Contatto
La prima cosa che vidi quando passai dall’oblio della
morte al mondo degli Shinigami fu un corpo rannicchiato, coperto solo da un
manto nero logoro e sbiadito, io non ero a terra, invece, e non avevo uno
straccio nero addosso, ero nudo all’inizio e trovai dei vestiti vicino ai miei
piedi. Una giacca lunga e verde, pantaloni marroni, maglietta dello stesso
colore.
Soltanto dopo essermi vestito mi accorsi del quaderno
nero nella tasca del cappotto verde.
Un Death Note. Un Death Note mai utilizzato.
Guardai di nuovo l’essere rannicchiato. Era stato
richiamato anche lui come me? E allora perché era più debole? Perché non aveva
ricevuto anche lui un quaderno?
Mi avvicinai e riuscii a vedergli la testa: capelli
lunghi, biondi scarmigliati, con un centimetro di ricrescita scura alle radici.
“Misa?” le mie labbra si aprirono appena per lo stupore.
Lei sembrò sussultare e girò la testa verso di me.
“Light!” mi chiamò sgranando gli occhi che cominciarono a
inumidirsi.
Poi lentamente dagli zigomi vidi cadere della polvere
argentea, come se la ragazza si stesse sfarinando davanti ai miei occhi.
“Light!” ripeté in tono supplice.
“Ti prego, Light… aiutami!”
Aiutarti?
La polvere aumenta. Sabbia. Come tutto quel mondo era.
No. Misa. Non ti aiuterò, devi morire.
Muori, muori, muori!
“Light…”
Le lacrime si polverizzano subito prima di poter colare.
“Aiu…”
Così le sue mani.
“Ta…”
E il resto del suo corpo.
Mi
Il suono svanisce e diviene sabbia, granelli che si
sollevano per un momento, girano piano su loro stessi, mandano bagliori
d’argento e poi si disperdono nell’aria; solo in quel momento mi resi conto che
la mia espressione era furibonda e che il mio respiro affannato.
Misa era morta. Morta e io l’avevo voluto. Avevo provato gioia.
“E questo è bene” una voce gelida, girai il viso e vidi attraverso
l’aria polverosa una sagoma.
“Sei tu che mi hai portato via dalla morte?” riuscii a
chiedere, malgrado lo stupore.
“Non credere di essere tanto lontano dalla morte, Light
Yagami” rise lui, si avvicinò e i suoi contorni si fecero più nitidi: era un
uomo con un mantello di piume nere, occhi scuri e capelli castani, lunghi e
fini.
“Il fatto che tu abbia lasciato morire la tua donna è un
buon segno per me, significa che sei pronto” disse fissando il punto dove lo
straccio nero era appena mosso dal vento.
“Non è mai stata la mia donna” ribattei.
“Non ha importanza. La pietà non ti serve: noi siamo Dei,
uccidiamo senza discriminazione. Dopo la morte, Yagami, non c’è nulla”
Rimasi in silenzio, poi mi decisi a riprendere la parola.
“E allora perché sono qui? Che significa?” la mia voce
aveva un che di disperato, questo mi innervosì.
“Diciamo che hai attirato la mia attenzione. Non
interessarti alle mie motivazioni, tu sei uno Shinigami con origini umane, hai
più limiti degli altri della tua specie, questo dovrebbe interessarti”
La vaga impressione che si stesse prendendo gioco di me
era insopportabile, ma almeno più accettabile del vuoto di prima, se non altro
era qualcosa.
“Continua” lo incitai.
“Se l’umano che possiede il tuo attuale quaderno, o
quello che hai lasciato nel mondo degli umani muore, muori anche tu”
Inspirai nervosamente, ma rimasi in silenzio.
“Tu sei legato agli umani, almeno attraverso il quaderno
della morte, se il legame si spezza è finita” aggiunse.
“Finita?” ripetei.
Lu alzò la mano puntando l’indice bianco verso il panno
nero che il vento stava trascinando per terra.
“Ci sono altre cose?” chiesi.
“Altre? Sì, abbastanza, in effetti. Ti ho detto la
prima…”
Volse gli occhi a me e mi sentii gelare quando li vidi
rossi.
“Vuoi conoscere la seconda?”
***
“Non che la cosa non mi vada bene…”
Lene mise le tazzine fumanti sul vassoio, si voltò e
portò in tavola.
“ma proprio non mi aspettavo questa visita, Jim”
Jim sorrise e prese la tazza.
“Non riesco a lavorare con una persona che vive così
lontano, mi da sui nervi” rise.
Lene tirò indietro la sedia e si sedette davanti a lui,
non toccò il tè, ma intrecciò le dita, vi posò il mento e rimase zitta a
fissarlo.
“Adam dice che non gli hai ancora fatto arrivare i documenti
per il divorzio, è da una settimana che non fa che darmi il tormento”
“Ah giusto!” esclamò quello con voce troppo alta, tanto
che Lene sussultò.
“Non ascoltare quell’imbecille, mi ha dato l’indirizzo
sbagliato. Ha cambiato albergo. Idiota”
Lene alza gli occhi e sbuffa.
“Tipico!”, poi finalmente prende la tazzina ormai tiepida
e sorseggia.
“Tu, piuttosto…” esordisce lui, giocherellando con la
tazzina, facendola girare.
“Che storia è questa che vivi in Giappone per non
separarti dalla tomba di Nate?”
Lene cerca di ignorare quello che prima era un piccolo
semicerchio di tè, che bagnava il piano di legno e che ora Jim stava spargendo
per tutto il tavolo, girando la tazza gialla.
“Non fare lo strizzacervelli con me, sai che non lo
sopporto”
Lene sperò di intimidirlo con uno sguardo freddo, ma non
funzionò dato che Jim continuava imperterrito.
“Certamente, ma so anche due cose, la prima…” cominciò
scuotendo il cucchiaino sgocciolando il tè sul tavolo, prendendo proprio il
centrino a scacchi verde.
“…è abbastanza chiaro a tutti che come madre te ne sei
alquanto infischiata, cara Lene.”
Lene impreca sottovoce.
“La seconda: come psicologa fai abbastanza schifo. È un
bene a dire il vero: significa che hai capito tutto del tuo mestiere. Comunque
non è una gran mossa visto che devi sforzarti riavere un giro di clientela”
L’ultima goccia di tè le arriva sulla punta del naso.
Lene afferra il cucchiaino, lo avvicina e trascina anche
Jim.
Ora cavolo doveva vederlo il suo sguardo furioso,
maledizione!
“Ti pago per farmi da avvocato Jim, non costringermi a
privarti di una cliente”
“Sul serio, Lene” disse, facendosi serio.
“Perché sei qui? Non tirare fuori balle: perché sei qui, davvero?”
Lene lascia il cucchiaio, non sorseggia la tazzina, butta
giù tutto poi guarda ancora Jim.
“Qualcuno ha ammazzato Nate. Non guardarmi così, ho delle
prove”
“Prove?” Jim si acciglia.
“Lene non fare stronzate, che fai giochi
all’investigatrice adesso? Sei abbastanza cresciutella per queste cazzate”
Ora che faceva, le dava della vecchia?
“Ti è sufficiente non impicciarti Jim Berry. Il tuo
lavoro è spillare soldi, vedi di non spingerti oltre questo”
Jim inarca le sopracciglia.
“Tu lo sai che amo i tuoi soldi, tuttavia ti conosco da
una vita e non posso che ricordarti che a te non importa un accidenti di Nate”
Schiattate tutti quanti!
“Le uniche cose che devo ricordarmi sono tre: la prima è
che ucciderò la prossima persona che mi dirà che non avevo interesse per mio
figlio, la seconda è che qualcuno ha
ucciso Nate e la terza è che qualcuno
presto si ritroverà senza palle”
***
“Light”
Come al solito si è svegliata tardi: sono le 11.00 di
mattina, le vecchie abitudini non spariscono mai.
“Ma sei rimasto sveglio tutta la notte?”
Ma che domande.
“Gli Shinigami non dormono, Sayu”
Lei mi guardò accigliata e ancora seduta sul letto
avvicinò le ginocchia al mento e si portò l’indice vicino alle labbra, come
sovrappensiero.
Non mi piaceva quella postura: era familiare.
“Non stare così” la rimproverai, guardando altrove. Fuori
dalla finestra di Sayu le nuvole del giorno prima non si erano ancora diradate.
Guardai mia sorella che si alzava e si sceglieva i
vestiti dall’armadio.
Era inutile negare con insistenza una cosa che sapevo già:
io volevo che tutto il mondo temesse ancora Kira, che coloro che mi si erano
messi contro sapessero che ero tornato. Non potevo farlo da solo naturalmente:
se mi fossi messo a uccidere i criminali avrei influenzato la durata vitale di
altre persone, e naturalmente questo mi avrebbe ucciso. Ma Sayu. Sayu poteva
essere il mio strumento. Sayu poteva essere Kira.
Naturalmente convincerla non sarebbe stato assolutamente
facile conoscendola, tuttavia sarebbe stato peggio indurla a rinunciare al
quaderno. In tal caso non ci sarebbe stato tempo per trovare un altro
proprietario: sarei dovuto tornare nel mondo degli Dei della Morte.
Immediatamente. Questo rientrava nelle condizioni.
La prima cosa che avevo fatto, una volta diventato
Shinigami era stato uccidere Nate River, un gesto affrettato, ma non
controproducente: Near era fin troppo malaticcio, nessuno, quando era morto per
malattia, aveva sospettato di Kira. In compenso non avevo potuto uccidere
Matsuda e gli altri. Se proprio loro fossero morti allora si sarebbero
sollevati sospetti e chissà che non ci fosse ancora qualcuno in grado di
scovarmi. In tal caso avrei dovuto renderne conto a colui che mi aveva
richiamato.
Nessuno doveva scoprire dello Shinigami Light. Ma nessun
problema con Kira. Ecco perché Sayu doveva
usare il quaderno.
“Sayu, ci hai pensato, allora?”
Lei era appena uscita dal bagno lavata e vestita.
“Sì, Light”
Tacqui in attesa di ascoltare.
“Io non potrei mai diventare un’assassina, neanche se ciò
significasse salvarti la vita” disse tentando una malriuscita espressione
determinata.
“Sayu! Ma come puoi sprecare quel potere? Sei una
stupida!”
Maledizione! Maledizione! Maledizione!
“No! Non darmi della stupida Light! Io non ho rovinato la
mia famiglia e chissà quante altre vite! Tu sei stato Kira, Light, non capisci?
Te ne stavi lì al sicuro ad ammazzare gente che neanche conoscevi senza sporcarti
le mani, io non voglio diventare così!” esplose furiosa.
Le mani mi tremavano per la rabbia.
“Tu non sai niente” sibilai.
Sayu scoppiò a ridere e si aggrappò con la mano alla
porta, poi alzò gli occhi su di me.
“Non so niente Light? Mi hanno rapita, tutta la mia
famiglia è stata sterminata, la verità è che tu non sai niente. La verità è che
grazie alle tue bugie tu hai sofferto di tutto questo meno di tutti”
Sayu riprese fiato, poi si voltò e uscì dalla stanza.
“Dove vai?”
“Esco”
“Non abbiamo finito”
Sayu si fermò e girò di poco la testa.
“Fermami Light. Uccidimi, completa l’opera” mi sfidò.
Rimasi in silenzio, lei si mosse e uscì di casa; oltrepassai
la porta.
Stupida, stava anche piovendo.
“Ma tu sei la figlia della signora Yagami”
E quella donna chi era?
LENE O’BRIAN
Quelle lettere sopra una testa buna coi capelli crespi
per la pioggia.
“Ma lei è…”
“Sono la psicologa che ha parlato con tua madre. Ho
saputo. Come stai?”
Sayu non rispose.
“Vuole entrare? Sta piovendo, può aspettare che smetta in
casa, non ha neanche l’ombrello”
O'Brian sorride, ma quando Sayu si volta si incupisce un po'.
"Guarda che posso continuare a parlarti anche se sei in compagnia"
Sayu mi ignorò, invece si rivolse alla donna "Può darmi il cappotto signorina..."
"O'Brian, Lene" disse lei passandole il cappotto. Poi sfilate le scarpe entrò nel salone, fece qualche passo guardandosi intorno e senza volerlo urtò il tavolino.
"Tutto apposto?" chiese Sayu dalla sua camera, dove stava appendendo i soprabiti.
Lene arrossì un po'"Sì scusami ti ho fatto cadere delle cose, le raccolgo subito" rise con un'espressione frustrata. Poi si chinò e con orrore vidi che insieme alla coppa di vetro con le caramelle a terra c'era anche il quaderno.
Lene allunga la mano e lo raccoglie.
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Ho sempre preferito Light ad L, tuttavia quest’ultimo è
un personaggio veramente ben fatto e non si può non provar pena per lui.
Proprio per via della sua morte ho chiamato il capitolo “Contatto” come quello
in cui L e Light si incontrano. Ma ora passiamo ai ringraziamenti:
Darseey: spero che alcune cose a questo punto comincino a farsi
chiare :D Sono molto contento di scrivere una storia che sia imprevedibile,
sono contento che la leggi con questa opinione ^^ Ti ringrazio per il sostegno!
Francy91: grazie per le tue considerazioni sulla storia. Su Sayu
(oh mio Dio è la prima volta che scrivo con un pov femminile) mi sforzo
parecchio di renderla realistica perché lei è sempre stata così… normale.
Poverina. Spero che ti sia piaciuto anche questo capitolo :P