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Autore: Julia_Fred Weasley    10/09/2016    8 recensioni
Un'intera storia che dividerò in piccoli capitoli, ecco un estratto:
- Sei strana, Granger. – constatò, dopo una attenta analisi alla sua figura. Non si permise di farle notare le sue lacrime ancora così evidenti sul viso [...].
- Lo sono sempre per te. – rispose quasi con disprezzo. [...]
- No, Granger, non lo sei mai stata. Ma lo sei ora, in questo periodo. Cos’hai?
Spero piaccia :)
Julia.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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L’amore ha solo un Fiore.

2

 
Può crescere dal nulla
E sbocciare in un secondo
Può bastare un solo sguardo
Per capirti fino in fondo

 
 
Quella casa si poteva definire letteralmente inquietante, era così spoglia e così priva di vita che ti veniva tristezza solo a guardarla. Così oscura, sembrava ad un tratto che vivesse di vita propria, mentre ad altri in assoluta contemplazione delle persone che ci vivevano all’interno.

Quella casa, in poche parole, faceva paura. Fred neanche poteva immaginarsi come Sirius ci sia vissuto lì. Si rigirava e rigirava nel letto, cercando la posizione giusta per dormire. Ma sapeva lui stesso che non l’avrebbe trovata. Quando non riusciva a dormire la sua insonnia era testarda come il proprietario e il russare di suo fratello non era d’aiuto.

Si tamburellava le dita sul ventre, a sfiorare le costole che leggermente sporgevano dal suo corpo per la posizione sdraiata. Mentre l’altro braccio era sotto il cuscino a mantenergli la testa. Guardava con assoluta contemplazione il soffitto ammuffito e pieno di rumori di cui non sapeva neanche definire la provenienza. Erano inquietanti come tutto lì dentro. Assorto da quella inerzia involontaria di guardare il soffitto, aspettando che lo venisse a prendere il sonno o che miracolosamente sarebbe successo qualcosa di tanto sorprendente da non prestare il proprio tempo a cose inutili come dormire, sospirò.

Un leggero nervosismo cominciò a bussare alla porta delle sue sensazioni, con gesti snervanti rannicchiò le dita e si alzò dal letto, si stropicciò gli occhi e si diede una veloce spazzolata ai capelli dietro la nuca, appiattiti dal suo peso contro il cuscino. Sbadigliò, trovando patetico quel gesto involontario dato che non riusciva a dormire. Provò a fare qualcosa che gli riuscisse meglio, perdere tempo, perciò si mise le pantofole e scese al piano di sotto. Nel tragitto tra il letto e la porta provò a non calpestare qualche cianfrusaglia che potesse fargli perdere un alluce del piede e subito si ritrovò nel corridoio del secondo piano.

Era ancora illuminato da quella fievole luce morente che sembrava padroneggiare quella casa. Mise un piede dopo l’altro senza accorgersene che già era arrivato alle scale, non vedeva l’ora che quella nottata passasse in fretta, a volte era così noioso dormire. Le teste degli elfi appese al muro, gli suscitarono solo apatia. Nonostante l'atmosfera macabra, l’insonnia lo rendeva quasi indifferente a qualsiasi cosa che potesse far paura nel cuore della notte. Ma in fondo non era quel che si potesse definire un fifone.

Scese l’ultimo gradino come se si scocciasse di fare qualsiasi movimento e pensò a qualcosa da fare. Neanche si premette le meningi, senza suo fratello non c’era molto da fare nel cuore della notte, che sentì dei strani squittii intorno a lui, provenivano da qualche parte ne era certo altrimenti quei suoni non potevano neanche sentirsi. Decise quindi di dedicare la sua nottata alla ricerca di quello strano rumore. Mise un piede dietro l’altro, cauto, cercando di non farsi sentire, piegò leggermente la testa, quel movimento gli risaltò la mascella, credendo che in quel modo il suono potesse sentirsi meglio alle sue orecchie.

Si avvicinò alla cucina, dove quello squittio ora sembrava decisamente più vicino e distinto. Non erano dei veri e proprio squittii, ma qualcosa che si avvicinava più all’umano. Come dei versi. Ma ancora non sapeva ben dire cosa potesse essere. Fece altri brevi passi, un’asse del pavimento cigolò e si maledisse perché quel suono se n’era appena andato. Girò la testa di scatto, forse proprio quella mancanza del suono gli fece capire meglio la provenienza.

Poggiò delicatamente le dita sul pomello della porta, le sue dita affusolate decisero con coraggio di circondare la maniglia e aprire la porta della cucina. I suoi occhi si immersero nel profondo nero della stanza, solo con un po’ di tempo riuscì a distinguere gli oggetti all’interno. La luce della luna non era così di gran aiuto. Ovviamente non si dimenticò di prendere la sua bacchetta, ma non fece neanche in tempo a sussurrare l’incantesimo che questa si librò in aria tra le sue mani. Poteva finalmente appurare che c’era qualcuno lì dentro, e non un essere ma un umano. Come lui aveva presupposto.

- Chi c’è? – sussurrò. Continuava a strizzare gli occhi per vedere qualcosa ma non riusciva a vedere niente. Lei non sapeva se farsi vedere o meno da Fred, soprattutto in quello stato che considerava così esposto. Cercò di stare il più immobile possibile, forse prima o poi se ne sarebbe andato. Di certo non poteva vederlo dietro l’ombra scura della credenza. Ma Hermione non aveva ancora capito che Fred non era così arrendevole. Lui cominciò a fare dei passi, cercando di essere discreto come prima nella sua stanza.
Poggiò la mano sul tavolo così che l’abitudine di passare di lì potesse collocargli nella mente la disposizione dei mobili. Gli sarebbe bastato un movimento di collo per vedere Hermione. Era dietro di lui e lei poteva distinguere perfettamente dalla luce lunare i contorni delle sue spalle larghe coperte dalla maglietta bianca. Forse se si muoveva velocemente poteva svignarsela senza che se ne accorgesse.
Decise così di azzardare un passo in avanti così che potesse camminare scivolando sulla credenza e imboccarsi nella porta. Fred si rivelò pieno di sorprese, come al solito. In pochi secondi si mosse velocemente, chiudendo la porta e prendendo il polso della persona nella stanza portandola al muro. La sua preda era senza via d’uscita, racchiusa tra il muro e il suo corpo. Fred accese l’interruttore della luce vicino alla porta, a pochi centimetri dalla mano di lei e la vide in volto. Un volto straziato, triste, con borse sotto agli occhi e fronte segnata dalla preoccupazione. Si staccò leggermente da lei, sorprendendosi di quella reazione improvvisa.

- Hermione. – pronunciò il suo nome leggermente sorpreso.

- Cosa vuoi? Perché sei qui? – sembrò molto irritata in quelle domande. Con la voce incrinata dal pianto. Le sue gote erano ancora bagnate e gli occhi rossi erano molto evidenti. Fred non sapeva come comportarsi davanti a quella scena, ma le teneva ancora il polso sopra le loro teste.

- Niente… io… non riuscivo a dormire e poi ti ho sentito. – Hermione sembrò tranquillizzarsi dalla sua risposta. Divincolò leggermente il polso così che Fred si accorgesse di tenerla ancora. – Ah si, scusami. Ti ho fatto male?

- Così premuroso… sono sorpresa! – l’ironia della sua voce era così provocatoria. Fred fece un mezzo sorriso mentre osservava Hermione massaggiarsi il polso.

- Sei strana, Granger. – constatò, dopo una attenta analisi alla sua figura. Non si permise di farle notare le sue lacrime ancora così evidenti sul viso, non voleva intromettersi a meno che non fosse lei a permetterlo.

- Lo sono sempre per te. – rispose quasi con disprezzo. Era nervosa e non riusciva a fermare la sua lingua.

- No, Granger, non lo sei mai stata. Ma lo sei ora, in questo periodo. Cos’hai? – non sapeva neanche come in quel momento riuscisse a fare il serio ma improvvisamente era curioso, curioso di qualcuno, interessato.

- E perché dovrei venire a dirlo a te? – riposò il polso e lasciò che il braccio gli cadesse al fianco col pugno chiuso. Anche il suo corpo trasmetteva involontariamente qualcosa che la rendeva difficile da capire.

- Non saprei… stai sempre sulle tue, si capisce che c’è qualcosa. Penso, purtroppo, che non sia io, altrimenti staresti in un altro modo. – Fece un mezzo sorriso e guardò lei asciugarsi il viso in modo lascivo, come se non fosse successo niente. – Uhm… nessuna risposta, dovrei preoccuparmi davvero! – Hermione lo guardò quasi in modo malizioso. La voce canzonatoria di Fred era così cristallina e semplice che era un piacere ascoltarlo anche se ti prendeva in giro.

- Piantala! – rispose in un sospiro mentre alzava gli occhi al cielo. – No… non è niente, ok? – ma Fred sentiva ancora quella voce tremante tra le sue labbra quando si era girata per prendere la bacchetta che gli aveva tolto tra le mani. Si avvicinò per darla a lui con sguardo basso. Fred le prese di nuovo il polso, non poteva accettare quel distacco ora che c’era dentro. Era pur sempre sua amica, e non una qualunque, ci era praticamente vissuto con lei. Hermione trovò in quel tocco qualcosa di strano. Ogni volta che per puro caso Fred la toccava sentiva sempre qualcosa, non sapeva spiegarselo. Era inutile gingillarsi con stupidaggini del genere anche se non poteva negare a se stessa che Fred non era un ragazzo qualunque. – O ti do un ceffone o la pianti di farmi male prendendomi il polso, decidiamo? – si stizzì.

- Ok, d’accordo, scusami! – sbraitò. E finalmente la guardò negli occhi. Con le pupille dilatate e gli occhi ancora provati. Conosceva quella sensazione, quello smarrimento e quella continua ansia che ti mangiava vivo. Non pensava che potesse riscontrare le stesse emozioni in quella ragazza. Era come se l’avesse capita soltanto con uno sguardo. Continuò a guardarla e lei non riuscì a distogliere i suoi occhi. Aveva sempre desiderato vedere Fred più da vicino, i particolari del suo volto che molte volte le era stato negato. Non voleva che i suoi amici o le altre ragazze pensassero qualcosa di ambiguo se la sorprendevano a guardarlo a lungo. Era solo che Fred, era particolare. E a Hermione le cose particolari piacevano. Forse non si sarebbe mai stancata di guardarlo, non era una cosa che volesse di sua spontanea volontà. Era… strano. Non sapeva spiegarsi. – Hai paura. – Fred sussurrò corrucciando le sopracciglia.

- Che cosa? – bisbigliò riprendendosi solo adesso dal suo smarrimento.

- Tu, hai paura. – Hermione apriva e chiudeva le labbra cercando di dire qualcosa, ma era ancora sbigottita, ancora presa dai suoi pensieri, da lui che era così vicino. Non era possibile che quello che stava dicendo Fred fosse vero. Non per lei.

- Cos… ma che stai dicendo? – si allontanò. Gli diede le spalle. Non voleva che la guardasse, non voleva che la vedesse così altrimenti tutto sarebbe stato vero. Ma lei lo sapeva già, anche se non voleva ammetterlo.

- Hermione… - ma lui si avvicinò. Lei non voleva ritornare ai pensieri di poco prima, non voleva pensare ai suoi amici, alla guerra, a Voldemort, a tutto quello! Non voleva pensare! Non voleva essere lì! Voleva andarsene, il più lontano possibile. Sentì di nuovo le lacrime farsi capolino, si allontanò ancora da lui, non voleva che la guardasse. Per lei era difficile accettare la presenza di qualcuno mentre le succedeva. Non riusciva a fermarsi ogni volta che ci pensava. Si sentiva così fragile, inerme, inutile. Tutta quella storia era così enorme… rispetto a lei. Ma non si imparava su un libro come fermare le proprie emozioni. Provò a fare il giro del tavolo, ma lui la seguiva. Era così strana quella situazione… si sentiva troppo a disagio ma quello non sembrava un motivo per fermarsi. – Hermione, fermati! – Ma lei continuava a dargli le spalle, e a camminare. Lui velocizzò il passo per raggiungerla. Le prese ancora il polso.

- Ti prego… smettila… n-non ho paura, ok? Non ne ho, non ne ho, non ne ho, NON HO PAURA! – gridò mentre le sue lacrime sgorgavano copiose sulle sue guance. Fred si immobilizzò davanti a quella scena. Non aveva mai visto Hermione in quello stato. Era strano per lui, era come la caduta di un mito. Lei non aveva mai mostrato le sue emozioni apertamente e vedendo questo vulcano in eruzione fece provare qualcosa di diverso dentro di lui. Anche Fred l’aveva provata, provava la paura ogni volta che vedeva George, non sapeva cosa quella guerra avrebbe portato, ma non riusciva a pensare che sarebbe andato tutto bene. La guardò ancora e non si mosse per pietà o perché era la cosa giusta da fare, ma perché lo voleva.
Ospitò tra le braccia quella minuta figura così coraggiosa e la strinse forte. Lei si sbigottì ma con forza lo strinse a sé, tenendo stretta la sua maglietta bianca tra le dita. Sprofondando nel suo profumo, nelle sue grandi braccia dove si sentì stranamente al sicuro. Sentiva il suo petto alzarsi e abbassarsi insieme a lei, sentiva il suo cuore battere come se potesse uscire fuori all’improvviso. Sentiva la sua mano accarezzarle i capelli e sprofondarci, sentiva il suo mento poggiarsi alla sua testa. Sentiva che c’era qualcuno con lei, che non era sola. Non c’era imbarazzo o desiderio, niente. Solo loro due che si spalleggiavano a vicenda.

- Non ho paura. – la sentì mormorare, convincendosi lei stessa di non aver trafitto con quella scena la sua reputazione.

- Non ne dubito, Granger. Lo so.





Nda:
Salve! :) Finalmente siamo arrivati al secondo capitolo, più lungo questa volta u.u E se state leggendo fin qui, vi ringrazio moltissimo!
Spero non ci siano errori nella suddivisione delle frasi, dato che se non facevo altrimenti, il tutto sembrava una massa compatta di parole. E penso avrebbe confuso molto la linearità della storia.
Comunque, venendo a noi, spero che i personaggi siano ben caratterizzati, e che il tutto non sembri banale :)
Ringrazio le persone che hanno recensito e per tutti i complimenti che mi avete fatto :)
Avevo detto che pubblicavo la storia alle 18:00, ma mi ero dimenticata di quanto fosse antipatico l'html -.- quindi scusate questi minuti di ritardo xD
Detto questo, spero di vedervi nel prossimo capitolo! :)
L'amore Esiste, Francesca Michielin.
A presto,
Julia.
  
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