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Autore: Doineann    15/09/2016    1 recensioni
Porto Rico, inizi del diciassettesimo secolo.
San Juan è una città portuale, teatro della vita di soldati, marinai e pirati. Tra le tante meraviglie che la città vanta, vi racconterò della nascita della leggenda del fantasma di Borikén e del suo amore per il mare.
BRITTANA, non escludo accenni ad altre coppie.
Pirate!Santana; Mermaid!Brittany
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Noah Puckerman/Puck, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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ROSITA

 

 

«Ohh, che… bella la vita, che bella davvero, la vita del bucanier! Su e giù per il mare io voglio viaggiar del pirata mi piace il mestiere, ohhhh!»

Santana batté il boccale di birra sul tavolino rotondo già in precarie condizioni a cui lei e Puck erano seduti. «Giuro che se ricominciano un’altra volta glielo spacco in testa!» Gridò irosa, riferendosi al bicchiere di vetro.

La sera prima aveva fatto appena in tempo a dire a Puckerman di aver bisogno di un equipaggio che già il quasi-fornaio aveva appeso il grembiule al chiodo e, dopo essersi offerto come suo vice, le aveva organizzato una serata di reclutamento presso l’osteria più frequentata di San Juan, el Tiburón Borracho. 

Santana nutriva comunque i suoi ragionevoli dubbi. Chi mai sarebbe stato tanto folle da proporsi come marinaio di una nave inesistente il cui capitano era una donna? 

«Non preoccuparti, penso a tutto io,» le disse l’ebreo, «tutto quello che dovrai fare sarà fare presenza. Che tu lo voglia o meno hai già una fama in città e io so esattamente come sfruttarla!»

L’ottimismo dell’amico aveva visto la fine dei suoi giorni nell’istante esatto in cui i due misero piede nell’osteria. Il ragazzo accompagnò la mora fino al bancone, dove ordinarono da bere per entrambi, e approfittò di quella specie di “palco” per presentare la ‘nobile impresa’ agli ubriaconi presenti. L’annunciazione fu accolta, come immaginabile, da scroscianti risate di scherno. Solo i più superstiziosi avevano evitato di unirsi al coro sardonico, troppo timorati per prendere in giro il fantasma di Borikén. 

Notando l’espressione di pura collera sul viso della mora, Puck decise saggiamente di portarla a sedere ad un tavolino più appartato, ma non prima di avvisare i presenti interessati dello spostamento del capitano.

«Vuoi dire che non ti piacerebbe averli a bordo? E io che pensavo di chiedergli di unirsi a noi.. Per movimentare un po’ le tratte, sai?» Commentò il ragazzo in risposta, biascicando qualche parola. 

Santana lo fulminò con lo sguardo: piuttosto che arrivare a tanto avrebbe solcato i mari da sola. Al diavolo la ciurma e i quattro chitarristi ubriachi. 

Fu al finire della serata che il secondo membro del futuro equipaggio dei pirati più grotteschi che il mare avesse visto si presentò loro. Era un ragazzo che doveva aver avuto grossomodo la loro stessa età, anno più anno meno, e aveva l’aria di essere tremendamente goffo. 

Santana non trattenne l’espressione schifata che le nacque sul viso alla vista dell’individuo. Una specie di gigante impacciato, con la pancetta da bevitore seriale e due piedi ingombranti quanto le palette dei remi che le onde le avevano distrutto qualche tempo prima. 

«Ti sei perso?» Lo schernì prontamente la latina, ricevendo un calcetto sullo stinco dal suo auto acclamato vice. 

«Io? ..Ehm, no. Cioè, sì, ma è stato prima di arrivare qui.» Mormorò confusamente il marinaio, con le guance rotonde già paonazze. 

Oh, perfetto. Un imbecille. 

Santana tenne lo sguardo fisso su quello di Noah, convinta che se solo lo avesse guardato abbastanza intensamente i suoi pensieri si sarebbero uniti a quelli dell’amico. Puck capì dal sopracciglio che lentamente si stava inarcando le intenzioni poco gentili della latina. Per questo giocò d’anticipo e, rubando una sedia al tavolo a fianco, invitò il bonaccione a sedersi.

«Perché non ci racconti la tua storia?» Lo spronò, mentre questo prendeva posto.

Il marinaio annuì, cercando una posizione che lo mettesse a suo agio. «Il mio nome è Finn Hudson.»

Il sangue di Santana bollì solo al suono del cognome inglese del ragazzo. Non avrebbe permesso al nemico di salire sulla sua nave immaginaria. 

«Prima di imbarcarmi aiutavo mio padre nella bottega. È così che mi sono fatto questa.» Divagò allegro, mostrando una strana cicatrice sul palmo della mano. «Non ricordavo che il ferro fosse caldo e, beh, adesso ho un promemoria ben visibile!»

Esasperata, Santana sospirò pura disperazione dal naso mentre si prendeva la fronte tra le mani. Un imbecille con i fiocchi.

«Un fabbro!» Tuonò felice Noah,  che per dare vita alla sua improvvisa contentezza diede due grosse e sonore pacche sulla spalla al ragazzo. «Sai anche dare il filo alle lame?»

«È una cosa più da arrotini.» Gli fece notare Finn «Ma posso imparare se è un arrotino che cercate.»

«Dicevi qualcosa riguardo all’esserti perso?» Gracchiò buia Santana, riportando i due bambini alla realtà.

«Come? Oh, sì. Quello è successo dopo. La marina inglese impose ai primogeniti maschi di ogni famiglia di arruolarsi per dare sostegno alla flotta ed essendo io figlio unico e maschio» accentuò l’ultima parola guardando Santana «dovetti abbandonare incudine e martello per stracci e vele. La nave su cui capitai doveva sbarcare nel sud delle americhe, ma una tempesta ci portò fuori rotta. Vagammo per settimane, senza mai recuperare la rotta. Sono stati i giorni più grigi della mia esistenza.»

«E così sei arrivato in questo scorcio di paradiso.» Finì per lui Noah. 

«Quello è stato dopo aver fatto naufragio a Punta Cana.»

«Perché mai vorresti aggiungerti alla nostra ciurma?» Tagliò corto la mora, con i nervi a fior di pelle. 

Il marinai, messo a disagio dalla risolutezza mista a maleducazione della donna, s’irrigidì sulla sedia, si schiarì la voce e con lo sguardo basso provò a rispondere. «Siete la mia unica possibilità per non morire di fame. Nessuno vuole aiutare un inglese, da queste parti.» Ogni sua parola risuonava con una punta d’amarezza. Conosceva gli orrori che i britannici avevano portato in Porto Rico, ma sapeva anche che era una questione di tempo perché si impadronissero nuovamente dell’isola. 

«Sai maneggiare una spada?» Domandò Noah, precedendo di poco l’insulto mai nato della latina. Finn annuì in risposta. 

«Allora io ed il capitano ti diamo il benvenuto a bordo.»

 

La sera seguente, i tre fecero ritorno all’osteria con le stesse intenzioni del giorno prima. Con loro grande sorpresa, al loro ingresso nel locale furono accolti dal caos

La prima scena che si presentò davanti ai loro occhi fu il viso di un uomo, chiaramente ubriaco e altrettanto chiaramente pestato. Questo guardò i tre senza vederli realmente, solo per poi crollare ai loro piedi.

«Una rissa! Quale modo migliore per dimostrare le tue doti di capitano?!»Cinguettò felice Noah, che senza dare tempo all latina per protestare la prese sotto braccio e la portò con sé in mezzo alla mischia.

«Non penso sia una buona idea, Puck!» Provò Finn, che con la sua goffaggine si fece largo nella folla di marinai imbestialiti. «Se davvero vogliamo salpare, beh, penso che allora il capitano serva vivo.» 

Santana per la prima volta da quando il balenottero aveva fatto la sua comparsa nelle loro vite pregò perché Noah non lo ignorasse, ma non andò così. 

«Tu fatti valere, io vado a rimediare un cappello!» Urlò l’ebreo nell’orecchio della latina, sparendo poi nella marea di uomini. 

«E adesso?!» Domandò il marinaio, con tanta apprensione da ricordare a Santana il modo in cui era solito parlarle suo padre.

«Adesso cerca di non prenderle, Hudson!» 

Prima che potesse finire la frase, un uomo uscito dal nulla gli cadde addosso. Era di corporatura esile, i suoi lineamenti erano delicati e la sua pelle curata come quella di una donna. Sul suo mento non c’era traccia della tipica peluria da lupo di mare.

Questo, pensò Santana, è finito qui per sbaglio. Lei e Finn ebbero qualche secondo per capire cosa fosse successo e perché si trovassero a terra, poi un energumeno con una sedia tra le mani li caricò come un toro carica il torero alla corrida.

«Madre de Dios!» Esclamò la latina, che prendendo il ragazzo incosciente per un braccio con l’aiuto di Finn si spostò abbastanza in fretta per vedere l’energumeno inciampare sui propri passi e sfracellarsi al suolo con la sedia sotto il suo corpo, accompagnato da un discreto tonfo.  

«Ci ha caricati!» Brontolò incredula Santana, contro l’espressione sempre vaga e intontita del marinaio. 

«Figlio di un cane.» Continuò il suo monologo «Ora basta, qualcuno deve insegnare a tutta questa gente a stare al proprio posto. Tu tieni d’occhio la bambola finché non si riprende.» Data l’ultima istruzione a Finn, sfoderò la lama arrugginita che aveva portava alla cintura e inferocita si fece largo per menare botte a destra e a manca.

 

Al piano di sopra Puck avanzava tra le scazzottate dei marinai, facendo razzia di cappelli. Ogni volta che gliene capitava uno per le mani lo prendeva e lo provava di fronte alle facce attonite dei poveri derubati, troppo ubriachi e troppo concentrati nelle loro faide per curarsene veramente. 

 

Finn aveva trovato rifugio sotto ad un tavolo per tenere al sicuro il ragazzo che Santana gli aveva affidato. Approfittò del boccale di alcolico indefinito caduto dalle mani di un ometto paffuto e pelato, che colse miracolosamente al volo, per provare a risvegliare il bell’addormentato. 

 

Un ometto con i capelli selvaggiamente ricci e la fronte madida di sudore prese a urlare come un folle. «Kurt!» Questo aveva l’aria di essere un barista o il suo sguattero, visto e considerato lo straccio che portava legato in vita. Schivò un cazzotto per puro caso, riparandosi dietro alla colonna in legno del pub. 

 

Santana era sicura che sarebbe impazzita. Tra la banda che suonava animatamente come per schernire quell’ammasso di ubriaconi violenti, il costante rumore di vetri e denti che s’infrangevano sul suolo e il continuo andare e venire di persone ora amiche, ora nemiche, anche un prete avrebbe perso la calma. 

Era un tutti contro tutti, non c’erano logiche in quella battaglia. Se questo è il mondo dei pirati, si disse, io vorrei tornare ad essere una pescatrice

Un uomo con una spada ben più in forma della sua le sbarrò la strada con una grossa, grassa risata. Nell’altra mano teneva una bottiglia semi vuota. La lama arrugginito si scontrò con quella affilata più e più volte, alla fine Santana dovette giocare sporco per uscire da quel duello impari: approfittò dell’equilibrio precario dell’uomo poco sobrio e quando la sua spada cozzò per l’ennesima volta con quella dell’altro le bastò spingerlo con lo stivale per atterrarlo. 

Non lasciò tuttavia che la bottiglia nelle sue mani facesse la stessa fine.

 

«Svegliati, bello.» Lo incoraggiò Finn dopo avergli svuotato l’alcolico in faccia. Gli diede delle leggere pacche sul viso per fargli ritornare i sensi e piano piano, il ragazzo aprì le palpebre. Dischiuse le labbra per parlare, ma la prima cosa ad uscire dalla sua bocca fu il sangue. «Oh, le hai prese alla grande.» Fu l’unico commento del marinaio.

 

«Ehi, quello è mio!» Le braccia del biondino si chiusero attorno alla vita muscolosa di Puck. Aveva finalmente trovato il cappello dei suoi sogni, peccato solo che appartenesse all’unico narcisista di San Juan. Per scrollarselo di dosso Noah provò gli sferrò un pugno sui reni, che non fu però sufficiente a fermare lo scatto d’ira del biondo dalle labbra giganti. 

L’ebreo sentì la schiena sbattere contro quella che aveva tutta l’aria di essere una ringhiera. «Frena amico, te lo lascio!»

Ma la supplica dell’ex fornaio non pose fine alla rabbia ubriaca dell’altro, che non curante della propria vita e di quella  del furfante che aveva provato a rubargli il cappello, spinse entrambi al piano di sotto dopo un volo di tre metri buoni.

  

Santana aveva raggiunto il cuore della rissa, dove un marinaio vestito di tessuti pregiati non faceva che biascicare minacce a gran voce. «Ne ho per tutti! », ripeteva, «Chi vuole assaggiare i pugni più duri dell’isola si faccia sotto! Da soli, a gruppi di due, fatevi sotto!»

Dev’essere l’idiota che ha scatenato quest’inferno, pensò Santana che dietro di lui ribolliva dalla rabbia. Strinse le dita attorno al collo di bottiglia che aveva precedentemente rubato all’uomo con cui aveva duellato e senza pensarci due volte la infranse sulla testa dell’energumeno, che come un sacco di patate crollò a terra. 

Per qualche istante scese il silenzio, poi un altro uomo le corse incontro, con un “yaaaargh!” per grido di battaglia. 

In quel preciso istante, Noah crollò dal cielo proprio sul corpo dell’ubriaco coraggioso che si stava scagliando contro la latina.

«Puck!» 

 

Finn approfittò della calma per sgattaiolare fuori dal tavolo, con il ragazzo malconcio sulle spalle. Era certo che se lo avelle lasciato a camminare da solo sarebbe piombato al suolo senza forze e benché al marinaio non importasse molto della vita del bambolotto, voleva dimostrare al suo nuovo capitano di essere in grado di adempire ad un ordine. 

«Kurt!» il ragazzo riccioluto si precipitò immediatamente al fianco di Finn per prestare soccorso al ragazzo che aveva caricato sulle spalle. «Mettilo giù o giuro che..»

Finn avrebbe ascoltato volentieri il resto della minaccia ridicola che lo sguattero stava per finire, ma fu fermato dalla debole voce del ragazzo dal viso glabro. «No, Blaine, lui è a posto.»

 

«Sto bene, sto bene!» L’assicurò prontamente l’ebreo. 

«Ancora per poco, bastardo.» Minacciò il biondino intontito, sdraiato accanto a lui. 

Santana guardò i due come fossero lo spettacolo più raccapricciante che avesse mai visto. I suoi occhi incontrarono quelli lucidi del biondo, che fece in fretta e furia si mise in piedi e chinò il capo davanti alla mora, portandosi una mano al petto.

«Oh, pardon señorita, non mi ero accorto della sua presenza.»

«Per te è capitano Lopez, carogna!» Tuonò prontamente Noah pochi metri più in là. 

In un batter d’occhio, nella taverna cominciarono a risuonare i soprannomi che nel tempo erano stati affidati alla ragazza. 

“È il fantasma di Borikén – si dice che stia radunando una flotta – quella ragazza è maledetta. Ha venduto l’anima al diavolo! – Dicono abbia fatto ritorno da Tortura su una zattera stregata.”

Santana provò ad ignorare tutto quel vociare, concentrandosi sull’amico a cui aveva offerto la mano per aiutarlo ad alzarsi.

«Non è stata la mia idea migliore.» Scherzò l’ebreo, massaggiandosi la schiena. Santana concordò con lui con un cenno del capo.

«E per la cronaca,» sbottò la mora rivolgendosi alla folla di superstiziosi ubriachi che fino a qualche momento prima erano in lite e che ora si stavano invece abbracciando fraternamente, «non è una flotta che cerco, ma un equipaggio.»

Poi si voltò verso il volto amico e, stanca, sussurrò «Andiamo a cercare Hudson.»

 

Non fu difficile trovarlo. Finn si era messo a sedere ad un tavolo nell'unico punto completamente sgombero della taverna. Ciò che Santana non riusciva a capire guardandolo da distante era chi fosse il terzo ragazzo con cui il marinaio e il quasi-uomo dalla faccia priva di peli stessero parlando. La mora era quasi certa di averlo già incrociato per le strade di San Juan, ma non riusciva ad assegnare a quella faccia un nome convincente. 

Sentì distintamente Finn dire "eccoli, è quella!" dopo averla additata come aveva visto fare solo alle scimmie. Santana arrivò al tavolo accompagnata da Puck con un'espressione tutt'altro che accogliente sul viso. 

Ciò non fermò il ricciolino sconosciuto dal saltare in piedi come una molla e dal rivolgersi a lei con le mani giunte davanti al mento. «Capitano, vi sono immensamente riconoscente per la vita del mio amico.» 

L'amico in questione, quello che Finn era riuscito a salvare in un modo a lei sconosciuto, accennò ad un timido sorriso mentre con la mano destra teneva un canovaccio bagnato su una guancia, probabilmente per alleviare il dolore o fermare la fuoriuscita di sangue. 

«Il vostro nocchiere mi ha detto che cercate nuove forze per il vostro equipaggio. Io e Kurt vorremmo farne parte, come segno di riconoscenza.» 

La mora fulminò Hudson con lo sguardo, proprio non ricordava di averlo nominato nocchiere. Manco fosse stata pazza, affidare il timone ad uno zappaterra incapace di recuperare la rotta dopo settimane di navigazione alla cieca. Tanto valeva metterlo nelle mani di un cieco. 

«Se è la sola riconoscenza a muovervi, restate dove siete. Il mare è troppo vanitoso per prestare amore a chi non lo venera.» 

Tutti e quattro i ragazzi presenti si scambiarono sguardi confusi, non era semplice capire perché parlasse del mare come di una persona. Blaine, per sé, si chiese cosa cambiasse alla mora al sentire una motivazione differente. Se quello di cui realmente aveva bisogno erano uomini, allora perché fare tante scene? Perché non accettare semplicemente la loro offerta?

«Insisto. Questa terra non ha più niente da offrirci in ogni caso e dopo questa sera temo non avremo neanche più un lavoro. La disperazione è un movente più accettato presso la vostra ciurma, capitano?»

Santana arricciò le labbra. Il ragazzo non era la sua più grande simpatia e solo per il modo in cui si era rivolto a lei avrebbe volentieri scaraventato lui e la sua sedia a terra, ma la sua perseveranza e la sua sfacciataggine erano due caratteristiche che in un futuro secondario le sarebbero potute tornare utili. 

«Benvenuti a bordo.» Sibilò delicatamente, dicendosi che a quel punto la sua cominciava realmente ad essere una ciurma al limite del ridicolo. 

Una pescatrice, un fornaio, un fabbro improvvisato marinaio ed uno sguattero e mezzo. Brittany si sarebbe sicuramente messa a ridere alla vista di una tale squadra.

«Se le iscrizioni sono ancora aperte, vorrei aggiungermi anche io.»

I cinque si girarono incuriositi verso la fonte del suono. Quando davanti a loro trovarono gli occhi verdi del biondino che aveva attaccato Puck solo un quarto d'ora prima, a Santana venne quasi da ridere. 

«Tu!» L'ebreo, già sul piede di guerra, lo additò con l'indice prima di muoversi con passi minacciosi in sua direzione. Santana alzò una mano in aria, per fare segno a Puckerman di fermarsi esattamente dove si trovava. 

I tre si osservarono silenziosamente per una manciata di secondi, come se stessero dialogando con i loro occhi, poi il biondo ruppe il silenzio. 

«Il mio nome è Samuel Evans. Sono uno storico, un appassionato delle avventure degli uomini, siano esse reali o frutto dell'immaginazione di qualche balordo. Conosco le voci che circolano sul suo conto, Doña Lopez, e che io sia dannato se lascio correre questa occasione. Ho anche dell'esperienza con il mare. Ho tenuto i diari di bordo di decine di imbarcazioni, navi che con prove scritte hanno lasciato un segno nella storia. Vi prego, lasciate che salpi con voi.» 

Santana incurvò le labbra in un sorriso giocoso. L'idea di avere le sue future avventure messe per scritto per quanto la spaventasse da un lato, dall'altro l'allettava non poco. 

Come una gatta si mosse suadente verso lo storico, giunta di fronte a lui posò la mano sinistra sulla sua spalla sinistra è molto lentamente gli girò attorno. Si fermò solo quando fu esattamente dietro di lui: appoggiò il mento alla sua spalla destra e dettò la sua legge. 

«Ad una condizione.» 

Il respiro del biondo si fece corto a tal punto che Santana pensò lo stesse trattenendo. 

«Qualsiasi cosa.» Balbettò in risposta, poco più forte di un filo di voce. 

Beffarda, la mora allungò le mani per arrivare al capo del ragazzo, dove era posato il cappello che aveva dato vita alla rissa con Puckerman. 

«Questo diventa suo. » Concluse, lanciando il copricapo ad un Noah gongolante e soddisfatto. 

Indispettito ma deliziato dalla notizia del suo nuovo incarico, Samuel non trattenne l'eccitazione. «Bene, quando salpiamo? Questa sera, domani mattina?» 

Santana scosse il capo. «Domani sera, dopo il tramonto, Puckerman verrà a recuperarvi fuori da questa bettola.»


Il momento tanto atteso arrivò prima che i nascenti pirati potessero rendersene conto. 

Santana si stava incamminando pensierosamente verso l'ex casa di Don Llorenço Comacho quando una fastidiosa voce femminile arrivò alle sue orecchie. 

«Doña Lopez!»

«Non ho tempo adesso.» Provò a liquidarla, senza voltarsi indietro. 

«È importante!» Insistette la voce alle sue spalle, che a giudicare dai passi incalzanti e svelti che Santana sentiva avanzare sulla strada di terra battuta, la stava recuperando. 

«Ne va del mio futuro, è fondamentale che mi ascoltiate. Oh, cielo, oggi ha fatto più caldo del solito non trovate?»

Santana puntò i piedi a terra, fermandosi improvvisamente, e chiuse gli occhi per rivolgere la sua personale e insolita preghiera al Signore. Dio degli ebrei, io lo so che è una tua creatura e che se l’hai messa al mondo probabilmente devi avere i tuoi buoni motivi che sfuggono a me come al resto di San Juan, ma per favore evita di mettermela sempre tra i piedi. Se non puoi fare questo allora dammi la forza per sopportarla perché altrimenti te la rispedisco in questo preciso istante e allora sarai tu a doverla sopportare.

«Cosa, Berry?»

La ragazza bassina che l'aveva letteralmente pedinata sgranò gli occhi. «Cosa cosa? Ossia, cosa non capite? Ho parlato troppo veloce? È una cosa che tendo a fare troppo spesso, mio padre me lo dice sempre anche se zio LeRoy lo rimprovera puntualmente. Ma voi sapete com'è, crescere circondata dagli uomini, o si parla anche da soli o si corre il rischio di diventare muti e scontrosi come loro. Non che voglia insinuare che voi siate diventata particolarmente scontrosa perché siete stata cresciuta più da un pescatore che dai vostri genitori, però spero vogliate concordare con me sul fatto che la vostra natura sarebbe stata profondamente diversa se solo aveste avuto più figure femminili a–»

«Cosa è talmente importante da non poter essere rimandato?» Tagliò corto Santana, seriamente tentata di tramortirla con il ferro vecchio che portava legato in vita. Sulla Terra non poteva esistere essere più irritante di quella ragazza e se una tale mostruosità esisteva, la latina era più che sicura di non volerla incontrare. 

«Oh. Subito al sodo, eh? Giusto, questa sì che è la risolutezza dei marinai. Tutto e subito! Reti e pesci, ancore e.. ami! Ho capito. Dunque, perdonate la franchezza ma se così volete che sia, sarò breve. Ho sentito che state radunando una ciur-»

«No, grazie.» Detto ciò riprese a camminare più decisa che mai ad ignorarla. Santana non poteva credere alle sue orecchie. Proprio quella piccola rompi scatole doveva bussare alla sua porta? Non sapeva neanche che forma avesse una barca e di tutto punto si sentiva di saltarci sopra? No, neanche in centinaia di lustri.

«Ma non mi avete neanche fatta finire di parlare! Dovete ascoltare per convincervi, ho preparato un discorso che elenca i motivi per cui posso essere un'ottima serpe di mare e solo un capitano sprovveduto rinuncerebbe a conoscerli!»

«Innanzitutto non è serpe, ma lupo di mare.» Chiarificò immediatamente Santana. «In secondo luogo: no e no rimarrà Finché il cielo non diverrà terra e viceversa.»

Rachel si zittì per qualche istante e la latina ebbe quasi l’impressione di averla vinta. Poi però:«Immaginavo avreste reagito così. Quindi voglio rendere noto che mi imbarcherò lo stesso, clandestinamente.»

«Berry!» Urlò esasperata la mora, fermando per la seconda volta la sua marcia. «Ho detto di no, dannazione! Sono io il capitano e sono io a decidere chi sale e chi non sale sulla mia maledetta nave e ho già esternato la mia scelta, non ti voglio neanche come clandestina! Che poi, per amor Divino, come puoi essere clandestina se mi avvisi della tua clandestinità prima ancora di diventare una clandestina?!»

Rachel sorrise come se fosse la cosa più semplice del mondo. «È perché sono una clandestina educata.»

Santana la fissò allibita per svariati secondi, non era mai riuscita a capire fino a che punto quella sorta di demenza fosse vera. 

«Doña Lopez, per favore. Siete la mia –»

«Unica speranza? Ultima spiaggia? Sì, lo so, è una cosa che mi sento dire spesso, ultimamente.» 

«Non capite. Se resto qui sarò presto data in sposa a Don Isai De Thiago. » Protestò con convinzione la ragazza bassina. «Lui è un ottimo compagno, non fraintendetemi, tuttavia l’eventualità del trascorrere tutta la mia vita con lui..» Si interruppe solo quando prese coscienza del paesaggio circostante. «Non vorrei sembrare irrispettosa, ma questa strada è privata. Stiamo violando dalle due a sei leggi infrangendo questo domicilio.»

Santana si lasciò andare ad una risata di scherno. La ragazza tanto timorata da rifiutarsi di mettere piede nella proprietà di un vecchio pescatore deceduto era la stessa che pochi metri prima si era proposta di partire per il mare. Cos’avrebbe fatto alla loro prima razzia di preziosi? 

Vedendola come un’opportunità per sbarazzarsi della palla al piede, la latina si aggiustò il cappello sul capo e dopo aver calpestato l’erba verde del giardino di Don Comacho si voltò verso di lei. «Finché il chiarore del sole illuminerà l’isola io sarò sulla spiaggia ad attendere. Se nel frattempo trovassi il coraggio di oltrepassare questo giardino, entrare nella casa – o ciò che ne rimane – di Llorenço ed uscirne con un gingillo a prova della tua prima impresa, potrai spalare con noi.» 

«Ma quella casa è un rudere.» Provò ad argomentare Rachel, ma la latina le aveva già rivolto le spalle e si stava allontanando verso la riva. «Non è di buon auspicio violare il rudere di un defunto! Senza contare che nessuno ci mette piede da più di un anno e mezzo, potrei imbattermi nel suo cadavere putrefatto! O peggio, nelle ragnatele! Doña Lopez! Mi state ascoltando!?»

 

Santana si sedette sulla sabbia asciutta della spiaggia, con il sole del tramonto come unico compagno. 

Rivolse uno sguardo carico di speranza verso le acque, silenziose e cariche di mistero, riportando alla memoria le parole che tre giorni prima la sirena le aveva rivolto prima di sparire in quelle stesse acque che stava fissando. 

Troverai qualcosa ad attenderti

La latina si alzò in piedi e per scorgere un’eventuale traccia di una qualsiasi imbarcazione, s’immerso nell’acqua fino alle ginocchia dopo essersi accuratamente tirata su i pantaloni di tessuto molle. Neanche oltre quell’insenatura c’era la benché minima apparenza di un veliero o tantomeno di una barca a remi. 

Farai la figura dell’idiota, la provocò una voce nella sua testa. Vedrai che festa ti faranno dopo aver scoperto che li hai presi in giro.

Ma Santana si fidava ciecamente del mare e della sua rappresentate, Brittany, che pur essendo per natura descritta come ingannatrice trasudava fiducia e lealtà da ogni poro o squama che fosse. 

I primi a raggiungerla furono un paio di gabbiani affamati, che forse in ritardo si posarono con delicatezza a pelo d’acqua per cercare qualche pesce rimasto indietro, come loro. Poi il suono di risate sguaiate arrivarono alle sue orecchie, seguiti dai proprietari: Noah, il fabbro, i due della locanda ed il ragazzo con il debole per la scrittura, o qualunque altra idiozia avesse detto. 

I sei si scambiano i saluti e per i primi minuti si accontentarono di parlare del più e del meno. 

Ma con l’ansia e la trepidazione alle stelle, fu difficile per tutti evitare il grande elefante nel mezzo della stanza. 

«Allora..» Iniziò Finn, massaggiandosi le mani impacciatamente. Fece una smorfia strana prima di farsi portavoce del dubbio collettivo. «Dov’è la nostra barca?»

«Pazienta.» Sentenziò Santana, ostentando sicurezza con lo sguardo vispo rivolto alle onde.

E così fecero. Si sedettero tutti sulla spiaggia e, pazientemente, in religioso silenzio, attesero. Almeno finché il silenzio non fu disturbato da una voce stridula. 

«Doña Lopez!» Seguì uno strillo che fece accapponare la pelle a tutti quanti. Santana si voltò timorosa di vedere la sua paura diventare carne. Davanti ai suoi occhi Rachel Berry avanzava a passo incerto dal giardino che portava alla spiaggia con niente meno di un gatto tra le braccia.

Il ragazzo della locanda, Kurt, fece sentire la sua voce per la primissima volta. «Ma quella non è–» 

«Rachel Berry.» Concluse Finn con voce sognante. 

A Santana si accapponò la pelle. Notò solo al suo avvicinarsi di come fosse malconcia la ragazza: il viso sporco di polvere, le ragnatele tra i capelli, la veste con chiazze scure di sporco ed il pallore di chi ha appena visto un fantasma. 

Rachel sventolò il trofeo in pelo ed ossa davanti alla latina, che rispose con una smorfia di disgusto. «Ecco la vostra prova. Ho passato le pene dell’inferno per recuperarlo, povero micio spaventato, ma con che cuore avrei potuto lasciarlo nella casa di un fantasma? Chissà quanti orrori hanno già visto queste pupille stanche. Per la cronaca, ho deciso di chiamarlo Fifì, sta chiaramente per fortunato visto che questo pulcino ha avuto un’immensa fortuna ad essere salvato da quel luogo tenebroso e putrido. Ora mi aspetto che onoriate la vostra parte del patto.»

Santana spostò lo sguardo dal gatto alla ragazza più e più volte. 

«Quale patto?» Domandò Puck, alle loro spalle.

«Doña Lopez ha detto che se avessi superato la sua sfida mi sarei potuta aggiungermi a voi.» Lo informò prontamente Rachel.

«Beh, immagino che con una donna come capitano non possa essere di maggiore sfortuna navigare con un’altra femmina a bordo.» Commentò Blaine, incrociando le braccia al petto.

«Se portassimo a bordo anche il gatto la sfortuna si bilancerebbe. È risaputo che i gatti siano portatori di buona sorte.» S’intromise il biondino, che alzatosi in piedi si pulì le mani dalla sabbia sui vestiti. 

«La buona o la cattiva sorte» cominciò Kurt borbottando, «è l’ultimo dei nostri problemi. Non so se ve ne siete accorti, ma non abbiamo neanche una barca su cui salire. Cosa stiamo aspettando, esattamente? Che un magico veliero spunti dal nulla da un momento all’altro?! »

I ragazzi cominciarono a battibeccare mentre Rachel sembrava essere intenta a coccolare il gatto e a rassicurarlo riguardo il suo futuro destino. Santana, invece, al limite di una crisi di nervi, si prese il cappello tra le mani e di nuovo s’incamminò verso il mare. 

Gli altri, vedendola, sembrarono quietarsi. 

La latina sospirò con il naso e si prese nervosamente il labbro inferiore tra i denti, aveva una sola idea in testa per porre fine a quella situazione e non le rimaneva che aggrapparcisi con le unghie nella speranza della riuscita. 

 

«Devi solo chiedere, Santana. Il mare ti darà tutto ciò che desideri.»

 

Deglutì rumorosamente al ricordo della voce melliflua che con immensa calma le aveva spiegato le regole del gioco. Poi si chinò lievemente verso la distesa d’acqua e sussurrò: «Ho bisogno di un veliero, Brittany. Ho un disperato bisogno di un veliero, per cui se volessi essere così gentile da accordarmi questo favore io te ne sarei riconoscente a vita.»

Come terminò la frase, all’orizzonte, dove le acque erano più profonde, uno strano gorgoglio prese vita. La ciurma appena nata della ragazza rimase con il fiato sospeso. 

Spuntò prima un legno, quello dell’albero maestro, poi le vele bagnate dall’acqua da cui stavano uscendo ed così, poco a poco, l’intera nave. 

Tutti osservavano quel fenomeno incredibile a bocche aperte: un veliero di ottimo legno era appena sbucato dalle acque oscure del mare notturno e lentamente si avvicinava alla riva. 

«Sei veramente la figlia del diavolo.» Mormorò Samuel Evans, con più meraviglia nella voce che terrore.





*****
Buon rientro a scuola a tutti gli studenti! 
Questo è un piccolo promemoria che dice: la fanfiction non è né archiviata né morta. 
Spero il capitolo vi sia piaciuto, a presto il resto della storia! Fatemi sapere se c'è ancora qualcuno che segue la ff. 
Bye! 

   
 
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