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Autore: Tori    29/04/2009    4 recensioni
«Di che colore è la tua pelle?». Lui rimane un secondo in silenzio. «Scura, abbronzata» Di sicuro vede l’espressione ironica sul mio viso, perché subito aggiunge: «Come… Come il caffellatte». Gli ho sempre detto che associo i colori alle cose, non potendo distinguerli. «E i capelli? Come sono?». «Castani, cioè… Color castagna». Mentre seguo le rughe che congiungono il naso agli angoli della bocca, gli chiedo ancora: «I tuoi occhi?». «Verdi, come le foglie delle querce».
Genere: Malinconico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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2. Elissa
«Mamma, mamma!».
«Sì, tesoro?».
Sono passati ventidue anni dalla scomparsa di Ethan Redson.
«La neve! La sento!».
Rido. Mi dicono che sono bella, tanto bella quando rido.
Mi scopro le braccia tirando su le maniche del maglione e allungo le mani nel gelo.
Mi è sempre piaciuta la neve.
«Amore, così ti raffreddi!» in fondo, nemmeno mio padre ha la forza di impedirmi questo divertimento innocente.
«Bob, lasciala stare una volta tanto: ha dodici anni. Può cavarsela da sola».
C’è rumore di neve schiacciata: mamma e papà si staranno stringendo in un tenero abbraccio.
Mi muovo nel vuoto, agito le dita come se potessi afferrare qualche cristallo. Il mio sguardo è fisso.
Sono cieca dalla nascita. Durante la gravidanza, già preannunciata difficile dai medici, ci sono state delle complicazioni. Ho i capelli corti, tagliati sotto le orecchie. A sentire gli altri, sono di un invidiabile biondo chiarissimo.
Non so di preciso che colore abbiano i miei occhi, dicono che il mio sguardo è intenso, distaccato, sembra non avere nulla a che fare con la realtà degli uomini. Con questi occhi il mio mondo è solo una favola.
«Rientriamo, è quasi ora, tesoro».

«Spero che la commedia vi piaccia».
Ho un libro in Braille fra le mani. Sono seduta sul divano. Domani sarà domenica, ho già finito di studiare. Mi piace studiare. Da sempre.
«Lo speriamo anche noi».
Mamma mi ha detto di non toccarla in faccia, si è truccata.
L’abbraccio e sento il tessuto del suo cappotto più bello, quello che sa di affetto se ti prendi la briga di annusarlo. Si è messa anche il profumo. Conoscendola ci avrà messo almeno mezz’ora per liberare il bagno, e solo dedicandosi ai cosmetici.
Papà mi mette una mano sulla testa, spingendomi un po’ di lato per stampare alla mamma un bacio sulla guancia e scatenare le sue più acute proteste.
Sono sicuramente belli quando si vestono eleganti.
«Lisa, sarebbe meglio sbrigarci».
So che la mamma mi guarda intenerita quando sciolgo l’abbraccio, sento che lo fa sempre.
«Coraggio, accidenti!» esclamo. Mi mette sempre in imbarazzo percepire il loro sguardo puntato addosso per più di un secondo «Andate, siamo sotto Natale, ci saranno ingorghi dappertutto».
«Sicura che non ti sentirai sola?».
Ma quante volte glielo devo ripetere, alla mamma?
«Sai che so che se ci sono problemi vi posso chiamare in qualunque momento» Mi siedo sul divano, metto via il libro, non mi va. Trovo subito il telecomando «Forse più tardi faccio qualche esercizio, tanto per ripetere…».
Adesso so che, anche se non facessero tanto rumore, papà ha preso per le spalle la mamma e la spinge verso la porta, sorridendo nella mia direzione. Anch’io mi volto e sorrido al rumore dei cardini.
«Ciao!» grido.
«Ciao, Elissa!» fa mio padre.
«A più tardi».

Calipso, secondo Omero, era figlia di Atlante. Viveva sull’isola di Ogigia con le sue ancelle. Un giorno, sulla spiaggia, trovò un uomo e se ne innamorò. Egli era Ulisse, re di Itaca. Raccontò di essere l’unico sopravvissuto a Scilla e Cariddi, mostri marini…
Questa versione è di una facilità sconcertante.
Perché non mi assegna qualcosa di più difficile?
Ogni volta che penso al fatto che ho voluto io, in prima persona, studiare il latino per puro divertimento mi viene da prendere a calci qualcosa. Devo chiedere a Maria se mi dà qualche esercizio più divertente.
Da quando m’insegna latino sembra tutto così semplice. Sarà che lei è italiana, e mi spiega le cose per bene, facendomele ripetere fino alla nausea. Non vedo l’ora di fare la consecutio. Lì sì che ci sarà da divertirsi.
I rintocchi della chiesa: solo le otto. Mamma e papà sono usciti quasi due ore fa.
Spero si stiano divertendo.
Sono stanca morta.
Mi butto sul divano, faranno qualcosa di decente in tv?
Oh, un documentario. Orche. Sembra essere l’unica cosa decente.
…alla famiglia dei Delfinidi. Il peso di un maschio adulto può superare i 5000 kg, con una lunghezza di circa 9 metri; la femmina, in media lunga intorno agli 8 metri, non supera i 4000 kg. E’ il mammifero più veloce al mondo, raggiungendo i 55 km/h…
Che sonno…

E’ la porta…
E’ la porta?!
Possibile che mamma e papà non si siano portati le chiavi?
Sbatto il ginocchio al tavolino davanti al divano, ma non mi fa male, ci sono abituata: quando mi ricordo di doverlo schivare è sempre troppo tardi.
Che ore saranno?
Arranco verso la porta d’ingresso. Entra uno spiffero gelato dalla finestra semichiusa. E’ molto più tagliente del freddo di oggi pomeriggio. Saranno le dieci, forse.
Qualcuno bussa con educazione, il campanello suona ininterrottamente.
«Mamma?». Sono felice che siano tornati.
Nessuno mi risponde dall’altro lato. Sento il movimento riprendere dopo poco, molto più incerto. Ripeto la domanda.
«Polizia» è la risposta. E’ una voce maschile. E’ grave e forte. Decisa.
Polizia? Che cosa vuol dire?
«Che cosa volete?».
È normale che già mi tremino le gambe? Sarà il freddo.
«Abitano qui la signora Lisa e il signor Robert Heir?».
«Non sono in casa, al momento. Volete lasciare un messaggio?».
«È comprensibile che tu non voglia farci entrare, ragazzina. Ma dobbiamo darti una…».
«Fate parlare me».
Che ci fa qui lei?
«Sasha? Perché sei qui?».
«Per svolgere i miei doveri di buon vicinato, Elissa» la voce le si ferma in gola «Apri la porta, per favore».
Ubbidisco. E’ un suono strozzato quello che esce dalle sue labbra. C’è qualcosa che non va.
Appena mi vede mi mette le mani sulle spalle. Forse ha piovuto prima, e il suo cappotto gronda di pioggia sul parquet dell’ingresso. Ma poi le tocco le braccia e sento solo uno spesso maglione pesante, completamente asciutto. Quindi non ha piovuto. Allora…?
«Che cosa sta succedendo, Sasha? Dove sono mamma e papà?».
Quando sussurra io non capisco. Le chiedo di ripetere. Rivolgo lo sguardo verso la fonte di un’altra, incerta fonte di rumore, un'altra voce femminile, che prendeva fiato ma poi non riusciva a spiccicare una parola.
«Elissa… Elissa» Forse Sasha mi sta sorridendo, mi accarezza la faccia, sento le dita che le tremano «La tua mamma e il tuo papà… Loro… sono…».

Sento Sasha che parla con suo marito, al piano di sotto. Io sono nella loro stanza degli ospiti. Per questa notte, hanno detto, posso restare da loro.
Sasha mi ha portato qui subito dopo aver chiesto agli agenti. È una donna tanto cara. Mi conosce da quando ero alta cinquanta centimetri e non mi reggevo piedi.
Sta raccontando al marito quello che ho fatto dopo la triste notizia.
Io non ricordo nulla. Dice che sono caduta in ginocchio e ho vomitato. Non avevo mangiato molto. Forse avevo solo bevuto un po’ d’acqua, non mi ricordo. Non volevo alzarmi, mi hanno dovuto tirare su di peso e portarmi a casa loro. Ho pianto tutto il tempo.
Anche adesso sto piangendo.
So che per la famiglia Kess sarà una notte d’inferno con i miei lamenti che corrono su e giù per tutti i muri a ritmo indefinito.
Sasha è venuta su tre o quattro volte, ha cercato di parlarmi, prima, ma ha desistito.
Domani dovrà cambiare le federe del lenzuolo, forse anche tutto il letto: lo sto infradiciando con le lacrime. Sono ancora tutta vestita.
«Un pirata, un fottuto ubriacone li ha mandati fuori strada…» sussurro a me stessa.
Tiro pugni al cuscino, ci sbatto la faccia e mi metto a urlare. Piango di nuovo.
Sento dei sospiri affranti accanto al letto. Mi rigiro sotto le coperte.
Chiunque sia non è entrato dalla porta, l’avrei sentito, lo sento sempre.
Cerco di seguire il rumore lieve dei respiri, ma è difficile, muovo la testa senza criterio, ho gli occhi sbarrati.
«Chiunque tu sia…» sussurro, rivolta alla finestra. Non sto sognando. C’è qualcuno. C’e aria calda nella stanza, e d’inverno non c’è aria calda in una casa senza riscaldamento.
Per un secondo sento un breve sbuffo stupito, così basso che un orecchio poco attento potrebbe scambiarlo per un fruscio del piumone o qualcosa del genere.
«Chiunque tu sia…» altre lacrime. Mi rigiro dall’altro lato: non m'importa nulla «Abbi rispetto».
All’improvviso sento una mano calda sulla testa, come mio padre faceva di solito. Piombo nel sonno più profondo della mia vita.
È un bel sogno di neve e di addio.

È bella quando dorme. Non ho mai visto un viso così bello.
È strano che sia riuscita a sentirmi: non l’ho scelta. Non mi ha visto, però…
Hermes ha detto che possono capitare casi del genere, perfino a lui è successo. Sarà lo shock, che aumenta la sensibilità…
Mi siedo sul letto, attento a non svegliarla. Inconsciamente, la mia mano sinistra sale al collo a massaggiare la cicatrice, vecchia di ormai ventidue anni.
Il tempo è passato veloce, alla fine.
È strano. Se poteva sentirmi, perché non mi ha visto? Chissà…
Quella frase poi… Ha detto la stessa cosa che mi insegno Hermes: ha detto «abbi rispetto».
Mi volto a fissare il suo viso per qualche altro secondo.
Sono contento di essere riuscito a calmarla. Quel trucchetto, alla fine, serve sempre a qualcosa.
Allora, io me ne vado, piccola umana. Non tornerò mai più. La mia presenza sarà per te un sogno. Non tornerò, tutto in virtù del mio rispetto per te.
Faccio un inchino. Guardo la luna.
Oggi è piena.
Non mi è mai piaciuto andare a caccia con la luna piena.
Andrà a finire che anche per questa notte non se ne farà niente.
Mi getto dalla finestra e atterro in piedi nel prato sottostante.
Quanto odio la luna piena.


Cari lettori! Eccomi qui! Credo di aver evitato volutamente il commento al primo capitolo a causa del fatto che non mi sembra vero di essere di nuovo qui dei vostri, a postare ^^
Che dire? La Dielle c'è sempre U_U insieme alla mia Tonna e per questo motivo ringrazio tanto tanto le mie due "animale" preferite *_*, fide compagne di venture XD
Ovviamente, lo stesso si può dire per tutti gli altri lettori, anche se mi dispiace che non mi facciano sapere cosa pensino delle mie elucubrazioni mentali: se sono cacate, almeno potrei evitare di appestare il sito con delle idiozie >_<
Ora, visto che non è il caso di continuare a deprimersi e di cadere in un tunnel di depressione, concluderò rinnovando il mio invito alle recensioni e i miei saluti.
Baci a tutti ^_^
  
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