La scelta
Lene raccolse il quaderno, io ero dietro di lei, distante
abbastanza da aprire la porta d’ingresso e chiuderla fingendo di essere appena
rientrato.
“Buonasera” salutai quando la porta si chiuse dietro di
me; fu in quel momento che O’Brian si girò sobbalzando per il rumore
improvviso.
“Sayu, vedo che hai ospiti” mi sfilai le scarpe e mi
avvicinai alla donna.
“Lei è un’amica di Sayu?” chiesi avvicinandomi affabile.
La donna aggrottò le sopracciglia aveva nelle mani il quaderno e la coppetta di
vetro con le caramelle che cadevano di nuovo a terra.
“Ehm non proprio. Deve scusarmi ma ho appena fatto cadere
delle cose” rise appoggiando tutto sul tavolo, senza guardare.
Feci attenzione a non sospirare di sollievo e sorrisi.
“Non si preoccupi: Sayu è una gran sbadata, non le dirà
niente, in quanto a me sono anche scivolato su una pozzanghera sporcandomi di
fango, quindi nessuno la giudicherà” risi.
“Ah sì, vedo” disse guardando la giacca verde ancora
sporca.
“Mi scusi, credevo che Sayu vivesse da sola” aggiunse.
Mi gelò per un secondo, poi ripresi il controllo.
“Sono il suo
fidanzato, stiamo insieme da prima del rapimento e tutto il resto. Le
dispiace se la lascio per un momento? Vado a cambiarmi”
***
All’inizio non avevo capito perché la voce di Light al
piano di sotto avesse salutato, poi l’avevo sentito parlare con la psicologa.
Proprio lei, Lene O’Brian, quella che aveva fatto andare mia madre a teatro,
dove era morta. Quella donna coi capelli neri, la frangetta corta, gli occhiali
rettangolari senza montatura e il rossetto.
E vedeva Light? Che avesse toccato il quaderno?
A quel punto non ebbi il coraggio di scendere e mi
appoggiai al muro della cameretta con le mani sulla faccia.
Adesso cosa faccio. La paura questa volta non è fredda,
ma calda, bollente, stringe come un rovo lo stomaco, mi fa tremare.
Plic plic plic
Le gocce scivolano lungo i cappotti appesi al pomello
dell’armadio e cadono a terra.
Poi entra lui.
“Mi vede. Stupida. Lasciare il quaderno così. Crede che
sia il tuo ragazzo: scendi e reggi il gioco” poi chiude la porta.
Mentre aveva parlato avevo trattenuto il respiro che
improvvisamente esce dalle labbra come un singhiozzo strozzato. Mi misi una
mano sulla fronte. Umida, calda, sono sudata, appiccicosa. Uno schifo. Passai
le unghie sotto l’occhio vicino al naso per spostarmi i capelli.
“Ok” mormorai, come per svegliarmi.
Aprii la porta e scesi le scale.
“Mi scusi se l’ho fatta aspettare” mi sforzai di sorridere.
Lene si era seduta sul divano.
“Posso offrirle qualcosa?” chiesi.
Facevo bene a trattarla con un tutta quella gentilezza?
Neanche la conoscevo.
“Non preoccuparti, grazie” mi sorrise.
“Tua madre non mi aveva detto che avevi il ragazzo”
Deglutii e cercai di assumere un’espressione naturale.
“Mi ricordo che le ha illustrato la situazione a grandi
linee, l’ha semplicemente omesso sul momento”
Dovevo evitare i gesti nervosi: niente dita tra i
capelli, niente morsi sul labbro, non dovevo torturarmi le mani né irrigidire
il corpo.
“Capisco. Mi sento in colpa per quello che è successo. In
compenso mi sorprende il modo in cui ti sei ripresa”
Annuii imbarazzata, poi Light scese con i sui vecchi
vestiti: camicia e pantaloni.
“Eccomi qui”
Ero esterrefatta: sorrideva come un dannato idiota, ma
come faceva a fingere così?
“Non mi sono presentato, io sono Heiji” disse sedendosi
anche lui.
È un bugiardo! Maledizione. Avrei voluto gridarglielo:
ehi! Sono tutte balle, non ti chiami Heiji tu!
“Mi chiamo Lene” rispose lei.
“La signorina è la psicologa che mia madre ha incontrato”
spiegai.
Light aggrottò le sopracciglia per un momento.
“L’ho invitata ad aspettare in casa che smettesse di
piovere, visto che non ha l’ombrello” aggiunsi.
“Ah. Capisco. Sicuramente smetterà a breve: appena
pioviggina” disse lui.
Lene annuì, poi lo guardò seria.
“Posso chiederti dove hai trovato tutto quel fango da
sporcarti così tanto prima?”
Light non rispose per qualche secondo la fissò
interdetto.
“Scusami, è che voglio evitare le zone così fangose
quando torno a casa” si spiegò lei.
“Oh… sono stato in un parco a dire il vero, per quanto
riguarda il fango, le pozzanghere ci sono già da ieri. Ha piovuto fino a tarda
notte”
Lene sembrò convinta e non disse nulla.
”Bene, ora vado, però. Ho un po’ di lavoro da fare, Sayu
ti dispiace se uso il tuo computer?”chiese alzandosi dal divano.
“Caro, sei appena arrivato e già lasci me e la signorina
O’Brian?” lo provocai.
Light mi fulminò con lo sguardo.
“Sono certo che mi perdonerete” sorrise. Poi si avvicinò
a me.
“Fai sentire benaccolta la signorina, ok?” poi mi prese
il viso e posò le labbra sulle mie.
Mi irrigidii. NO!
Sentii il gelo salirmi dallo stomaco fino in gola.
Nausea.
Maledizione! Togliti!
Si spostò dopo pochi secondi.
“Ora vado”
Solo dopo che i sui passi si allontanarono il mio corpo
si rilassò.
Lene mi guardò.
“Il tuo ragazzo è…”
“Una palla al piede!” esclamai quasi senza accorgermene.
“Però dopo tutto il tempo in cui mi è rimasto accanto non
potrei respingerlo” inventai presa dal panico.
Lene sembrò imbarazzata, poi sorrise.
“Che vuoi dire?”
“Non so è che…” dovevo improvvisare.
“È che mi è sempre stato passivamente accanto tutto
questo tempo, come per inerzia, in realtà non ha fatto niente per farmi
riprendere. Io credo che se se ne fosse andato, se avesse mosso qualcosa non
sarei rimasta in quello stato così a lungo. Mi sarei sbloccata”
Stava funzionando: Lene sembrava curiosa.
“Quindi se ti avesse abbandonato nel bel mezzo di quel
tuo… ehm… problema, a quest’ora lo ameresti?”chiese.
“No” mormorai, poi arrossii: non ero capace di mentire o
di inventare.
Lene sbirciò la finestra e accennò un sorriso.
“Ha smesso di piovere, tolgo il disturbo” si alzò dal
divano e io la imitai.
“Le prendo il cappotto” la mia voce era troppo bassa. Non
fa niente. Tanto ora se ne va.
Salii ignorando Light in camera mia, seduto sul letto.
Tornai da O’Brian.
“Grazie ancora, Sayu. Passa una buona giornata”
“Heiji in questo momento è molto indaffarato, ma mi ha
pregato di salutarla”
Lene sorrise, mise le scarpe e uscì. Io chiusi la porta e
aspettai Light.
“Tu non sai quello che hai fatto” lo sentii gridare.
“Che bisogno c’era? Che bisogno c’era di baciarmi?”
“Baciarti?” fece lui, aggrottando le sopracciglia.
“Ho appena appoggiato
la bocca sulla tua. Non è baciare”
“Ma perché?” insistetti.
“Te lo dico subito perché: le maledette foto di famiglia,
cara Sayu, sono in bella mostra sui nostri mobili. Che ci fa il fidanzato di
Sayu nelle foto di famiglia? E se mamma avesse detto alla psicologa che la
piccola malata Sayu ha perso papà e fratellino, dimmi, caro genio, non credi
che vedendo queste foto si potrebbe pensare solo che io sia tuo fratello? Se è
così la copertura del fidanzato andrebbe a farsi benedire!”
“Può anche non averle viste”
“CERTO, COME NO!”
“Smettila di gridare” gli intimai.
“Fino a che punto la mamma ha parlato di te alla
psicologa eh?”
“Non lo so”
“Che significa che non lo sai?”
“Non me lo ricordo” esclamai frustrata.
“VEDI DI RICORDARTELO!” gridò perdendo il controllo come
non l’avevo mai visto fare.
Io incassai la testa nelle spalle e la vista mi si
annebbiò.
“Light” sibilai furiosa per quelle lacrime.
“Smettila o ti prendo a schiaffi”
Per un attimo rimase in silenzio e così feci anch’io.
Respirai e tacqui finché gli occhi non si asciugarono.
“Non puoi farmi questo. Non puoi venire qui e avanzare
pretese in continuazione” il mio tono questa volta era pacato, freddo.
“Non puoi farlo” ripetei.
Light sospirò.
“Scrivi il nome del criminale che hai visto ieri al
telegiornale”
“Cosa?!”
“Scrivilo”
Non riuscivo a crederci!
“Light, hai ascoltato quello che ti ho detto?”
“Allora scrivi il nome di Lene O’Brian” insistette.
“No!”
“Sayu”
“No!” ripetei furiosa.
“Sayu scrivi quei nomi”
“Io non scriverò nessun nome” pestai un piede a terra
come una ragazzina, ma me ne infischiai.
“Allora lo scriverò io” Light prese il suo quaderno e la
penna.
“NO LIGHT!” gli gridai, cercai di andargli addosso, ma
caddi oltre il suo corpo come se mi fossi tuffata nel vuoto.
Poi penna e quaderno caddero e Light gemette per la
sorpresa. Io mi alzai in piedi terrorizzata e vidi granelli di sabbia cadere
dalla mano di Light.
“N… no!” gridò afferrandosi il polso con l’altra mano.
“Maledizione, non è possibile, no! Non voglio!” cominciò
a gridare disperato.
Cadde in ginocchio.
“TU! MI HAI INGANNATO!” a chi si rivolgeva?
Light stava morendo? Per la seconda volta?
Qualcosa scattò in me, come un fulmine, come acqua gelida
all’improvviso.
No. Io ho bisogno. Di lui.
Con la stessa disperazione furibonda con cui lui stava
imprecando e scongiurando in ginocchio, io corsi al tavolino, afferrai il
quaderno, poi la penna di Light e scrissi.
***
La visita a casa di Sayu Yagami aveva messo Lene a
disagio. Un gran brutto disagio, Sayu sembrava quasi troppo perfetta per una
appena uscita da una tragedia e il suo fidanzato era sfacciatamente perfetto. Insopportabile davvero. Si era sentita un
pesce fuor d’acqua. Era forse per il suo disagio che aveva avuto un
atteggiamento inquisitore con quei due fino a spaventarli? Lene se ne vergognò,
poi decise di non pensarci. Il suo maggior problema in quel momento era ancora
addormentato sul divano, con i calzini che uscivano dalla coperta. Ed era l’1.30!
Lene tira via la coperta, stizzita.
“Dormi ancora, Jim?” lo sveglia, brusca.
“Tu sì che sei una donna dolce”si lamentò lui, alzandosi.
“Puoi sempre tornartene da dove sei venuto”
Lo sa che è acida, cavolo, ma oggi gira così. Accende il
computer, inserisce la password e apre il documento di testo dove ha appuntato
tutto: centoventicinque morti negli Usa, naturalmente tra gli appunti ha
riportato le circostanze e il luogo specifico, ottanta morti in Giappone e poi
numeri minori sparsi per il mondo. Tutti morti di arresto cardiaco.
Jim ha acceso sul tg e ora sbircia il documento di Lene.
“Non si tratta di criminali” considera.
“Lo so” risponde Lene.
“Si tratta di gente comune, ma sono un gran numero e
tutti loro sono accumunati dalla stessa morte, come dicevano i telegiornali di
un paio di anni fa”
“Adesso basta Lene, stai delirando!” il tono di Jim è
duro. Sta diventando seccante.
“Come fai a dire che si tratta di Kira? E se fossero
semplici infarti?”
“Ho confrontato qualche vecchia statistica che risale ai
tempi precedenti a Kira con questi dati. Secondo logica ora che Kira non c’è
più il numero di morti per arresto cardiaco dovrebbe essere in calo e questo è
vero, ma non del tutto. Siamo ancora molto lontani dai dati pre-Kira” cercò di
spiegare Lene.
“Questo non dimostra niente, può trattarsi di un caso:
non è che questo genere di salti non si verifichino, dopotutto quelle
statistiche risaliranno a parecchi anni fa, non puoi confrontarli con i dati
attuali” insistette lui.
“Non finisce qui: come quando Kira era attivo la maggior
parte delle sue vittime provengono dall’America e dal Giappone. Non capisci? Ci
sono troppe coincidenze”
“Lene tu sei sotto stress e questo ti ucciderà, stai
dicendo cose assurde”
Lene vorrebbe ribattere, invece sobbalza e sgrana gli
occhi.
“Ma cosa…?”
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Premetto che per qualche motivo oggi ero alquanto tentato
da una misteriosa vena comica di far dire a Sayu “ti prendo a schiaffi a due a
due finché non diventano dispari!” poi ho desistito. XD Bene, passo subito ai
ringraziamenti:
Bleus De Methylene: le tue recensioni mi sono sempre
gradite, sono davvero contento che questa storia ti piaccia e i tuoi commenti
sono gratificanti, dunque ti ringrazio.
Francy91: Non trovo che la tua sia una polemica, tranquilla :). In
realtà l’idea che ho dato della psicologia è limitata ai personaggi e alla loro
caratterizzazione nella storia, dunque non intendevo generalizzare. Non ho
intenti pedagogici e non mi piace il pensiero di dover convincere il lettore di
una determinata idea. Se facessi così mi sentirei artisticamente deluso da me
stesso. A parte questo, rinnovo i miei ringraziamenti per i complimenti e per l’incoraggiamento,
le tue recensioni sono sempre molto dense e mi danno la soddisfazione di avere
delle lettrici/lettori attenti ai particolari. Ancora grazie.
INFINE: grazie anche a coloro che leggono senza
recensire, tra i quali c’è una persona in particolare a cui va il mio affetto e
il mio ringraziamento.