Serie TV > Dr. House - Medical Division
Segui la storia  |       
Autore: Sunshiner    27/04/2009    2 recensioni
Prima Parte: Risvegli - da giugno a ottobre 2014 Bianco. Luci. Da qualche parte proveniva della musica jazz a bassissimo volume. Voltò lentamente il viso a sinistra. Sul comodino c'era un iPod, collegato a due piccole casse. E dei fiori gialli. Vide il sole splendere dalla finestra che dava sul parco. Il parco? Il parco del Princeton. Ecco dove si trovava. Richiuse gli occhi per un momento. Come era finito al Princeton? Li riaprì, come per accertarsi che non fosse un sogno. Non lo era. Qualcuno si mosse alla sua destra. Si voltò. – O mio dio. House... – Wilson dormiva su una poltroncina accanto al letto. Si era appena svegliato e lo guardava con un'aria così stupita e spaventata allo stesso tempo, che non poteva dire se fosse felice di vederlo. Richiuse gli occhi.
Genere: Drammatico, Suspence, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Greg House, James Wilson, Lisa Cuddy
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Nota: aggiungo gli aggiornamenti come nuovi capitoli perché mi è stato segnalato che modificando il macro-capitolo la storia non risulta tra le ultime aggiornate. Mi scuso per la confusione: quando sarà terminata, la riunirò nelle due parti in cui l'ho suddivisa inizialmente.

Wilson non era sicuro di quello che aveva letto. Ripartì dalla prima pagina. Poi si voltò verso Cameron, che ora lo osservava, seria.

– Cameron, che cosa significa? –

– Quello che vedi. –

– Ti rendi conto di quello che stiamo per chiedergli? –

– Ho avuto tempo per pensarci. –

– Vuoi davvero farlo? E' una situazione particolare. Troppo particolare. Pensaci bene. –

– Davvero sarebbe diverso se il paziente fosse uno qualsiasi? –

– No... – Wilson si voltò di nuovo verso il balcone. – Ma è rischioso. Per entrambi. –

– Wilson... – Cameron gli posò una mano sulla spalla. – Io voglio lui. E nessun altro. –

Lui la guardò bene negli occhi. Era stanca e affannata, sudava troppo per quella ventosa giornata di ottobre. Sperò con tutto il cuore che sapesse cosa stava facendo.

– Wilson, qualcosa non va. Ho paura. –

– Maledizione. Sarà meglio trovarti un letto. –


Cuddy aprì la porta di casa con un calcio e sbatté due grosse buste per la spesa sul pavimento. Poi, lasciata la chiave nella toppa, tornò di corsa all'auto. Rachel si dibatteva per liberarsi dalle cinghie del seggiolino.

– Dai mamma, fammi uscire... –

– Dammi il tempo, tesoro! –

Dannazione. Erano almeno cinque anni che aveva un conto aperto con le cinghie di seggiolini per bambini sempre più grandi e meno disposti a starsene fermi e pazienti. Sì sentì un fallimento di madre.

Rachel smise di muoversi.

– Mamma? –

Cuddy, una cinghia tra i denti, la mano destra sul gancio e la sinistra che teneva aperta la portiera, alzò lo sguardo sulla figlia.

– Oggi è un giorno speciale. –

Cuddy riabbassò lo sguardo per evitare di scoppiare a piangere di fronte ad una bambina di neanche sei anni.

– Sei venuta tu a prendermi. Quindi oggi è speciale. –

La maledetta cinghia decise di sganciarsi proprio in quel momento. Cuddy ebbe appena il tempo di abbracciare forte la sua bambina, prima che sgusciasse via e sparisse nel prato dietro la casa. Un attimo dopo, lo scricchiolio ritmico delle catene di un'altalena accompagnava il tramontare del sole su quell'angolo di città.

Cuddy entrò in casa e trascinò le due borse abbandonate nell'ingresso fino alla cucina. Iniziò a ritirare la spesa, lentamente, un oggetto per volta. Busta, frigorifero. Busta, armadio dei dolci. Busta, ripostiglio dei detersivi per i piatti. Poi si sedette al tavolo, nella cucina incendiata di luce arancione, e si fermò a pensare per la prima volta in tutta la giornata. Quella giornata da dimenticare il più in fretta possibile, quella giornata da cui aveva cercato di scappare annullando tutti i suoi appuntamenti in ospedale, e che tuttavia l'aveva inseguita, inesorabile, per poi catturarla nella cucina di casa sua. Il pugno stretto sul tavolo di legno scuro, l'altra mano a sorreggersi la fronte, fissava il vuoto.

Le serviva una strategia. Un piano. Qualcosa. Ora che lui aveva incominciato a ricordare, non c'era più spazio per lasciarsi andare come due adolescenti. Non poteva essere lì, presente ogni giorno come una tentazione infernale. Lui avrebbe opposto una resistenza strenua ed esagerata, per il bene di Wilson. Per risparmiarlo. Per questo tutto doveva finire, e subito. C'era una cattiva stella, una malefica congiunzione planetaria, o qualche corrente incontrastabile che remava contro di loro. O forse era solo un'idiozia e non erano fatti per stare insieme. Soprattutto se, provandoci, avrebbero rischiato di ferire un'altra persona. Il piano aveva già preso forma nella sua mente. Non che fosse un grande piano, una strategia particolarmente originale. Doveva solo riprendere a comportarsi come prima, e soprattutto evitare il sesso in ufficio. Sarebbe stato facile.

Chiamò Rachel dentro: era ora di cena.


– Cameron, ne sei proprio sicura? – Wilson, in piedi in una stanza del Princeton, le braccia incrociate, osservava la collega.

– Sudorazione eccessiva, affanno, irritabilità, insonnia, pressione alta. Serve altro? O devo avere un attacco di cuore per essere ammessa? –

– Tesoro... Sei nel terzo trimestre. Non sono sintomi di nient'altro che questo. – Chase, seduto accanto alla moglie, le teneva la mano.

– Maledizione... Vi sto dicendo che qualcosa non va. Perdo peso invece di aumentare, mi sento le braccia e le gambe praticamente di gelatina. Siete preoccupati solo che voglia House, per questo cercate di dirmi che non è niente. –

Le si incrinò la voce. Qualcosa non andava, per davvero. Non voleva nessun altro che House, l'unico medico che le avrebbe detto sempre e solo la verità. E adesso stava anche piangendo: maledetti ormoni.

– Allie, amore, non piangere. Andrà tutto bene... Il bambino sta bene, hai appena fatto l'ecografia. –

– Chase ha ragione. Potresti aver esagerato con i turni in Pronto Soccorso. Sei stanca e sei quasi a termine. Dovresti riposarti e ricamare copertine. –

– Allison? –

– Cameron! Ehi! –

Lo sguardo perso nel vuoto, lei sembrava essere in un altro mondo, dove non li vedeva e non li sentiva.

– Allie! Rispondi! – Chase la prese per le spalle e la fissò negli occhi. Cameron parve precipitare dalle nuvole.

– Scusatemi. Io... io mi sono... distratta. –

Chase si voltò verso Wilson. Era ora di chiamare House.


– Buongiorno Jimmy. Cos'è quella faccia? –

Wilson osservò l'amico lasciare la PSP per osservarlo meglio, con quell'aria indagatrice, più che preoccupata, che gli riservava quando capiva che gli stava tenendo qualcosa nascosto.

– Niente. Hai un caso. Ecco qua. –

– Cos'è che non mi stai dicendo, Wilson? Devi convincerti... –

– Di cosa vai ciarlando House? Apri la dannata cartella: è il tuo primo caso dopo quattro anni. –

– ...Devi convincerti che non solo non sono riuscito nell'intento, ma che l'intento non l'avevo nemmeno. Non ti libererai facilmente di me. – E con una risata da brivido, che imitava alla perfezione il peggiore cattivo della più spaventosa fiaba per bambini, House aprì la cartella.

Wilson filò fuori dalla stanza senza voltarsi. Tenere un segreto con House rischiava di generare un'escalation. Se riguardava l'identità del paziente, poi, il rischio non era neppure misurabile.


   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Dr. House - Medical Division / Vai alla pagina dell'autore: Sunshiner