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Autore: MyDifferentFantasy    10/09/2016    7 recensioni
Lo sceriffo deve assentarsi da Beacon Hills per una settimana e Scott non vuole che Stiles stia da solo in casa. Quando decide che può andare a stare da Derek, né Stiles né Derek sono d'accordo. Ma cosa accadrà in quella settimana?
Dal testo: “Puoi andare a stare al loft di Derek!”
Pessima, pessima idea.
“Ti sei bevuto il cervello, amico? Stiamo parlando dello stesso Derek? Quello che non accetta di condividere lo stesso ossigeno con me, figuriamoci una casa per una settimana.”
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SEVENTH DAY
Oh, Derek, eccoti.
Finalmente il lupo era entrato nella stanza. Non credeva di riuscire più a sopportare di svegliarsi senza trovarselo accanto, senza sentirlo dire che tutto sarebbe andato bene e che c’era lui.
L’unico lato positivo nello svegliarsi dopo gli incubi era il contatto fisico che aveva con lui, pensò Stiles, che durante la giornata non poteva avere. Nonostante tutto, sapeva che il mannaro sarebbe venuto da lui e lo avrebbe capito nel modo più umano che esiste. Era la sua stabilità la presenza costante del lupo, un punto a cui riferirsi quando era più confuso.
Derek era in piedi sulla soglia della porta, con la mano sulla maniglia e l’orrore sul volto.
Stiles non riuscì nemmeno a pensare al perché di quell’espressione, gli importava soltanto di averlo lì a qualche passo di distanza. Così si alzò di fretta dal letto e fece per corrergli incontro, ma la velocità di Derek lo paralizzò: in un secondo era balzato indietro ed ora c’era molto più di qualche passo a dividerli.
“Derek, ma che ti prende?” domandò con voce sommessa Stiles, metà sconcertato per quell’improvvisa ostilità del lupo e metà imbarazzato per la paura di essere rifiutato.
Ma l’unica cosa che il viso di Derek esprimeva ora era… rabbia.
Stiles provò a fare un piccolo passo verso di lui, ma le sue parole lo bloccarono ancora una volta.
“Non ti avvicinare mostro!” gridò.
Mostro? Perché Derek gli diceva quelle cose? Perché lo chiamava in quel modo, dopo che aveva più volte detto che non lo considerava tale?
“Derek, sono io… Stiles…” disse cominciando a piangere.
Da quando si erano incontrati per la prima volta, Derek non lo aveva mai guardato in quel modo, con disgusto e ferocia. Vedere i suoi occhi guardarlo così provocò un miscuglio di emozioni dentro di lui e le lacrime scesero veloci e impossibili da fermare mentre tutto il suo corpo tremava. Derek era la sua ancora, l’unica persona che non lo avrebbe mai giudicato per ciò che aveva fatto… o almeno lo credeva.
“No, tu non sei Stiles. Stiles non esiste più.”
“Non capisco Derek.”
“Non c’è niente da capire. Tu sei solo un mostro, sei il mostro che ha ucciso Stiles.”
“Derek, io non sono il Nogitsune, ti prego devi credermi…”
“Nogitsune? Non mi riferisco al Nogitsune!”
Stiles lo guardò incerto. Per un momento pensò di essere tornato a quando era ancora posseduto dal Nogitsune e tutti incolpavano questo per ciò che faceva Stiles.
“Io mi riferisco a te. Al … nuovo Stiles! Non sei neanche degno di portare il suo nome. Mi riferisco allo Stiles che ha ucciso senza pietà e che ha provato sete di morte e che è stato il responsabile della morte di Allison e del dolore del branco. E non ha niente a che fare con il Nogitsune, ma solo con te!”
Era ciò di cui aveva sempre avuto paura: sentirsi dire che il Nogitsune e il sé stesso posseduto dal Nogitsune erano due persone diverse. Finché nessuno lo diceva, poteva anche far finta di credere di essere lo stesso Stiles di sempre. Ma ora che Derek, che proprio la persona che amava, gli diceva la verità non poteva che ammetterlo. Era un mostro. Lui aveva ucciso Allison. Non il Nogitsune, lui. Derek aveva ragione… era colpa sua… dello Stiles non posseduto… di quello che era ancora…
“Hai visto Stiles? Nessuno più crede alla tua splendida innocenza.” Il Nogitsune era in fondo alla stanza, proprio vicino al divano sul quale lui e Derek avevano passato alcuni dei loro momenti migliori.
“Tu che diavolo ci fai qui?!” Stiles era incredulo. Se c’era anche lui, voleva dire che non era la realtà quella, giusto? Il Nogitsune non esisteva più, ma lui e Derek sì.
“Sono sempre stato qui.”
“Questo non è… reale, vero?”
“Non ne sarei così sicuro, ragazzino. Non hai mai pensato che è la tua felice realtà con Derek ad essere una bugia?”
“Oh andiamo, non siamo mica in Inception*!”
“Non tentare di sfuggire da ciò che ti sto rivelando. Qui si tratta di ciò che scegli di credere, si tratta del Derek che vuoi far esistere” e con un cenno indicò l’uomo che se ne stava fermo a guardarlo come prima.
Stiles inghiottì.
“Questo non è il vero Derek.”
“Sì, giusto. Ma questo non vuol dire che il vero Derek non pensi lo stesso di te.”
“Me lo avrebbe detto.”
“Derek? Sei sicuro che ti dica tutto?”
E prima di poter dire qualsiasi altra cosa, le pareti del loft di Derek crollarono, trasportandosi il lupo e il Nogitsune e lasciando Stiles in un buio totale che lo fece tornare a piangere e a urlare.
Finalmente si svegliò e scattò a sedere sul letto. Sentiva le lacrime continuare a scendere sul collo, gli occhi che gli bruciavano e il cuore a mille. Non voleva alzare lo sguardo verso il lupo perché aveva paura di trovarsi ad essere fissato di nuovo dal Derek cattivo e disgustato del suo incubo.
“Diavolo Stiles, guardami!” disse frustrato Derek che gli prese il mento con due dita e lo alzò all’altezza del suo viso.
 Derek lo guardava preoccupato. Non aveva niente a che fare con il Derek di prima: questo gli rivolgeva uno sguardo dolce e comprensivo.
Stiles gli si buttò addosso prima di poter dire altro, continuando a piangere sulla maglietta che portava. Questa volta il lupo non ebbe esitazione e lo strinse subito a sé, come se volesse far capire al ragazzino che qualunque cosa era successa quella notte nel suo incubo, lui c’era. Le sue braccia non lo avrebbero lasciato.
Derek lo stringeva così forte e Stiles si aggrappò così disperatamente a lui che ormai non c’era più distanza fra i loro corpi. Erano così vicini che l’umano provava dolore al petto, ma non gli importava perché Derek era lì ed era il vero Derek. E la loro realtà era quella.
Stiles si staccò delicatamente per poggiare la sua fronte su quella del maggiore che lo guardava aspettando.
“Derek, sono… sono un mostro?”
“Come ti viene in mente, Stiles? Certo che no! Tu sei davvero una brava persona e ciò che ti è successo… che è successo a tutti noi, non ha niente a che vedere con la persona che sei.”
Stiles appoggiò le braccia sulle sue spalle e con una mano gli accarezzò la nuca, mentre quella di Derek andava su e giù sulla schiena cercando di rassicurarlo da qualcosa che neanche sapeva.
“Derek non te ne andare. Resta con me stanotte.”
“Sì” rispose d’istinto il lupo.
Si misero entrambi alla base del letto: Stiles con la testa sul petto del lupo mannaro e il braccio intorno alla sua vita, e Derek che accarezzava i capelli del ragazzino cercando di capire quanto era appena avvenuto. In meno di cinque minuti Stiles si addormentò e Derek li coprì entrambi con il lenzuolo.


Quando la mattina seguente si svegliò, Derek non era più nel letto e lo spazio accanto a lui era vuoto e freddo. Si guardò intorno ancora un po’ frastornato e dopo aver appurato che non era stato altro che l’ennesimo orribile sogno, decise di alzarsi e andare dovunque fosse l’altro. Voleva parlargli, voleva dargli una spiegazione e voleva riceverne una. O forse voleva solo vederlo.
La porta della stanza da letto era socchiusa ma riusciva comunque a sentire la voce di Derek dal soggiorno. Stava parlando, probabilmente a telefono.
Stiles andò verso la porta e fece per aprirla, quando sentì che l’argomento della conversazione che Derek stava avendo era lui.
“Sì, è nella camera, sta dormendo… Dio, non vedo l’ora che sia tutto finito e che Stiles se ne sia andato per sempre da qui. È una fortuna che sia l’ultimo giorno: non credo che sarei riuscito a sopportare lui… a sopportare tutto questo ancora.”
Quelle parole per Stiles furono come acqua gelata. Esattamente come nell’incubo si sentì all’improvviso paralizzato sul posto, senza via di fuga. Senza la possibilità di un dubbio, di un minimo dubbio: di star sognando. No, era sveglio. Era sveglio e quello che stava parlando era il Derek reale.
Corse in bagno, alzò il viso e guardandosi allo specchio cominciò a piangere.
Immaginava di veder comparire il Nogitsune in un angolo dello specchio da un momento all’altro mentre rideva di lui e della sua ingenuità, ma c’era solo lui a guardare un sé stesso distrutto perché non era un sogno quello. Realizzò che ciò che gli aveva detto quell’essere era vero.
‘Questo non vuol dire che il vero Derek non pensi lo stesso di te’.
Dopo tutte quelle attenzioni, quegli sguardi, aveva addirittura pensato che Derek potesse apprezzarlo… forse amarlo. Ma Derek non lo avrebbe mai fatto perché non era cambiato: era la stessa persona di prima e Stiles non poteva mica fargliene una colpa.
Tutta la collera che provava nei confronti del mannaro sparì all’improvviso. Ora provava solo una profonda indignazione verso sé stesso. Non era colpa di Derek se era così deluso, ma colpa sua perché era stato lui ad illudersi che ci fosse qualcosa fra loro.
E per Stiles c’era davvero qualcosa fra loro. Ma per Derek no.
Ormai che differenza faceva? Insomma, sognare ed essere accusato da coloro che amava di essere un mostro oppure essere sveglio e scoprire di essere indesiderato, non era lo stesso? Non c’era più alcun bisogno di dividere ciò che accadeva davvero e ciò che era solo nella sua mente. Come era un mostro nel sogno, lo era anche nella realtà.
Non esisteva più realtà per Stiles perché non esisteva un Derek che lo amasse.
Voleva soltanto andarsene da lui e dal loft. Anche lui era contento che fosse l’ultimo giorno: almeno non avrebbe dovuto fingere di non provare delusione guardando una persona che aveva ammesso –segretamente– di odiarlo. Forse avrebbe dovuto odiarlo a sua volta, gridargli che poteva benissimo dirgli in faccia ciò che pensava di lui ma era troppo stanco ed amava troppo Derek per fargliene una colpa.
Così si vestì senza badarci e cominciò a prendere le sue cose e a metterle nel borsone.
Di sicuro Derek aveva capito che era sveglio ma non voleva disturbarlo.
Si presentò davanti al lupo a testa bassa, già pronto ad andarsene.
“Ciao Stiles” disse ma il suo sorriso scomparve subito quando vide cosa aveva in mano l’umano. “Ma che fai?”
Finalmente Stiles alzò gli occhi e non gli importò di mostrarsi ferito, di far vedere gli occhi arrossati e la tristezza che emanava. Non gli importò perché era davvero stanco.
“Me ne vado.”
“Cosa? No! Per… perché te ne vai?”
‘Perché tu mi odi e so che non mi vorresti vedere mai più, quindi non fingere di essere dispiaciuto!’
“Perché papà torna domani mattina e io voglio passare a casa almeno un giorno prima che torni… ecco perché me ne vado.”
“Se vuoi ti porto io più tardi.”
“No, voglio andarmene ora. Mi manca casa.”
Derek fece un lungo respiro prima di parlare.
“Ascolta Stiles, sento la tua tristezza, quindi vuoi dirmi che diavolo succede?”
“Non voglio parlarne con te.”
“E perché mai? Abbiamo parlato di tutto in questi giorni.”
“Già, lo credevo anch’io.”
Lo sguardo di Derek era sconvolto e ferito: non riusciva a capire le parole del ragazzino. Fino al giorno prima andava tutto bene (Stiles gli aveva addirittura chiesto di dormire con lui) ed ora era così freddo e distaccato nei suoi confronti.
“Stiles, non te ne andare così. Parliamone ti pre…” ma non completò la frase perché Stiles era già uscito dal loft sbattendo la porta.


Derek si sentiva solo, svuotato. Non credeva che si sarebbe dovuto abituare alla mancanza del ragazzino così presto, ma le cose erano precipitate e adesso Stiles non c’era più. Si sentiva da morire la sua mancanza: il loft di nuovo silenzioso, vuoto e freddo… Derek sapeva che prima o poi avrebbe dovuto riabituarsi alla sua vecchia vita, ma questo era molto peggio di quello che si aspettava. Non riusciva a fare niente, neanche a muoversi e non faceva altro che pensare a Stiles e a tutto ciò che avevano fatto insieme.
Qui è dove si è messo a leggere il libro della mia famiglia. Lì, invece, è dove ha combinato quel disastro con il pranzo. E lì è dove abbiamo giocato con il gioco mio e di Cora.
Aveva condiviso così tanti momenti con Stiles in quei pochi giorni che ormai ogni angolo della casa li aveva visti, complici. E l’unica cosa che Derek avrebbe voluto ancora era rivederlo camminare in quegli angoli e riempire la casa delle sue parole e del suo odore e di tutto ciò che voleva.
Invece Stiles non voleva. Derek aveva capito che c’era qualcosa che non andava quando gli aveva detto che voleva andare a casa. Sembrava… ferito? Ma da chi? Lui non aveva fatto nulla, eppure Stiles sembrava ferito da lui. Il lupo continuava a chiedersi cosa era successo dalla notte –durante cui avevano anche dormito insieme– e la mattina, cosa gli aveva fatto cambiare idea su di lui così velocemente? Dove aveva sbagliato? Si sentiva in colpa e non capiva il motivo: era terribile. Non riusciva a concentrarsi su niente che non fosse quel ragazzino iperattivo. Cosa stava facendo ora? Era arrabbiato, deluso, triste oppure aveva già superato la cosa ed ora era felice?
Derek avrebbe voluto mettere in chiaro ciò che provava per lui, ma a causa della sua codardia aveva continuato a rimandare, dicendo a sé stesso che non c’era niente fra loro. E adesso lo aveva perso. Aveva perso Stiles e non riusciva a capirne il motivo.
Decise di chiamare Scott. Se Stiles ce l’aveva con lui non avrebbe allontanato anche il suo migliore amico, e poi qualcuno doveva controllarlo.
“Scott, sono Derek.”
‘Ehi, ciao amico. Come va con Stiles?’
“Ecco, ti volevo dire che Stiles se ne è tornato a casa. Non… non si trova più da me.”
‘Cosa? Ma lo sceriffo torna domani!’
“Sì, lo so, ma lui ha detto che voleva passare un giorno a casa. Senti, non è che puoi controllare come sta? È che non stava bene quando se ne è andato e non capisco cosa è successo.”
‘Hm, va bene. Lo tengo d’occhio io. Sicuro che non vuoi venire con me?’
“Non credo che Stiles voglia vedermi.”
‘Ok, allora.’
“Scott, puoi farmi un favore? Puoi dirgli una cosa da parte mia?”
‘Certo, cosa?’
“Digli che qualsiasi cosa è successo io sono disposto a parlarne, voglio parlarne. Non voglio che finisca così tra noi…”
‘Glielo dirò.’
“Grazie Scott, ciao.”
‘Ciao.’


Mezz’ora dopo il messicano si trovava alla porta del suo migliore amico.
“Stiles, vuoi aprire?” stava gridando da minuti ed era anche sicuro che l’altro lo aveva sentito ma non aveva intenzione di farlo entrare quindi non restò altra scelta se non quella di entrare dalla finestra.
Ed infatti Stiles era lì: disteso sul letto che piangeva.
“Diavolo! Che è successo Stiles, perché piangi?” chiese avvicinandosi subito al letto ed accarezzandogli i capelli.
“È tutta colpa di Derek, lo odio.”
“Cosa ti ha fatto?” chiese Scott dubbioso. Non capiva cosa era successo tra loro da averli portati ad allontanarsi bruscamente.
“Mi odia. Lui mi odia e mi diceva il contrario, e io gli credevo. Ed ora anche io lo odio: come posso non odiare una persona che mi odia?” scoppiò Stiles continuando a piangere. Come Derek, anche lui pensava continuamente all’altro e a come doveva sentirsi bene ora che si era liberato di lui. Non poteva immaginare che il lupo si sentiva esattamente come lui.
“Derek ti odia?” ripeté Scott perplesso.
“Sì, mi odia. MI ODIA. Perché ti sembra così impossibile? In fondo Derek mi ha sempre odiato” urlò e sprofondò il viso nel cuscino per evitare di gridarlo a squarciagola.
“Ma Stiles, Derek mi ha chiamato poco fa e…”
Il ragazzino si alzò di colpo, stupito da quella dichiarazione; si asciugò velocemente le lacrime. “E cosa ha detto?”
“Mi ha detto di controllarti perché eri tornato qui…”
“Tanto che gli importa!”
“Puoi lasciarmi finire?” chiese il mannaro che davvero amava l’amico ma, parlando con lui, certe volte la sua pazienza veniva messa a dura prova. “Mi ha detto di dirti anche che lui vuole parlare con te perché non vuole far finire così le cose fra voi.”
“Con che coraggio, eh?! Lui rovina tutto e poi vuole anche parlare? No, assolutamente no, non voglio neanche vederlo! Pensa delle cose orribili di me, come posso far finta di niente? E pensare che sono anche innamorato di lui… anzi no, ora non più: io lo odio per…”
“Aspetta, hai detto che sei innamorato di lui?” chiese Scott aprendosi in un sorriso.
Stiles lo guardò con disappunto e aggiunse “Sei peggio di Lydia.”
“È fantastico Stiles.”
“Si può sapere perché lo pensate tutti? Non è fantastico, è una tragedia!”
L’entusiasmo degli altri lo faceva sentire esasperato. Non riusciva a capire cosa ci trovassero di così fantastico in un amore non ricambiato.
“Ascolta Stiles, io credo che anche Derek sia innamorato di te: non l’ho mai visto comportarsi con nessuno così negli ultimi anni se non con te. Ed è una cosa incredibile perché sei riuscito a renderlo felice.”
“Non è vero.”
“Invece sì! Fidati di me, ho sentito cosa provava.”
“Beh tu fidati di me, i sensi possono sbagliare ma le parole no. Ha chiaramente detto che non vedeva l’ora che me ne andassi perché non riusciva più a sopportarmi.”
“Allora perché adesso è preoccupato per te?” chiese Scott che non riusciva ad arrivare a una spiegazione logica in tutta quella faccenda.
Stiles ci pensò un poco. “Non lo so, Scott. È tutto confuso e io non sto capendo più niente” disse sconfortato.
Anche lui aveva visto più volte Derek sorridere grazie a lui, ma le parole di quella mattina avevano cancellato tutto. Era difficile credere che fossero la stessa persona, quella che lo abbracciava la notte e quella che lo voleva lontano da lui, ma era così. Forse Derek era soltanto bravo a fingere… talmente bravo che, per un momento, Stiles aveva addirittura creduto che provasse qualcosa per lui.
Restò a lungo abbracciato con il migliore amico, fino a quando gli disse di voler restare solo e Scott se ne andò senza obiettare perché sapeva che era la cosa migliore da fare.
Appena solo, Stiles ricominciò a piangere ma in silenzio, quasi si vergognasse di farlo.


Erano le 21. Non era cambiato niente: Stiles era ancora rannicchiato nel suo letto a pensare a Derek. Però aveva smesso di piangere. Guardava quella piccola crepa del muro mentre ripensava a tutti i momenti passati con il lupo in questi giorni che li aveva uniti.
C’era stato il suo primo incubo, quando Derek era ancora inesperto e non capiva cosa stava succedendo. Non sapeva che cosa aspettarsi dal maggiore, ma fu molto meglio di quanto sperava.
Poi c’è stata quella volta in cui, nella Camaro del lupo, si era messo a cantare a squarciagola la canzone degli Smiths ed era rimasto sorpreso che Derek la conoscesse. Lo aveva spronato a cantarla ma l’altro non aveva ceduto e così non lo aveva sentito cantare. Peccato, avrebbe voluto.
Ricordava anche il momento in cui gli aveva detto la verità sugli incubi e Derek si era mostrato comprensivo, persino disposto ad aiutarlo (come ha fatto in seguito).
Pensò sorridendo anche a quando Derek aveva accettato di portarlo con sé nel bosco per farlo allenare ed era stato un vero insuccesso perché Stiles era negato e questo lo sapevano entrambi. Il giorno dopo fu anche peggio, con Stiles che si vantava di essere riuscito a tirargli un cazzotto e Derek che non capiva perché si esaltava così tanto.
E quella volta in cui Stiles rovesciò il pranzo a terra e si rifiutò di parlare? Ricordò anche quella: una delle prima volte in cui Derek si mostrò gentile. Non lo sgridò, anzi capì perfettamente che il ragazzino si sentiva stupido e lo rassicurò dicendogli che ‘credeva’ in lui.
Quando Deaton, invece, disse loro che non sapeva come risolvere i suoi incubi, Derek gli mise una mano sulla spalla e, anche se non glielo ha mai detto, Stiles fu davvero grato di quel gesto.
Poi ci fu quando Stiles prese il libro che apparteneva alla famiglia del lupo e Derek gli concesse di leggerlo, permettendogli di conoscere quel piccolo lupo mannaro che era ormai scomparso.
Dio, era così imbarazzato quando gli chiese di dargli una maglietta per dormire perché con il suo odore si calmava; sapeva che il lupo poteva benissimo dire di no e prenderlo in giro per sempre ma quella fu solo l’ennesima volta in cui si mostrava comprensivo e disponibile.
Con la mente, il ragazzino ritornò ai momenti più intimi: Derek che lo accarezza, che lo toccava, che lo abbracciava e lo stringeva forte.
Come poteva aver mentito in quei momenti? Come poteva averlo illuso in quel modo?
Tutta la rabbia che provava per lui ritornò a galla. Non poteva passarla liscia: prima lo faceva sentire bene, capito e amato, e dopo lo insultava? No! Non sarebbe finita così.
Ancora indignato, l’umano prese le chiavi della Jeep e si diresse veloce al loft.


Derek sentì il motore della Jeep anche se era ancora lontana. Sentì lui.
Stiles.
Sì, quello era il suo odore. Derek lo poteva sentire perfettamente, come sentiva anche rabbia e agitazione. Non gli importa. Finalmente Stiles era venuto da lui e avrebbe potuto anche prenderlo a pugni ma lo avrebbe rivisto e questo era importante.
Aveva passato appena un giorno senza di lui e già aveva capito che non ce l’avrebbe fatta a sopportarne altri. Lo voleva rivedere, ne aveva bisogno.
Aprì la porta mentre il ragazzino scendeva dalla Jeep; questo non lo degnò di uno sguardo ed entrò subito nel loft. Nonostante era arrabbiato con quel lupo, non poteva non notare che gli era mancato molto quel posto che per lui era diventato rassicurante (si sentì stupido nel momento in cui lo pensò, dato che lo aveva visto quella stessa mattina).
“Stiles…” sussurrò il lupo, che non poteva credere di aver di nuovo l’umano davanti.
Quando Stiles lo guardò negli occhi lo fece con uno sguardo furioso. Cercava di nascondere la tristezza che stava provando ma il mannaro se ne era accorto di sicuro.
“Oh, ti ricordi ancora di me! Credevo volessi cancellarmi per sempre dalla tua vita!”
Tremava. Voleva parlargli con voce ferma e distaccata ma riusciva solo a guardarlo negli occhi e tremare.
“Perché dici così, Stiles, si può sapere che succede?”
“Dovresti dirmelo tu.”
“No, io non capisco. Sei arrabbiato, questo lo vedo, ma non capisco perché.”
“Sei anche sfacciato, Derek Hale! C’è bisogno di chiedermi perché lo sono? Non sai darti una risposta?”
Derek si zittì per qualche secondo: non sapeva come dirgli che non aveva affatto idea di quello che stava accadendo.
“Stiles, non so di che parli. Ho fatto qualcosa che…”
“Dimmi cosa pensi di me” disse il ragazzo con voce ferma.
“Cosa?”
“Dimmi cosa pensi di me!” gli gridò, senza preoccuparsi di nascondere la sua disperazione.
Ormai erano faccia a faccia. Lui e Derek. Senza bugie e senza inganni.
“Vuoi davvero saperlo?” chiese il lupo.
“Sì. E voglio la verità.”
Derek si passò una mano sul volto, esasperato. “Penso che sei una persona meravigliosa, Stiles. Sei spontaneo e divertente e gentile e…” disse cercando di avvicinarsi al più giovane, ma Stiles indietreggiò.
“Non è vero, smettila!” sputò fuori, mettendo le braccia davanti al corpo, come a volersi difendere da quelle parole.
“Non ci credi?” bisbigliò Derek.
“No. IO TI ODIO DEREK HALE!” gridò.
Stiles finalmente abbassò le braccia e lo guardò. Derek stava indietreggiando a sua volta e sembrava… distrutto. Stiles lo aveva distrutto.
“Ma Stiles… io credevo che… io… noi…” disse quasi piangendo. “Per tutto questo tempo, ho sempre avuto paura di parlare, pensando che le mie parole mi sarebbero state rivoltante contro. Però io credevo che tu eri diverso. Io volevo parlare con te, non avevo paura a farlo perché sapevo che non mi avresti mai tradito, ma ora… questo è peggio di quanto mi aspettassi… da te, poi…”
“Oh, non osare fare la vittima con me! Sei tu che non mi sopporti e che non vedevi l’ora che me ne andassi quindi non mentirmi Derek!”
Il lupo alzò la testa di scatto, sconvolto.
“Stiles, perché pensi una cosa del genere?”
“Non la penso, la so!” disse mentre una lacrima cominciò a scendergli lungo la guancia. “Ti ho sentito stamattina, sai? Eri al telefono con non so chi e dicevi che non riuscivi più a sopportarmi e che volevi che me ne andassi. Ti ho accontentato Derek, cosa vuoi ancora?”
Derek era rimasto a bocca aperta, poi aveva sorriso. Stiles avrebbe voluto ucciderlo in quel momento, come poteva essere felice?
“Dio, Stiles, è per quello che sei arrabbiato?” e si mise a ridere.
“Non ridere Derek” sussurrò il ragazzino continuando a piangere.
“No, Stiles, no” e fece per avvicinarsi, ma l’umano indietreggiò ancora quel poco che poteva. “Lascia che ti spieghi.” Fece un altro passo avanti e questa volta Stiles non si mosse, guardandolo negli occhi.
“Stavo parlando con Cora. È vero, ho detto quelle cose ma non per il motivo che hai pensato. È che… Stiles, in questi giorni, tu sei entrato nella mia vita e non sai quanto l’hai cambiata. All’inizio aveva paura, paura di cambiare ma ora grazie a te ho capito che fa parte di noi ed è normale farlo. Tu mi hai cambiato. Io mi sono avvicinato sempre di più a te e sono diventato una persona migliore, e di questo ti sono grato. Poi stanotte… non dormivo con qualcuno da così tanto tempo e l’idea di averti stretto a me mi faceva sentire così bene che ho avuto di nuovo paura. Paura di affezionarmi a te. E, come uno stupido, ho pensato che la soluzione migliore fosse ritornare a come stavo prima di te ma oggi ho capito che non ci riesco perché tu hai lasciato un segno in me e in questa casa, e non posso e non voglio dimenticarlo. Ho fatto un errore, lo so, mi dispiace… ma ti sto chiedendo di perdonarmi. Non riesco neanche a pensare a una vita senza di te perché… sono innamorato di te, Stiles Stilinski. Dimmi che non l’ho capito troppo tardi.”
Stiles era sgomento. Non aveva mai visto Derek così sincero ed aperto da quando lo conosceva, ed ora lo aveva fatto per lui, perché… era innamorato di lui.
“Tu sei…?”
“Sì, Stiles: sono innamorato di te” disse, mostrando un mezzo sorriso.
Lo aveva detto. Lo aveva finalmente detto e non se ne pentiva affatto: si sentiva meglio, si sentiva libero. Qualunque sarebbe stata la risposta di Stiles, lui aveva detto la verità ed ammetterlo ad alta voce era già una grande vittoria per lui.
“Sei… sicuro?” stava dicendo Stiles, che aveva smesso di piangere e si era asciugato il volto bagnato. “Non stai mentendo, vero?”
“Vuoi che chiami Cora per confermartelo?”
“No, solo… non posso crederci. Sei un idiota Derek Hale! Anch’io sono innamorato di te!”
Sorrise in quel modo che Derek amava, quel genere di sorriso che mostrava quando per un attimo si dimenticava di tutti i problemi e si concentrava su una cosa bella della sua vita… in quel momento lui.
Stiles gli corse incontro e gli buttò le braccia al collo. Si scontrarono ma non importava perché avevano aspettato così tanto di amarsi liberamente che non riuscivano a fermarsi. Stavolta il mannaro non ebbe nessuna esitazione: Stiles era lì, davanti a lui, e gli aveva detto di amarlo. Aveva finalmente trovato la persona giusta, quella di cui avrebbe potuto sempre fidarsi. E mentre lo pensava, gli strinse le braccia intorno ai fianchi per attirarlo ancora più vicino, fino a quando non ci fu spazio fra i loro corpi. Derek riscoprì quanto era caldo quel corpo vicino al suo e quanto era invitante. Anche Stiles pensò lo stesso perché sciolse le braccia e lo guardò intensamente. Voleva chiedergli cosa stava per accadere, ma in un momento come quello non servivano parole. Così si limitò a respirargli contro e a guardarlo, per avere conferme. Quando capirono che entrambi volevano la stessa cosa, smisero di resistersi e unirono le loro labbra.
Stiles non era esperto ed aveva paura di sbagliare, di mostrarsi incapace. Derek lo sapeva e guidò il bacio, leccandogli e mordendogli il labbro più volte.
Sapeva che Stiles apprezzava perché ogni volta un gemito lasciava le sue labbra.
Derek non si sarebbe controllato a lungo.
E quando Stiles gemette dentro la sua bocca, il lupo gli afferrò il sedere e lo spinse verso il suo bacino. Sentì l’eccitazione di Stiles diventare sempre più evidente.
Si staccò dalle sue labbra solo per un attimo.
“Forse è meglio se andiamo di là” sussurrò sorridendo.
Stiles riuscì solo ad annuire, ormai perso nelle labbra di Derek e nel suo corpo.
Fu una cosa dolce. Stiles si affidò completamente al lupo e non ebbe più vergogna di mostrarsi per come era. Era merito di Derek che lo faceva sentire… al sicuro. E lì, in quel letto, intrappolato contro il suo corpo, era davvero al sicuro.


Quando Stiles si svegliò quella mattina, percepì subito il corpo dell’altro unito al suo. Sbatté le palpebre più volte per assicurarsi di averlo davvero vicino ed era così. Derek era accanto a lui che lo guardava.
“Buongiorno” bisbigliò, dandogli un bacio.
Stiles sorrise semplicemente. Si sentiva completo, si sentiva vivo con lui vicino. Potente quasi.
Derek si abbassò a dargli un altro bacio e un altro ancora, e così continuarono fino a quando il cellulare di Stiles prese a squillare.
“Merda, che ore sono?” gridò il più piccolo e si alzò andando in cerca del cellulare negli angoli della stanza.
“Le 11” rispose Derek che invece si godeva in corpo nudo del ragazzino dal letto.
“Derek, mi dai una mano a cercarlo o no?!”
 In realtà era soltanto imbarazzato che l’altro lo guardasse direttamente. Sì, lo aveva visto nudo quella notte ma adesso era giorno e l’eccitazione del giorno prima era scomparsa. Sarebbe risultato ancora bello agli occhi del lupo?
“Credi davvero che mi alzerò invece che stare qui a guardare quel bel sedere morbido che hai?”
Evidentemente sì.
Finalmente trovò il cellulare.
“Papà, ciao… dove sto? Da Scott, ovviamente! Sai abbiamo passato una notte insieme… ah, Scott è lì?” borbottò ignorando Derek che sghignazzava. “Perché io ho detto Scott? No, hai capito male. Ho detto Todd! Todd, quel mio amico di scuola… beh, tu non lo conosci ma Todd esiste… va bene, papà, perché non ne parliamo a casa? ... ok, ciao!”
Quando Stiles si girò verso Derek lo trovò che rideva ancora.
“Cosa ridi, Sourwolf?” e gli tirò un cuscino addosso che Derek prontamente schivò.
“No, è solo che hai inventato tante scuse per non dire che eri con me.”
“Dovevo dirlo?”
“Non lo so” rispose con sincerità.
“È che non so se tu volevi…”
“Va bene Stiles” lo rassicurò. “Devi andare adesso?”
“Naah, non c’è nessuna fretta” proferì sistemandosi tra le gambe del più grande e cominciando a stuzzicargli il labbro inferiore.
“Allora, Stiles Stilinski, mi dica: com’è stato stanotte per lei?”
“Non so, nella norma direi. Sono uno con gusti raffinati, io. Ma d’altronde, non è che io abbia mai passato queste notti meravigliose…”
Il volto di Derek si illuminò all’improvviso.
“Stiles!” urlò.
Stiles non capiva il perché di tutto quell’entusiasmo improvviso, dato che lo stava anche prendendo in giro.
“Stiles, i tuoi incubi! Stanotte non è successo niente, non hai avuto incubi!”
All’inizio fu sorpreso di quelle parole, poi realizzò cosa significavano. Il viso del ragazzino esprimeva tante emozioni diverse in quel momento ma ce n’era una che prevaleva su tutte ed era la gioia. Quindi scoppiò a piangere e stritolò Derek in un altro dei loro abbracci.
“Non ci posso credere, sono passati! Non ho più gli incubi!” sussurrò. Poi, prendendo il viso di Derek tra le mani, continuò. “Tu hai detto di essere innamorato di me, stanotte è la stata la mia prima volta ed ora gli incubi sono spariti: è… meraviglioso!”
Derek ritornò a stringerlo. Avrebbe dovuto dirgli qualcosa come ‘non illuderti, magari è stato solo per stanotte’ ma che senso avrebbe avuto quando il sorriso di Stiles era abbastanza per tutto?
Rimasero ad abbracciarsi per un tempi indefinito, con uno Stiles sorridente poggiato sul petto del maggiore.
“Ok, ora devo andare” disse staccandosi. Pescò i jeans dal pavimento e li infilò velocemente; poi si girò e, con imbarazzo, chiese “Vuoi accompagnarmi?”
Derek sorrise. “Sì.”

Fu così che si ritrovarono nella Camaro di Derek verso casa Stilinski.
Il viaggio proseguì abbastanza tranquillo (forse perché il ragazzino stava ancora cercando di realizzare che non avrebbe avuto più incubi), poi Stiles accese la radio e impazzì.
“NON POSSO CREDERCI DEREK, TE LA RICORDI?” e lanciò delle grida di gioia.
“Certo che me la ricordo. La canzone degli Smiths… la nostra canzone” aggiunse cercando il suo sguardo. “Derek, la canteresti per me? Ti prego, ti prego, ti prego!”
“Ti ho già detto che non canterò davanti a te.”
“Ma è un’ingiustizia! Non vuoi che mi vergogni di mostrarmi nudo davanti a te e poi non vuoi cantarmi una canzone?”
“Ok, ok. Ma so già che me ne pentirò” disse rassegnato, cominciando a cantare. “And if a double-decker bus… crashes into us… to die by your side is such a heavenly way to die! ...And if a ten-ton truck… kills the both of us… to die by your side, well, the pleasure, the privilege is mine!” **
“Dio Derek, sei così stonato!” esclamò ridendo. “Ma anche adorabile” si affrettò ad aggiungere per non farlo arrabbiare e gli schioccò un bacio sulla guancia.
Ma Derek non si sarebbe arrabbiato. Con Stiles che sorrideva in quel modo non poteva arrabbiarsi.
“Lo sai che sarebbe un privilegio morire accanto a te, Derek Hale?”
“Sarebbe un modo stupendo di morire, Stiles Stilinski.”


Lo sceriffo li aspettava fuori la porta.
“Oh, eccoti Stiles” disse avvicinandosi al figlio e stringendolo in un caldo abbraccio.
Stiles era così contento: gli era mancato il padre ed averlo di nuovo accanto, dopo ciò che era successo in quella settimana, era bellissimo.
“Hale” disse guardando il lupo che se ne stava indietro, a disagio.
“Hm, papà è una storia lunga…”
“Ed io sono appena tornato quindi ho tutto il tempo di sentirla” rispose con un sorrisetto beffardo.
Entrati in casa, Stiles raccontò cosa gli era successo in quella settimana in cui il padre non c’era stato. Gli raccontò di come aveva affrontato gli incubi con Derek, di come si erano avvicinati, e poi, alla fine, aveva sganciato la bomba.
“Quindi non hai più gli incubi?” ripeté John per la terza volta. Era abbastanza sconvolto: aveva lasciato il figlio con quei maledetti incubi che erano più forti che mai ed ora Stiles era raggiante e gli diceva che non ne aveva più. Almeno credo, aveva aggiunto senza dar segno di voler smettere di sorridere.
“Vieni qui” bisbigliò e, proprio mentre padre e figlio si abbracciavano, che il cellulare di Derek squillò.
“Derek, sono Deaton.”
“Ciao Deaton.”
“Volevo dirti che c’è un mio conoscente che potrebbe fare qualcosa per gli incubi di Stiles.”
“Oh, non credo che ce ne sia più bisogno. Diciamo che… abbiamo trovato una soluzione alternativa.”
“Davvero, quale?”
“Credo che sia…l’amore la soluzione.”


Derek li guardava abbracciati dall’angolo della cucina. Poi John lo notò e lo invitò ad unirsi a loro. Fu così che si ritrovarono stretti tutti e tre e Derek, al quale aveva sempre dato fastidio il contatto fisico, si sentì bene… si sentì di famiglia.
Avrebbe passato quel giorno con Stiles e con il padre. E forse anche il giorno dopo. E forse anche tutta la vita.

 

 

 

 

 


NOTE: *Inception è un film di Christopher Nolan con protagonista Leonardo DiCaprio e niente: è strano ma bellissimo e non appena ho scritto la frase che pronuncia il Nogitsune ho pensato ad Inception. La domanda è: è stata la frase a creare l’idea di aggiungere il film o è stata l’idea di aggiungere il film a creare la frase? Non credo lo scoprirò mai…
**La canzone che cantano in auto è la stessa del primo giorno, ovvero “There is a light that never goes out” degli Smiths; mi sembrava un’idea carina metterla, anche come simbolo del primo e dell’ultimo giorno (e perchè è bellissima e la amo ma questa è un'altra storia).

Ebbene sì, ecco la conclusione *comincia a piangere*. Innanzitutto volevo ringraziare di cuore chi ha aggiunto questa storia fra le seguite, le preferite o le ricordate, chi ha recensito ed anche chi ha letto da estraneo (come facevo io agli inizi!). Detto questo, parliamo un attimo del capitolo.
Questo capitolo è molto più lungo dei precedenti (quasi il doppio) ma non mi sembrava il caso di dividerlo, anche perché succede tutto molto velocemente ed in un giorno solo.
La scena del loro bacio è pessima, ne sono consapevole, ma sono una vera frana con i momenti particolarmente romantici/passionali… in mia discolpa posso dire che sto cercando di migliorare e spero vivamente di riuscirci.
Sono così triste all’idea di dover abbandonare questa fanfiction, che tra l’altro è la mia prima a capitoli (dovrò cliccare su ‘completa’ per la prima volta)! Da un lato c’è la libertà di poter pubblicare magari one-shot, ma dall’altro c’è la tristezza nel non avere più quell’impegno di aggiornare e scrivere questa storia.
Come sempre sarei felicissima di leggere una vostra recensione –ed anche consigli su come scrivere parti più… passionali e fisiche (?)– quindi, se volete, non esitate a farmi sapere cosa ne pensate.
Tolto il fardello delle due settimane, posso solo dire che ci rivedremo in altre storie, nelle mie e nelle vostre. Ciao!

   
 
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