognava  dal giorno prima, il gioco era iniziato nella maniera più strana.


Angolo autrice
Grazie a tutti per aver prontamente letto, recensito, inserito in qualche categoria, questa commediola estiva ;) questo capitolo ha preso una piega molto più fluff di quanto mi aspettassi :-p
Alla prossima!

   
 
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