Capitolo 3 – Runaway
Until then you can runaway.
Do your best to hide your face.
And oh I know you best;
I know you get what you get
you get what you deserve
Runaway, by Cartel
Non avevo più
rivolto la parola a Marcus o Lucas da quel giorno. E ne erano passati ben
quattro. Quattro giorni durante i quali non sono praticamente uscita dalla mia
camera. Quattro giorni passati a pensare a Troy Bolton e a quello che mi sta
facendo. O quello che mi sta facendo provare. Apparentemente il mio subconscio
sapeva bene chi fosse perché l’ho sognato tutte e quattro le notti passate.
Non potevo
nemmeno andare da Chad perché là c’era Troy. Non potevo andare da Sharpay e
Ryan perché i loro genitori erano a casa e passavano tutto il tempo con loro.
Il che era una cosa buona, visto che i loro genitori a casa non c’erano mai. E
Taylor era sempre con Chad, che era con Troy ed erano tutti da Chad.
Ecco spiegato
il mio dilemma.
Serena è stata
parecchio occupata con Kris a litigare con i nostri genitori. Isabelle si stava
comportando da Isabelle e stava quindi litigando con loro, stando dalla parte
dei miei genitori, ovviamente. Non mi interessava di Marcus e Lucas perché ero
arrabbiata con loro. Felix passava tutto il tempo con Jaymi. E Vince e Alex non
facevano che giocare con l’Xbox.
Così sono
rimasta io, seduta sul letto, annoiata e sola. Qualcuno bussò alla porta della
mia camera. Contatto umano!
“Si?” gridai.
La porta si aprì e vidi Vince, col caschetto e tutto il resto. Quel maledetto casco
ce l’ha attaccato in test da una settimana ormai. Però non era male. Aveva i
capelli leggermente lunghi e gli stava bene addosso.
“Cosa c’è che
non va con te?” mi chiese. Simpatico. Sono rimasta chiusa in camera mia per
quattro giorni ed è tutto quello che riesci a dire? Mi vuoi proprio bene,
amico.
“Ciao Vince,
anche a me fa piacere vederti” farfugliai alzando la testa per guardarlo.
Sorrise. “Ah
ah. No seriamente. Perché sei rimasta qua dentro per tutti i giorni di
vacanza?” mi chiese. Bè, almeno qualcuno se n’era accorto che non avevo messo
piede fuori dalla mia camera. Cos’è, uno su dodici?
“Bè, Marcus e
Lucas sono dei cretini, e tutti i miei amici sono impegnati nelle loro feste
del Ringraziamento” risposi, fissando il soffitto. Io e Vince non l’avremmo mai
ammesso, ma passavamo molto tempo insieme. Di solito in camera mia, oppure
mentre io lo stracciavo giocando all’Xbox. Dei miei fratelli è quello a cui
sono più legata. Perché, a differenza dei miei altri fratelli, lui non cerca di
controllarmi. E uno dell’età di Alex è un po’ irritante.
Chiuse la porta
della mia camera e venne a sdraiarsi sul letto con me. Ho il letto
matrimoniale, così ci stavamo comodi. “Marcus e Lucas si comportano sempre da cretini.
Ma non è un buon motivo per rinchiuderti qui dentro” mi disse. Facile per lui.
Non era lui ad essere controllato. Lui era un ragazzo. Maledetto cromosoma Y.
“Non è che
importi molto. Al piano di sotto ci siete solo voi che giocate con l’Xbox e
mamma e papà che urlano con Serena e Kris” gli ricordai.
Mi diede un
colpetto su un fianco. “Andiamo da qualche parte” suggerì. Mi alzai sui gomiti.
“Vin, è la
vigilia del Ringraziamento!” gli dissi. Non lo sapeva? Nostra madre ci avrebbe
uccisi.
“Lo so, Gabi. È
la vigilia del Ringraziamento. Mamma continuerà a litigare, preparando il
pranzo di domani. Stasera ci sarà solo pizza per cena. Dai usciamo, solo noi
due. Andiamo allo Spot” disse. (Lo Spot è il locale dove tutti noi ragazzi ci
vediamo quando usciamo).
Mi piace come
pensa questo ragazzo. “Andiamo, prendiamo la macchina di mamma” proposi ed
entrambi sorridendo scappammo dalla mia camera.
-
“La smetti di
rubarmi le patatine?” chiesi per la settima volta, scacciando la mano di Vince
dal mio piatto.
Lui scosse la
testa, sorridendo. “No, non è colpa mia se non mangi abbastanza velocemente. Io
sono nella fase dello sviluppo, ho bisogno di energie” mi disse.
“Non hai ancora
finito di crescere? Sei già più alto di me” gli chiesi. Lo era davvero,
purtroppo. Tutti i miei fratelli sembravano diventare alti come nostro padre, o
anche di più. E lui era già enorme. Le ragazze sembravano destinate a fermarsi
intorno all’altezza di nostra madre, all’incirca un metro e
sessanta/sessantacinque.
Con una
scrollata di spalle rispose “Non posso controllare la mia crescita, Lala” mi
disse. Ugh! Vorrei proprio che la smettesse di chiamarmi così. Quand’era
piccolo non riusciva a dire Gabriella. Diceva solo Lala, Da allora quando siamo
da soli mi ha sempre chiamata così. Come io chiamo lui Vinny. In pubblico non
voleva, ma se eravamo solo io e lui, non gli importava.
“Mmm, Vinny” lo
punzecchiai in risposta. Lui si limitò a sorridere e continuò a mangiare. Il
ragazzo mangia parecchio.
“Allora, perché
di preciso sei incazzata con Marc e Luke?” mi chiese qualche minuto dopo.
Giusto, lui non sapeva esattamente cos’era successo. Era in giro sullo
skateboard.
Incrociai le
braccia al petto. “Loro credono di potermi controllare solo perché sono la loro
sorella minore. Ma non è così che funziona,” iniziai. “Io posso vestirmi come
mi pare quando mi pare. Gli unici che possono dire qualcosa sono mamma e papà,”
gli spiegai. “Al massimo Serena e Sharpay.”
“Ma a te non
piace come Serena ti fa vestire,” mi disse. Grazie, questo lo so già,
intelligentone. “Perciò non importa cos’hanno detto Luke e Marc. Non li volevi
mettere comunque.” Traditore! E’ dalla loro parte! Un attimo. Cosa centra? Non
è questo il punto.
“Non importa.
Io non ti do ordini solo perché sono più grande di te!” mi difesi. È così che
deve andare. Sono io la brava ragazza qui, non Marcus e Lucas.
Vince scosse il
capo. “Forse non l’avranno fatto nel modo giusto, ma lo fanno per il tuo bene.
Non puoi negarlo” aggiunse. Maledizione. Aveva ragione. Ma questo non mi ha
fatto assolutamente passare l’arrabbiatura.
“Non mi
interessa. Non gli lascerò credere che possono comandarmi visto che sono più
piccola,” gli dissi. “Ma ho capito quello che intendevi.” Quando cavolo è
cresciuto lui?
Vince fece un
gran sorriso. “Lascerò perdere” disse lui e io annuii. “Se mi dai delle
patatine” aggiunse.
Risi. “Tieni,
prenditele” gli dissi porgendogli il piatto. Sorrise furbo e le ingurgitò
tutte.
“Sei come un
aspirapolvere. Lo sai vero?” gli chiesi. Rispose tirandomi una patatina tra i
capelli. “Vin!” strillai ridendo.
“Guarda un po’
chi si vede” chiese una nuova voce e mi girai vedendo Troy che camminava verso
il nostro tavolo. Si sedette a fianco a me e mise un braccio dietro la mia
sedia. Il mio cuore cominciò a fare il solito tum-tum. Il mio corpo mi stava tradendo. Mi maledissi e cercai di
farlo smettere. Ma non si riesce molto a controllare i battiti del proprio
cuore. Merda. “Due fratelli Montez carini e simpatici uno con l’altra?” disse,
più come affermazione che come domanda.
Vince vide la
mia faccia. “Fammi indovinare, Troy?” chiese.
Troy annuì. “Tu
sei uno dei piccoli Montez giusto?” chiese.
Vidi gli occhi
di Vince lampeggiare. Non gli piaceva essere chiamato “uno dei piccoli”.
Cattiva mossa Troy, Basketball Boy. “Vince”, rispose lui.
“Umm, Vince,
perché non vai a pagare e vedi se c’è qualche tuo amico qui?” gli chiesi
porgendogli dei soldi.
Lui annuì. “Ok,
Gabs. Ci vediamo, Troy” disse e si allontanò, fermandosi con un paio di amici
lungo la strada.
“Allora, ce
l’hai ancora con me?” mi chiese Troy nell’orecchio. Rabbrividii
involontariamente. Maledizione. Mi girai sulla sedia.
“Cosa ci fai
qui?” gli chiesi di rimando, evitando di rispondere alla sua domanda. Veramente
non sapevo se ce l’avevo con lui. Non sapevo neanche perché ce l’avevo con lui
in principio. Le mie emozioni sono inaffidabili. Soprattutto quando lui è nei
dintorni. Non so cosa provare. Non mi piace, o almeno sto cercando di non
farmelo piacere. Non so se potrò essere sua amica. È troppo complicato per
qualcosa che invece dovrebbe essere semplicissimo. Cavoli!
Lui indicò
verso un tavolo dall’altra parte del locale. Vidi Chad e Taylor che si
baciavano. Era quello il brutto di uscire con loro: iniziavano a baciarsi e non
si staccavano più. “Sono venuto con loro, dopo un po’ mi sono ritrovato a
guardarli…così. Mi sono girato e ti ho visto qui, così ho deciso di vedere se
eri ancora incazzata.”
“Bè, non lo
sono,” decisi di dirgli. Non potevo dire di esserlo. In realtà non avevo nessun
valido motivo, se non il mio corpo che mi tradiva e i miei sentimenti confusi,
cose che non volevo che lui sapesse.
Troy annuì.
“Buono a sapersi,” disse.
“Allora come va
la cosa del basket?” chiesi. Cosa c’è? Non ho nient’altro di cui parlare con
lui. ‘Hey Troy, come stai? Anche il tuo corpo fa i capricci quando sono nei
paraggi?’ No, non potevo dirgli questo. Sarebbe una pessima idea. Conoscendolo
userebbe anche questo per flirtare con me. E non voglio che vada a finire così.
“Sono già in
squadra,” rispose. Si è trasferito appena quattro giorni fa! Non è giusto nei
confronti delle riserve.
Alzai le
sopracciglia confusa. “Ma come? Ti sei appena trasferito qui,” gli ricordai.
Come se non lo sapesse. Ma era vero, e poi non era questo il punto della
questione.
“I tuoi
fratelli hanno mandato un’e-mail al coach. Gli hanno detto che sono bravo e lui
ha risposto dicendo che si fidava del loro giudizio. Quindi, mi ha messo in
squadra. Sono già uno starter, credo” mi spiegò. Oddio, abbastanza arrogante
eh? Avrei dovuto immaginare che Marcus e Lucas lo avrebbero aiutato ad entrare
in squadra prima ancora che ricominciasse la scuola.
“Cos’
conoscendo Chad conosci già l’intera scuola no?” gli chiesi. Appena scoperto
che Troy era uno di loro, probabilmente Chad aveva iniziato a far sfoggio di
Troy in giro, dicendo a tutti che il suo migliore amico era già in squadra.
“indovinato.
Come lo sai?” chiese Troy. Come lo sapevo? Questa è la fottuta East
Albuquerque. L’unica cosa che conta è il basket. L’unica cosa che conta a
scuola sono popolarità e basket.
“Conosco questa
città, e conosco Chad. Dimentichi che siamo migliori amici da quasi dieci
anni,” gli risposi. Vivo qui da tutta la vita. Diversamente da lui, che
probabilmente era già il principe della East High. Essendo già i miei fratelli
i re.
Troy annuì.
“Così in questa città conta solo il basket?” Diamo un premio al ragazzo! C’è
arrivato finalmente. In questa città conta solo lo sport. Casualmente il più
popolare è il basket.
Annuii. Mi
guardai intorno e vidi Allison, capo delle cheerleader, che ci fissava. Potevo
immaginare cosa si stava chiedendo. Perché Troy Bolton era seduto con me,
volentieri, e perché il suo braccio era intorno a me? “Guardala” piegai la
testa in diagonale verso di lei.
Troy si girò
verso la bionda e subito si rivoltò verso di me e scuotendo le spalle. “Si, una
cheerleader che Chad mi ha presentato. Quindi?” mi chiese. Wow. Veramente non
ci arriva?
“Si sta
chiedendo perché tu, il nuovo principe della East High, stia qui seduto vicino
a me, Gabi la secchiona,” gli spiegai.
Lui mi guardò con sguardo interrogativo.
“Ti chiamano
Gabi la secchiona?” mi chiese. Ma non sapeva proprio niente?
Scossi la
testa. “No, ma è così che vengo considerata. Sono considerata una secchiona
perché faccio parte del Decathlon scolastico, perché sono nel gruppo di
studenti che hanno la media più alta, perché Taylor è la mia migliore amica,
perché non sono una cheerleader, e perché vado a vedere le partite di basket
solo perché devo farlo. Non perché voglio farlo. Anche se uno dei miei migliori
amici è uno starter della squadra di basket, e i miei fratelli comandano la
scuola è così che sono considerata: una secchiona. Nella scuola comandano i
gruppi, Troy. Tu sei già in quello più popolare. Perché dovresti voler passare
del tempo con me quando Allison e le altre cheerleader sono sedute laggiù?”
chiesi piano.
“Magari perché
mi piace passare del tempo con te,” rispose Troy senza esitazioni.
“Non mi conosci
neanche, Troy. Tutto quello che sai è che sono la sorella più piccola dei
Montez e una delle secchione della scuola,” gli dissi alzandomi dalla sedia.
Troy si alzò a
fianco a me e mi prese la mano, impedendomi di raggiungere Vince e andare a
casa. Sentii i soliti pizzicottini, come ogni volta che Troy era nei dintorni.
Fantastico. “Magari lo voglio. Hai mai considerato questa possibilità?” mi
chiese. No, non l’avevo mai considerata. Perché avrei dovuto?
“Magari io non
voglio conoscerti, Troy. Hai mai considerato questa possibilità?” gli chiesi in
risposta e mi diressi verso Vince. Mi sentii male solo a pronunciare quelle
parole per qualche motivo. Non appena quelle parole uscirono dalla mia bocca,
il mio cuore si appesantì. Non mi piaceva quella sensazione, e avrei voluto
rimangiarmi tutto. Ma ormai era troppo tardi.
-
“Allora, cos’è
successo tra te e Troy?” mi chiese Vince in macchina. Perché tutti non fanno
altro che farmi domande oggi?
Strinsi la
presa sul volante. “Niente” risposi rapidamente. Troppo rapidamente. Avrebbe
capito che c’era qualcosa sotto.
“Lala, dei
nostri fratello sono quello più legato a te,” iniziò Vince. Bene. Siamo quelli
con cui è più facile avere a che fare. Ovviamente lo siamo. “Lo so quando c’è
qualcosa che non va.”
Sospirai. “Lo
so, Vin. Ma questo non ha niente a che fare con te,” gli dissi. Non volevo
coinvolgerlo. Era un mio problema. Sempre se era un problema. Non sapevo
neanche cosa fosse. Che situazione! Si, la mia situazione.
“Lo so che sei
indipendente, Gabi,” disse Vince. Lo so anche io. A volte anche troppo
indipendente. Non mi piace chiedere aiuto agli altri per fare le cose al posto
mio. “Comunque se avessi bisogno di parlare, dimmelo” mi pregò “per favore.”
Fermai la
macchina nel vialetto di casa e la spensi. “Lo farò. Grazie, Vinny” gli dissi e
lo abbracciai appena.
“Andiamo,”
sorrise “Facciamoci gridare di tutto da mamma” disse. Sorrisi e scesi dalla
macchina, prendendolo a braccetto.
Lentamente
passai davanti a Vince. Ho vissuto più di lui. Non doveva andare a avanti lui.
“Ah, ciao Mami!” dissi entusiasta. Non mi avrebbe fatto del male no?
“Dove siete
stati voi due?” chiese lei e si alzò, venendo verso di noi. Mossa sbagliata,
l’entusiasmo non è servito a niente. Il mio sorriso sparì.
“E’ colpa mia,
Mami. Io e Vince volevamo uscire un po’ di casa. Lui si è accorto che tutti i
miei amici erano con le loro famiglie e abbiamo deciso di uscire,” mi presi la
colpa. Anche se era stata un’idea di Vince. È il nostro codice da fratelli, il
più grande si prende la colpa. A meno che non si tratti di Isabelle, allora la
colpa è sempre di Serena. Marcus e Lucas incolpano di tutto Felix.
Mamma esplose
sgridandoci in spagnolo. Non sapevano cosa stesse dicendo, ovviamente. Sapevamo
solo frasi semplici, imparate andando a trovare i parenti. Mamma e papà sono
cresciuti col bilinguismo. Ci insegnarono qualcosa anche a noi, ma solo cose
semplici. Ma ogni volta che mamma iniziava a parlare in spagnolo, non era un
buon segno.
“Mami, non è un
gran problema. Siamo usciti un’oretta e abbiamo mangiato qualcosa. Ora siamo
tornati e stasera ti aiuteremo per la cena di domani,” disse Vince dietro di
me. Di solito non era cos’ facile far calmare mamma. Ma domani è la festa del
Ringraziamento e spesso si innervosisce per delle stupidaggini. Avendo una
famiglia di dieci persone, più due figli acquisiti era facile essere stressati
il giorno del Ringraziamento.
Mamma annuì e
gli diede ragione. Wow. Salvati in corner, Vince. “Venite giù tra venti minuti
ad aiutarmi,” ci disse dandoci un bacio sulla fronte e tornò a tavola. Vince 1
Gabriella 0.
Seguii Vince su
per le scale e lo abbracciai. “Grazie per l’aiuto” gli dissi e lo lasciai.
Lui scrollò le
spalle. “Grazie per esserti presa la colpa. Odio il Ringraziamento. Mamma si
arrabbia così facilmente. Soprattutto perché siamo a casa tutti insieme nello
stesso momento. Io mi metto nei guai abbastanza spesso da saper come uscirne
poi,” mi disse. “Tu sei la giovane inesperta.”
Ah ah. Non è
colpa mia se io sono quella più brava. “Grazie comunque, Vinny, per avermi
aiutato oggi.”
“Quando vuoi,”
disse entrando in camera sua. “Oh, e Lala?” disse facendo spuntare fuori la
testa. “Non escludere neanche i tuoi amici,” aggiunse e chiuse la porta.
È proprio il
mio fratello preferito.
-
xoxo
-
“Almeno so che
sei viva,” mi disse Chad il giorno seguente, dopo che finalmente mi decisi a
richiamarlo. Non avrei rinunciato alla mia amicizia con Chad perché evitavo
Troy. Avrei potuto fare entrambe le cose. O almeno lo speravo. E si, ero
arrivata alla conclusione che dovevo evitare Troy. Era l’unica soluzione. Non
ero sicura che saremmo diventati amici dopo quello che gli avevo detto. Sempre
che fossimo fatti per essere amici. Dovevo prima capire la storia del battito
accelerato, dei pizzicottini, e dei brividi. Al più presto.
“Ah ah, Chad”
replicai. “Scusami se non ho chiamato. Avevo un po’ di problemi coi miei
fratelli. Vince mi ha aiutato però.” Già, Vince mi ha aiutato molto. Dovevo essermelo perso distratta dalla mia
vita e tutto il resto, ma era cresciuto. Più veloce rispetto agli altri
fratelli comunque.
“Vieni da me
oggi?” mi chiese. Mi sarebbe piaciuto, ma era il giorno del Ringraziamento. Mia
madre voleva tutte le ragazze in cucina ad aiutarla. Abbastanza stereotipico
vero?
“No. Verrò
domani però,” risposi tirando su alcuni vestiti dal pavimento della mia camera.
Con me e Jaymi a vivere lì dentro c’era un gran casino. Sentii Chad gridare
qualcosa a qualcuno in sottofondo, mi distrassi pensando che fosse Troy, il che
mi fece innervosire. Non doveva interessarmi. “Merda!” mi lamentai un attimo
dopo, inciampando in una scarpa.
“El?” disse
Chad al telefono. “Ella, stai bene?” mi chiese, avendomi ovviamente sentita
cadere. Benissimo. Perché sono sempre così maldestra al telefono? Con Chad.
Grugnii in risposta.
“Sto bene, Chad. Mi sono inciampata. La mia camera è uno schifo da quando io e
Jaymi dormiamo insieme qui dentro,” gli dissi.
“Oh, ok,” disse
lui. Visto, anche lui era abituato alla mia goffaggine. Il che spiega perché a
Chad sembrava non importare. Succedeva piuttosto spesso. “Allora, vieni domani
pomeriggio?” mi chiese di nuovo.
“Si, Chad!
Vengo,” risposi, di nuovo. Era la quinta volta che me lo chiedeva. Stava
diventano irritante. “La smetti di chiedermelo per favore?”
Rimase un
attimo in silenzio a considerare l’idea. Imbecille, ma uno di quelli adorabili.
Non si può conoscere Chad e odiarlo. È come odiare un orsacchiotto:
impossibile. “Scusami. È che da quando io, Troy e Taylor siamo usciti ieri,
Troy è diventato acido ” mi disse.
Questo mi fece
smettere di fare ciò che stavo facendo. “Acido? Cosa intendi per acido?”
domandai.
“Non so cosa
sia successo. Io e Taylor abbiamo iniziato…” esitò lui. Sorrisi perché sapevo
esattamente cosa stavano facendo.
“A baciarvi?”
aggiunsi, decidendo di aiutarlo. Sono in vena di generosità.
“Esattamente!”
esclamò lui. “Comunque, Troy è scomparso per un po’, e quando è tornato era
tutto scazzato. Gli ho chiesto cos’avesse ma mi ha detto di lasciar perdere.
Sono il suo migliore amico, non dovrei almeno saperlo?” mi chiese Chad. Mi
sentii in colpa. Era tutta colpa mia. Sono stata io a dire a Troy che non
volevo provare a conoscerlo, ed evidentemente questo l’aveva fatto incazzare.
Non sapevo neanche perché decisi di dirgli così. Mi dava solo fastidio che non
ci arrivasse. Io sono considerata una secchiona, lui è già un dio del basket a
scuola. Perché dovrebbe voler passare del tempo con me? Chad è un’altra cosa.
Siamo stati migliori amici fin da bambini. Troy poteva scegliere se passare il
tempo con me o no. Allora perché lo voleva?
Sospirai al
telefono. “Solo perché sei il suo migliore amico non significa che devi sapere
tutto di lui, Chad,” gli dissi. “Quando vorrà fartelo sapere, te lo dirà,”
aggiunsi. In realtà non volevo che Chad sapesse perché Troy era arrabbiato. Se
Chad l’avesse saputo se la sarebbe presa con me. Chad arrabbiato con te è come
il Coniglietto pasquale arrabbiato con te. Triste e senza dolcetti. Una cosa
buona per i denti però, suppongo.
“Sei sicura?”
chiese Chad, con la voce piena di speranza, che mi strinse il cuore.
“Si,” lo rassicurai. “Sono sicura.”
Originale: http://www.fanfiction.net/s/4477513/3/Meant_To_Live