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Autore: Lory221B    27/08/2016    9 recensioni
La vita trascorreva tranquilla al 221B. Sherlock cercava nuovi modi per non annoiarsi e John evitava che i passatempi ricreativi del marito distruggessero l'appartamento. Poi, una mattina come tante, la figlia di John si presentò in Baker Street, con una lieta e sconvolgente notizia.
(johnlock) (non tiene conto degli eventi della quarta stagione)
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, Irene Adler, John Watson, Mary Morstan, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Invito alla Villa dei Von Ormstein di Cassel-Felstein
 



John si fissava allo specchio, scrutando ogni piccola ruga, segno di anni di avventure e preoccupazioni, chiedendosi se anche Irene sarebbe sembrata invecchiata dall’ultima volta che l’avevano vista. No, probabilmente la sua futura suocera aveva venduto l’anima al diavolo ed ora c’era un dipinto che invecchiava al suo posto.

Normalmente non stava davanti allo specchio più di due minuti, cinque se doveva farsi la barba. Quella mattina erano già venti minuti di agonia. Si pettinava i capelli in avanti, poi di parte, poi indietro, poi sbuffava e assottigliava lo sguardo, immaginando l'espressione che avrebbe rivolto alla Donna, appena l’avrebbe incontrata.

Era stato fissato un pranzo presso la villa dei Von Ormstein, dove avrebbero incontrato i futuri suoceri e il famoso Christopher. Per John, l'evento era diventato un pensiero ossessivo, non aveva nemmeno ascoltato le elucubrazioni di Sherlock sui furti che avrebbe commesso Irene.

Uscì dal bagno sconsolato, con addosso il miglior maglione che aveva, che Sherlock gli aveva regalato dopo aver dato via tutto il suo guardaroba alla rete di senzatetto. John era ancora convinto che fosse un messaggio subliminale, un modo per dirgli “ti amo, ma è ora che compri dei nuovi maglioni”, ma non era mai riuscito ad estorcergli questa verità.

Quando entrò in salotto trovò Sherlock, elegantissimo nel suo solito completo nero, con una camicia porpora appena comprata che a John ricordava una vecchia camicia del marito, su cui aveva tanto fantasticato nei primi mesi di coabitazione. E non si trattava di fantasie innocenti. Era sicuro che chiunque lo avesse visto con quella camicia avesse fatto dei pensieri da censurare, sia donne che uomini.

« Tu non vieni con quella camicia! » sbraitò John, con un tono solenne che non ammetteva repliche.

« Scusa? » chiese Sherlock perplesso, abbassando lo sguardo sull’indumento.

« Ho detto... » iniziò spazientito « Che non vieni con quella camicia provocante! Metti una normale, bianca, una di quelle vecchie che ormai è un po’ sformata »

« Non ho camicie sformate » protestò il detective « E ho scelto questa appositamente per fare bella figura con i pomposi »

Sherlock aveva deciso di chiamarli così i futuri suoceri, “pomposi”, perché era il termine che John aveva usato più volte per descrivere i Von Ormstein di Cassel-Felstein e sembrava il modo più appropriato per etichettarli, anche se Grace non ne sarebbe stata felice.

« Niente giacca, allora. Ti presto un mio maglione! »

« John, smettila! Ti stai rendendo ridicolo »

« Hai tre secondi per togliertela o lo farò io » fece avvicinandosi, serio.

Sherlock sorrise, malizioso « Dici che abbiamo tempo per questo gioco, capitano? »

John boccheggiò un attimo, per l’improvviso cambio di registro verbale. Non scoprirono mai se le cose sarebbero diventate roventi, perché Mary e Grace bussarono forte alla porta. Le due avevano la chiave del portone ma sapevano che non era il caso di entrare improvvisamente nel soggiorno. Un’unica volta Mary lo aveva fatto e aveva visto più parti di Sherlock, di quelle che avrebbe voluto vedere.

« Siamo vestiti, potete entrare » gridò John, ancora in imbarazzo per quell’unica volta che erano stati beccati in pose compromettenti dall’ex moglie.

Nonostante non volesse darlo a vedere,  anche Mary era preoccupata per l’incontro con i futuri suoceri. John aveva dettagliatamente descritto ogni secondo che aveva passato con l’insopportabile Irene Adler e Mary, che all’inizio rideva per la gelosia dell’ex marito, aveva finito per essere davvero preoccupata.

Sua figlia, di diciotto anni, non solo voleva sposarsi, ma aveva scelto una suocera che si poteva definire “pericolosa”. Forse lei non era la persona adatta a commentare il passato turbolento di qualcuno, ma si trattava della sua Grace, il discorso era molto diverso.

Inoltre, nonostante non fosse il tipo da competizione tra donne, cominciava a trovare fastidioso tutte le volte che la figlia nominava la futura suocera, descrivendola come una donna perfetta. Per cui, alla fine, anche Mary aveva optato per il miglior look del suo guardaroba. Non si sarebbe fatta mettere in ombra da Irene Adler.

« Dov’è David? » chiese John, dopo aver abbracciato Grace.

« Ci aspetta in auto, sai che non va molto d’accordo con Sherlock » rispose la ragazza, lanciando una divertita un’occhiataccia di rimprovero al detective. « Comunque, siete nervosi? » chiese Grace « Non vi ho mai visto così ben vestiti »

Sherlock fece spallucce, mentre John continuava ad osservare infastidito la camicia che indossava il marito. Forse era ancora in tempo per prendere una tazza di caffè e rovesciargliela accidentalmente addosso.

«Credo che tuo padre » intervenne il detective « sia più preoccupato che Irene si presenti con lo stesso look che aveva quando l’abbiamo incontrata la prima volta » buttò lì, con noncuranza.

Mary, vedendo lo sguardo omicida di John, soffocò una risatina, mentre il dottore strinse i pugni, contò mentalmente fino a dieci e poi sfoggiò il miglior finto sorriso che avesse a disposizione « Spero che per un pranzo si presenterà più coperta »

« A proposito » intervenne la figlia, incoraggiata dallo sguardo della madre che la invitava a dire quello che aveva nascosto fino a quel momento, per evitare scenate «In realtà vorrebbero che passassimo tutto il week-end nella loro villa. Tutti assieme » sottolineò « Per cui buttate qualcosa in valigia » concluse, con una voce che tentava di essere entusiasta ma temeva reazioni scomposte.

John non riuscì a dire niente, perché Sherlock lo prese per un braccio e lo trascinò nella loro camera « Arriviamo subito! » fece, mentre percorrevano il corridoio.

« Non opporti, John. Così possiamo indagare sui furti di Irene » iniziò concitato, appena chiuse la porta della camera.

« Tu ti rendi conto che nel momento in cui smetterò di contare mentalmente fino a dieci, prenderò a pugni qualcuno? Io non voglio passare il week-end con loro » fece esasperato.

« Normalmente nemmeno io, ma avremo libero accesso alla casa. E’ perfetto! »

John si sedette sul letto, non riuscendo a vedere il lato positivo della vicenda.

« Ok, metto una t-shirt  » fece il detective, iniziando a togliersi e la camicia e indossando una t-shirt bianca con delle scritte nere, che John non aveva mai visto in vita sua « Contento? Va bene come compromesso? Metto comunque la giacca sopra però »

Il dottore non sapeva se ridere, abbracciarlo, prenderlo a pugni perché pensava che un cambio di abito risolvesse ogni cosa, ma rinunciò ad ogni azione e si diresse scoraggiato a fare le valige per il week end.

Mezz’ora dopo erano tutti in auto, diretti alla Villa della famiglia Von Ormstein di Cassel-Felstein. David era talmente nervoso dell’evento e dell’improbabile quintetto, che aveva mancato un semaforo e due precedenze, prendendosi ovviamente gli insulti di Sherlock, che a sua volta era stato rimproverato da Mary per l’inutile mancanza di tatto. Solo John e Grace si guardavano con un cenno di reciproca comprensione, ben consci che non sarebbe stato un viaggio tranquillo.

« Sembri una rock star » fece Mary, osservando l’improbabile look di Sherlock «Se ti mettessi anche gli occhiali da sole, saresti perfetto »

John prima sorrise, orgoglioso del marito e di quanto fosse sempre bello, in ogni occasione, con ogni look, anche dopo tanti anni. Poi pensò che non c’era verso che Irene lo potesse trovare meno irresistibile. Stava tamburellando le dita sul ginocchio, quando Sherlock gli afferrò la mano e scosse il capo, in una muta conferma che si stava comportando da idiota geloso.

Quando l’auto imboccò l’ultima curva, prima di raggiungere il luogo che il gps evidenziava sullo schermo, tutto si sarebbero aspettati, tranne lo spettacolo che si presentò davanti. Un enorme parco, che si estendeva anche dietro allaVilla, di una maestosità che poteva gareggiare con la tenuta estiva della Regina.

John e Mary strabuzzarono gli occhi, a David cadde leggermente la mascella, mentre Sherlock emise un flebile verso di disapprovazione « Pomposi » commentò, senza farsi impressionare.

Parcheggiarono l’auto, con l'aiuto di un maggiordomo che sembrava essersi materializzato dal nulla. David e Mary erano ancora frastornati dallo spettacolo della villa, mentre Sherlock e John, in maniera più pragmatica scesero dal veicolo, pronti per andare in battaglia, quando il portone d’ingresso della Villa si aprì ed uscì il futuro marito in persona.

Effettivamente era un bel ragazzo, pensò Mary, anche se era ancora stupita di quanto poco fosse vero che le figlie cercavano qualcuno che assomigliasse al padre. Di John, almeno nell’aspetto, quel Christopher non aveva proprio niente.

Grace gli corse incontro radiosa, mentre John prendeva un profondo respiro e si incamminava con gli altri in direzione della coppietta felice.

Un’altra figura uscì dal portone, una donna che definire bella era dire poco. Nonostante avesse anche lei raggiunto i cinquant’anni, era bella come un tempo: Irene Adler era semplicemente perfetta.

« Ora capisco perché sei tanto geloso » sussurrò Mary.

« Già, il bisturi fa miracoli » commentò acido il dottore, non potendo credere che lui fosse pieno di rughe, mentre lei fosse rimasta splendida come un tempo.

La Donna superò Christopher e la figlia, e puntò dritto verso i quattro arrivati. Senza nemmeno accorgersene, John aveva fatto un passo laterale,  per stare appiccicato a Sherlock il più possibile. Irene notò ogni vibrazione e sorrise divertita « Questo è il modo più strano di rincontrarci » esordì « Non conosco ancora la madre di Grace, però » aggiunse, allungano una mano verso Mary, che la strinse senza dare segno di titubanza.

« Abbiamo tanto di cui parlare, sono contenta che resterete per tutto il week end » commentò, soprattutto rivolta a John, come se sapesse che il dottore era teso come una molla pronta a scattare. John avrebbe voluto ribattere che doveva tenere le sue lunghe unghie smaltate lontano da Sherlock, ma sarebbe sembrata una risposta insensata, anche se le immagini di lei che baciava la guancia di lui, continuavano a riproporsi nella sua testa come in un loop infinito.

Christopher e Grace raggiunsero il gruppetto e la ragazza, senza mai staccare il braccio dal “pomposo”, presentò il futuro marito alla famiglia.

Era decisamente aristocratico, non poteva dirsi il contrario. Apparentemente educato e gentile, strinse le mani di tutti e li invitò ad entrare, in modo che il maggiordomo potesse mostrare le stanza di ognuno.

« Grace mi ha raccontato tutto di voi » fece Christopher, non sapendo che quello che la ragazza poteva dire era solo la punta dell’iceberg della sua famiglia.

Mary sorrise « Ha parlato molto anche di te. Ci ha detto frequenti Oxford »

« Già, anche se trovo la facoltà di Economia poco stimolante » commentò, quasi annoiato « Siete stati in qualche bel posto? » chiese, rivolto a Mary e David, che si guardarono perplessi, mentre John studiava quella conversazione come una terribile sensazione di dejà vu.

« Come scusa? » chiese David perplesso.

« Ho notato che la vostra auto ha del fango recente sulle ruote. In centro Londra, dove abitate, non piove da giorni e non potete aver incontrato fango lungo la strada per venire qui, è tutta perfettamente asfaltata. Inoltre, è fango recente ma non fresco, per cui deve essere di ieri. Da questo ho dedotto che siete stati fuori città »

John e Mary lo fissarono attoniti, mentre Grace raggiante gli schioccava un bacio sulla guancia « Non è meraviglioso? »

Irene sorrideva, ma un occhio attento avrebbe notato che era un sorriso tirato, quasi preoccupato.

Sherlock non ascoltò la maggior parte degli inutili convenevoli, ma cominciò a porre l’attenzione su ogni dettaglio che potesse riguardare i furti o altre attività sospette di Irene. Non avrebbe mai ammesso apertamente quanto teneva alla piccola Watson, ma Grace era già abbastanza in pericolo come figlia di Mary “ex sicaria” Morstan e John “assistente e marito di sociopatico” Watson, non era il caso che si aggiungesse anche qualche losco affare di Irene.

Irene e Christopher non fornivano alcun dettaglio apparente, per cui focalizzò la sua attenzione sulla casa alla ricerca di qualche indizio o qualcosa che sembrasse fuori posto.

Se fosse stato un po’ più attento a quello che accadeva accanto a lui, avrebbe notato che Mary aveva confabulato qualcosa nell’orecchio di John, che era quasi saltato per aria, gelando l’ex moglie sul posto.

« Sherlock e Irene non sono stati assieme » sussurrò John, cercando di tenere il tono di voce appena udibile all’orecchio umano. Fortunatamente Irene era distratta da un’improbabile conversazione con David.

« Me lo hai già detto, John. Solo che non ti sembra di notare qualcosa di familiare in quel Christopher? Ha venti anni, coincide col periodo in cui Sherlock l’ha salvata dalla morte »

« Non è suo figlio, Mary. Non hanno fatto sesso » ribatté, alzando leggermente il tono.

« Certo, perché lui non ti ha mai mentito, vero? »

John si bloccò sul posto e si mise a osservare tutte le similitudini fisiche tra il marito e quel Christopher. Ok avevano entrambi gli zigomi alti, carnagione chiara, occhi azzurri e un’aria snob. Ma del resto, era così anche Irene.

Però era saccente, indisponente, annoiato e c’era quella deduzione, che aveva fatto per stupirli. Per un attimo aveva temuto che avrebbe concluso chiedendogli in prestito il cellulare. Fissò Christopher e poi Sherlock, come un ping-pong, finché non gli venne un senso di nausea.

Prima la figlia che annunciava il matrimonio, poi la scoperta di diventare parente della Adler e adesso il dubbio che il futuro genero fosse il figlio illegittimo di suo marito.

Lo stomaco di John stava iniziando a contorcersi in maniera preoccupante.

« Stai bene? » fece ad un tratto il detective, notando che John era sbiancato al punto che era un tutt’uno con la parete bianca dell’ingresso. Tutti furono attirati dall’improvviso recupero del dono della parola di Sherlock, per poi osservare Watson preoccupati.

« Deve essere il caldo, vi spiace se mi siedo un attimo? » chiese John, evitando di fissare nella direzione di chiunque dei presenti.

« Certo » fece Irene « Vi faccio subito accompagnare nella vostra stanza »

John percorse ogni gradino verso la camera che era stata preparata per lui e Sherlock, impressionato da quanto poco fosse rimasto sconvolto ogni volta che qualcuno aveva tentato di ucciderli, ogni volta che era rimasto ferito o che qualche pazzo aveva minacciato le cose più turpi nei loro confronti, ma di come gli franasse la terra sotto i piedi ogni volta che si trattava della sua relazione con Sherlock.

Quando finalmente rimasero soli, John si sedette sul letto, continuando a chiedersi cosa sarebbe stato peggio: fare l’ennesimo terzo grado su Irene al marito o tenersi il dubbio.

« John, cosa ti è preso? » fece Sherlock.

Watson scosse il capo e optò per la terza ipotesi, fare a modo suo.

« Niente, deve essere l’età. Non reggo più certe emozioni » commentò, dando le spalle al marito per estrarre il cellulare.

Sherlock aveva capito perfettamente che c’era sotto qualcosa, ma sapeva anche che mettergli pressione gli avrebbe solo fatto alzare la guardia, mentre aspettare gli avrebbe concesso di dedurre ogni cosa, senza problemi, per cui decise di aprire la valigia ed iniziare a riporre gli indumenti per il loro indimenticabile week-end.

John non sapeva se essere sollevato del fatto che Sherlock non stesse badando a lui, perché temeva che il suo mutismo stesse nascondendo a sua volta qualcosa.

Aveva bisogno di risposte, il prima possibile. Digitò un messaggio, che avrebbe cancellato dalla memoria del telefono appena inviato, prima che lo smartphone finisse nelle mani del detective.

Ciao Molly, se ti mando due campioni di capelli, puoi estrarre il DNA  e dirmi l’eventuale parentela?
JW

Lo rimise in tasca, meditando su come avrebbe fatto a staccare un capello dalla testa del suo futuro genero, senza dare nell'occhio.


****** ******
Angolo autrice

Vi chiedo scusa, sono orribilmente in ritardo. Questo succede quando si scrivono tre storie (mea culpa, non ho il senso della misura) e soprattutto lo si fa in agosto.
Grazie della pazienza,
Alla prossima!

   
 
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