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Autore: aakkiirraamm    30/04/2009    2 recensioni
Avere molti fratelli e sorelle non è facile. Con delle sorelle che inconsapevolmente la mettono in ombra e dei fratelli molto protettivi, Gabriella passa semplicemente inosservata. Ma quando in città arriva Troy Bolton, cerca di mostrarle che il suo passare inosservata non è sempre una buona cosa. TXG.
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 – Runaway

Capitolo 3 – Runaway

 

Until then you can runaway.
Do your best to hide your face.
And oh I know you best;
I know you get what you get
you get what you deserve

Runaway, by Cartel

 

 

Non avevo più rivolto la parola a Marcus o Lucas da quel giorno. E ne erano passati ben quattro. Quattro giorni durante i quali non sono praticamente uscita dalla mia camera. Quattro giorni passati a pensare a Troy Bolton e a quello che mi sta facendo. O quello che mi sta facendo provare. Apparentemente il mio subconscio sapeva bene chi fosse perché l’ho sognato tutte e quattro le notti passate.

Non potevo nemmeno andare da Chad perché là c’era Troy. Non potevo andare da Sharpay e Ryan perché i loro genitori erano a casa e passavano tutto il tempo con loro. Il che era una cosa buona, visto che i loro genitori a casa non c’erano mai. E Taylor era sempre con Chad, che era con Troy ed erano tutti da Chad.

Ecco spiegato il mio dilemma.

Serena è stata parecchio occupata con Kris a litigare con i nostri genitori. Isabelle si stava comportando da Isabelle e stava quindi litigando con loro, stando dalla parte dei miei genitori, ovviamente. Non mi interessava di Marcus e Lucas perché ero arrabbiata con loro. Felix passava tutto il tempo con Jaymi. E Vince e Alex non facevano che giocare con l’Xbox.

Così sono rimasta io, seduta sul letto, annoiata e sola. Qualcuno bussò alla porta della mia camera. Contatto umano!

“Si?” gridai. La porta si aprì e vidi Vince, col caschetto e tutto il resto. Quel maledetto casco ce l’ha attaccato in test da una settimana ormai. Però non era male. Aveva i capelli leggermente lunghi e gli stava bene addosso.

“Cosa c’è che non va con te?” mi chiese. Simpatico. Sono rimasta chiusa in camera mia per quattro giorni ed è tutto quello che riesci a dire? Mi vuoi proprio bene, amico.

“Ciao Vince, anche a me fa piacere vederti” farfugliai alzando la testa per guardarlo.

Sorrise. “Ah ah. No seriamente. Perché sei rimasta qua dentro per tutti i giorni di vacanza?” mi chiese. Bè, almeno qualcuno se n’era accorto che non avevo messo piede fuori dalla mia camera. Cos’è, uno su dodici?

“Bè, Marcus e Lucas sono dei cretini, e tutti i miei amici sono impegnati nelle loro feste del Ringraziamento” risposi, fissando il soffitto. Io e Vince non l’avremmo mai ammesso, ma passavamo molto tempo insieme. Di solito in camera mia, oppure mentre io lo stracciavo giocando all’Xbox. Dei miei fratelli è quello a cui sono più legata. Perché, a differenza dei miei altri fratelli, lui non cerca di controllarmi. E uno dell’età di Alex è un po’ irritante.

Chiuse la porta della mia camera e venne a sdraiarsi sul letto con me. Ho il letto matrimoniale, così ci stavamo comodi. “Marcus e Lucas si comportano sempre da cretini. Ma non è un buon motivo per rinchiuderti qui dentro” mi disse. Facile per lui. Non era lui ad essere controllato. Lui era un ragazzo. Maledetto cromosoma Y.

“Non è che importi molto. Al piano di sotto ci siete solo voi che giocate con l’Xbox e mamma e papà che urlano con Serena e Kris” gli ricordai.

Mi diede un colpetto su un fianco. “Andiamo da qualche parte” suggerì. Mi alzai sui gomiti.

“Vin, è la vigilia del Ringraziamento!” gli dissi. Non lo sapeva? Nostra madre ci avrebbe uccisi.

“Lo so, Gabi. È la vigilia del Ringraziamento. Mamma continuerà a litigare, preparando il pranzo di domani. Stasera ci sarà solo pizza per cena. Dai usciamo, solo noi due. Andiamo allo Spot” disse. (Lo Spot è il locale dove tutti noi ragazzi ci vediamo quando usciamo).

Mi piace come pensa questo ragazzo. “Andiamo, prendiamo la macchina di mamma” proposi ed entrambi sorridendo scappammo dalla mia camera.

-

“La smetti di rubarmi le patatine?” chiesi per la settima volta, scacciando la mano di Vince dal mio piatto.

Lui scosse la testa, sorridendo. “No, non è colpa mia se non mangi abbastanza velocemente. Io sono nella fase dello sviluppo, ho bisogno di energie” mi disse.

“Non hai ancora finito di crescere? Sei già più alto di me” gli chiesi. Lo era davvero, purtroppo. Tutti i miei fratelli sembravano diventare alti come nostro padre, o anche di più. E lui era già enorme. Le ragazze sembravano destinate a fermarsi intorno all’altezza di nostra madre, all’incirca un metro e sessanta/sessantacinque.

Con una scrollata di spalle rispose “Non posso controllare la mia crescita, Lala” mi disse. Ugh! Vorrei proprio che la smettesse di chiamarmi così. Quand’era piccolo non riusciva a dire Gabriella. Diceva solo Lala, Da allora quando siamo da soli mi ha sempre chiamata così. Come io chiamo lui Vinny. In pubblico non voleva, ma se eravamo solo io e lui, non gli importava.

“Mmm, Vinny” lo punzecchiai in risposta. Lui si limitò a sorridere e continuò a mangiare. Il ragazzo mangia parecchio.

“Allora, perché di preciso sei incazzata con Marc e Luke?” mi chiese qualche minuto dopo. Giusto, lui non sapeva esattamente cos’era successo. Era in giro sullo skateboard.

Incrociai le braccia al petto. “Loro credono di potermi controllare solo perché sono la loro sorella minore. Ma non è così che funziona,” iniziai. “Io posso vestirmi come mi pare quando mi pare. Gli unici che possono dire qualcosa sono mamma e papà,” gli spiegai. “Al massimo Serena e Sharpay.”

“Ma a te non piace come Serena ti fa vestire,” mi disse. Grazie, questo lo so già, intelligentone. “Perciò non importa cos’hanno detto Luke e Marc. Non li volevi mettere comunque.” Traditore! E’ dalla loro parte! Un attimo. Cosa centra? Non è questo il punto.

“Non importa. Io non ti do ordini solo perché sono più grande di te!” mi difesi. È così che deve andare. Sono io la brava ragazza qui, non Marcus e Lucas.

Vince scosse il capo. “Forse non l’avranno fatto nel modo giusto, ma lo fanno per il tuo bene. Non puoi negarlo” aggiunse. Maledizione. Aveva ragione. Ma questo non mi ha fatto assolutamente passare l’arrabbiatura.

“Non mi interessa. Non gli lascerò credere che possono comandarmi visto che sono più piccola,” gli dissi. “Ma ho capito quello che intendevi.” Quando cavolo è cresciuto lui?

Vince fece un gran sorriso. “Lascerò perdere” disse lui e io annuii. “Se mi dai delle patatine” aggiunse.

Risi. “Tieni, prenditele” gli dissi porgendogli il piatto. Sorrise furbo e le ingurgitò tutte.

“Sei come un aspirapolvere. Lo sai vero?” gli chiesi. Rispose tirandomi una patatina tra i capelli. “Vin!” strillai ridendo.

“Guarda un po’ chi si vede” chiese una nuova voce e mi girai vedendo Troy che camminava verso il nostro tavolo. Si sedette a fianco a me e mise un braccio dietro la mia sedia. Il mio cuore cominciò a fare il solito tum-tum. Il mio corpo mi stava tradendo. Mi maledissi e cercai di farlo smettere. Ma non si riesce molto a controllare i battiti del proprio cuore. Merda. “Due fratelli Montez carini e simpatici uno con l’altra?” disse, più come affermazione che come domanda.

Vince vide la mia faccia. “Fammi indovinare, Troy?” chiese.

Troy annuì. “Tu sei uno dei piccoli Montez giusto?” chiese.

Vidi gli occhi di Vince lampeggiare. Non gli piaceva essere chiamato “uno dei piccoli”. Cattiva mossa Troy, Basketball Boy. “Vince”, rispose lui.

“Umm, Vince, perché non vai a pagare e vedi se c’è qualche tuo amico qui?” gli chiesi porgendogli dei soldi.

Lui annuì. “Ok, Gabs. Ci vediamo, Troy” disse e si allontanò, fermandosi con un paio di amici lungo la strada.

“Allora, ce l’hai ancora con me?” mi chiese Troy nell’orecchio. Rabbrividii involontariamente. Maledizione. Mi girai sulla sedia.

“Cosa ci fai qui?” gli chiesi di rimando, evitando di rispondere alla sua domanda. Veramente non sapevo se ce l’avevo con lui. Non sapevo neanche perché ce l’avevo con lui in principio. Le mie emozioni sono inaffidabili. Soprattutto quando lui è nei dintorni. Non so cosa provare. Non mi piace, o almeno sto cercando di non farmelo piacere. Non so se potrò essere sua amica. È troppo complicato per qualcosa che invece dovrebbe essere semplicissimo. Cavoli!

Lui indicò verso un tavolo dall’altra parte del locale. Vidi Chad e Taylor che si baciavano. Era quello il brutto di uscire con loro: iniziavano a baciarsi e non si staccavano più. “Sono venuto con loro, dopo un po’ mi sono ritrovato a guardarli…così. Mi sono girato e ti ho visto qui, così ho deciso di vedere se eri ancora incazzata.”

“Bè, non lo sono,” decisi di dirgli. Non potevo dire di esserlo. In realtà non avevo nessun valido motivo, se non il mio corpo che mi tradiva e i miei sentimenti confusi, cose che non volevo che lui sapesse.

Troy annuì. “Buono a sapersi,” disse.

“Allora come va la cosa del basket?” chiesi. Cosa c’è? Non ho nient’altro di cui parlare con lui. ‘Hey Troy, come stai? Anche il tuo corpo fa i capricci quando sono nei paraggi?’ No, non potevo dirgli questo. Sarebbe una pessima idea. Conoscendolo userebbe anche questo per flirtare con me. E non voglio che vada a finire così.

“Sono già in squadra,” rispose. Si è trasferito appena quattro giorni fa! Non è giusto nei confronti delle riserve.

Alzai le sopracciglia confusa. “Ma come? Ti sei appena trasferito qui,” gli ricordai. Come se non lo sapesse. Ma era vero, e poi non era questo il punto della questione.

“I tuoi fratelli hanno mandato un’e-mail al coach. Gli hanno detto che sono bravo e lui ha risposto dicendo che si fidava del loro giudizio. Quindi, mi ha messo in squadra. Sono già uno starter, credo” mi spiegò. Oddio, abbastanza arrogante eh? Avrei dovuto immaginare che Marcus e Lucas lo avrebbero aiutato ad entrare in squadra prima ancora che ricominciasse la scuola.

“Cos’ conoscendo Chad conosci già l’intera scuola no?” gli chiesi. Appena scoperto che Troy era uno di loro, probabilmente Chad aveva iniziato a far sfoggio di Troy in giro, dicendo a tutti che il suo migliore amico era già in squadra.

“indovinato. Come lo sai?” chiese Troy. Come lo sapevo? Questa è la fottuta East Albuquerque. L’unica cosa che conta è il basket. L’unica cosa che conta a scuola sono popolarità e basket.

“Conosco questa città, e conosco Chad. Dimentichi che siamo migliori amici da quasi dieci anni,” gli risposi. Vivo qui da tutta la vita. Diversamente da lui, che probabilmente era già il principe della East High. Essendo già i miei fratelli i re.

Troy annuì. “Così in questa città conta solo il basket?” Diamo un premio al ragazzo! C’è arrivato finalmente. In questa città conta solo lo sport. Casualmente il più popolare è il basket.

Annuii. Mi guardai intorno e vidi Allison, capo delle cheerleader, che ci fissava. Potevo immaginare cosa si stava chiedendo. Perché Troy Bolton era seduto con me, volentieri, e perché il suo braccio era intorno a me? “Guardala” piegai la testa in diagonale verso di lei.

Troy si girò verso la bionda e subito si rivoltò verso di me e scuotendo le spalle. “Si, una cheerleader che Chad mi ha presentato. Quindi?” mi chiese. Wow. Veramente non ci arriva?

“Si sta chiedendo perché tu, il nuovo principe della East High, stia qui seduto vicino a me, Gabi la secchiona,”  gli spiegai. Lui mi guardò con sguardo interrogativo.

“Ti chiamano Gabi la secchiona?” mi chiese. Ma non sapeva proprio niente?

Scossi la testa. “No, ma è così che vengo considerata. Sono considerata una secchiona perché faccio parte del Decathlon scolastico, perché sono nel gruppo di studenti che hanno la media più alta, perché Taylor è la mia migliore amica, perché non sono una cheerleader, e perché vado a vedere le partite di basket solo perché devo farlo. Non perché voglio farlo. Anche se uno dei miei migliori amici è uno starter della squadra di basket, e i miei fratelli comandano la scuola è così che sono considerata: una secchiona. Nella scuola comandano i gruppi, Troy. Tu sei già in quello più popolare. Perché dovresti voler passare del tempo con me quando Allison e le altre cheerleader sono sedute laggiù?” chiesi piano.

“Magari perché mi piace passare del tempo con te,” rispose Troy senza esitazioni.

“Non mi conosci neanche, Troy. Tutto quello che sai è che sono la sorella più piccola dei Montez e una delle secchione della scuola,” gli dissi alzandomi dalla sedia.

Troy si alzò a fianco a me e mi prese la mano, impedendomi di raggiungere Vince e andare a casa. Sentii i soliti pizzicottini, come ogni volta che Troy era nei dintorni. Fantastico. “Magari lo voglio. Hai mai considerato questa possibilità?” mi chiese. No, non l’avevo mai considerata. Perché avrei dovuto?

“Magari io non voglio conoscerti, Troy. Hai mai considerato questa possibilità?” gli chiesi in risposta e mi diressi verso Vince. Mi sentii male solo a pronunciare quelle parole per qualche motivo. Non appena quelle parole uscirono dalla mia bocca, il mio cuore si appesantì. Non mi piaceva quella sensazione, e avrei voluto rimangiarmi tutto. Ma ormai era troppo tardi.

-

“Allora, cos’è successo tra te e Troy?” mi chiese Vince in macchina. Perché tutti non fanno altro che farmi domande oggi?

Strinsi la presa sul volante. “Niente” risposi rapidamente. Troppo rapidamente. Avrebbe capito che c’era qualcosa sotto.

“Lala, dei nostri fratello sono quello più legato a te,” iniziò Vince. Bene. Siamo quelli con cui è più facile avere a che fare. Ovviamente lo siamo. “Lo so quando c’è qualcosa che non va.”

Sospirai. “Lo so, Vin. Ma questo non ha niente a che fare con te,” gli dissi. Non volevo coinvolgerlo. Era un mio problema. Sempre se era un problema. Non sapevo neanche cosa fosse. Che situazione! Si, la mia situazione.

“Lo so che sei indipendente, Gabi,” disse Vince. Lo so anche io. A volte anche troppo indipendente. Non mi piace chiedere aiuto agli altri per fare le cose al posto mio. “Comunque se avessi bisogno di parlare, dimmelo” mi pregò “per favore.”

Fermai la macchina nel vialetto di casa e la spensi. “Lo farò. Grazie, Vinny” gli dissi e lo abbracciai appena.

“Andiamo,” sorrise “Facciamoci gridare di tutto da mamma” disse. Sorrisi e scesi dalla macchina, prendendolo a braccetto.

Lentamente passai davanti a Vince. Ho vissuto più di lui. Non doveva andare a avanti lui. “Ah, ciao Mami!” dissi entusiasta. Non mi avrebbe fatto del male no?

“Dove siete stati voi due?” chiese lei e si alzò, venendo verso di noi. Mossa sbagliata, l’entusiasmo non è servito a niente. Il mio sorriso sparì.

“E’ colpa mia, Mami. Io e Vince volevamo uscire un po’ di casa. Lui si è accorto che tutti i miei amici erano con le loro famiglie e abbiamo deciso di uscire,” mi presi la colpa. Anche se era stata un’idea di Vince. È il nostro codice da fratelli, il più grande si prende la colpa. A meno che non si tratti di Isabelle, allora la colpa è sempre di Serena. Marcus e Lucas incolpano di tutto Felix.

Mamma esplose sgridandoci in spagnolo. Non sapevano cosa stesse dicendo, ovviamente. Sapevamo solo frasi semplici, imparate andando a trovare i parenti. Mamma e papà sono cresciuti col bilinguismo. Ci insegnarono qualcosa anche a noi, ma solo cose semplici. Ma ogni volta che mamma iniziava a parlare in spagnolo, non era un buon segno.

“Mami, non è un gran problema. Siamo usciti un’oretta e abbiamo mangiato qualcosa. Ora siamo tornati e stasera ti aiuteremo per la cena di domani,” disse Vince dietro di me. Di solito non era cos’ facile far calmare mamma. Ma domani è la festa del Ringraziamento e spesso si innervosisce per delle stupidaggini. Avendo una famiglia di dieci persone, più due figli acquisiti era facile essere stressati il giorno del Ringraziamento.

Mamma annuì e gli diede ragione. Wow. Salvati in corner, Vince. “Venite giù tra venti minuti ad aiutarmi,” ci disse dandoci un bacio sulla fronte e tornò a tavola. Vince 1 Gabriella 0.

Seguii Vince su per le scale e lo abbracciai. “Grazie per l’aiuto” gli dissi e lo lasciai.

Lui scrollò le spalle. “Grazie per esserti presa la colpa. Odio il Ringraziamento. Mamma si arrabbia così facilmente. Soprattutto perché siamo a casa tutti insieme nello stesso momento. Io mi metto nei guai abbastanza spesso da saper come uscirne poi,” mi disse. “Tu sei la giovane inesperta.”

Ah ah. Non è colpa mia se io sono quella più brava. “Grazie comunque, Vinny, per avermi aiutato oggi.”

“Quando vuoi,” disse entrando in camera sua. “Oh, e Lala?” disse facendo spuntare fuori la testa. “Non escludere neanche i tuoi amici,” aggiunse e chiuse la porta.

È proprio il mio fratello preferito.

-

xoxo

-

“Almeno so che sei viva,” mi disse Chad il giorno seguente, dopo che finalmente mi decisi a richiamarlo. Non avrei rinunciato alla mia amicizia con Chad perché evitavo Troy. Avrei potuto fare entrambe le cose. O almeno lo speravo. E si, ero arrivata alla conclusione che dovevo evitare Troy. Era l’unica soluzione. Non ero sicura che saremmo diventati amici dopo quello che gli avevo detto. Sempre che fossimo fatti per essere amici. Dovevo prima capire la storia del battito accelerato, dei pizzicottini, e dei brividi. Al più presto.

“Ah ah, Chad” replicai. “Scusami se non ho chiamato. Avevo un po’ di problemi coi miei fratelli. Vince mi ha aiutato però.” Già, Vince mi ha aiutato molto.  Dovevo essermelo perso distratta dalla mia vita e tutto il resto, ma era cresciuto. Più veloce rispetto agli altri fratelli comunque.

“Vieni da me oggi?” mi chiese. Mi sarebbe piaciuto, ma era il giorno del Ringraziamento. Mia madre voleva tutte le ragazze in cucina ad aiutarla. Abbastanza stereotipico vero?

“No. Verrò domani però,” risposi tirando su alcuni vestiti dal pavimento della mia camera. Con me e Jaymi a vivere lì dentro c’era un gran casino. Sentii Chad gridare qualcosa a qualcuno in sottofondo, mi distrassi pensando che fosse Troy, il che mi fece innervosire. Non doveva interessarmi. “Merda!” mi lamentai un attimo dopo, inciampando in una scarpa.

“El?” disse Chad al telefono. “Ella, stai bene?” mi chiese, avendomi ovviamente sentita cadere. Benissimo. Perché sono sempre così maldestra al telefono? Con Chad.

Grugnii in risposta. “Sto bene, Chad. Mi sono inciampata. La mia camera è uno schifo da quando io e Jaymi dormiamo insieme qui dentro,” gli dissi.

“Oh, ok,” disse lui. Visto, anche lui era abituato alla mia goffaggine. Il che spiega perché a Chad sembrava non importare. Succedeva piuttosto spesso. “Allora, vieni domani pomeriggio?” mi chiese di nuovo.

“Si, Chad! Vengo,” risposi, di nuovo. Era la quinta volta che me lo chiedeva. Stava diventano irritante. “La smetti di chiedermelo per favore?”

Rimase un attimo in silenzio a considerare l’idea. Imbecille, ma uno di quelli adorabili. Non si può conoscere Chad e odiarlo. È come odiare un orsacchiotto: impossibile. “Scusami. È che da quando io, Troy e Taylor siamo usciti ieri, Troy è diventato acido ” mi disse.

Questo mi fece smettere di fare ciò che stavo facendo. “Acido? Cosa intendi per acido?” domandai.

“Non so cosa sia successo. Io e Taylor abbiamo iniziato…” esitò lui. Sorrisi perché sapevo esattamente cosa stavano facendo.

“A baciarvi?” aggiunsi, decidendo di aiutarlo. Sono in vena di generosità.

“Esattamente!” esclamò lui. “Comunque, Troy è scomparso per un po’, e quando è tornato era tutto scazzato. Gli ho chiesto cos’avesse ma mi ha detto di lasciar perdere. Sono il suo migliore amico, non dovrei almeno saperlo?” mi chiese Chad. Mi sentii in colpa. Era tutta colpa mia. Sono stata io a dire a Troy che non volevo provare a conoscerlo, ed evidentemente questo l’aveva fatto incazzare. Non sapevo neanche perché decisi di dirgli così. Mi dava solo fastidio che non ci arrivasse. Io sono considerata una secchiona, lui è già un dio del basket a scuola. Perché dovrebbe voler passare del tempo con me? Chad è un’altra cosa. Siamo stati migliori amici fin da bambini. Troy poteva scegliere se passare il tempo con me o no. Allora perché lo voleva?

Sospirai al telefono. “Solo perché sei il suo migliore amico non significa che devi sapere tutto di lui, Chad,” gli dissi. “Quando vorrà fartelo sapere, te lo dirà,” aggiunsi. In realtà non volevo che Chad sapesse perché Troy era arrabbiato. Se Chad l’avesse saputo se la sarebbe presa con me. Chad arrabbiato con te è come il Coniglietto pasquale arrabbiato con te. Triste e senza dolcetti. Una cosa buona per i denti però, suppongo.

“Sei sicura?” chiese Chad, con la voce piena di speranza, che mi strinse il cuore.

“Si,” lo rassicurai. “Sono sicura.”

 

Originale: http://www.fanfiction.net/s/4477513/3/Meant_To_Live

 

 

 

 

 

 

  
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