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Autore: Sinnheim    29/08/2016    1 recensioni
Versione 2.0, modificata ed arricchita.
Secondo volume della serie "A Dance of Light and Shadow".
Tre anni dopo la pubblicazione del suo primo diario, Bloom si vede costretta a scrivere di getto tutto ciò che è accaduto negli ultimi mesi, non per svago, ma per raccontare quella terribile verità che ha colpito tutti ma che nessuno è stato in grado di capire in tempo. Azioni terribili richiedono terribili provvedimenti e Bloom, ancora una volta, è pronta a pagare il prezzo delle conseguenze delle sue azioni e di quelle degli altri. Questa volta, però, senza essere sicura di cosa ciò comporti. Sequel de Il Canto della Guerra.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Dance of Light and Shadow'
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CAPITOLO 6: IL CANTO DI FLORA

 

 

Cosa avrei dovuto fare? Cosa diavolo stava succedendo? Non poteva essere reale, era un maledetto incubo. Il mondo mi sembrò impazzito, senza alcun senso, non ne potevo più.

Se non facevo nulla ero colpevole di negligenza, se agivo facevo solo casino, niente andava mai bene. Stavo giocando con i pezzi di una torre pericolante, spinta da un vento di cui non capivo l'origine.

Di tanto in tanto, mi fermavo a guardare un punto fisso in mezzo al nulla, come se il mio cervello andasse in pausa. Avevo la sensazione di galleggiare: sentivo che, se solo avessi voluto, avrei potuto afferrare il mondo intorno a me e squarciarlo a mani nude.

Allora, che fare? Passavo ore intere a interrogarmi sul prossimo passo da compiere, sulla strategia da seguire, ma niente era valido, niente era sensato, niente era certo.

Ogni cosa che toccavo diventava cenere. Forse ero io il problema. Forse... non lo so. Iniziai a desiderare di essere morta al posto di Daphne, quel giorno. Lei non avrebbe mai fatto lo scempio che feci io.

«Lascia che le cose fluiscano. Agisci in base a ciò che succede, ma non devi essere tu a creare le circostanze. Siamo tristi, Bloom. Siamo tutti sconvolti e addolorati. Però... ormai quel che è fatto è fatto, e abbiamo il dovere di guardare avanti, tesoro mio. Gli eventi capitolano insieme come una valanga, e qualunque cosa tu faccia farà comunque iniziare una nuova serie di cose che non saranno apprezzate. Fai semplicemente quello che vogliono che tu faccia e, nel frattempo, fai quel che è giusto fare» mi disse un giorno Daphne, mentre eravamo sdraiate sul mio letto matrimoniale a rilassarci un po' insieme.

«Potrebbe funzionare, ma... Flora. L'hai vista anche tu, sembra sul punto di spegnersi da un momento all'altro, come una candela. È passato un mese da quando Aisha è sparita, e ogni giorno che passa, lei… è come se la vita si stesse esaurendo nel suo cuore. Non vuole nemmeno vedere Helia. Di Stella, poi, non ne parliamo, visto che nemmeno lei parla. Non dovrei fare niente?»

Lei sospirò forte e si alzò su un braccio per guardarmi dritta in faccia, con l’espressione accigliata che usa quando qualcuno non capisce qualcosa di ovvio. Mi accorsi solo in quel momento quanto i suoi occhi fossero uguali a quelli di nostra madre.

«Non niente, cara sorellina, ma quello che vuole lei. Nei limiti del buonsenso, ovviamente, visto che tu ne hai poco».

La amai da matti in quel momento, per gli dei.

«Hai la lingua tagliente come lame quando vuoi, sai?»

Quegli attimi sereni in sua compagnia mi schiarivano sempre le idee, come se mia sorella avesse il potere di dissipare la nebbia oscura che ammorbava la mia mente. Sembrava tutto così semplice, come se io non fossi in grado di cogliere quelle ovvietà.

Mi teneva stretta tra le sue braccia e mi accarezzava i capelli, mettendoci tutta la dolcezza che non aveva potuto donarmi in quegli anni separate: mi dava l’impressione che tutto fosse possibile. Tuttavia, una volta fuori da quella casa sicura che era il suo abbraccio, fuori da quelle mura che erano la mia stanza, ogni cosa diventava sempre più tragica, più difficile.

Ero davvero stanca di cercare risposte e soluzioni che sembravano non esistere, così mi affidai alle parole di Daphne. Sapevo perfettamente dove trovare Flora, visto che, oramai, passava la maggior parte del suo tempo a letto.

Il mio timore, più che fondato, era quello che la mia amica fosse vittima di qualcosa ben peggiore della corruzione... la depressione. Quella nera, profonda depressione che ti toglie ogni alito di vita in corpo.

Camminavo lenta per i corridoi vuoti di Alfea, persa in alcuni pensieri che non erano mai solo miei; tutto ciò che avevo a cuore si stava sgretolando tra le mie mani come castelli di sabbia, stavo perdendo inesorabilmente ogni cosa, pezzo dopo pezzo.

Tutto ciò che avevo costruito dopo tanta fatica stava morendo, e l'epicentro ero io. Quella danza di morte a cui stavo assistendo sembrava fluttuare intorno a me. Che ne fossi io la causa?

Mi fermai di colpo pensando a quella eventualità: che la soluzione fosse stata sotto il mio naso per tutto quel tempo? Che non ci fosse posto per me in questo mondo? Paura e sollievo si mescolarono furiosamente, le emozioni erano così discordanti da causarmi fastidio nel petto.

Mi aggrappai forte a quell'idea, come se un pesante fardello si fosse tolto dal cuore ma, allo stesso tempo, generava comunque nuovi dubbi e domande: la mia dipartita avrebbe fermato l'avanzata di questa follia? Oppure, avrei condannato per sempre l'Universo poiché muore l'unico essere in grado di fermarla? Valeva la pena rischiare senza sapere nulla?

"No, Bloom... ovviamente no" mi risposi da sola.

Presi un profondo respiro, ricominciando a camminare verso la stanza di Flora.

Come mi aspettavo, la trovai immobile sul suo letto, con gli occhi spenti e gonfi di lacrime, rannicchiata su un fianco; non disse niente, non mosse un muscolo quando entrai e nemmeno quando mi sedetti vicino a lei: era un guscio vuoto.

Aveva visto le amiche di una vita distruggersi davanti a lei senza poter far niente, la sua guida macchiarsi di peccati terribili, aveva ucciso con furia e senza rimorso, perdendo tutto.

Aveva superato quel limite invalicabile che non lascia scampo, quello che, una volta, superai anche io. Non sapevo bene cosa dirle, cosa inventarmi per svegliarla da quel torpore. Mi lasciai andare all'istinto.

«Non so cosa fare per farti star meglio. Ricordo la Flora con la quale dividevo la stanza: quella che sorrideva sempre, che ogni tanto mi passava i compiti in classe, quella che mi spiegava ciò che non capivo. Amavo quella Flora, e ti amo anche adesso. Anche adesso, che... stiamo fallendo miseramente. Ho la potenza per spazzare via intere città, ma non ho la capacità di fermare questa follia. Non so come si fa, mi dispiace tesoro… ho sbagliato tutto».

Accennai un piccolo sorriso, ma la mia amica non dava segni di vita. Mi stava ascoltando, però, era attenta a quel che dicevo.

«Non vi farei mai del male, eppure l'ho fatto. Ho preso decisioni sbagliate, ho dato priorità a cose che non ne avevano, e vi ho ferite. Alla fine ci ho azzeccato solo con Tecna, almeno lei... Flora, mi dispiace così tanto...»

Provai ad accarezzarle i capelli come faceva mia sorella per farmi stare meglio, non si oppose.

«Se c'è qualcosa che vuoi che faccia, basta dirlo. Farò il possibile... tutto, purché tu stia meglio. Non so più cosa fare per fermare questo male ma almeno questo, per te, posso farlo».

Passarono pochi minuti, poi si mosse leggermente: girò appena la testa quel tanto che bastava per farle inquadrare il mio volto, mi guardò con gli occhi di un animale supplichevole prossimo alla morte e mi parlò con la voce rauca di chi aveva finito le parole, dopo tanti, tantissimi giorni di silenzio.

«Aiutami a cercare Aisha su Pyros».

Daphne disse 'nei limiti del buon senso'. Beh, era una richiesta più che legittima.

Arrivammo lì dopo poco più di mezz'ora attraverso un portale dimensionale. Flora non era assolutamente nelle condizioni di combattere, così mi preparai psicologicamente a far fuori tutto quello che ci potesse minacciare. In ogni angolo del pianeta c’erano pericoli mortali di ogni sorta, ogni passo poteva essere l'ultimo.

La fata della natura rimase agghiacciata e atterrita da quella distesa di morte: draghi feroci solcavano i cieli in cerca di prede, così come gli animali terrestri sondavano il suolo pronti a sbranare qualunque fonte di cibo disponibile. Il terreno era marcio e venefico, l'aria torrida e malsana, perfino le piante erano programmate per uccidere qualunque essere vivente avesse provato anche solo a sfiorarle.

«È… è tutto così arrabbiato e distruttivo. Non dovrebbe esistere un posto del genere... come hai fatto a stare qui, Bloom? Come le è passato per la testa ad Aisha di venire ad autodistruggersi in questo posto?»

Mi fece una pena infinita: una ragazza così dolce in un luogo così aspro. Si stava avvelenando, piano piano. La presi per mano e iniziammo a camminare verso posti un po' più sicuri per iniziare le ricerche.

«Pyros ti spinge ad oltrepassare i tuoi limiti... beh, diciamo che ti obbliga. Se non lo fai, ti divora e ti uccide. Aisha voleva ottenere quella trascendenza che ho conquistato quando ottenni il potere Enchantix. Suppongo che, per lei, l'unico modo fosse questo».

Annuì terrorizzata all'idea di cosa avremmo potuto trovare e tacque per la maggior parte del tempo, fin quando non trovammo una caverna a me molto familiare dove ci rifugiammo.

«Ah, mi ricordo di questo luogo. Venni qui per nascondermi da un drago che voleva mangiarmi. Chi lo sa, magari anche Aisha è stata qui».

Flora iniziò a guardarsi intorno inquieta, così io mi preparai a fare il mio lavoro: mi sedetti a gambe incrociate e chiusi gli occhi, cadendo in profonda concentrazione. Espansi la coscienza oltre il mio corpo, oltre la caverna, in cerca della scia magica della nostra amica che conoscevo come le mie tasche.

Quando finalmente la trovai... era collocata nel peggior posto possibile. Ero ancora seduta quando sbottai dall'esasperazione, spaventando la già terrorizzata Flora.

«Porca puttana, Aisha…»

«Cosa succede? Dov’è?»

Abbassai lo sguardo, mortificata: non sarebbe finita bene.

«Ascolta, Flora… la sua traccia magica si ferma in un nido di draghi. M-ma non arriviamo a conclusioni affrettate, può essere successo di tutto».

«I draghi sono resistenti alla magia, brutta testona» rispose infastidita.

QQQQQQQruella 'brutta testona' non era molto scherzoso. Potrei dire che era il massimo dell'insulto per la fata delle piante. La tirai in piedi e ci avviammo verso il luogo citato.

Immaginate di andare in un covo di venti e più draghi, resistenti alla magia e pronti a tutto per staccarti la testa. Un suicidio.

Passarono alcune ore. Avevo deciso di fiancheggiare la montagna per essere protette da occhi indiscreti, quando Flora si bloccò di colpo e si precipitò verso un punto della strada che non riuscii a vedere bene; mi avvicinai, e la trovai inginocchiata a terra con uno zaino in mano. Quello di Aisha.

La mia compagna lo strinse tra le braccia come il più prezioso dei tesori, guardandolo con occhi velati in preghiera e una flebile speranza di ritrovarla viva; presa dalla foga lo aprì quasi rompendo la cerniera, dentro c'era un fiore davvero strano, mai visto prima.

«Un Embrium scarlatto...» sussurrò tremante, come se pronunciarne il nome fosse un peccato mortale.

«Lo conosci, Flora?»

Nel momento in cui mi avvicinai per vederlo meglio lei trasalì, come quando si coglie un ladro con le mani nella marmellata.

«O-oh sì, è… è un fiore molto raro. Forse... voleva farmelo vedere, non so».

C'era una certa euforia nei suoi occhi, una luce riaccesa e alquanto eccitata, tanto che pensai avesse ritrovato un po' di speranza. Si mise lo zaino in spalla e continuammo a camminare per un'altra ora quando, finalmente, arrivammo alla meta. Il posto sembrava deserto, così iniziammo a guardarci in giro velocemente.

«Flora, parliamo a bassa voce e facciamo molto, molto in fretta, o torneranno presto».

Il terreno era pieno di nidi con uova pronte alla schiusa, l'aria era bollente a causa del vulcano che fumava minaccioso dietro di noi: più passava il tempo e più avevo la sensazione di essermi bruciata i polmoni.

Dopo alcuni minuti, trovammo una scarpa sotto una covata. La gola mi si strinse, quasi soffocavo sul serio. Sul suolo, lì accanto, come una pittura sbiadita, chiazze rubino coloravano la terra, sparse un po' ovunque.

Fino a quando le uova non sono schiuse, i draghi divorano le prende ove le catturano, non le riportano al nido. Quindi, beh...

La mia compagna rimase lì in piedi senza dire niente, persa in chissà quali pensieri. Sembrava tranquilla in volto, stranamente rilassata. Il suo atteggiamento mi inquietò parecchio, ormai c'erano ben poche possibilità che Aisha fosse viva.

«Flora... le sue tracce finiscono qui, e... Flora? Ehi... coraggio, tesoro. Non c'è bisogno di continuare a cercare...»

Non feci nemmeno in tempo a finire la frase che i draghi tornarono ruggenti, provando subito ad azzannarci: ne bloccai uno evocando la barriera elettrica di Tecna e cercando, nel frattempo, di spronare la mia amica a muoversi.

«È venuta qui ad affrontare tutto questo... per causa tua...»

Misi le mani a terra e feci spuntare dal terreno tanti rampicanti robusti che imprigionarono le bestie che ci avevano circondato; non valeva la pena mettersi ad abbatterli tutti, così mi trasformai e portai via Flora, rimasta catatonica a fissare il sangue di Aisha.

Tornammo in fretta e furia ad Alfea. Al nostro arrivo trovammo Daphne e Stella che ci accolsero ansiose, pronte ad aiutarci a rimetterci in sesto. Raccontai loro quello che avevamo scoperto, non ne erano molto sorprese. Flora... smise di parlare. Di nuovo.

Passarono molte ore prima che ci dicesse che voleva tornare sul suo pianeta, che non ne poteva più, che non era in grado di portare a termine la nostra missione. Non ci sentivamo nessuno per dirle di no.

Qualche giorno dopo, ricevemmo due lettere da Linphea: nella prima, Flora ci spiegava che l'Embrium scarlatto è un fiore molto raro che produce un veleno letale, causa morte istantanea appena ingerito. Secondo lei, Aisha lo aveva nello zaino per morire senza soffrire nel caso fosse stata sconfitta dai draghi che voleva sfidare.

Nella seconda... Miele, la sorellina di Flora, ci informava che la nostra cara amica, con quello stesso fiore, si era tolta la vita, ormai divorata dalla depressione che la affliggeva senza pietà.

Accartocciai la lettera nella mia mano, senza mai staccare gli occhi da quella carta stampata. Per la prima volta dopo anni, urlai furiosamente lasciandomi andare alle emozioni.

Il dolore si diffuse come un'onda calda nei nostri petti, ma... sembrerà mostruosamente cinico e insensibile da dire, però... non fummo molto sorprese nemmeno da quello.

  
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