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Autore: Selhin    29/08/2016    3 recensioni
Una raccolta di Shot comprese durante la compressione temporale. Utilizzerò le tematiche del One Hundred Prompt, ogni tema una shot e un personaggio con la sua storia :
Passato - ... poi mi guarda negli occhi, occhi uguali ai miei.
Presente - ... Forse era ancora in tempo per la sua redenzione.
Futuro - ... Sarebbe tornata a casa ad ogni costo.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fandom: Final Fantasy VIII
Pairing: Nessuno
Personaggi: Rinoa Heartilly, General ( Fury ) Caraway
Tipologia:  One shot ( 2564 parole )
Genere: Slice of Life, Missing Moment. Triste

 

12° Argomento: Tempo
58. Futuro

 

I Promise

 

 

 

  Correva e correva ancora.
Sentiva un gran calore lungo tutto il corpo, il sudore le imperlava la fronte bagnandole i capelli corvini, le gambe dolevano pericolosamente rendendo i suoi passi sempre più incerti.
Da quanto tempo stava correndo in quel modo?

Tempo.
E’ giusto parlare dello scorrere del tempo quando ti ci ritrovi dentro, nel suo caos più totale e inimmaginabile?
Eppure non voleva fermarsi. Fermarsi avrebbe significato arrendersi e lei non poteva permetterselo, non adesso che tutto stava per finire. La sua storia era al capitolo conclusivo, non poteva rinunciare proprio adesso!
La corsa si fece ancor più disperata. Presto, doveva far presto o lui... no, era meglio non pensare a niente e continuare a correre. Attorno a lei il paesaggio cambiava nervosamente. Prima una distesa innevata, poi le strade di una città grigia che non conosceva, ora una collina illuminata dal sole. Chiuse gli occhi e capì che se avesse continuato così si sarebbe persa.
Pensò intensamente a lui, ai suoi occhi forti ma spaventati da se stesso. Pensò al prato fiorito dove aveva promesso di aspettarla.
Quando riaprì gli occhi non fu troppo sorpresa di trovarsi proprio li, circondata da un’immensa distesa fiorita, il profumo era così forte da penetrarle fin dentro la gola riarsa, il cielo era coperto da nuvole scure che preannunciavano un tremendo temporale. Si guardò attorno e solo in quel momento si fermò. Era senza fiato e la disperazione stava per consumarla in un pianto incontrollato.
Lui non c’era.
Per quanto si voltasse a cercarlo, Squall non si trovava in quel luogo.
Perché? Le aveva promesso che l’avrebbe aspettata proprio li, quello era il luogo dove dovevano incontrarsi. Glielo aveva promesso.
Forse se n’era dimenticato ed era già tornato indietro, forse aveva interpretato male ogni cosa e di lei non gliene importava niente. Forse per lui era stata solo un momento, un gioco, un modo per sentirsi più forte. Dopotutto era una Strega adesso, chiunque avrebbe voluto avere quel potere, persino lui e, accettando di essere il suo cavaliere, l’aveva ottenuto. Era stato così facile illuderla...
Guidò una mano a stringere gli anelli che portava al collo, l’argento tintinnò quando li toccò e la sua pelle accaldata provò uno strano senso di piacere a toccare il gelido metallo. Fece scorrere le dita attraverso la vera di sua madre, quel gesto l’aveva sempre rassicurata fin dall’infanzia, poteva sentirsi un po’ più vicina alla donna che aveva conosciuto appena. Poi l’indice incontrò l’altro anello che adornava il suo collo solo da poche settimane, con il polpastrello seguì gli intagli che creavano Griever. Era questo adesso l’anello che più le dava conforto. Un brivido freddo la fece tornare in sé dal torpore nel quale era caduta. Si stava lasciando andare ai dubbi e alle insicurezze che Artemisia aveva insinuato nella sua mente, era a questo che mirava fin dall’inizio.
Lei non avrebbe ceduto.
Se Squall non si trovava là sicuramente c’era un motivo valido, forse era ferito e non poteva muoversi, o si era perduto nella vastità del tempo oppure era...

No!
Doveva cercarlo, doveva assolutamente trovarlo.
Si rimise a correre senza sapere dove il tempo l’avrebbe condotta.

 

 

Io sarò il tuo Cavaliere!

 

 

  Per un po’ vagò nella tenebra, dei sussurri lontani seguivano la sua traversata. Non era sicura se esistessero davvero o se fossero solo frutto della sua immaginazione. Alcune volte erano così vicini da procurarle brividi sulla pelle, ma voltandosi non vedeva nessuno. Pensò che forse erano voci ingannevoli create da Artemisia per confonderla, per turbarla. Alla fine si accasciò su se stessa abbracciandosi le ginocchia com’era solita fare quando era piccola e qualcosa la spaventava. Si ripeté che quei bisbigli non esistevano, che non c’era alcun motivo di avere paura, che doveva solo continuare a camminare, ma anche la sua positività aveva dei limiti.
Non sapeva più dove si trovava, era perduta in un mondo buio fatto di voci silenziose.
Le lacrime iniziarono a uscire copiose dai suoi occhi chiusi.
Non aveva avuto intenzione di piangere, voleva essere forte almeno quella volta, ma i sentimenti avevano avuto la meglio sulla sua determinazione.
Sarebbe mai tornata a casa?
Con questo pensiero una fievole luce oltrepassò il vetro di una finestra colorata davanti a lei, il bagliore era delicato come un pallido quarto di luna. Rinoa guardò con attenzione il cristallo lucente che le sembrava così familiare. Le dava conforto come se quei tenui colori potessero avvolgerla allontanandola dal grigiore del mondo nel quale si trovava. Poi seppe di conoscere quella finestra.
Si trovava nella sua casa di Deling, in un corridoio che portava al retro del palazzo. Lei ci andava quando era piccola per raggiungere il giardino dove spesso passava i pomeriggi con la madre e aveva continuato a recarsi davanti a quella finestra dopo la sua morte quando si sentiva sola o dopo una brutta lite con suo padre.
Inconsciamente allungò una mano a toccare la superficie di vetro e non appena la sfiorò una voce alle sue spalle catturò la sua attenzione.
Alla fine del lungo corridoio in penombra qualcuno tossiva con violenza, sembrava faticasse a respirare.
Presa dal suo spirito empatico si preoccupò quasi e, dopo un momento di esitazione, avanzò diretta verso quel suono. Chiunque fosse doveva soffrire molto e lei non sopportava l’idea di ignorare una persona in quello stato, anche fosse stata la stessa Artemisia.
Raggiunse una grande porta in legno semi aperta, dallo spiraglio passava la debole luce di qualche candela. Dopo qualche secondo la aprì lentamente, spingendola appena, e questa cigolò leggermente creandole una strana sensazione di imbarazzo e di disagio. Forse quella persona voleva essere lasciata in pace e lei invece si stava intromettendo senza che nessuno glielo avesse chiesto. Aveva fatto così anche con Squall e, ci pensò su, persino con Seifer.
Mentre pensava al da farsi lo sconosciuto smise di tossire e si abbandonò a lunghi sospiri di sollievo.
Rinoa guardò la grande stanza incuriosita ma la luce era troppo fioca per vedere bene, un grande letto sorgeva immobile accanto ad una finestra chiusa. Vide le coperte muoversi appena e vi si avvicinò con cautela, il respiro trattenuto inconsciamente. Quando arrivò al limitare del giaciglio e riconobbe la figura avvolta nel lenzuolo il cuore sembrò impazzirle nel petto.
L’uomo aveva gli occhi chiusi e respirava profondamente, un sospiro roco gli fuoriusciva dalle labbra, la pelle era di un colore pallido e malato, profonde rughe solcavano la fronte su cui ricadevano folti capelli candidi. La ragazza non ebbe dubbi nonostante il suo aspetto fosse diverso da quello che conosceva.
Quello era suo padre.
Ma perché era così vecchio? Era malato?
E fintanto che lei se ne stava immobile avvolta dai dubbi e dalle incertezze, quasi per uno strano richiamo l’uomo aprì gli occhi rivelando le iridi brune sempre attente. Si accorse di lei e la scrutò con freddezza per qualche istante. Poi la riconobbe.
Fu allora che per la prima volta nella sua vita Rinoa vide Caraway piangere.
Non ricordava di averlo visto nemmeno quando era morta Julia, pensò che avesse pianto all’epoca, solo nella sua stanza, chiuso nel suo cuore lontano dagli occhi di tutti, anche da quelli di sua figlia la quale ne condivideva il dolore. Ma allora lui si era rifiutato di mostrare a lei quei sentimenti, si era chiuso nel suo guscio fatto d’ indifferenza e non ne era più uscito. Fino a quel momento.
Allungò con fatica una mano verso di lei, temette di vederla svanire davanti ai suoi occhi. Se era arrivata la sua fine voleva almeno redimersi, glielo doveva.
La chiamò con voce roca, poi mutò in una tosse senza respiro ma non abbassò mai la mano. E allora Rinoa la prese gentilmente fra le sue inginocchiandosi accanto al letto, guardando quell’uomo attraverso un velo di lacrime negli occhi, chiedendosi cosa stesse succedendo.
Quando Caraway si riebbe dalla crisi tornò a guardare la figlia visibilmente stanco. C’era un profondo tormento nei suoi occhi che la giovane non aveva mai visto. Gli sorrise lievemente e lo rassicurò della sua presenza stringendo più forte la sua debole mano.
  - Dunque eri qui... –
L’uomo si lasciò andare all’ennesimo sospiro mentre lei non capiva a cosa alludesse. Non riusciva a concentrarsi su nient’altro che il suo aspetto e la sua voce così terribilmente debilitati.
  - Cos’hai? Dove ci troviamo? –
Lui sembrò esitare qualche istante, forse era troppo stanco per parlare o forse non sapeva nemmeno lui cosa rispondere. La ragazza sembrava turbata di vederlo in quello stato, e come poteva biasimarla?
  - Sono malato Rinoa... – disse piano scandendo bene il suo nome -... sto morendo. –
Lei trattenne il respiro assimilando bruscamente quelle parole.
  - Cosa? Come? –
Non riusciva a crederci, dove l’aveva spinta la compressione temporale?
L’uomo scosse lentamente il capo poi allungò entrambe le mani a prenderle il viso, sfiorandole le guance, obbligandola a guardarlo.
  - Ascoltami attentamente adesso. –
La voce era debole eppure manteneva lo stesso tono austero che lei aveva sempre conosciuto. Quello che da bambina la costringeva ad obbedire anche contro la sua volontà.
Quando non ricevette alcuna risposta Caraway decise di continuare, dopotutto si meritava una spiegazione. – Credo tu l’abbia compreso guardandomi che ti trovi nel futuro. Un futuro non troppo lontano dal tuo tempo. Rinoa... – esitò ancora -... tu ti sei perduta nella Compressione Temporale, non sei mai tornata indietro. –
Il cuore della giovane mancò un battito e rimase ferma immobile ad osservare quell’uomo davanti a lei. Possibile che fosse solo un tempo fittizio creato dalle sue paure inconsce? Se fosse stata la verità e fosse ormai troppo tardi per tornare indietro? Come poteva credere che nessuno, nemmeno i suoi amici, avessero provato a cercarla?
Quasi Caraway poté leggere nei suoi occhi le insicurezze e i dubbi.
  - Rinoa, devi credermi. Non permetterò che accada di nuovo, riuscirò a convincerti a tornare a casa. –
Lei abbassò lo sguardo non riuscendo più a sopportare il peso degli occhi di suo padre. C’era qualcos’altro, qualcosa che non le diceva, non sapeva spiegarsi la ragione di questo pensiero ma sapeva che qualcosa non andava in quella storia.
  - E Squall? – disse piano, la voce le tremò leggermente al pronunciare quel nome.
Caraway emise un sospiro ma non rispose e quando la figlia alzò nuovamente lo sguardo vide che lui si era voltato altrove.
  - Squall, dov’è? Lui è tornato indietro? – insisté lei alzando il tono della voce. Si stava innervosendo ed era tornata quella brutta sensazione di paura che l’aveva accompagnata fino a poco prima. – Perché non mi rispondi? –
Adesso ne era certa, le stava nascondendo qualcosa.
Al suo continuo silenzio quasi gli urlò contro. – Si può sapere cosa diavolo sta succedendo? –
Allora Caraway tornò a guardarla, un’espressione quasi colpevole negli occhi stanchi. Scosse appena la testa. – Si Rinoa, lui è… è tornato. –
  - Ma? –
Sapeva che c’era un “ma” da qualche parte.
L’uomo deglutì. – Ma era… -
E Rinoa capì senza che lui continuasse la frase. Lo capì dal suo sguardo pieno di dolore, dal suo tormento, si sentiva forse in parte responsabile?
Non era possibile, non avevano lottato tanto per giungere a quel destino, non poteva essere vero, semplicemente non poteva. Ricacciò indietro le lacrime con grande fatica poi la mano di suo padre le sfiorò una guancia con una dolcezza che non aveva mai conosciuto.
  - Mi dispiace dirti questo, sapessi quanto mi dispiace Rinoa… –
Il suo corpo fu di nuovo scosso da quella tosse tremenda che non lasciava spazio all’ossigeno e lei vide del sangue uscirgli dalla bocca macchiando il lenzuolo. Dopo la crisi Caraway si riebbe e accarezzò i capelli scuri della giovane. Lei era troppo sconvolta per poterglielo impedire.
  - Quando lo trovammo, vicino all’orfanotrofio, per un’istante mi sono sentito sollevato che non fossi tu e questo è stato l’inizio. Ho continuato a cercarti finché ne ho avuto la forza, poi ho iniziato a sperare che fossi morta. Preferivo credere a quello piuttosto che saperti in chissà quale epoca di chissà quale universo, perduta per sempre. Ma il mio senso di colpa per non averti protetta come avrei dovuto ha finito per consumarmi. –
Fece una lunga pausa per riprendere fiato, faticava sempre di più a parlare. – Mi sento così miserabile. – I suoi occhi scuri non riuscivano più a trattenere le lacrime che scesero giù lungo il suo viso. Anche Rinoa non riusciva più a trattenere le sue, per la prima volta vedeva suo padre per quello che era davvero e scoprì che quell’uomo gli piaceva più di quanto credesse possibile. Tutte le liti, tutte le incomprensioni e le parole dure erano perse in un tempo lontano, non dimenticate, solo perdute, nascoste da un velo fatto di rimpianto.
Poi Caraway parlò ancora, la sua voce tremava ed era sempre più flebile.
  - Adesso devi farmi una promessa. –
Lei lo guardò sorridendo, pronta a qualsiasi cosa lui volesse dirle.
  - Promettimi che riuscirai a tornare indietro. -
Rinoa annuì. - Te lo prometto. -
Il vecchio colonnello sospirò. - E poi, promettimi che proverai a perdonarmi. Ti ho sempre amata molto, questo devi saperlo. Ho sbagliato a tenerti lontana, pensavo che così ti avrei protetta. Mi dispiace non esserci stato per te e per tua madre, soffrivo da solo senza rendermi conto di quanto potessi soffrire anche tu. Ti prego Rinoa, perdonami. -
Non riusciva a credere che quello fosse davvero suo padre, il duro e freddo colonnello Caraway. Si lasciò andare ai singhiozzi mentre le lacrime uscivano copiose dai suoi occhi.
Ma lui aspettava una risposta. - Te lo prometto, papà. -
Indugiò su quell’ultima parola. Quanti anni erano passati dall’ultima volta che lo aveva chiamato così? Anche Caraway sembrò soddisfatto di sentirgliela pronunciare, chiuse gli occhi e si abbandonò a un sorriso stanco. Il silenzio regnò sovrano per alcuni minuti, interrotto solo dal singhiozzare della giovane strega e dai sospiri pesanti dell’uomo.
Poi il silenzio cessò e a fatica lui uscì dal suo torpore. - Adesso vai, non voglio che tu stia qui, devi tornare a casa. -
Rinoa scosse la testa. - No, non posso lasciarti solo. Non chiedermelo! -
Ma lui annuì deciso. - Si, invece. Vai! - allontanò la sua mano da quelle di lei, il distacco era freddo e si sentì solo come non mai. - Per favore, vattene. -
E allora lei capì che non l’avrebbe mai convinto, che aveva già preso quella decisione da tempo e che niente e nessuno poteva fargli cambiare idea. Così si alzò in piedi e senza dire una parola si voltò e si avvicinò alla porta della stanza. Quando l’aprì e uscì non si accorse che i pesanti sospiri erano cessati e non vide mai il volto sereno di suo padre mentre si abbandonava alla morte.
Rinoa fece qualche passo avanzando in una fitta nebbia scura, le lacrime le rigavano il volto ma voleva mantenere la sua promessa.
Sarebbe tornata a casa ad ogni costo.
Adesso doveva continuare a camminare e trovare Squall. I suoi passi riecheggiarono su un suolo sterile e riarso, la nebbia si alzava appena per lasciarle intravedere il panorama che la circondava. Non c’era niente li, né vita, né colori, era un territorio così solitario e a lei trasmise tanta tristezza.
Se Squall si trovava in quel luogo lei lo avrebbe raggiunto, per una volta sarebbe stata lei a salvarlo.
E poi, una volta tornata a casa, avrebbe salutato suo padre con un sorriso.
Dopotutto, aprire una porta per il futuro, poteva davvero averle salvato la vita.
Ora lo pensava davvero.

 

 

 

Note Autrice : Mi sono accorta che, nonostante questa fic fosse stata pronta prima della precedente, non l’avevo ancora pubblicata. Forse ne ho un po’ paura perché per me è un tema molto difficile da comprendere. Io non ho mai avuto un vero papà, o qualcuno che fosse particolarmente affettuoso in quel senso, e perciò posso solo immaginare cosa si provi ad averne uno vero.
Sicuramente Rinoa e Caraway hanno da sempre avuto moltissimi problemi ma io non sono mai riuscita a disprezzare questo personaggio. Da un certo punto di vista potevo capirlo.
E niente, questo è ciò che la mia mente ha partorito, spero sia comunque qualcosa di piacevole da leggere mi farebbe piacere sapere la vostra opinione in merito.
Alla prossima! 

Selhin <3


The One Hundred Prompt Project
   
 
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