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Autore: SkyDream    13/09/2016    3 recensioni
A Osaka, per varie notti, si susseguono omicidi sospetti che hanno in comune una cosa sola: un trattino blu sotto la nuca.
E' opera della Blue Spread, una pericolosa banda che sta mettendo a punto una macchina delle torture che usa delle microonde.
Heiji, che ha partecipato alle indagini, viene mandato a Kyoto con la scusa di recuperare delle materie scolastiche e suo padre gli vieta di sentire Kazuha.
Il detective capisce che sono solo misure di sicurezza e non si arrende.
Peccato che il destino abbia piani sadici per lui e la sua amica.
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Heiji Hattori, Kazuha Toyama | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Raccolta storie su Heiji e Kazuha'
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-Blood in my Eyes-
-Sangue-


 
«E’ sveglio?»
«Sembra di si, che facciamo?»
«E’ legato come un salame, non può farci nulla.»
Davanti a te due figure femminili stavano fumando comodamente poggiate al muro. Attorno era tutto di un bianco così luminoso da ferirti gli occhi.
Sentisti il respiro pesante e le idee ancora confuse, ma nonostante ciò lei era un pensiero fisso. Lo urlasti ancora il suo nome, nella mente, senza poter proferire parola.
«Ehi, bel detective, cosa pensavi? Credevi mica che immischiandoti nei nostri affari ne saresti uscito illeso!» Rise sguaiatamente, sulla sigaretta c’era la stampa del rossetto e dalla bocca uscì una nuvola di fumo. Pensasti a Kamai e a come si sarebbe presto insospettito della vostra assenza.
«E’ inutile che cerchi di dimenarti, sei bloccato. E non hai nessuno da salvare.»
Quelle parole ti entrarono in testa, apristi le labbra sentendoti la bocca formicolante come se ti avessero fatto un’anestesia.
Improvvisamente tutto il bianco scomparve, venne sostituito dal buio e il tavolo su cui eri sdraiato si riempì di luci colorate, cercasti di tirarti su ma degli anelli di metallo ti tennero ferramente attaccato. Ti dimenasti, vanamente.
Una scossa ti attraversò la spina dorsale causandoti un dolore così forte da farti spalancare gli occhi, i polmoni bruciarono.
Non riuscisti a dire una parola e un’altra scossa violenta ti pervase le braccia accompagnato da una ventata di dolore acutissimo.
Chiudesti gli occhi e la mente si spense, così come i tuoi sensi.
 
«E’ morto?»
«No, sta bene, ho solo fatto una prova.»
 Sentisti l’aria entrarti e uscirti dai polmoni lentamente come se ti fossi svegliato da un lungo sonno, avevi le mani paralizzate, davanti a te i colori della stanza sembrarono mescolarsi, ti sentisti vuoto.
Avevi la sensazione di aver vomitato, sentivi solo un brivido sulla punta dei piedi, poi sulle ginocchia, infine sugli avambracci.
I tuoi pantaloni e la tua maglietta erano buttati in un angolo della stanza.
«Bell’esperienza, eh Hattori? » Rise una delle donne, i capelli biondi tagliati accuratamente fin sotto il mento, il vestito nero le risaltava le curve, le braccia scoperte erano attraversate da serpenti tatuati.
«Dov’è Kazuha?» Chiedesti sentendo la voce spezzarsi sulle ultime sillabe, eri come spossato e la mente non ragionava lucidamente.
«La tua amichetta? Credo non sia più viva, ma non importa. Se l’esperimento riesce nemmeno tu uscirai di qui. Non con i tuoi piedi almeno.»
L’altra donna, con i capelli rossi intrecciati sulla spalla, si avvicinò e ti poggiò una mano sul viso, aveva gli occhi scuri, quasi neri.
«Quasi mi dispiace per te, ma avevi scoperto troppe cose. Non potevi continuare così.» Si allontanò per poi afferrarti i piedi con decisione
La bionda le passò due pinze larghe che mise sulle caviglie e poi si avvicinò allo schermo.
«Ora tocca a me.»
Un calore forte ti pervase le gambe, sentisti la pelle bruciare come ferita da centinaia di fiamme.
La bionda ti iniettò un liquido all’altezza della mandibola e ti chiese, con voce suadente, di non svenire.
Le labbra si schiusero e sentisti nuovamente il formicolio invaderti la bocca, come anestesia vera.
«Ti spiegheremo il nostro geniale piano, ora che non puoi parlare non potrai interromperci- rise la bionda per poi voltarsi verso la collega- io e lei abbiamo preso i progetti dei precedenti membri della Blue Spread. Abbiamo messo a punto un microchip che viene inserito alla base del collo, da lì le micro onde che vengono emesse da un semplice telecomando riescono a influire sulla mente. Tanto da farle credere di provare dolore» Sorrise al computer al suo fianco.
«La nostra invenzione sarà pagata milioni di miliardi di yen, tutti gli eserciti del mondo ne vorranno uno. Uccidere senza spargimenti di sangue, sotto atroci torture».
La rossa allungò le braccia, gli occhi neri mi guardarono languidi.
«Dimmi se ti fa male» sussurrò con dolcezza.
Poi una scossa ti pervase le gambe fino al bacino, lo sollevasti d’istinto cercando di spostare le mani, ma le manette erano troppo resistenti.
Sentisti le tempie pulsare, gli occhi velarsi di nero e poi la bionda dire «Basta Jophiel, per oggi ha dimostrato abbastanza. Se entro domani sarà ancora vivo, lo uccideremo poco distante dalla stazione».
«Cosa faremo della ragazza?»
«Toyama?»
«Aspetteremo il rapporto di Duth?»
«Speriamo non l’abbia già uccisa, sarebbe un casino. La voglio viva per i miei esperimenti».
E pensasti che Kazuha non avrebbe retto quelle scosse.
Non sarebbe mai sopravvissuta a quelle torture carnali.
Ma non sapevi, Heiji, che lei aveva passato molto peggio.


 
 
 
«Cosa pensi di fare?»
Quella domanda le arrivò alle orecchie ovattata, come sussurrata appena, tremava ancora e non riuscì nemmeno a vedere in faccia colui che l’aveva quasi uccisa.
«Pensavo di sputarti in faccia.» biascicò con poca convinzione, afferrò con mani tremanti  le sue braccia e si avvicinò al suo viso per sputargli altro sangue sugli occhi. Il suo sangue misto alla saliva sul suo viso si confuse con la polvere.
La lasciò cadere per terra, si strofinò il viso e divenne un mostro dal volto rosso acceso.
Cercò di sollevarti, ma appena le arrivò un calcio sullo stomaco ecco che rovinò in ginocchio. Dei suoi vestiti non era rimasto più nulla. Giurò a se stessa di aver visto dei ciuffi di capelli sparsi per la stanza, ma era buio e la sua vista era peggiorata negli ultimi minuti. Cercò di prendere aria ma i polmoni le bruciavano..
Si lasciò andare al freddo pavimento, sentiva del sangue scivolarle lungo le guancie e sul seno, lì dove era stata toccata mentre si dimenava e urlava. «Saluta il mondo finchè puoi.»
Chiuse la porta e anche l’ultimo spiraglio di luce scomparve insieme ai suoi pensieri.
 
Una puzza di metallo le ricordò che era ricoperta di sangue, si guardò le braccia  e le scoprì piene di ematomi violacei, le unghie erano rotte in più parti e i polpastrelli tagliati come se li avesse strofinati sulla carta vetrata.
Le gambe scoperte erano sporche, per guardarsi le ferite dovrebbe scrostare gli strati di sangue rappreso.
Appena il suo cervello captò i segnali che la circondavano, ecco che mandò l’impulso al suo stomaco di espellere quel poco che era rimasto.
Vomitò una sostanza grigia, una voce sbiadita le suggerì che doveva essere la pillola che le avevano fatto ingerire.
Alzò lo sguardo, sulle sue ciglia c’era del sangue condensato che le limitò la visuale. Una lampadina penzolava dal soffitto e si muoveva lentamente a destra e a sinistra, la luce giallognola.
Prese un altro respiro, i suoi pensieri cominciarono a farsi più logici, cercò di alzarsi in piedi ma sentì un dolore acuto, probabilmente le costole dovevano essersi incrinate sotto i calci, le sentì bruciare contro lo sterno.
La fitta la costrinse a chiudere gli occhi, quando li riaprì i pensieri tornarono confusi.
«Sono…scalza?»chiese a se stessa toccandosi i piedi.
Ma, Kazuha, ancora non ti sei accorta che dei tuoi vestiti non rimane quasi più nulla?
 
Si toccò il viso, sentiva uscire del sangue dagli occhi, ma il corpo le faceva così male da non far caso al dolore specifico che probabilmente la stava divorando.
Scivolò in avanti, si poggiò al pavimento e cercò di respirare piano, per non sentire le costole contro i polmoni.
Non sapeva a cosa pensare, se non che era scalza e con un paio di pantaloncini, il reggiseno macchiato, i capelli impiastricciati e tenuti malamente dall’elastico.
Chissà dov’era finito il nastro verde.
«Maru, take…ebisu, ni, oshi, oi..ke» ripeté nella sua mente prima di cadere in uno stato di torpore.
«Non potete usarmi ancora per i vostri esperimenti? Cos’è, non mi sono rivelato una cavia abbastanza forte?» sussurrasti arrogante mentre continuavi a sudare, il corpo scosso da tremiti di freddo.
«Hai ancora animo di scherzare?»rispose la bionda sedendosi nel tavolino insieme a te, passò le dita sui pettorali scolpiti che erano contratti per il freddo.
«Mi chiamo Aihel, sono stata io a farti provare questo gioiellino. Dovresti sentirti onorato»
«Io sono Jophiel, la mente della macchina che ti ha quasi ucciso. In effetti sei molto resistente al dolore» annuì l’altra senza scomporsi, aveva dei serpenti tatuati lungo la nuca. Era palesemente più piccola di Aihel, sembrava dimostrare poco più di trent’anni.
Aihel continuava a carezzarti i muscoli, i serpenti che aveva disegnati sui polsi sembravano danzare sul tuo ventre a ogni movimento.
«Vi chiamate come gli angeli del paradiso. E’ una cosa fatta apposta oppure…»
«Noi siamo degli angeli che presto rivoluzioneranno il mondo, Heji Hattori. Solo che ognuno di noi ha bisogno di sfamare i propri bisogni, io e Jophiel dobbiamo sfamare la nostra voglia di gloria e potenza; Duth deve sfamare la sua voglia di distruzione e…»
Il tuo cervello non sentì altro, avevi sentito già nominare Duth, era un loro uomo che collaborava in prima linea con i membri della Blue Spread.
Alzasti il capo sperando di vederlo in camera, entrò poco dopo asciugandosi il viso e il petto con un panno rosa.
«Duth, hai almeno fatto ciò che ti ho chiesto?»
Quello per tutta risposta ruttò senza vergogna e si poggiò al muro alzando le braccia e mostrando una montagna di peli incolti.
«Viva, viva. Respira, se è quello che intendi» rispose prima di asciugarsi il viso. Notasti che il panno era in realtà bianco, e quel rosa doveva essere il sangue che si era tolto via dal viso.
«Sei sempre la solita bestia, ti avevo chiesto una cosa sola» lo rimproverò Aihel alzandosi e smettendo di torturarti muscoli.
Non era molto alta, il vestito blu però la sfilava abbastanza da farla sembrare bella. Bella come la morte.
«Jophiel, addormentalo e chiudilo dall’altra parte, se domani non sarà ancora impazzito potremmo usarlo ancora un po’. Per sicurezza fa’ il tatuaggio, ci risparmieremo un sacco di tempo così» le ordinò la bionda per poi portare via Duth a braccetto.
Jophiel ti mandò una scarica lunga e debole, sentisti il tuo cervello spegnersi ma no…
No, tu sei Heiji Hattori e non permetteresti mai a una macchina di andare contro la tua volontà.
«Dormi?» ti chiese la ragazza carezzandoti i capelli.
Rimanesti in silenzio, come se ti fossi veramente addormentato.
«Non farà male, almeno questo» ti sussurrò all’orecchio prima di sganciarti i polsi.
Una sensazione di libertà riaffiorò in te mano a mano che le manette di metallo si allontanavano dalla tua pelle.
Mani, piedi, busto, collo, tutto era finalmente libero.
Quante ore eri rimasto intrappolato lì dentro? Quante ore?
Jophiel ti sollevò dalle spalle e ti fece poggiare la fronte contro la sua spalla.
La tua mente sembrava ricevere ancora scosse, immaginasti di avere Kazuha davanti a te, che quella fosse la sua spalla e sorridesti.
«Ho quasi fatto» ti sussurrò dopo aver poggiato un attrezzo freddo dietro la tua nuca, dove erano stati ritrovati i trattini blu nei cadaveri.
Ora capivi come avevano fatto a uccidere tutta quella gente: le facevano soffrire, impazzire fino a fargli avere allucinazioni, fino a costringerli in una realtà diversa.
Poi li costringevano al suicidio.
«Ti verrò a prendere più tardi, riposa adesso».
Kamai, seduto sul divano, guardava lo schermo del computer.
Heiji era sdraiato sul tavolo, soffriva ma riusciva a muoversi ed era finalmente libero.
Una folata di vento gli scompigliò i capelli, allungò una mano verso il suo caffè freddo e ne bevve un sorso.
«Se sei il degno figlio di Heizo lo dimostrerai in questi minuti. Non rendere vani i miei sforzi, Heiji» disse allo schermo prima di alzarsi.
Prese il cordless, afferrò la sua pistola e se la rigirò tra le mani con atteggiamento sicuro.
«Pronto, chi parla?»
«Li ho in pugno, smettila di trastullarti nei sensi di colpa e vieni a darmi una mano. O ci riprendiamo la nostra vita o per una buona volta finiamo all’Inferno».
 


Angolo autrice

Eccoci al quarto capitolo di questa avventura che, almeno sul mio file Word è giunto al termine.
Mi è quasi dispiaciuto averla finita, chissà che non ci scappi un sequel.

Avete già capito cosa ha in mente Kamai?
Qualche sospetto su Jophiel?
Fatemi sapere! E' sempre bello leggere le vostre opinioni <3

Bacini e biscottini
_SkyDream_
*SpoilerSpoiler*
Lo shock doveva averla sconvolta al punto dal comprometterne la ragione.
«Hai deciso di tornare a Osaka con me?» ti chiese senza muoversi, sembrava così piccola alla fioca luce della lampadina.
«Certo che torno a casa con te, ma dobbiamo uscire da qui prima, okay?»

 
   
 
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