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Autore: Erina91    16/08/2016    6 recensioni
-Yukihira.. che facciamo davanti alla porta del tuo appartamento?- chiese lei con la voce impastata a causa della sbronza.
-non lo so Nakiri. Sei tu che mi hai tirato per la maglietta e mi hai chiesto di accompagnarti a casa.- biascicò lui, brillo quanto lei.
-e perché sono davanti casa tua e non al mio appartamento di lusso?- bofonchiò singhiozzando. Le guance rosse per colpa dell'alcol. Si sorreggevano a vicenda dato che barcollavano in modo imbarazzante e Soma stava cercando di tirare fuori dalla tasca dei pataloni le chiavi del suo appartamento, riscontrando diverse difficoltà.
-il tuo appartamento è troppo distante per accompagnarti, accontentati del mio Nakiri.- farfugliò lui, sghignazzando senza motivo. Sempre colpa dell'alcol.
-immagino di non avere altra scelta, allora.- accosentì lei, -ho un mal di testa assurdo.- si portò una mano sulla fronte.
Soma la fissò quando furono entrati nell'appartamento preso in affitto..
Pairing: SomaxErina e altre..
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erina Nakiri, Nuovo personaggio, Souma Yukihira, Un po' tutti
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Esplosiva pausa pranzo



Le strette vie che portavano al suo appartamento erano silenziose e buie, le luci della città spente e solo i lampioni assaliti dai moscerini notturni ad illuminare la banchina. Le vetrine dei negozi chiuse da vecchie saracinesche.
Le strade erano spoglie e solo lui ed Erina a sorreggersi a vicenda perché barcollavano.
Nonostante fosse ubriaco, l'aveva fissata tutta la sera con sguardo voglioso.
Non si era perso un attimo delle sue mosse rimanendo stupito quando l'aveva vista correre fuori dal locale dove stavano festeggiando.. Cosa stavano festeggiando, poi? ah.. giusto.. la fine dell'università. 

Aveva avuto un altro rapido vuoto di memoria a causa della sbornia, eppure il momento in cui Nakiri l'aveva rincorso fuori dal locale era limpido e chiaro.
-Yukihira.. perché ci stiamo tenendo per mano?- chiese confusa lei.
-per sorreggersi.- scoppiò a ridere lui.
-ah! Giusto..- recitò vaga, -allora posso stringerla di più?- squittì brilla.
-nessuna obiezione lady Nakiri.- ironizzò lui, singhiozzando.
Anche lei scoppiò a ridere.
-mi porti a casa, vero?- biascicò ancora, lei, a euforia finita.
-certo, è quello che sto facendo.-
-non so come mai..- fece una pausa, quasi perdendo l'equilibrio, che prontamente lui salvò con la sua mano per la seconda volta -..non sembra la direzione di casa mia.-
-forse hai ragione, Nakiri..- si unì anche lui, -sarà davvero così..?-
-facciamo un salto al kombini*..- farfugliò lei, singhiozzando ancora.
-è pericoloso! Ci sono i maniaci!- esclamò lui, alzando il tono della voce senza motivo e avvicinando pericolosamente il volto a quello di Nakiri. Si fissarono intensamente negli occhi.
-sei inquientante Yukihira!- starnazzò lei, spigendolo via e facendo traballare entrambi, -non mi fissare così.-

Aveva le guance arrossate a causa dell'alcol, sembrava quasi innocente e per un attimo non si accorse nemmeno di star barcollando. -se spingi cadiamo, Nakiri.- ridacchiò.
-bella la luna, Yukihira..- se ne uscì lei improvvisamente.
Soma scoppiò a ridere. -quella non è la luna, Nakiri, è un lampione!-
-che diavolo dici, Yukihira, quella è la luna!- ribatté lei capricciosa.
Soma la fissò divertito. -andiamo a casa mia?-

Lei era tornata a fissare un punto indefinito e non rispose alla sua domanda.
Quella situazione era surreale, ma estremamente gradevole.
Era sbronzo, però poteva affermare con certezza che si stava divertendo.
Spontaneamente, probabilmente perché l'alcol l'aveva aiutato a prendere quella scelta, portò davvero Nakiri a casa sua.
Era il posto più vicino..


Girando per negozi assieme a Megumi, un'altra volta gli era tornato in mente un momento di quella serata con Nakiri perché ricordava bene ogni passaggio, compresa quella camminata spassosa con lei fino a casa sua e la sensazione d'isolamento totale dati i negozi chiusi e la scarsa presenza di gente a giro. Strano, vero?
Sì, strano.. perché era ubriaco, ma forse non abbastanza da non ricordare dettagliatamente tutto e no.. probabilmente perché i sentimenti di quella notte erano ancora vivi in lui e stuzzicavano la sua mente con amaro rimpianto.
Certo che quella sera Nakiri era proprio bella eh?
Involtariamente gli scappò un sorriso a quel pensiero.
Se pensava che adesso lavorava con lei e che quasi tutti i giorni la vedeva, la scia di sensazioni che aveva provato stava fuoriuscendo come un fiume in piena. Come adesso: era ad un appuntamento con Megumi ma pensava ad un'altra donna. Si sentiva proprio uno schifo. Oltrettutto gli sfuggiva anche quello che lei stava dicendo, si guardava attorno, ma tutto quello che sperava di vedere era la figura di Nakiri con indosso la gonna e la camicetta sexy che portava l'altro giorno.
In più, da quando aveva conosciuto Marika, non faceva altro che chiedersi chi era il padre della bella bambina e dov'era in quel momento. Come mai Erina era costretta a lasciare Marika ad una baby sitter e non al padre?
Moriva dalla voglia di chiederglielo, ma non poteva farlo.
Non aveva il diritto di farlo. Rokuro lo sapeva? Ovvio che sì, la domanda che si era fatto era stupida.
Già, Rokuro.. quell'uomo non gli piaceva. Era affascinante e sicuramente molto intelligente, certo, ma trovava sgradevole il modo in cui lo controllava, lo studiava, e soprattutto il suo appiccicarsi a Nakiri come una “cozza”.
A primo impatto sembrava proprio un uomo_anche se in gamba_possessivo e morboso.
Mentre lavorava era razionale e brillante, sapeva fare indubbiamente il suo mestiere di contabile, ma immaginava che un po' tutti avessero lati positivi e negativi. Quando aveva detto a Nakiri che era contento che avesse trovato una persona con la quale si trovava era la pura verità perché comunque sembrava che Rokuro avesse cura di lei, però il fastidio che provava nel vederli insieme non si era placato lo stesso. Ogni giorno era un'autentica tortura vederli venire e tornare insieme a lavoro e spesso si era immaginato lui al posto dell'uomo. Si era immagino di tornare in moto con Nakiri da lavoro. Da soli.
Quei desideri erano sbagliati, malsani, era come tradire mentalmente Megumi perché talmente intensi da fargli provare un fastidioso senso di infedeltà nei confronti della sua ragazza attuale.
Non guardava Megumi con lo stesso sguardo desideroso che rivolgeva ad Erina. La guardava con dolcezza, ovvio, ma era una dolcezza candida e non quel tipo di dolcezza con cui dovresti guardare la donna con cui stai.
Era più un senso di protezione. Senso che comunque provava anche verso Nakiri, ma era ugalmente diverso da quello provato per Megumi: era una protezione spontanea, sì, ma anche dettata da una sensazione di proprietà.
Esatto, la differenza era questa: vedeva Nakiri come una sua proprietà e sentiva il bisogno di “marcare il territorio” con lei, mentre con Megumi non era mai stato troppo geloso o aveva sentito il desiderio di affrontare i suoi spasimanti_forse perché per ora non aveva sentito di essi_cercando di controllare l'istinto di dire “lei è la mia compagna”; necessità che invece, da quando aveva saputo che Nakiri faceva coppia fissa con Rokuro, sentiva costantemente.
Ormai era da quando aveva superato la prima fase all'Adashino C.B, con il primo catering, che non poteva fare a meno di mettere a confronto ciò che sentiva quando era con Nakiri e quando era con Megumi. Stava bene con entrambe, ma la differenza attrattiva, emozionale, pervasiva, istintuale, dal punto di vista sessuale continuava ad essere netta.
Era attratto da Megumi, gli piaceva fare l'amore con lei, ma con ella non avvertiva quella sensazione di soffocamento interiore scatenata dal forte desiderio sessuale provato verso Nakiri; soffocamento che sembrava potersi risolvere solo se fosse andato a letto con Nakiri e forse_anzi sicuramente_ neanche in quel caso. Non gli sarebbe bastato: anche dopo essere andato con lei per la seconda volta il desiderio carnale sarebbe raddoppiato, i muscoli si sarebbero serrati a causa della continua tensione sessuale tra loro e il cuore avrebbe iniziato a battere imperterrito a causa dell'eccitamento generale alla sola idea di riviverlo. Come sentiva in quel momento. Cosa stava pensando? Doveva mettere un freno alla sua mente.
Era con Megumi, doveva rivolgere l'attenzione al presente, a lei: Megumi era il suo presente, Nakiri il suo focoso passato. Nakiri sarebbe stata il passato per sempre_visto che era impegnata_Megumi poteva diventare il suo futuro.
Cercò di convincersi in questo modo, provando a tornare alla realtà, ma la sua ragazza lo anticipò per primo stringendo con più forza la mano che gli teneva. -Soma-kun.. quella cintura di pelle scura secondo te può piacere a mio padre?-

 
 
****


Megumi si soffermò a vedere gran parte delle vetrine del centro commerciale dove lei e Soma si erano diretti quel pomeriggio. Doveva assolutamente comprare un regalo a suo padre, che presto sarebbe stato il suo compleanno e aveva pensato bene di chiedere a Soma di accompagnarla perché pensava che la scelta sarebbe stata più facile.
Tuttavia, lui era distratto. La teneva per mano mentre si fermava a vedere gli interni delle vetrine, ma non lo sentiva presente. Certo.. non che lo shopping per un uomo fosse il maggior divertimento, però di solito ascoltava quello che diceva ed era più reattivo; invece, da quando aveva iniziato a lavorare all'Adashino C.B, sembrava assorto e quasi assente, in un mondo a parte. Iniziava a preoccuparsi. Lei e Soma stavano insieme da quattro anni ormai e pensava che fossero entrati in una relazione stabile, ma lui non gli aveva detto “ti amo” neanche una volta. Inizialmente aveva pensato fosse normale visto che ognuno ci metteva il suo tempo ad innamorarsi, però erano quattro anni e doveva essere già successo; eppure, la parola “ti amo”, non era mai uscita dalla sua bocca. Neppure lei l'aveva mai detto ed era consapevole di amare Soma con tutto il cuore, tuttavia aveva paura a fare la prima mossa nel dirglielo dato che, visto che lui non l'aveva mai fatto, non poteva sapere come l'avrebbe presa. Era successo varie volte che gli avesse detto “mi piaci”, soprattutto nei momenti intimi, ma la soglia del “piacere” e dell'affetto non era mai stata superata.
Cosa pensava Soma della loro relazione?
Quanto era importante?  Lo era quanto lo era per lei?
Erano tutti dubbi che non lasciavano mai la sua testa perché davvero non capiva cosa lui pensasse: avevano 27 anni, un lavoro fisso entrambi, conviveno quasi.. però a dispetto di questo lui non aveva mai affrontato un discorso sul futuro insieme, nemmeno gli era sfiorata l'idea di ufficializzare il rapporto con un matrimonio o mettere su famiglia con lei_cosa che invece a lei era successo varie volte di immaginare, sebbene non glielo avesse mai confessato_. Non se la sentiva di farlo: prima di tutto perché solitamente era l'uomo a fare la prima mossa, secondo.. comprendere i pensieri di Soma, conoscere i suoi veri sentimenti, le emozioni che provava a stare con lei era sempre stato difficile farlo.
Era sicura che Soma le volesse bene, che si trovasse bene con lei, ma cosa c'era oltre questo legame per lui?
Si era sempre fidata di lui e anche per questo le sembrava abbastanza meschino pensare che i sentimenti non fossero pienamente reciproci dato che stavano insieme da diverso tempo. Al contempo, da quando aveva cominciato quel nuovo lavoro, si era fatto addirittura più distante e spesso si fermava a pensare qualcosa che non le era dato sapere. Non gliene aveva mai parlato e probabilmente non voleva farlo per qualche motivo, e a dirla tutta le raccontava poco anche del nuovo impiego e dei conseguenti avvenimenti. Voleva davvero affrontare quel discorso con lui, chiedergli i motivi, essergli utile se c'era qualcosa che lo tormentava ma purtroppo per il carattere che aveva non sapeva da dove cominciare e soprattutto aveva paura a farlo perché sentiva che non gli avrebbe detto la verità, piuttosto avrebbe cercato di rassicurarla.
Strinse più forte la sua mano e fu a quel punto che Soma sussultò:
-Soma-kun.. quella cintura di pelle scura secondo te può piacere a mio padre?-
-scusami Megumi, ero pensieroso. Quale cintura intendi?-
-quella nella vetrina a destra.- la indicò, cercando di nascondere la tristezza.
Lui la guardò. -penso che sia nel suo stile.- approvò sorridendo.
Finalmente sembrava tornato alla realtà.
Lei abbassò la testa.
-Soma-kun.. tutto bene a lavoro?-
Sperava che ponendogli quella domanda, lui avrebbe accennato a qualcosa.
-a lavoro?- ripeté lui, -ah sì! A lavoro..-
Appunto, già il modo in cui rispondeva non era consolatorio.
-perché una domanda del genere?-
Lei sospirò stancamente:
-forse è solo una mia impressione, Soma-kun, ma sembri distratto ultimamente.
Ho pensato che c'entrasse il nuovo lavoro.-
-il lavoro non c'entra.- sorrise lui rassicuramente, -è tutto apposto, non preoccuparti.-
Lei annuì e non insisté con le domande, dato che chiaramente non era motivato a rispondere poiché le risposte erano vaghe e sbrigative. Dunque, si alzò sulle punte e gli lasciò un bacio sul volto e quando si staccò disse:
-se hai bisogno di parlare conta su di me.-
Alla fine, visto che non voleva parlargliene, era l'unica frase da dire.
Lui gli sorrise grato. -lo so. Grazie Megumi.-

Entrati nel negozio, comprata la cintura, Soma riprese a parlare:
-sai Megumi.. questo lavoro prenderà molto tempo e sarò spesso in viaggio, anche all'estero, non sarà come prima. Potremmo finire per vederci meno. Credi di potercela fare a sopportarlo?-
-avevo già messo in conto questa possibilità, Soma-kun.- rispose lei:
-so quanto per te sia importante fare questo tipo d'esperienza e non ti fermerò.-
-sapevo che avresti capito.- ridacchiò lui.
Fu dura per lei dire quella frase, ma non voleva  interrompere la sua carriera di chef per i suoi sentimenti.
Megumi aveva già accettato l'idea che si sarebbero visti meno quando Soma le aveva dato la notizia della sua assunzione qualche giorno fa; però, proprio per questo, sperava che lui prendesse l'iniziava e decidesse di ufficializzare il loro rapporto perché così sarebbe stata più tranquilla.
Comunque, se ancora non era sua intenzione, non poteva farci niente. Doveva semplicemente fidarsi di lui.
-andiamo a bere qualcosa?- propose Soma.
-certo! Dove vuoi.- sorrise lei.

 
 
****
 

Erina era andata a fare una bevuta con Hisako dopo aver accompagnato Marika da Alice, dove sarebbe rimasta per la notte.
Si trovavano all'interno di un piccolo locale dove vi era un bar e dei tavolini in legno.
Aveva fissato con Hisako per le 21.00, per fare due chiacchiere, visto che era un po' che non si vedevano fuori da lavoro.
Da quando lei e Yukihira erano diventati colleghi lei e Hisako non avevano più affrontato il discorso, ma era certa che la sua amica fosse preoccupata per lei sapendo i loro precedenti.
Hisako aveva ordinato un Mojito, lei un bicchiere di birra giapponese. Classica insomma.
Non era solita andare nei locali per bevute, se non per festeggiare qualcosa, e poi esse dovevano saper deliziare il suo gusto e lì la birra giapponese era abbastanza saporita e di buona qualità. Assieme alle due bevute, il cameriere aveva portato loro anche stuzzichini, salatini e patatine: la peggior spazzattura, come la definiva lei. In fondo andava bene così e quello era il luogo ideale per due chiacchiere tra amiche: lontano dal lavoro, dai suoi attuali problemi sentimentali interiori e con un sottofondo di musica pop o tecno. Inoltre.. aveva bisogno di svagarsi un po', parlare con Hisako e uscire dalle solite routine quotidiane. -..e così ieri sono andata a cercarlo anche lì.- terminò Hisako.
-e alla fine quel maledetto libro l'hai trovato?-
-certo, ma ho dovuto girare all'incirca quattro librerie. Non sono molto forniti.-
-ma su internet, no? Non hai pensato di cercarlo lì?-
-è che non mi fido a comprare merce su internet e avevo bisogno di quel volume di cucina medica cinese al più presto.
Sai che quando mi impunto a voler sperimentare qualcosa di nuovo non mi ferma nessuno.- ridacchiò Hisako.
-eccome se lo so! Come quella volta nello shokugeki con Hayama.- ricordò lei, -dopo che la prima volta ti ha sconfitto e umiliato, hai sperimentato una serie di piatti e alla fine sei riuscita a prenderti la rivincita su di lui una volta_sebbene adesso siete praticamente allo stesso livello_ ma lui continua a fare passi avanti.-
-è vero ed è proprio questo che mi stimola a non smettere di fare le mie ricerche.
Certo che è proprio presuntuoso, non credi?- sbottò lei stizzita.
Erina si aprì in una risata graziosa. -però ti piace, amettilo Hisako.-
Hisako arrossì di botto. -cosa stai dicendo? È insopportabile.-
-non prendermi in giro, si vede che sei intrigata da lui. Anche il fatto che sia proprio lui a spingerti involontariamente a dare il meglio di te, e nessun altro, ti fa capire che senti il bisogno di avvicinarti a lui in qualche modo.-
-certo.. di avvicinarmi alle sue abilità, non a lui come persona. E poi, scherzi Erina? Con Hayama? Non faremmo altro che discutere! Già lo facciamo, figurati come coppia, penso che potremmo distruggere qualsiasi stanza in cui ci troviamo.-
-è proprio questo che vi fa fare scintille!-
-come puoi dirlo? Te e Rokuro siate tutto l'opposto di come saremmo io e Hayama: non discutete mai, siete molto simili, siete d'accordo su ogni decisione. Siete assolutamente la coppia perfetta. Avete un rapporto complementare.-
Lei si aprì in un mezzo sorriso. -già, è così.-
-e allora? Come fai a dire che io e Hayama staremmo bene insieme?-
-chi lo sa..-
Già.. perché aveva detto a Hisako che lei e Hayama sarebbero stati bene insieme?
Ciò che la sua amica diceva era logico:
Come poteva stare con una persona con cui avrebbe discusso sempre?
Hisako finalmente sembrò capire prima di lei:
-adesso mi è tutto più chiaro.. ti ricordiamo te e Yukihira, vero?-
Erina sussultò colta di sorpresa. Sì, probabilmente la risposta era quella.
-Erina.. è questo quello che ti tormenta in questi giorni?
Mi hai chiesto di andare a bere insieme perché c'è qualcosa che ti affligge?-
-non pensare questo, Hisako, mi andava davvero di fare due chiacchiere con te.-
-ma c'è un “però”, vero?- colpita è affondata. -c'entra la ricomparsa di Yukihira.-
Erina annuì timorosa. -anche se fosse, ho la mia vita con Rokuro.-
Il problema principale non erano solo la sorta di sentimenti che provava per Yukihira, ma anche la questione Marika: si erano conosciuti e questo la terrorizzava. Non poteva dirlo, tuttavia, ad Hisako: lei non sapeva che Marika era figlia di Soma. Hisako sapeva che erano andati a letto insieme una volta, la stessa sera che tutti festeggiarono la laurea, ma non di Marika. -lo capisco, Erina, ma sei sicura di ciò che provi per Rokuro?-
-certo che sono sicura!- esclamò. No.. risposta troppo rapida, distolse lo sguardo.
-no..- cominciò ammettendo -..da quando è ricomparso Yukihira sono piena di dubbi ed è un fastidio.
Avevo finalmente trovato un equilibrio con la mia vita e lui deve sempre distruggerlo o crearmi difficoltà. È frustrante!-
-non è colpa di nessuno dei due se vi siete incontrati di nuovo.-
-ma Marika..- sgranò gli occhi, sconvolta si tappò la bocca perché spontaneamente erano uscite le uniche parole che non doveva dire. Hisako si fece confusa:
-Marika..?- appunto. -giusto, Marika, tu non mi hai mai detto di chi è figlia e io non ho insistito perché volevo aspettare fossi tu a parlarmi del suo vero padre e a raccontarmi com'erano andate le cose o perché costui non è mai venuto a rivendicare il suo affidamento. Dunque, perché in un discorso dove parliamo di Yukihira-kun mi parli di Marika?-
Si fece seria. -Erina.. spero tu smentisca quello che sto pensando.-
Cosa doveva fare? Ormai si era incastrata da sola. Hisako aveva capito.
-il fatto che non mi rispondi, mi fa pensare che non me lo puoi smentire..-
Sospirò stancamente. -..perché non me l'hai mai detto?-
Hisako sembrava ferita da quella mancanza e lei sapeva che aveva tutte le ragioni di esserlo.
-chi altro lo sa, Erina?- chiese ancora.
-non te l'ho mai detto perché volevo che il minor numero di persone lo sapesse.-
-posso capire le tue ragioni, quello che non capisco è perché non ti sei fidata di me.-
-mi fido di te, Hisako, lo sai.- replicò lei, giustificandosi:
-mi dispiace avertelo tenuto nascosto per tutti questi anni, ma nemmeno io sapevo cosa fare allora.-
Hisako sospirò nuovamente:
-hai fatto una cosa terribile a Yukihira-kun, lo sai?-
-so perfettamente di aver fatto una cosa terribile. Non hai bisogno di farmelo notare.- affermò lei infastidita.
Qualcun altro oltre a sua cugina glielo aveva precisato. -lo so..- ripeté sottovoce, guardando altrove.
-perché non glie l'hai mai detto?-
-adesso scoppierai a ridere, ma ho avuto paura a farlo dopo aver scoperto di essere incinta.- iniziò a raccontare lei:
-era già passato un mese e mezzo dopo quella sera ed ero scappata da casa sua senza nemmeno avvisarlo. Ero fuggita.
Ero consapevole, la mattina dopo la sbornia, di aver fatto un errore.
Poi, quando ho scoperto di essere incinta, era troppo tardi e ho scelto di non dirglielo..-
-..privandolo del ruolo di padre.- concluse Hisako aspra, per lei, beccandosi un'occhiataccia da parte di Erina.
-comunque, ora posso capire quanto tu sia in ansia.-
-non voglio lo stesso distruggere quello che mi sono costruita in questi anni.-
-non si tratta solo di questo, Erina, si tratta anche dei tuoi sentimenti.. quanto pensi di poter ignorare ancora ciò che senti per Yukihira pur di non mandare all'aria tutto?-
-ti ripeto che per me è finito tutto quella notte.- protestò lei.
-io ritengo che non sia così: se avere Yukihira come collega ti destabilizza a tal punto, per me è chiaro che non è finita.
Mi hai sempre detto di non aver dimenticato.-
-mi destabilizza perché in fondo è il padre di Marika.-
-..e perché sei pazza di lui.- concluse di nuovo per lei, Hisako. -si vede, Erina.-
-non è vero!- tuonò ancora lei, non riuscendo a controllare il rossore alle guance.
-pensaci bene, Erina, smettila di giocare alla coppia perfetta con Rokuro e ascolta il tuo cuore.
Cerca di capire con chi vuoi veramente stare.-
Lei non sapeva più come rispondere alle parole di Hisako perché in fondo sapeva che aveva ragione.
Lei era confusa, questo era chiaro; nello stesso tempo, però, non voleva buttare via il bilanciamento trovato negli ultimi anni. -ho già deciso, Hisako.- così terminò piatta.
-ho scelto di stare con Rokuro. Poi, hai sentito no? Yukihira è fidanzato.
Anche per lui è finita. È meglio andare avanti.-
-come vuoi. Non ho altro da suggerirti. Fai come ti senti.-
Calò il silenzio tra le due ragazze, poi Hisako riprese a parlare:
-per favore, siamo amiche, non mi tenere più nascoste cose così importanti.
Ci sono rimasta male, ma posso passarci sopra se mi prometti di iniziare a fidarti di me.-
-te lo prometto. Grazie della comprensione, Hisako.- sorrise lei.
Lei ricambiò affettuosamente il sorriso. Improvvisamente, poi, si fece timida e iniziò a sfregarsi i pollici agitata.
-sai per caso quando tornerà Hayama dall'India?- borbottò impacciata.
Erina cercò di trattenere le risate. -lo dicevo che sei intrigata da lui.-
Hisako sobbalzò arrossendo. -smettila! È solo curiosità.-
-guarda che non ti devi vergognare, sai?-
-ti ho già detto come la penso, quindi smettila di fare certe insinuazioni.-
-comunque, purtroppo credo che ne avrà ancora per un paio di mesi.-
-capisco..- asserì. Il tono con cui aveva risposto sembrava dispiaciuto.
Erina capì che le sue teorie sui sentimenti di Hisako per Hayama erano giuste, anche se lei continuava a negarli.
Alla fine la capiva, anche lei sapeva di star facendo lo stesso in qualche modo_non poteva fare altrimenti_.



****



Hisako aveva cercato di negarlo, ma era vero che sentiva di essere incuriosita da Hayama.
Fin dall'inizio forse lo era stata, ma la consapevolazza di ciò l'aveva raggiunta solo da quando erano diventati colleghi e avevano iniziato a lavorare insieme. Trovava Hayama affascinante, anzi, a dirla tutta lo riteneva davvero bello.
La pelle scura, che sembrava quasi abbronzata, quelle ciocche albine lughe e sempre legate da una coda gli donovano un fascino singolare, oltre a ricordargli un samurai vissuto nell'antico Giappone. E quegli occhi verda acqua pentranti, impassibili, misteriosi erano capaci di crearle dei piacevoli brividi ogni volta che posava lo sguardo su di lei.
Non sopportava il suo atteggiamento arrogante, ma dall'altra parte lo trovava seducente e non negava che sentire da Erina che non l'avrebbe visto per due mesi le faceva sentire già la sua mancanza. Era sicura che questo interesse non era reciproco, poiché Hayama non sembrava esattamente coinvolto dalle questioni amorose e preferiva di gran lunga viaggiare alla ricerca di spezie piuttosto che parlare con lei. O almeno.. la sensazione che aveva avuto era questa.
Oltretutto, non c'era spesso alla sede dell'Adashino C.B perché era sempre a giro e per lo più il suo ufficio restava vuoto.
Certo.. lo faceva per lavoro, visto che era l'esperto di spezie e si occupava lui di selezionarle via via per ogni evento, ma non aveva molta possibilità di vederlo e di parlarci. Lei, oltre ad essere timida, era altrettanto orgogliosa e il comportamento detestabile di Hayama sicuramente non la spingeva a fare la prima mossa o a cercare di farsi notare, ma prima di tutto accettare da lui visto che la trattava come se fosse la persona più insignificante del mondo.
Non lo faceva apposta, ma l'impressione che le dava era quella. Si chiedeva come le potesse interessare un tipo tanto odioso e irrispettoso. Stava bene da solo, e lo vedeva, quindi perché era attratta da un tipo simile?
Non l'aveva mai capito, però non poteva più dire di non esserlo.
Alla fine si impuntava a voler raggiungere solo lui, mentre le capacità degli altri ragazzi non le erano minimamente interessate e questo perché voleva essere notata da lui, voleva incuriosirlo come lui faceva con lei. Come fare?
Sospirò tra i pensieri. Non era solo la "questione Hayama" a tormentarla, anche quando Erina le aveva confermato che Marika era figlia di Soma c'era rimasta male nel sapere che lei non le aveva detto un dettaglio tanto importante in quei sei anni. Non aveva insistito nel sapere chi era il padre della bambina perché vedeva che Erina faticava a parlarne, però sperava che un giorno trovasse il coraggio per farlo anche con lei. Pensare che fosse Yukihira forse non era poi stata una sorpresa per lei: da una parte aveva supposto lo fosse visto che Erina le aveva sempre detto di non aver dimenticato quella notte e di non capire cosa fosse stato, però non aveva avuto la certezza finché non era stata Erina stessa a dirglielo involtariamente. L'arrivo di Yukihira all'Adashino C.B l'aveva talmente sconvolta che le era crollato il mondo addosso, Hisako poteva immaginare i motivi e ora che sapeva che era il padre di Marika più che mai.
La situazione era critica ed Erina sembrava ancora molto confusa riguardo i suoi sentimenti, l'unica cosa che poteva fare era starle accanto e aiutarla se aveva bisogno. Sperava che dopo che le aveva detto di essere sincera con lei, Erina si facesse meno problemi a raccontarle la verità sui suoi sentimenti e non solo.
-non l'hai presa bene, vero?- la riportò alla realtà Erina.
-cosa..?- tentò lei, anche se sapeva dove voleva arrivare: Hayama.
-Hayama, ovvio.- le confermò. -non lo vedrai per un po'.-
-cosa vuoi che cambi, tanto è sempre così. Poi ti ripeto che non è adatto a me.-
-non conosco la cultura indiana, ma ho la sensazione che non sia così facile per loro stare con chi vorrebbero.
La loro religione induista e soprattutto la loro tradizione non glielo permette. Non so se hai pensato a questo.-
-ad Hayama non è rimasto nessun parente indiano, che io sappia, non so cosa lo leghi ancora alla sua patria oltre le spezie originarie.- rispose lei. -è stato cresciuto da Shiomi sensei, lo sai. Quindi, non ti saprei dire.-
-dico solo che dovresti sbrigarti ad avvicinarti a lui.-
-sai che non lo farò, anche se volessi. Te l'ho già detto.-
Erina sospirò ancora. -va bene, non insisto, chiudiamo qui il discorso.-
Hisako le fu grata per aver deciso di chiudere la “questione Hayama” e le due ragazzi ripresero a chiacchierare del più e del meno senza affrontare conversazioni sentimentali. Quella sera passò tranquilla e adesso anche Hisako sapeva veramente tutto di Erina, seppur consapevole che si era cacciata in un bel guaio e che il ritorno di Yukihira non sarebbe stato privo di repercussioni per la sua più cara amica.


 
****


Soma era stato appena informato dal direttore dell'Adashino C.B che oltre a prestare le sue competenze e i suoi servigi come chef durante i catering/banqueting, nei giorni cui compito non era quello doveva occuparsi dell'approvvigionamento e della selezione delle merci pre e post banchetti e delle ordinazioni con i fornitori. Dunque, eccolo lì, seduto all'interno del suo ufficio dalle dimensioni contenute e raccolte, a provare a gestire il suo nuovo mestiere. In fondo non era tanto diverso da quello che faceva alla tavola calda di suo padre quando lui non c'era, poiché anche in quel caso gestiva le ordinazioni delle merci e aveva rapporti con i fornitori di esse. L'unica differenza apparentemente minima_ma così non era affatto_era che i clienti della sua tavola calda erano più o meno i soliti e il posto per essi non era poi tanto, mentre per quanto riguardava l'Adashino C.B si occupava di un pubblico vasto e di richieste raffinate ed eleganti provenienti non solo dalla sua Nazione ma da tutto il mondo e di conseguenza le merci da scegliere erano variegate e a seconda del tipo di evento. Venivano fatte richieste non unicamente di cucina giapponese, ma di ogni tipo di Nazione con le sue culture e i suoi cibi originari. Con l'Adashino C.B sperimentavano qualsiasi tipo di cucina e bene o male dovevano cavarsela per ogni tipo di piatto richiesto e in ogni campo culinario: questo comportava l'arrivo e la richiesta di una quantità infinita di prodotti e ingredienti provenienti dall'estero e scelti con cura. Ecco la differenza: la tavola calda ospitava un gruppo ristretto di clienti, il servizio dell'Adashino C.B invece si rivolgeva ad un vastissimo pubblico.
Era molto più impegnativo come lavoro e siccome le procedure in qualsiasi catering/banqueting che contrattava con l'Adashino C.B erano ricercate, servizievoli e maestosamente organizzate doveva essere tutto perfetto pre e post banchetti. Ora che ci pensava, affrontare difficoltà di questo tipo per seguire e accrescere la carriera nella quale si era inserito, era istruttivo; quindi, appunto per questo, avrebbe fatto del suo meglio anche nelle gestioni burocratiche.
Non si buttò giù subito vedendo la numerosa lista di fornitori a cui la società si affidava, perché non era da lui farlo, e pian piano sarebbe riuscito a controllare tutto. Alla fine le sue conoscenze non erano ancora ai livelli dell'Adashino C.B e quell'idea, seppur non gli impedisse di sottovalutare il suo ruolo, lo elettrizzava anche.
Fortunamente era arrivato in anticipo quella mattina a lavoro, così invece di iniziare a lavorare alle 9.00 come faceva solitamente, aveva iniziato un'ora prima e riuscì a terminare in maniera decente metà dei compiti di quel giorno entro l'ora di pranzo. Si stiracchiò tutte le ossa e i muscoli del corpo e dopo essersi lasciato andare ad uno sbadiglio, decise che era il momento di andare a riempirsi lo stomaco alla mensa della sede dell'Adashino C.B.
Ora che ci pensava, era stato tutto la mattina rinchiuso nel suo studio e anche entrato a lavoro non aveva visto nessuno dei suoi vecchi compagni d'accademia, soprattutto né Nakiri né il suo compagno.
Il lavoro aveva tenuto occupata la sua mente, per cui i pensieri su Nakiri e Megumi non l'avevano assalito; però, adesso che si stava rilassando e accusava stanchezza e appetito, era tornato a pensare a lei e a sentire i sensi di colpa verso la sua ragazza. Se doveva essere sincero, ma non fiero del pensiero, sentiva la voglia di vederla.
Voleva vedere Nakiri, pur consapevole che lei sarebbe stata in compagnia di Rokuro.
Chissà se a mensa l'avrebbe vista?
Poi un divertente dubbio raggiunse la sua testa:
Davvero la mensa dell'Adashino C.B riusciva a soddisfare il “palato di dio” di Nakiri?
Beh, data l'eleganza e la struttura moderna e nuova dell'edificio, probabilmente anche la cucina aveva i suoi punti di forza.
Tra questi pensieri, entrò nell'ascensore e pigiò il tasto del pian terreno: la mensa si trovava sotto tutti gli uffici.
Dal chiacchiericcio che proveniva da là, suppose ci fosse tanta gente. Lanciò una sfuggevole occhiata all'orologio a polso ed in effetti erano le 13.00 in punto, gran parte dei suoi colleghi pranzava a quell'ora.
Sperò di trovare posto.

Arrivato nella sala con servizio “Self Service” constatò che in effetti era piena di gente.
Il suo sguardo volò alla ricerca di un tavolo vuoto o nella speranza di trovare qualcuno di sua conoscenza, quando adocchiò le lunghe ciocche bionde di Erina in uno dei tavoli al centro e con sua enorme sorpresa non c'era Rokuro con lei.
Hisako, Alice e Ryou, a quanto pare, avevano già mangiato e lei era da sola a pranzo.
Strabuzzò gli occhi sorpreso e non riuscì a fare a meno di pensare che era la prima volta che la “beccava” senza Rokuro.
Non doveva raggiungergli quel pensiero, non riuscì a trattenerlo: era estremamente felice di vederla da sola e poteva essere un'occasione per stare con lei. La sua razionalità gli diceva di sedersi ad un altro tavolo_posti per uno ce n'erano a bizzeffe_e di non farsi notare da lei evitando il contatto, ma i suoi sentimenti non la pensavano allo stesso modo e la loro prepotenza sovrastò le sue buone intenzioni e così, dopo aver riempito il vassoio per il suo pranzo, finì per dirigersi al tavolo dove sedeva lei. -yo! Nakiri!- poggiò il vassoi sulla superficie.
La ragazza lo vide arrivare all'improvviso e sussultò stupita:
-Yukihira!- le caddero anche le bacchette dalle mani.
-posso mangiare con te?-
Domanda inutile visto che si era seduto prima di chiederle il permesso di farlo.
-cosa me lo chiedi a fare se ti sei già accomodato?-
Lui ridacchiò. -hai ragione.-
Staccò le bacchette e iniziò a mangiare i suoi spaghetti saltati.
-come mai Suzuki-san non è con te oggi?-
Sapeva che sarebbe stato meglio evitare una domanda tanto diretta, ma la curiosità lo stava uccidendo da quando l'aveva vista da sola al tavolo. Lei gli riversò un'occhiataccia a causa della domanda indiscreta.
-è in ferie.- affermò schiva. -domanda di riserva?- chiese sarcastica.
-sì, ce l'ho.- le strizzò l'occhiolino lui, giocoso:
-che ne pensi del cibo della mensa?-
-salvabile.-
Lui ridacchiò ancora.
-sapevo che non ti saresti aperta ad apprezzamenti.-
Dopo l'ennesima pausa silenziosa tra i due dove si guardarono intensamente, lei parlò:
-come ti sei trovato a gestire il primo giorno del tuo nuovo incarico?-
-sono arrivato in anticipo oggi a lavoro e pian piano sono riuscito a trovare il ritmo.-
-non sarà facile il compito che ti ha dato il direttore.-
-già, non lo è. O almeno.. è molto diverso che alla tavola calda.-
-ovvio, stupido. Il tuo ristorante è a gestione familiare, qui si parla di una società.-
Lui rise. -in effetti è molto diverso.-
Lei lo fissò attentamente e lui si incantò ad osservare gli aggraziati lineamenti del suo volto: occhi arguti esaltati da un leggero tocco di mascara nero e un filo di matita. Contorni delicati del viso, labbra sottili e rosee spiccate da un lucidalabbra trasparente; il colore della pelle nivea e liscia.. ogni cosa: era perfetta.
Si soffermò sulle labbra umide: sapeva già quanto fossero soffici, ma voleva assaggiarle nuovamente e sentire se la loro morbidezza era rimasta tale da allora. Scese con lo sguardo verso il suo collo scoperto, per arrivare fino alla scollatura del top azzurro che indossava e lasciava intravedere leggermente la divisione dei seni rotondi cercando di ricordare dettagliamente la loro forma. Tornò a seguire la scia del suo collo immagindando di vezzeggiarlo in tutte le maniere possibili, come quella notte, e avvertì nettamente l'eccitazione sopraggiungere. Si dette un freno appena in tempo.
Aveva osservato e pensato a tutti i passaggi che avevano fatto i suoi occhi sul corpo di Erina nel giro di pochi secondi, esattamente il tempo che lei ci mise a rispondere:
-come fai Yukihira?-
-a cosa ti riferisci, Nakiri?-
-intendo..- riprese lei:
-..come fai ad avere un discreto controllo delle emozioni di fronte a tutte le difficoltà che ti si presentano?-
-sono stato abituato così fin da piccolo dal mio vecchio.- rispose lui, sorridendole.
-capisco.-
Non riuscì a controllare i suoi occhi che volarono nuovamente verso il corpo di Nakiri.
-smettila di guardarmi come se fossi fatta di crema pasticcera, Yukihira!- esplose imbarazzata, lei. -..è da quando parliamo che lo fai. Sei scandaloso!-
-perdonami Nakiri, è più forte di me. Quel top che indossi è una calamita.-
-controllati! idiota!- si alzò di scatto dalla sedia. -ne abbiamo già parlato.-
-sbaglio o anche tu non smetti di fissare il mio corpo?-
Lei avvampò di botto. -ti sbagli..- farfugliò sottovoce.
-comunque, dobbiamo tornare a lavoro.-
Non voleva interrompere quel momento che era riuscito a coglierla da sola, così cercò un modo per non farlo:
-sono appena le 14.00, Nakiri, la pausa finisce alle 15.00.-
-e allora preferiresti stare qui fino a quell'ora? Meno tempo passiamo insieme, meglio è.
Lo vedi come va a finire, poi? Tu scombini tutti i miei programmi col tuo atteggiamento poco ortodosso.
Lo facevi anche in passato.-
-davvero? Forse non me ne rendevo conto. Mi veniva naturale.- le strizzò l'occhiolino, lui.
-già.- concordò lei, -per questo qualcuno deve riportarti alla serietà.-
Lui ignorò le sue parole e insisté:
-poco importa, è presto. Prendiamoci un caffé alla macchinetta, Nakiri, voglio dire.. fino alle 15.00 cosa fai tutta sola in ufficio, sennò? Rilassati.-



 
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Lei strinse i pugni distogliendo gli occhi da lui: si stava facendo miseramente convincere.
Quella conversazione tra loro stava diventando pericolosa. Da quando era apparso davanti a lei e si era messo a sedere al suo tavolo, non era riuscita a gestire i suoi occhi che incontrollati indugiavano costantemente sulla maglietta blu scuro, aderente, che stringeva il fisico massiccio e scolpito di Yukihira desiderando sentirne la sua consistenza.
Oppure, distratta, posava le iridi sul volto dell'uomo fissandosi sulle sue labbra che avrebbe voluto gustare e ricordare quando quella notte l'aveva sentite la prima volta ed era rimasta sconvolta da quanto le era piaciuto baciarle.
Poteva sentire il profumo di Yukihira invadergli le narici anche in quel momento e i ciuffi rossi scomposti sarebbero stati un lenitivo per i suoi polpastrelli. No.. non andava bene quella vicinanza, sadicamente essa accendeva in lei il desiderio che cercava di sopprimere. In più, il suo modo di fare sbarazzino era una “droga” per le sue emozioni, perché erano capaci di farla sentire viva e solare. Esattamente.. Yukihira con il suo carettere vivace e allegro superava i canoni della quotidianeità, rendeva indimenticabile ogni attimo passato con lei ed era capace di scioglierla, farla “lasciar andare”, farle godere la bellezza di violare le rigide regole che si imponeva quando era a lavoro. Era una boccata d'aria fresca, ecco.
Era spaventoso quanto la presenza di Yukihira fosse capace divertirla, stava così bene con lui che non riusciva a rifiutare quasi nessuna delle sue iniziative strampalate e anche adesso che le aveva chiesto di prendere un caffè sapeva che non sarebbe stata capace di declinare l'invito perché anche dentro di lei lo voleva; questo non era affatto positivo per la sua relazione con Rokuro e per la situazione con Marika.
Stava bene con Rokuro, ma non quanto la faceva sentire eccitata e radiosa passare del tempo con Yukihira.
In passato, nel rapporto con Yukihira, non aveva mai pensato a certe sottogliezze e anche se dentro di lei egli l'aveva fatta sempre sentire così, aveva continuato ad ignorare quelle sensazioni fino a quelle notte che per colpa dell'alcol tutte le emozioni represse erano scoppiate. -d'accordo. Però non farmi ritardare il lavoro.-
Aveva accettato, come immaginava.
-non lo farò. Può sembrare che la prenda alla leggera, ma anch'io ho un sacco di lavoro da fare nel pomeriggio.-
Detto questo, i due uscirono dalla mensa e si diressero verso le macchinette.
-offro io.- esordì lui, sorridendole.
-come vuoi.- borbottò impacciata.

Passò qualche minuto in cui si portarono verso il chiostro dell'edificio, circondato da folti cespugli e da una fontana sfarzosa al centro di esso. Il vento a solleticarli con piacevole freschezza.

Osservò i ciuffi di Yukihira scuotersi grazie all'aria.
-Marika..- cominiciò lui guardando avanti a sé serio e pensieroso, lasciandola di stucco: era così presa a pensare a quanto stava bene con lui che le era sfuggito il pensiero che Yukihira, dopo aver conosciuto la bambina, potesse chiederle informazioni. Era stata ingenua a non pensarci per tutto il tempo quando doveva prevederlo e di conseguenza evitare che si sedesse al suo tavolo e rifiutare il suo invito per un caffé prima della fine della pausa lavoro.
-..è davvero dolce e ti assomiglia molto.- asserì solo, abbozzando un sorriso che era esattamente identico a quello che aveva rivolto alla bambina la prima volta che l'aveva vista: inconsapevolmente paterno e protettivo.
-perché sei entrato in questo discorso, Yukihira?- chiese timorosa e con il cuore a mille.
-non è Suzuki-san il padre, vero?- proseguì lui, ignorando la sue perplessità.
-non credo siano affari tuoi.-
Era orribile rispondergli così visto che era come dirgli di non intromettersi proprio al padre della bambina.
Era come negargli un'altra volta la sua esistenza, il suo diritto di padre. Era semplicemente atroce e non seppe nemmeno lei come riuscì a mantenere la dovuta durezza nella pronuncia di quelle parole.
-questo vuol dire che poco dopo di me sei andata a letto con un altro uomo.
Lo conosco? È dell'accademia pure lui?-
Lei si sentì tremare di fronte a quella domanda improvvisa.
Avvertì la gola farsi secca e l'angoscia raggiungere la bocca dello stomaco in un subbuglio rapido delle viscere.
Yukihira era palesemente infastidito e dal tono impersonale, sebbene freddo, poteva affermare con certezza che gli seccasse il pensiero che lei dopo di lui fosse andata a letto con un altro_anche se non era vero_. Deglutì meccanicamente.
Cosa doveva rispondere?
Certo che lo conosceva, era lui il padre di Marika. Non poteva assolutamente rispondere questo.
-non lo conosci.- rispose cercando di risultare irritata dalla privata invasione.
Era l'unica risposta plausibile che le era venuta in mente, ma anche questa volta avvertì una fitta dolorosa farla sentire “disgustosa”. -perché ti interessa?-
-vuoi la verità, Nakiri?- fece lui incisivo. -mi dà fastidio il pensiero.-
-non siamo mai stati insieme veramente, Yukihira. Cosa ti importa con chi sono stata a letto?-
-hai ragione. Non posso farci niente.- adottò un sorriso di circostanza.
Sentire tali parole da lui, non doveva, ma l'aveva resa in qualche modo felice.
-..ma ora è acqua passata.- puntualizzò in seguito, anche se non sembrava convinto.
-già, lo è.- lo assecondò lei, cercando di nascondere la tristezza.
-dov'è il padre di Marika? Perché non c'è?-
Erina sussultò ancora davanti all'ennesime domande su Marika.
Era paradossale parlarne proprio con lui e proprio per questo non doveva farlo.
Doveva troncare immediatamente quella discussione e con scaltrezza_anche se era davvero dura farlo perché questo la faceva sentire ancora più “schifosa”_. -non so se tu sia duro di comprendoio o solamente fastidioso, Yukihira, ma non riesco a capire come tu non comprenda che queste domande sono personali, fuori luogo e assolutamente seccanti per me. Quindi, non chiedermi più del padre di Marika.-
Non seppe nemmeno lei come riuscì a gestire i conati di rigetto del pranzo mentre la sua bocca tirava fuori quelle parole infastidite ed ostili, ma sperava che in quel modo lui la smettesse di chiedergli spiegazioni.
-scusami per l'invadenza, Nakiri, cercherò di non strapparti più informazioni sul padre di Marika.-
Alla fine sembrava veramente dispiaciuto di essere stato tanto impiccione_anche se nel suo caso, benché lui non lo sapesse, aveva tutte le ragioni di esserlo_.
-devo andare.- annunciò piatta, lei, e fece per alzarsi dalla panchina dove si erano seduti.
Lui la fermò per le dita. -aspetta..-
-hai intenzione di trattenermi ancora?- anche se lei lo avrebbe voluto.
Scosse la testa: non doveva pensare certe cose. Era sbagliato. Doveva andare.
Però, da quando era venuto al suo tavolo, moriva dalla voglia di chiedergli perché l'aveva fatto.
Entrambi avevano scelto le persone con cui stavano, quindi perché ci teneva tanto ad instaurare un legame con lei?
Così non riuscì a trattenersi:
-perché sei venuto al mio tavolo con tutte le possibilità che avevi di evitarlo?-

 
 
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Era rimasto spiazzato di fronte alla domanda di Nakiri, soprattutto dopo che aveva cercato in tutte le maniere di penetrare nella sua vita e sapere di chi era figlia Marika e dov'era il padre della bambina in quel momento. Si era anche rimproverato di aver ascoltato le sue pulsioni mentali e aver ammesso che sapere che lei aveva fatto l'amore con altri uomini poco dopo essere stata con lui lo aveva irritato. Non doveva semplicemente fissarsi su Nakiri perché più lo faceva, più si allontanava da Megumi e, anche se non di fatto, la tradiva. Era consapevole di quanto Nakiri lo influenzasse, lo destabilizzasse, gli facesse perdere la testa perché intrigato da lei come da nessun altro; però non andava.. lei stava con un altro e lui pure, eppure non riusciva a controllare le sue emozioni quando era con lei e d'impulso agiva. Sapeva che era scorretto perché in qualsiasi caso non potevano tornare indietro e distruggere ciò che si erano costruiti in quei sei anni che erano stati separati.
-ti ho visto da sola e d'istinto sono venuto a farti compagnia.- comunque rispose.
-dovresti proprio smetterla di fare tutto quello che ti passa per la testa senza riflettere.-
-Nakiri.. se davvero non ti importasse più di quello che è successo tra noi, perché allora ti preoccupi tanto che da semplice collega quale sono venga a fare compagnia ad una mia collega che è da sola?- fece pressione sulla frase “collega”.
Per l'ennesima volta si era lasciato andare e si era fatto trascinare dal tumulto di sensazioni e reazioni che lei gli scatenava.
Non riusciva a non puzzecchiarla, era un gesto irrazionale, e infatti la colse impreparata di fronte a quella esplicita frase allusiva. -questa frase non ha senso, Yukihira.-
-in cosa non avrebbe senso questa frase?- chiese ancora, lui, canzonatorio.
Cercava di darsi un freno, ma non ce la faceva. Era più forte di lui.
-perché tu non dovresti essere qui.- ribatté lei, non sapendo cosa ripondere.
-peccato, perché non posso fare a meno di essere qui.- replicò lui.
-abbiamo passato la pausa pranzo insieme solo perché oggi non c'è Rokuro, Yukihira.-
-può darsi, ma preferisco mangiare e stare in compagnia durante la pausa piuttosto che da solo e anche tu dovresti fare lo stesso.- sorrise ilare. Ormai aveva iniziato, non poteva tornare indietro e purtroppo si stava divertendo.
-beh.. la tua suddetta “compagnia” è arrivata al limite della sopportazione e se ne sta andando.
Dovresti farlo anche tu se vuoi che ti assumino definitamente.-
-e perché non sembri convinta di andartene? Stai esitando.-
-non sto esitando!- sbottò lei arrossendo, -smettila con certe insinuazioni.-
Perché la stava fermando? Cosa stava facendo? Era impazzito?
La sapeva la risposta: voleva sfruttare al massimo quelle ore in cui non c'era Rokuro ed era davvero meschina e immatura come scelta d'azione, visto che in questo modo la situazione tra loro due si faceva sempre più critica e controproducente. Lui sospirò. -senti.. non ci vedo niente di male a parlare e basta.-
-anche se lo facessimo, vedi come finiamo?-
Lui si fece confuso e scherzoso la stuzzicò ancora:
-come finiamo Nakiri?-
-smettila di scherzarci sopra, Yukihira. Odio questo tuo atteggiamento.-
-d'accordo, allora non dire frasi compromettenti.-
-è meglio se ci salutiamo qui. Lascia la mia mano Yukihira.-
Nakiri aveva ragione, il loro interagire si stava facendo sempre più azzardato; era meglio terminarla qui, soprattutto perché pensò a Megumi e a quello che lei gli aveva detto quando erano andati a comprare il regalo a suo padre.
Doveva smetterla di farla preoccupare con il suo insolito comportamento degli ultimi giorni e poi Nakiri aveva Rokuro e questo era un dato di fatto: cercare di tenere Nakiri vicina non avrebbe portato a nulla finché la situazione era questa e anche pensare che essa potesse cambiare era pressoché impossibile.
Perché lo faceva? A quele scopo, allora?
Non sapeva neppure lui quali fossero i suoi sentimenti per Nakiri.
Perché doveva seguire qualcosa di indefinito e per ora incomprensible?
Anche se sapeva che prima o poi doveva riflettere su cosa sentiva per Nakiri e anche capire che differenza c'era da quello che sentiva per Megumi.
Lasciò controvoglia la sua mano. Si costrinse a farlo.
-tutto sommato hai ragione, è meglio tornare a lavoro.- accennò un sorriso enigmatico.
Lei sembrò sorpresa da quella risposta visto che probabilmente si aspettava più insistenza da parte sua, conoscendolo.
-mi ha fatto piacere passare la pausa pranzo con te, Nakiri.- aggiunse solo.
Erina arrossì lievemente. -grazie di avermi offerto un caffè, anche se di una misera macchinetta.-
Lui ridacchiò divertito. Quello era il modo di Erina di dirgli che pure a lei aveva fatto piacere passare del tempo con lui, però si immaginava non glielo avrebbe detto.
In seguito, ambedue tornarono ognuno al proprio lavoro.



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Angolo autrice:  ecco a voi il terzo cap. Come vi è parso? vi ho anche presentato Hisako e Megumi, e accennato ai programmi di Hayama.
Spero di avervele presentate bene e di esservi fatti più o meno l'idea di ciò che pensano e di quali sono i loro sentimenti.
Avrete anche i loro pensieri via via con la storia, anche se il "centro" rimarranno Soma ed Erina.
Con lo scorrere dei capitoli avrete anche il punto di vista di Takumi e Hayama.
Purtroppo ho deciso di rendere già una coppia sposata Alice e Ryou, quindi per quanto riguarda la loro storia d'amore non avrete molto.
Anche se Alice farà la sua parte nella storia, come avete già visto dallo scorso cap :P. Cosa pensate delle scene Sorina di questo cap? vi sono piaciute?
Del capitolo in generale? Dal prossimo vedrete delle interazioni in più tra Soma e la piccola Marika e non solo XD.
Intanto, ringrazio tantissimo chi mi ha recensito e messo tra le storie preferite/seguite e tra gli autori preferiti. Grazie davvero! <3
Cercherò di rispondere il prima possibile alle vostre recensioni :D. Grazie tante!! *-*
Spero a presto!! *________*

*Kombini: supermercati nutturni tipici del Giappone.


Un bacione immenso!! <3 <3 Erina91
  
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