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Autore: EmilyW14A    14/09/2016    3 recensioni
Succede spesso di convincerci che le persone ci guardano e critichino ogni singola cosa che facciamo, ma non è così. La verità è che gli esseri umani sono tutti perfettamente egoisti e non hanno tempo da dedicare agli altri, anche se si tratta di uno sconosciuto seduto nel sedile davanti sul treno. Noi ci convinciamo che gli altri passino il loro tempo a commentare i nostri abiti, i nostri capelli, i piercings, i tatuaggi, i nostri lineamenti, il nostro fisico; in realtà nessuno si sofferma veramente a giudicare cosa fanno gli altri. Nonostante ciò, in questo momento non riesco a togliermi di dosso la sensazione che tutti i passeggeri della metropolitana si siano accorti di quello che ho appena fatto e mi stiano fissando con sguardo indagatore. Cerco di darmi velocemente un contegno, sistemo la camicia e la giacca, e proseguo nel mio cammino. Controllo l'orologio e mi accorgo che tra meno di due ore devo iniziare il turno a lavoro. Decido di fermarmi qualche fermata prima per pranzare in un posto tranquillo. Ho bisogno di riflettere da solo su tutto quello che è appena successo.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nuovo personaggio, Reita, Ruki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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IV.













Corro a perdifiato in una radura oscura. È buio pesto e fa freddo. Sento le gambe e le braccia stanche ma non posso fermarmi; so che mi sta raggiungendo. Se mi fermo mi prenderà e allora sarà tutto finito. Non posso mollare ora. Continuo a correre senza una meta. Va bene così, l'importante è non fermarsi. Continuo a guardare avanti e scorgo le figure di alcuni alberi. I loro tronchi sono affusolati e alti, tuttavia sono fitti e devo prestare molta attenzione a non scontrarmici. Corro, corro e ancora corro. Sento che è dietro di me. Ha una dentatura affilata, un respiro affannoso e grugnisce rumorosamente. Vuole uccidermi. Mi volto e lo vedo: due occhi gialli e profondi mi scrutano. Mi ha individuato. Sono spacciato. Continuo a correre anche se il mio corpo chiede pietà e vorrebbe solo lasciarsi andare. Ma cosa ne sarà di me? Cosa ne sarà della mia vita se mi lascio prendere e afferrare da quelle fauci affamate? Sento la mia anima dilaniarsi e struggersi nel dolore e nella paura. Ho paura. Devo correre o la mia paura finirà per ritorcersi contro di me, consegnandomi tra le mani del mio nemico. Inciampo e cado. Mi rialzo, sbatto contro un albero e sento un dolore fulminante al braccio sinistro. Sento il sangue scendere copioso dal mio braccio; mi tocco ma non sento nulla. Eppure fa male, fa dannatamente male. Perchè tutto questo dolore? E perchè sono costretto a correre? Sento ululare e ruggire forte alle mie spalle. Bastano pochi centimetri a separarmi dalla morte. Una volta che mi avrà afferrato non avrà pietà delle mie carni. Squarcerà il mio corpo come fosse la carcassa di un capriolo di montagna, strapperà via i miei occhi ed essi rotoleranno inquietantemente al suolo, staccherà la mia testa dal resto del corpo togliendo ogni tipo di identità ai resti del cadavere. Diventerò solo un succoso pasto, carne fresca e deliziosa. Una vittima spaventata è perfetta. È così dolce e seducente il sapore della paura. Ma io so che devo correre e devo continuare a farlo. È notte fonda e non riesco a scorgere la Luna nel cielo. Non riesco a vederla e questo mi spaventa e mi rende irrequieto. Mi sento abbandonato da tutti, persino da lei. Ma in fondo cosa pretendo di fare o di essere? Sono solo una vittima. Un debole. Un fantoccio.
Corro per minuti interi. Forse ore. Forse sto correndo da cinque ore e non me ne sono ancora reso conto. Uscirò mai da questo bosco? Ci sono solo alberi, e ancora alberi. Sembrano così silenziosi stanotte. Oh, alberi perchè non mi aiutate? Perchè assistete inermi e impassibili alla mia lenta corsa verso la morte? Perchè non potete salvarmi dalla creatura? Un ululato ancora più forte si libera nell'aria tingendo la notte di un colore sinistro e tetro. Voglio scappare da qui. Corro velocissimo. Sento i suoi passi farsi ancora più veloci, mentre i miei diventano irrimediabilmente più lenti. Scorgo con difficoltà la fine del bosco. Sono salvo. Mi basta pochissimo per avere salva la vita, basta tendere la mano, basta prendere un po' fiato. Respiro con tutta l'aria che ho nei polmoni e scatto veloce. Non può prendermi, non deve prendermi. L'ultimo albero mi scorre affianco come fosse portato via dal vento autunnale. Corro e sento di essere salvo. Continuo a farlo perchè mi sento libero. È bello essere liberi e correre. La notte non fa più così paura. Corro e poi sento che il mio piede non è più stabile. Sto cadendo, sto precipitando. Ci sarà mai una fine? Sono caduto nel nulla. Sto morendo. È tutto nero. Urlo. Nessuno può sentirmi.








Mi sveglio di soprassalto e madido di sudore. Il cuscino è umido così come anche il mio pigiama e il lenzuolo. Devo aver sudato molto questa notte. Ho il fiatone e sono costretto a mettermi seduto per tornare a respirare tranquillamente. Il cuore mi batte a mille e sento arrivare le vertigini. Vedo le pareti della stanza avvicinarsi a me e un forte dolore lancinante mi colpisce alla testa piegandomi sul materasso dal dolore. Urlo. Soffoco i gemiti nel cuscino ma sono così potenti che si propagano per tutta la stanza. Non riesco a controllarmi e continuo a gridare, nonostante nessuno possa aiutarmi. Allungo una mano verso il mio comodino in cerca di qualche sollievo. Trovo un libro, una sveglia, il mio iPhone.
Merda.
Apro il cassetto rovistando frettolosamente. Ci sono delle chiavi vecchie, alcune penne che non scrivono più, un mazzetto di elastici di gomma, alcuni chiodi, scatole di medicine scadute e confezioni vuote. Rovisto con più attenzione ma non trovo nulla. Il dolore diventa sempre più forte. Mi rimetto seduto cercando di prendere controllo sul mio respiro.
Inspirare. Espirare. Inspirare. Espirare.
Ripeto questo procedimento fino allo sfinimento. Mi tengo fermo il polso destro con la mano sinistra per controllare i battiti cardiaci. Il forte cerchio alla testa mi contorce dal dolore. Sono costretto ad alzarmi dal letto in cerca di qualche medicina. Vado in bagno e apro il piccolo armadietto dei farmaci posto sopra lo specchio. Ci sono farmaci della chemioterapia ovunque. Siringhe, fasce elastiche, creme, supposte. Trovo una confezione di antidolorifici e spero non tutto me stesso che ci sia ancora qualche pillola dentro. Ne trovo una e corro in cucina ad ingurgitare un grosso bicchiere di acqua aiutando la pasticca a scivolare nel mio stomaco. Ho ancora il respiro affannato e sono sudatissimo. Torno in bagno a sciacquarmi il viso e la fronte. Mi rilavo i denti per togliermi dalla bocca quella fastidiosa sensazione che ti lasciano le medicine amare. Mentre ripiego l'asciugamano ripenso al sogno appena avuto. Ero in una foresta e correvo come un disperato. Qualcuno, forse un uomo-lupo, o qualcosa di simile, mi rincorre e io scappo impaurito; appena penso di essere spacciato riesco a salvarmi ed esco dal bosco misterioso ma inspiegabilmente cado in una buca profondissima e senza fine e lì puntualmente mi sveglio. Ormai sono mesi che continuo a sognare ripetutamente questa trama. A volte sogno di correre più veloce, a volte mi sembra che quel lupo mi raggiunga e mi stia quasi per uccidere. L'unica cosa che non cambia mai è la paura. È così agghiacciante che sento un forte dolore allo stomaco persino quando mi sveglio e mi rendo conto che è tutto finito. Riesco ad annusarla: odora di limone e miele. È dolce e aspra ma è anche così invitante. Posso sentirla sulla lingua. Quando mi sveglio, ogni maledetta volta, torna dentro di me quel senso di vuoto. Mi sento come se qualcuno mi avesse rubato gli organi interni e fossi solo un corpo composto di ossa e muscoli. Sento questo vuoto dentro di me, nella mia testa e nel mio cuore. Forse è la paura. O forse è la stanchezza di doversi svegliare così spesso nel mezzo della notte vittima di incubi e dolori fulminanti. Decido di andare in cucina a mangiare qualcosa. Ho fame e voglio riempire il vuoto dentro di me.
Mentre scaldo l'acqua nel bollitore mi avvicino alla gabbia dove riposano i miei due pappagalli. Cambio il piccolo serbatoio dell'acqua e aggiungo nella vaschetta del cibo qualche seme. Torno ai fornelli, spengo il bollitore e apro la dispensa in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti. Trovo del pane e della crema alla nocciola e latte spalmabile. Mi faccio un panino mentre sorseggio del tè verde assorto nei miei pensieri. Mi concentro sulle parole che mi ha detto la signora con i capelli neri a caschetto. Devo andare nell'ospedale in cui sono stato operato. Loro sapranno sicuramente aiutarmi. Troverò finalmente tutte le informazioni di cui ho bisogno. E finalmente potrò mettere la parola 'fine' a questo capitolo della mia vita. Quando avrò trovato quello che cerco penso proprio che partirò per un viaggio. Me ne andrò all'estero, probabilmente in Europa così da staccare completamente e visitare luoghi totalmente diversi da qui. Sono tanti anni che non mi muovo dal Giappone e questo probabilmente non mi aiuta. Fin da giovanissimo ho sempre amato viaggiare. Viaggiare significa fare esperienza ed imparare. Significa cambiare e mutare, come mutano pelle i serpenti. Vorrei essere un animale e andare in letargo, così da svegliarmi più forte che mai. Invece mi capita spesso di passare le notti insonni, steso sul letto con un forte dolore alla testa.
Il dottore ha detto che è normale. Nonostante sia guarito dalla malattia, gli effetti continuano a farsi sentire. La chemioterapia e soprattutto la radioterapia hanno lasciato conseguenze indelebili sul mio corpo. Soffro di mal di testa fortissimi e quando sono stanco ho le vertigini e la nausea. Un giorno mi capitò di essere in una strada affollata di un quartiere poco familiare e di essermi perso. Iniziai a sentire il panico e poi il senso di nausea. Mi fermai vicino ad un cestino e vomitai la cena. La gente che passava mi guardava schifata, alcuni si avvicinarono per assicurarsi stessi bene. Io mi ripulii e tornai a casa. Da quel giorno ho capito che non posso permettermi di inoltrarmi in posti sconosciuti pieni di persone. Odio la gente e i posti affollati e da quel momento mi tengo sempre alla lontana dalle zone più frequentate di Tokyo.
Finisco il mio spuntino con sguardo assorto; guardo il cielo scuro e silenzioso fuori dalla finestra. Decido di non dormire, o almeno non subito, e così inizio a tirare fuori un grosso borsone sportivo da cui prelevo due pesi di 25kg l'uno. Mi siedo su un piccolo sgabello e inizio ad alzare i due attrezzi a ritmi regolari. Mi concentro senza troppi pensieri e mi dedico ad un'ora piena di esercizio.

Quando poso i pesi a terra lancio un'occhiata all'orologio e mi accorgo che sono le 4.30 di mattina. Provo a dormire nonostante il timore di un altro incubo e di un altro cerchio alla testa. Sono così stanco che mi addormento subito.
















Buonasera <: sono tornata dopo pochissimi giorni perchè come vi ho già accennato in precedenza, questi primi capitoli sono molto corti e mi sembrava stupido farvi aspettare per così "poco". Ma parliamo del capitolo: prendete questo capitolo come una sorta di interludio...è una sorta di 'qualcosa che sta nel mezzo'. Una ''pausa'' tra tutti gli avvenimenti che stanno succedendo in questi giorni nella vita di Akira. Abbiamo visto che purtroppo il nostro protagonista non passa delle notti tranquille...e la cosa sembra diventare sempre più seria e grave. Eppure perchè Akira fa sempre lo stesso sogno?
Scoprirete anche quello, ma più avanti u.u dovete rimanere sintonizzati su questo canale c:
Il prossimo capitolo sarà più lungo, il sesto sempre di più e così via fino a quando........NON POSSO DIRLO. Sì sono un'autrice molto misteriosa ma non voglio anticiparvi nulla <3
Aspettate un aggiornamento a breve e: preparatevi.
   
 
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