Cosa avrei
dovuto fare? Cosa diavolo stava succedendo? Non poteva essere reale,
era un
maledetto incubo. Il mondo mi sembrò impazzito, senza alcun
senso, non ne
potevo più.
Se non
facevo nulla ero colpevole di negligenza, se agivo facevo solo casino,
niente
andava mai bene. Stavo giocando con i pezzi di una torre pericolante,
spinta da
un vento di cui non capivo l'origine.
Di tanto
in tanto, mi fermavo a guardare un punto fisso in mezzo al nulla, come
se il
mio cervello andasse in pausa. Avevo la sensazione di galleggiare:
sentivo che,
se solo avessi voluto, avrei potuto afferrare il mondo intorno a me e
squarciarlo a mani nude.
Allora,
che fare? Passavo ore intere a interrogarmi sul prossimo passo da
compiere,
sulla strategia da seguire, ma niente era valido, niente era sensato,
niente
era certo.
Ogni cosa che
toccavo diventava cenere. Forse ero io il problema. Forse... non lo so.
Iniziai
a desiderare di essere morta al posto di Daphne, quel giorno. Lei non
avrebbe
mai fatto lo scempio che feci io.
«Lascia
che le cose fluiscano. Agisci in base a ciò che succede, ma
non devi essere tu
a creare le circostanze. Siamo tristi, Bloom. Siamo tutti sconvolti e
addolorati. Però... ormai quel che è fatto
è fatto, e abbiamo il dovere di
guardare avanti, tesoro mio. Gli eventi capitolano insieme come una
valanga, e
qualunque cosa tu faccia farà comunque iniziare una nuova
serie di cose che non
saranno apprezzate. Fai semplicemente quello che vogliono che tu faccia
e, nel
frattempo, fai quel che è giusto fare» mi disse un
giorno Daphne, mentre
eravamo sdraiate sul mio letto matrimoniale a rilassarci un po'
insieme.
«Potrebbe
funzionare, ma... Flora. L'hai vista anche tu, sembra sul punto di
spegnersi da
un momento all'altro, come una candela. È passato un mese da
quando Aisha è
sparita, e ogni giorno che passa, lei… è come se
la vita si stesse esaurendo
nel suo cuore. Non vuole nemmeno vedere Helia. Di Stella, poi, non ne
parliamo,
visto che nemmeno lei parla. Non dovrei fare niente?»
Lei
sospirò
forte e si alzò su un braccio per guardarmi dritta in
faccia, con l’espressione
accigliata che usa quando qualcuno non capisce qualcosa di ovvio. Mi
accorsi
solo in quel momento quanto i suoi occhi fossero uguali a quelli di
nostra
madre.
«Non
niente, cara sorellina, ma quello
che
vuole lei. Nei limiti del buonsenso, ovviamente, visto che tu ne hai
poco».
La amai da
matti in quel momento, per gli dei.
«Hai
la
lingua tagliente come lame quando vuoi, sai?»
Quegli
attimi sereni in sua compagnia mi schiarivano sempre le idee, come se
mia
sorella avesse il potere di dissipare la nebbia oscura che ammorbava la
mia
mente. Sembrava tutto così semplice, come se io non fossi in
grado di cogliere
quelle ovvietà.
Mi teneva
stretta tra le sue braccia e mi accarezzava i capelli, mettendoci tutta
la
dolcezza che non aveva potuto donarmi in quegli anni separate: mi dava
l’impressione che tutto fosse possibile. Tuttavia, una volta
fuori da quella
casa sicura che era il suo abbraccio, fuori da quelle mura che erano la
mia
stanza, ogni cosa diventava sempre più tragica,
più difficile.
Ero
davvero stanca di cercare risposte e soluzioni che sembravano non
esistere,
così mi affidai alle parole di Daphne. Sapevo perfettamente
dove trovare Flora,
visto che, oramai, passava la maggior parte del suo tempo a letto.
Il mio
timore, più che fondato, era quello che la mia amica fosse
vittima di qualcosa
ben peggiore della corruzione... la depressione. Quella nera, profonda
depressione
che ti toglie ogni alito di vita in corpo.
Camminavo
lenta per i corridoi vuoti di Alfea, persa in alcuni pensieri che non
erano mai
solo miei; tutto ciò che avevo a cuore si stava sgretolando
tra le mie mani
come castelli di sabbia, stavo perdendo inesorabilmente ogni cosa,
pezzo dopo
pezzo.
Tutto
ciò
che avevo costruito dopo tanta fatica stava morendo, e l'epicentro ero
io.
Quella danza di morte a cui stavo assistendo sembrava fluttuare intorno
a me.
Che ne fossi io la causa?
Mi fermai
di colpo pensando a quella eventualità: che la soluzione
fosse stata sotto il
mio naso per tutto quel tempo? Che non ci fosse posto per me in questo
mondo?
Paura e sollievo si mescolarono furiosamente, le emozioni erano
così
discordanti da causarmi fastidio nel petto.
Mi
aggrappai forte a quell'idea, come se un pesante fardello si fosse
tolto dal
cuore ma, allo stesso tempo, generava comunque nuovi dubbi e domande:
la mia
dipartita avrebbe fermato l'avanzata di questa follia? Oppure, avrei
condannato
per sempre l'Universo poiché muore l'unico essere in grado
di fermarla? Valeva
la pena rischiare senza sapere nulla?
"No,
Bloom... ovviamente no" mi risposi da sola.
Presi un
profondo respiro, ricominciando a camminare verso la stanza di Flora.
Come mi
aspettavo, la trovai immobile sul suo letto, con gli occhi spenti e
gonfi di
lacrime, rannicchiata su un fianco; non disse niente, non mosse un
muscolo
quando entrai e nemmeno quando mi sedetti vicino a lei: era un guscio
vuoto.
Aveva visto
le amiche di una vita distruggersi davanti a lei senza poter far
niente, la sua
guida macchiarsi di peccati terribili, aveva ucciso con furia e senza
rimorso, perdendo
tutto.
Aveva
superato quel limite invalicabile che non lascia scampo, quello che,
una volta,
superai anche io. Non sapevo bene cosa dirle, cosa inventarmi per
svegliarla da
quel torpore. Mi lasciai andare all'istinto.
«Non
so
cosa fare per farti star meglio. Ricordo la Flora con la quale dividevo
la
stanza: quella che sorrideva sempre, che ogni tanto mi passava i
compiti in
classe, quella che mi spiegava ciò che non capivo. Amavo
quella Flora, e ti amo
anche adesso. Anche adesso, che... stiamo fallendo miseramente. Ho la
potenza
per spazzare via intere città, ma non ho la
capacità di fermare questa follia.
Non so come si fa, mi dispiace tesoro… ho sbagliato
tutto».
Accennai
un piccolo sorriso, ma la mia amica non dava segni di vita. Mi stava
ascoltando,
però, era attenta a quel che dicevo.
«Non
vi
farei mai del male, eppure l'ho fatto. Ho preso decisioni sbagliate, ho
dato
priorità a cose che non ne avevano, e vi ho ferite. Alla
fine ci ho azzeccato
solo con Tecna, almeno lei... Flora, mi dispiace così
tanto...»
Provai ad
accarezzarle i capelli come faceva mia sorella per farmi stare meglio,
non si
oppose.
«Se
c'è qualcosa
che vuoi che faccia, basta dirlo. Farò il possibile...
tutto, purché tu stia
meglio. Non so più cosa fare per fermare questo male ma
almeno questo, per te,
posso farlo».
Passarono
pochi minuti, poi si mosse leggermente: girò appena la testa
quel tanto che
bastava per farle inquadrare il mio volto, mi guardò con gli
occhi di un
animale supplichevole prossimo alla morte e mi parlò con la
voce rauca di chi
aveva finito le parole, dopo tanti, tantissimi giorni di silenzio.
«Aiutami
a
cercare Aisha su Pyros».
Daphne
disse 'nei limiti del buon senso'. Beh, era una richiesta
più che legittima.
Arrivammo
lì dopo poco più di mezz'ora attraverso un
portale dimensionale. Flora non era
assolutamente nelle condizioni di combattere, così mi
preparai psicologicamente
a far fuori tutto quello che ci potesse minacciare. In ogni angolo del
pianeta
c’erano pericoli mortali di ogni sorta, ogni passo poteva
essere l'ultimo.
La fata
della natura rimase agghiacciata e atterrita da quella distesa di
morte: draghi
feroci solcavano i cieli in cerca di prede, così come gli
animali terrestri
sondavano il suolo pronti a sbranare qualunque fonte di cibo
disponibile. Il
terreno era marcio e venefico, l'aria torrida e malsana, perfino le
piante
erano programmate per uccidere qualunque essere vivente avesse provato
anche
solo a sfiorarle.
«È…
è
tutto così arrabbiato e distruttivo. Non dovrebbe esistere
un posto del
genere... come hai fatto a stare qui, Bloom? Come le è
passato per la testa ad
Aisha di venire ad autodistruggersi in questo posto?»
Mi fece
una pena infinita: una ragazza così dolce in un luogo
così aspro. Si stava
avvelenando, piano piano. La presi per mano e iniziammo a camminare
verso posti
un po' più sicuri per iniziare le ricerche.
«Pyros
ti
spinge ad oltrepassare i tuoi limiti... beh, diciamo che ti obbliga. Se
non lo
fai, ti divora e ti uccide. Aisha voleva ottenere quella trascendenza
che ho
conquistato quando ottenni il potere Enchantix. Suppongo che, per lei,
l'unico
modo fosse questo».
Annuì
terrorizzata all'idea di cosa avremmo potuto trovare e tacque per la
maggior
parte del tempo, fin quando non trovammo una caverna a me molto
familiare dove
ci rifugiammo.
«Ah,
mi
ricordo di questo luogo. Venni qui per nascondermi da un drago che
voleva
mangiarmi. Chi lo sa, magari anche Aisha è stata
qui».
Flora
iniziò a guardarsi intorno inquieta, così io mi
preparai a fare il mio lavoro:
mi sedetti a gambe incrociate e chiusi gli occhi, cadendo in profonda
concentrazione. Espansi la coscienza oltre il mio corpo, oltre la
caverna, in
cerca della scia magica della nostra amica che conoscevo come le mie
tasche.
Quando
finalmente la trovai... era collocata nel peggior posto possibile. Ero
ancora
seduta quando sbottai dall'esasperazione, spaventando la già
terrorizzata
Flora.
«Porca
puttana, Aisha…»
«Cosa
succede? Dov’è?»
Abbassai
lo sguardo, mortificata: non sarebbe finita bene.
«Ascolta,
Flora… la sua traccia magica si ferma in un nido di draghi.
M-ma non arriviamo
a conclusioni affrettate, può essere successo di
tutto».
«I
draghi
sono resistenti alla magia, brutta testona» rispose
infastidita.
Q
Immaginate
di andare in un covo di venti e più draghi, resistenti alla
magia e pronti a
tutto per staccarti la testa. Un suicidio.
Passarono
alcune ore. Avevo deciso di fiancheggiare la montagna per essere
protette da
occhi indiscreti, quando Flora si bloccò di colpo e si
precipitò verso un punto
della strada che non riuscii a vedere bene; mi avvicinai, e la trovai
inginocchiata a terra con uno zaino in mano. Quello di Aisha.
La mia
compagna lo strinse tra le braccia come il più prezioso dei
tesori, guardandolo
con occhi velati in preghiera e una flebile speranza di ritrovarla
viva; presa
dalla foga lo aprì quasi rompendo la cerniera, dentro c'era
un fiore davvero
strano, mai visto prima.
«Un
Embrium scarlatto...» sussurrò tremante, come se
pronunciarne il nome fosse un
peccato mortale.
«Lo
conosci, Flora?»
Nel
momento in cui mi avvicinai per vederlo meglio lei trasalì,
come quando si
coglie un ladro con le mani nella marmellata.
«O-oh
sì,
è… è un fiore molto raro. Forse...
voleva farmelo vedere, non so».
C'era una
certa euforia nei suoi occhi, una luce riaccesa e alquanto eccitata,
tanto che
pensai avesse ritrovato un po' di speranza. Si mise lo zaino in spalla
e
continuammo a camminare per un'altra ora quando, finalmente, arrivammo
alla
meta. Il posto sembrava deserto, così iniziammo a guardarci
in giro
velocemente.
«Flora,
parliamo a bassa voce e facciamo molto, molto in fretta, o torneranno
presto».
Il terreno
era pieno di nidi con uova pronte alla schiusa, l'aria era bollente a
causa del
vulcano che fumava minaccioso dietro di noi: più passava il
tempo e più avevo
la sensazione di essermi bruciata i polmoni.
Dopo
alcuni minuti, trovammo una scarpa sotto una covata. La gola mi si
strinse,
quasi soffocavo sul serio. Sul suolo, lì accanto, come una
pittura sbiadita,
chiazze rubino coloravano la terra, sparse un po' ovunque.
Fino a
quando le uova non sono schiuse, i draghi divorano le prende ove le
catturano,
non le riportano al nido. Quindi, beh...
La mia
compagna rimase lì in piedi senza dire niente, persa in
chissà quali pensieri.
Sembrava tranquilla in volto, stranamente rilassata. Il suo
atteggiamento mi
inquietò parecchio, ormai c'erano ben poche
possibilità che Aisha fosse viva.
«Flora...
le sue tracce finiscono qui, e... Flora? Ehi... coraggio, tesoro. Non
c'è bisogno
di continuare a cercare...»
Non feci
nemmeno in tempo a finire la frase che i draghi tornarono ruggenti,
provando
subito ad azzannarci: ne bloccai uno evocando la barriera elettrica di
Tecna e
cercando, nel frattempo, di spronare la mia amica a muoversi.
«È
venuta
qui ad affrontare tutto questo... per causa tua...»
Misi le
mani a terra e feci spuntare dal terreno tanti rampicanti robusti che
imprigionarono
le bestie che ci avevano circondato; non valeva la pena mettersi ad
abbatterli
tutti, così mi trasformai e portai via Flora, rimasta
catatonica a fissare il
sangue di Aisha.
Tornammo
in fretta e furia ad Alfea. Al nostro arrivo trovammo Daphne e Stella
che ci
accolsero ansiose, pronte ad aiutarci a rimetterci in sesto. Raccontai
loro
quello che avevamo scoperto, non ne erano molto sorprese. Flora...
smise di
parlare. Di nuovo.
Passarono
molte ore prima che ci dicesse che voleva tornare sul suo pianeta, che
non ne
poteva più, che non era in grado di portare a termine la
nostra missione. Non
ci sentivamo nessuno per dirle di no.
Qualche
giorno dopo, ricevemmo due lettere da Linphea: nella prima, Flora ci
spiegava
che l'Embrium scarlatto è un fiore molto raro che produce un
veleno letale,
causa morte istantanea appena ingerito. Secondo lei, Aisha lo aveva
nello zaino
per morire senza soffrire nel caso fosse stata sconfitta dai draghi che
voleva
sfidare.
Nella
seconda... Miele, la sorellina di Flora, ci informava che la nostra
cara amica,
con quello stesso fiore, si era tolta la vita, ormai divorata dalla
depressione
che la affliggeva senza pietà.
Accartocciai
la lettera nella mia mano, senza mai staccare gli occhi da quella carta
stampata. Per la prima volta dopo anni, urlai furiosamente lasciandomi
andare
alle emozioni.
Il
dolore
si diffuse come un'onda calda nei nostri petti, ma...
sembrerà mostruosamente
cinico e insensibile da dire, però... non fummo molto
sorprese nemmeno da
quello.