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Autore: musicislife17    11/08/2016    1 recensioni
In una New York confusa ed elettrizzante come sempre, le vite di tre ragazze cresciute insieme si mescolano e si confondono: Jackie, una giornalista in gamba, ambiziosa e indomabile, in lotta con il proprio caporedattore e con i suoi sentimenti; Autumn, innamorata della musica e dei musicisti, in fuga costante dalla paura di vivere, alla ricerca di tutto e di niente; Annie, innocente per definizione, attratta allo stesso tempo dall’acqua santa, uno studente diligente e amorevole, e dal diavolo, un tatuatore senza tatuaggi, con cui deve fare i conti per la prima volta nella sua vita.
Storie di amore e di amicizia si susseguono nella anormale quotidianità di una famiglia senza precedenti, mentre il passato dei protagonisti sfuma in un presente avvincente e in un futuro indeterminabile. E in mezzo a loro musica, arte, lavoro, sogni e desideri, paure e gelosie, in un crescendo infinito...
-ANCHE SU WATTPAD-
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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Avvisiamo i signori passeggeri che il volo AC739 diretto a New York atterrerà in perfetto orario all'aeroporto JFK. La temperatura a terra è di...
Autumn riaprì gli occhi che aveva inconsciamente richiuso poco prima, avvertendo che l’aereo aveva cominciato a perdere quota.

Accanto a lei, un uomo anziano richiudeva il libro che aveva letto per tutto il viaggio e lo riponeva con cura nella propria borsa, prima di allacciare la cintura di sicurezza e sollevare il tavolino di fronte a lui proprio come la hostess stava spiegando a tutti i passeggeri.

Nel guardare quell’uomo, Autumn pensò a suo padre. Sentì una fitta al cuore, un senso di nostalgia mista ad uno strano senso di colpa. Negli ultimi giorni non faceva che ripensare a questo. L’aveva deluso, lo sentiva. Non si aspettava altro che di ricevere quello sguardo denso e pieno di significato una volta atterrato l’aereo. Gli sarebbe andata incontro, lo avrebbe visto sorridere e nei suoi occhi avrebbe letto le speranze che lei aveva infranto, il male che lei gli aveva fatto per quattro anni.

Ad Autumn non piaceva esternare i suoi pensieri, tanto meno i suoi sentimenti. Jackie aveva detto che tutti l’avrebbero accolta a braccia aperte. Era vero, lo sapeva, ma non poteva fare a meno di provare una angosciosa frustrazione mentre l’aereo continuava a scendere e i dettagli del paesaggio a terra si facevano più vividi. Temeva l’atterraggio. Lo temeva eppure lo aspettava con ansia. Aveva voglia di casa. Aveva voglia di essere circondata di nuovo da facce amiche, luoghi quotidiani. Aveva voglia di poter tornare alla normalità.

E soprattutto aveva voglia di riabbracciare la sua famiglia.

 

Aspettare che la sua valigia fosse recapitata a terra fu un’impresa snervante. Generalmente Autumn non era una persona impaziente, sapeva attendere il momento giusto per ogni cosa. Ma in quel momento, sapendo che al di là delle porte di quel luogo si trovavano le tre persone più importanti della sua vita, proprio non riusciva a controllare l’agitazione.

Batteva un piede nervosa, a braccia incrociate, tenendosi in disparte per non essere schiacciata dalla folla di passeggeri che si accalcava a ritirare i propri bagagli e occhieggiando con frequenza l’orario sui monitor dell’aeroporto.

Quando finalmente vide il suo valigione scendere lungo il nastro trasportatore, non perse occasione per prenderlo al volo e uscire finalmente di lì, oltre le porte scorrevoli, di nuovo a New York.

Fu accolta dal rombo della folla di gente che accoglieva i passeggeri di vari voli. Vide cartelli sventolati in ogni direzione, per indicare la presenza di quel qualcuno essenziale per un’altra persona.

Ma non per lei. Lei continuò a camminare oltre la folla, oltre i piccoli gruppi di persone che si salutavano dopo molto tempo e di scambiavano affetto in ogni forma.

Continuò a camminare fino ad arrivare quasi al limite dell’area di arrivi e finalmente li vide.

Sembrò che tutto quel tempo non fosse mai passato. Erano lì, ed erano esattamente come li ricordava.

Jackie, in piedi e dandole le spalle, rimaneva immobile a braccia incrociate, fra due dita rigirava con nervosismo una sigaretta non accesa. Ogni tanto spostava dietro l’orecchio una ciocca di capelli scuri che sfuggiva dalla sua lunga treccia, per poi ripetere il gesto pochi momenti dopo. Indossava la sua solita tenuta da giornata di riposo: giacca di pelle, t-shirt a righe bianche e nere, jeans nero attillato e anfibi. Al fianco degli altri sembrava del tutto fuori luogo, una piccola teppistella uscita da un telefilm anni settanta.

Le faceva da contraltare Annie. La piccola Annie, dall’aspetto sempre così giovane e dolce. Aveva vent'anni e ne dimostrava almeno dieci in meno. Stretta in un abitino rosa confetto e in un gilè bianco panna, fissava l’uscita di fronte a sé, tentando in ogni modo di scrutare in punta di piedi oltre la folla per individuare Autumn, senza notare che in realtà quest’ultima la stava già guardando con un sorriso affettuoso da molto più vicino. Le mani strette intorno alla tracolla della sua borsetta e il basco calato di sbieco sui capelli biondissimi ricordavano una studentessa alle prime armi. Aveva le guance rosse dall’emozione, mentre si torturava il carnoso labbro inferiore struggendosi nell’attesa.

E infine c’era lui, Ray, seduto con calma su una delle sedie, perfettamente composto e tranquillo. Le mani incrociate in grembo, lo sguardo calmo e brillante dietro i sottili occhiali rotondi posato sulle due ragazze di fronte a sé, il sorriso serafico con cui attendeva Autumn e osservava alternativamente il nervosismo controllato di Jackie e quello esuberante di Annie. Sempre in forma, nonostante i sessant’anni già compiuti, sempre imponente come una statua e immenso nella sua saggezza. Irradiava pace, proprio come ricordava Autumn. E proprio quella pace, quella serenità che tanto ricercava, spinse Autumn ad avvicinarsi ancora un po’ a quel terzetto, ancora più felice di prima.

Avvicinandosi, cominciò a sentire le loro voci.

-Ma dov’è? Perché non arriva? Non sarà successo qualcosa? Jackie, andiamo a controllare!- si agitava Annie con una vocina allarmata, saltellando sul posto per provare a guardare oltre la folla.

Jackie sbuffò irritata, facendo sbalzare quel suo ciuffo ribelle proprio di fronte agli occhi per l’ennesima volta.

-Piantala, Annie. Mi stai facendo venire un’emicrania. Sarà qui a momenti, perciò datti una calmata-

-Ma sono usciti tutti! Perché lei non è ancora…-

-Ho detto di calmarti, santo cielo!-

Mentre le due bisticciavano, Ray le guardò in silenzio, sempre con quel sorriso imperturbabile sul volto, nascosto di poco dalla folta barba brizzolata.

Lasciò le ragazze a discutere e fece vagare lo sguardo intorno a sé.

Autumn incontrò i suoi occhi e si fermò di colpo, come sempre ammaliata dalla forza d’animo che trasmettevano. Incrociò quello sguardo e fu come se quattro anni non fossero mai trascorsi.

Il sorriso di Ray si allargò in modo impercettibile. Inclinò di poco la testa, come a voler osservare per bene Autumn e decidere se fosse cambiata o meno in tutto quel tempo.

Alla fine emise un piccolo sospiro.

-State guardando nella direzione sbagliata- disse con calma, la voce profonda quasi nascosta da tutta la confusione intorno. Eppure quelle parole erano chiare persino dal punto in cui si trovava Autumn, che sentì un brivido di emozione correrle lungo la schiena.

Annie e Jackie smisero di colpo di litigare. Si voltarono verso di lui, ne seguirono lo sguardo e finalmente si accorsero di Autumn, lì di fronte a loro in silenzio e sorridente.

-Ehilà- si limitò a dire sollevando una mano.

Non fece in tempo ad abbassarla che si ritrovò quasi sbalzata indietro dalla forza con cui Annie le si era gettata contro, stritolandola in un abbraccio infinito, caldo, accogliente.

-Autumn! Sei… sei qui… sei tornata- singhiozzò la più piccola delle due, il viso nascosto sulla spalla dell’altra.

Autumn sentì le lacrime che la bagnavano e a sua volta strinse Annie nell’abbraccio, accarezzandole i capelli biondi, lasciando un bacio sulla sua tempia.

-Ciao piccola, scusa il ritardo- la salutò Autumn con una risata.

Sentì i singhiozzi di Annie aumentare, la presa intorno alle sue spalle stringersi di più.

-Non te ne andrai più, vero?- bisbigliò lei con paura.

Autumn chiuse gli occhi e tirò un profondo sospiro. Sapeva che aveva causato del male anche ad Annie, ma sperava davvero di poter rimediare questa volta. Non poteva deluderla di nuovo.

-No, Annie, rimarrò qui. Te lo prometto-

Annie annuì felice, senza allentare minimamente la presa.

Autumn riaprì gli occhi e si ritrovò di fronte ad uno sguardo impassibile, di un blu quasi innaturale. La bocca sottile serrata, il naso all’insù, la carnagione lattea, quel piccolo neo accanto all’angolo destro della bocca, le sopracciglia perennemente corrucciate, un ciuffo di capelli che le ricadeva proprio davanti agli occhi.

Jackie non era cambiata neanche di un millimetro.

-Ce l’hai fatta a tornare sana e salva, eh?- esordì con il suo solito fare sarcastico.

Autumn sghignazzò.

-Non mi dire che non ti sono mancata- ribatté a tono.

Jackie sbuffò e distolse lo sguardo. Dopodiché lo posò sulla figura di Annie, ancora scossa dagli ultimi singhiozzi.

-Annie, contieniti in pubblico. Stai dando spettacolo- impose autorevole.

La più piccola si staccò con riluttanza da Autumn. Si stropicciò gli occhi, asciugò le lacrime che rigavano le guance arrossate, si risistemò il basco sulla testa.

-Certo, certo- disse in fretta, i grandi occhi color cioccolato puntati a terra.

Autumn sorrise e per l'ennesima volta non riuscì a pensare ad Annie se non come ad una bambina.

Le accarezzò la guancia per tranquillizzarla e guadagnò un piccolo sorriso da parte dell’altra. Quindi spostò di nuovo gli occhi su Jackie.

Cadde un breve silenzio tra di loro, non di quelli pesanti, un silenzio leggero e complice, per vedere chi avrebbe ceduto per prima.

Jackie infine alzò gli occhi al cielo.

-Oh, dannazione- mugugnò soltanto, prima di abbracciare anche lei Autumn di slancio.

Quest’ultima si mise a ridere di cuore, ricambiando la stretta. In tutta onestà non pensava che Jackie avrebbe ceduto così velocemente. Ci voleva ben altro per rompere la dura corazza di Jackie, così pungente e indifferente.

-Ti sono mancata così tanto, Jacqueline?- ridacchiò Autumn stupita.

-Smettila. Lo faccio solo per il bene dei paparazzi, sappilo- scherzò l’altra, senza nascondere un sorriso divertito.

L’abbraccio durò di meno di quello con Annie, ma non per questo Autumn si sentì delusa. Tutt’altro, sentiva il suo cuore traboccare di gioia immensa nel rivedere quelle due ragazze così importanti per lei. Solo in quel momento si rese conto di quanto in realtà le fossero mancate, di quanto pesante era stata la sua assenza, di quanto tempo avrebbe potuto guadagnare se solo si fosse decisa a tornare prima.

Con quest’ultimo pensiero si voltò verso la terza persona, rimasta in disparte ad osservare serenamente i saluti delle altre.

La figura di Ray svettava su di loro con un’aura di serenità imperturbabile. Era un uomo alto e robusto e nonostante l’età  irradiava una forza fuori dal comune. Guardava Autumn col suo solito sorriso, sempre stampato sul suo volto cosparso di piccole rughe di espressione. Si accarezzò la barba e si sistemò gli occhiali sul naso, mentre Autumn lo guardava senza ancora sapere bene cosa fare, imprigionata sotto quello sguardo di infinita dolcezza.

-Non vieni a salutarmi?- sorrise Ray socchiudendo gli occhi benevolo.

Autumn corse a quelle parole, si gettò contro di lui come poco prima avevano fatto Annie e Jackie nei suoi confronti. Nascose il volto sul suo petto, stringendo le braccia intorno alla sua figura maestosa, immobile, familiare. Aspirò a pieni polmoni il profumo noto di Ray, che tante altre volte l’aveva confortata e sentì le lacrime di liberazione che pungevano i suoi occhi. Ma non voleva lasciarle andare, voleva dimostrare almeno per una volta che era abbastanza forte da riuscire a superare la sua debolezza.

Anche Ray la abbracciò, accarezzandole con delicatezza i capelli, trasmettendole la sua tranquillità.

-Perdonami, ti prego. Perdonami per tutto quanto- sussurrò Autumn contro il suo petto, senza far sentire alle altre le sue parole.

Una risata calda si agitò nel petto di Ray e fece sciogliere la tensione e la paura di Autumn.

-Perdonarti cosa? Non hai nulla da farti perdonare. Il passato è passato, ora sei qui ed è questo che conta-

Sebbene contro la sua volontà, alcune lacrime sgorgarono comunque dagli occhi di Autumn, che le lasciò scorrere indisturbate, in silenzio.

Ray lo capì e prese il viso di lei fra le sue grandi mani con delicatezza. La vide piangere e sorrise. Autumn aveva sbagliato, ne era convinta, ma lui non aveva motivo di ritenerla colpevole. Era troppo felice di riaverla a casa, di rivederla dopo tanto tempo per pensare di poterla colpevolizzare per qualcosa che non aveva fatto.

Asciugò le poche lacrime della ragazza e si chinò a baciarle la fronte, la barba che pizzicava leggermente la pelle di lei. Sussurrò poche parole, perfettamente chiare ad Autumn.

-Bentornata a casa, figlia mia-

   
 
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