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Autore: jess803    14/09/2016    0 recensioni
In un mondo post-apocalittico, segnato profondamente dagli esiti di una distruttiva guerra nucleare, in cui le risorse idriche e i generi alimentari scarseggiano, si muove una donna, Hadiya De Wit, spia al servizio della Confederazione, ossessionata dai demoni del passato e legata da una catena invisibile ad un amore misteriosamente scomparso.
Ambientata nel torrido deserto nord africano, è una storia di spie, amicizie tradite, intrighi politici, ma soprattutto di un amore destinato, forse, a non finire mai.
"Erano come due anime in bilico sull’orlo dello stesso precipizio, che lottavano contro la stessa forza invisibile che cercava in tutti i modi di farle andare giù, che avrebbero potuto restare in equilibrio solo se fossero rimaste immobili a sostenersi a vicenda… due anime a cui sarebbe bastato solo il soffio di un alito di vento per precipitare sul fondo del baratro e restarci per sempre."
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Il luogo in cui doveva avvenire lo scambio tra Aguilar e il misterioso acquirente era un vecchio magazzino in disuso alla periferia di Zagora, ai confini marocchini del deserto sabbioso di Ilkhikhn n Sahara. Le armi, costruite e progettate nella enorme fabbrica algerina del vecchio, erano state equamente distribuite in due camion e nascoste all’interno di robuste casse di legno, ricoperte da strati di lana pregiata. Nella fabbrica, infatti, ufficialmente venivano prodotte costose e raffinate stoffe per abiti tradizionali che rifornivano tutte le grandi sartorie dello stato nord-africano, comprese quelle che confezionavano le scintillanti Djellaba per i ricchi borghesi locali, arricchitisi durante la grande guerra. L’estesa fama del marchio, unita alla sapiente opera di infiltrazione di Aguilar ai piani più alti del corpo di polizia, avevano permesso all’uomo, negli anni, di trasportare tonnellate di armi tra i confini dell’Algeria e del Marocco, rendendolo di fatto il più potente e ricco trafficante d’armi del Mediterraneo. L’incontro doveva avere luogo alle 22, ma Aguilar aveva deciso di anticiparsi di qualche minuto per sincerarsi della genuinità delle intenzioni del cliente e, soprattutto, per evitare eventuali trappole dei servizi segreti continentali.
<< Quanto manca ancora? >> chiese il vecchio all’autista della limousine, mentre si aggiustava la costosa cravatta viola.
<< Non molto signore, cinque minuti al massimo >> rispose il giovane indigeno.
<< Credo ancora che la situazione sia troppo pericolosa per lei, signore; avrebbe dovuto lasciare a me i dettagli e restare a casa a riposare >> gli disse ancora una volta Novak che, nonostante le rassicurazione del capo, era ancora convinto che presentarsi di persona allo scambio era un rischio troppo grande da correre, troppo grande persino per quell’enorme montagna di denaro.
<< Non dire sciocchezze ragazzo, ci sono troppi soldi in ballo per lasciare a qualcun altro le redini del gioco. I miei camion sono a poca distanza da qui, tutti sorvegliati da uomini armati. Appena ci saremo accertati delle buone intenzioni del nostro amico, chiederemo alla flotta di raggiungerci, faremo controllare la nostra merce all’uomo del mistero, gli faremo trasferire il resto del denaro sul mio conto e infine, senza esserci sporcati le mani, ce ne andremo da questo lurido magazzino… e da questo paese >> rispose con disinvoltura il vecchio.
Novak annuì con poca convinzione e riprese a guardare distrattamente fuori dal finestrino.
<< A proposito, hai visto Sherry oggi? Volevo salutarla prima di partire, ma in casa non c’era >> gli domandò poi Aguilar.
<< No Signore, l’ultima volta che l’ho vista è stata ieri sera alla festa; era ubriaca fradicia. Probabilmente si sarà svegliata tardi e poi uscita a fare shopping >> rispose annoiato il braccio destro, stanco e anche un po’ infastidito dall’interessamento morboso che il capo mostrava nei confronti della bionda ragazzina.
<< Già, probabilmente hai ragione. Sto diventando vecchio amico mio >> aggiunse infine Aguilar, dandogli una pacca sulla spalla. Il brasiliano sapeva che il suo cuore si era intenerito nel corso degli ultimi anni e, proprio per questo, sentiva sempre di più la necessità di ritirarsi a vita propria, nel suo paese natale, lasciandosi alle spalle l’aura dello spietato e capace trafficante d’armi che era sempre stato. Questo Novak non lo riusciva a capire; ma il vecchio sperava che, un giorno, il fido braccio destro avrebbe compreso e forse anche perdonato la sua debolezza.

La macchina arrivò al magazzino dello scambio appena due minuti dopo, come aveva predetto il giovane autista; il luogo era di quanto più desolato e discreto ci fosse al mondo, localizzato a pochi passi dall’inizio del gelido deserto del Sahara. Tutto intorno regnava il silenzio più assoluto e Novak e il vecchio Aguilar, tesi come corde di violino, non poterono fare altro che tirare un enorme sospiro di sollievo quando si resero conto che non c’erano trappole in giro: erano le uniche forme di vita presenti nel raggio di un miglio. I due non dovettero aspettare a lungo prima che un imponente fuoristrada nero si fermasse a pochi metri di distanza dalla limousine, in perfetto orario sulla tabella di marcia. Da esso uscì prima un elegante uomo in giacca e cravatta, con i capelli rossi e la barba incolta, poi un altro, vestito informalmente e dallo sguardo inquietante. Aguilar aprì lo sportello della limousine e scese dall’auto, facendo cenno al braccio destro di seguirlo; si impiantò a gambe divaricate davanti all’uomo con la cravatta e, dopo essersi presentato, gli porse con sicurezza la mano destra. L’altro gliela strinse con un timido sorriso, senza proferir parola. Dopo essersi fatti perquisire dai rispettivi secondi e aver discusso gli ultimi dettagli, Aguilar diede l’ordine ai rimorchi di avvicinarsi con cautela al magazzino; come da manuale, i due camion arrivarono sul posto qualche minuto dopo, pronti ad essere consegnati al facoltoso acquirente.
<< C’è tutto quello che ha chiesto, signore >> disse il vecchio, allargando il braccio destro per mostrare la flotta ai due << siamo riusciti a farci stare tutto in appena due rimorchi. Roba da veri professionisti >>. L’uomo con la barba diede una rapida occhiata ai camion, dopodiché disse ad altri tre uomini di scendere dal fuoristrada e di cominciare a controllare la merce, sepolta sotto metri e metri di lana.
<< Non possiamo fidarci di nessuno di questi tempi >> disse egli, rivolgendosi ad Aguilar. << Ma certo, lo capisco. Fate pure con comodo >> rispose l’altro.
Intanto, dietro ad un piccola duna localizzata a poca distanza, una squadra speciale di agenti scelti, guidati da Cox, osservava attentamente la scena, pronta ad entrare in azione appena si fosse concluso lo scambio. << E’ riuscito a scattare qualche foto ai due uomini Cox? >> chiese il capitano Huber, che, attraverso le telecamere poste sui caschi di protezione degli agenti, osservava dalla sala riunioni tutta la scena; quella sera, insieme a tutta la sezione speciale, era presente anche il Generale Marchand.
<< Appena qualche scatto Capitano, ma la qualità è pessima, siamo troppo distanti ed è buio. Cercherò di farne di migliori una volta che ci saremo avvicinati. Attendo il suo segnale >> rispose con fermezza Cox, che spiava la trattativa attraverso un binocolo termico.
<< Attendiamo solo che il denaro finisca nelle mani di Aguilar: appena il vecchio aprirà la portiera dell’auto, entrerete in azione. La squadra dell’agente De Wit è a poche centinaia di metri, motorizzata, pronta ad agire in caso di emergenza. Si tenga pronto >> concluse seccamente l’uomo.
Dopo circa venti minuti, i tre scagnozzi del rosso diedero l’ok al capo: il vecchio Aguilar aveva tenuto fede al patto.
<< Stiamo inviando il denaro al suo conto. I documenti per l’espatrio le saranno recapitati tra un paio di giorni in una cassetta di sicurezza della Banca Centrale. L’operazione sarà conclusa tra pochi minuti >> disse il misterioso uomo barbuto al vecchio, che faticava a nascondere il suo sorriso compiaciuto. La transazione fu improvvisamente interrotta dal cellulare del rosso, che squillò insistentemente. L’uomo rispose con aria seccata, ma, dopo aver scambiato qualche parola con l’interlocutore in una lingua che Aguilar non riuscì ad identificare, il suo viso si fece pallido. Dopo essersi dato una rapida occhiata intorno, urlò ai suoi uomini: << Dobbiamo andare via da qui! E’ una trappola! >>.
Il rosso e i suoi scagnozzi si precipitarono verso il fuoristrada nero, lasciando Aguilar e la sua truppa senza parole, ancora frastornati dalla piega che avevano preso i fatti. Non potendo più contare sull’effetto sorpresa, il capitano Huber diede l’ordine immediato alla squadra di Cox di intervenire; una ventina di uomini armati, vestiti di nero, accerchiò il magazzino nel giro di qualche secondo. Aguilar ormai era in trappola. Il fuoristrada nero riuscì abilmente a farsi strada tra la barriera umana creata dagli agenti speciali e imboccò un sentiero dissestato che portava nel centro del deserto, facendo lanciare non poche imprecazioni al giovane capo squadra, che tentò invano di bloccarli sparando sui pneumatici.
Il capitano Huber ordinò a Cox di occuparsi dell’arresto di Aguilar, affidando alla squadra dell’agente De Wit l’incarico di catturare l’uomo rosso: la squadra, dotata di veloci mezzi di trasporto, si trovava a quasi un kilometro di distanza sulla statale che tagliava tangenzialmente la stradina sterrata del magazzino. Una manciata di uomini si infilò immediatamente nei grossi fuoristrada grigi dell’Agenzia e si lanciò all’inseguimento del misterioso acquirente, percorrendo la strada asfaltata. Hadiya, in sella ad una moto da cross, si allontanò dal gruppo principale e tagliò attraverso la gelida sabbia del deserto, riuscendo a staccare i suoi colleghi. L’impervio sentiero, delimitato malamente dai solchi lasciati da qualche vecchio fuoristrada, si snodava per chilometri lungo il deserto del Sahara, illuminato solo dal pallore della luna, che risplendeva solitaria in mezzo all’enorme distesa di sabbia blu scuro, i cui confini si confondevano con quelli del cielo notturno.
Il buio e la polvere sollevata dal SUV dei malviventi non le permettevano di avere una buona visuale e, aggiunti ai frequenti scossoni causati dai massi nascosti sotto il pelo della sabbia, le avevano fatto perdere terreno. Decisa a non lasciarli fuggire, Hadiya spinse al massimo il motore del suo veicolo, cercando in qualche modo di mantenere stabilità e controllo. Con un pizzico di esperienza e molta fortuna, la donna prese il fucile con la mano sinistra e cominciò a sparare diversi colpi alle ruote del SUV; dopo qualche colpo andato a vuoto, riuscì a forare una delle gomme posteriori, facendolo sbandare vistosamente. L’agente approfittò della situazione per portarsi accanto al SUV, al lato guidatore. Sapeva che difficilmente sarebbe riuscita a catturare il rosso, ma sperava almeno di riuscire ad immortalare il suo volto per poterlo poi confrontare con il database dell’Agenzia.
<< I finestrini sono oscurati, accidenti! >> disse, digrignando i denti.
Le sue silenziose maledizioni furono interrotte da uno degli scagnozzi del rosso che, dal finestrino anteriore, cominciò a sparare dei colpi nella sua direzione, nel tentativo di farle perdere il controllo della moto. La donna riuscì miracolosamente ad evitare quella scarica di proiettili, procurandosi solo qualche graffio superficiale, ma uno di essi si conficcò nel serbatoio anteriore della benzina.
La moto si fermò bruscamente dopo qualche metro, sputando con forza la donna in avanti. Hadiya si ritrovò distesa ai piedi di un albero, con lo sguardo rivolto verso l’alto, sentendo allontanarsi sempre di più il rumore delle gomme del SUV nero che slittavano sulla sabbia.
“Cazzo, li ho persi!” pensò l’agente, che poi si accorse del sottile rigagnolo di sangue che fuoriusciva dal casco. La sua vista cominciò ad offuscarsi; la luna piena, che fino a qualche secondo prima brillava alta nel cielo, cominciava a farsi sempre più sottile, fino a che non scomparve completamente davanti ai suoi occhi, inghiottita dalla totale oscurità.
   
 
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