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Autore: SkyDream    18/09/2016    5 recensioni
A Osaka, per varie notti, si susseguono omicidi sospetti che hanno in comune una cosa sola: un trattino blu sotto la nuca.
E' opera della Blue Spread, una pericolosa banda che sta mettendo a punto una macchina delle torture che usa delle microonde.
Heiji, che ha partecipato alle indagini, viene mandato a Kyoto con la scusa di recuperare delle materie scolastiche e suo padre gli vieta di sentire Kazuha.
Il detective capisce che sono solo misure di sicurezza e non si arrende.
Peccato che il destino abbia piani sadici per lui e la sua amica.
Genere: Angst, Drammatico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Heiji Hattori, Kazuha Toyama | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Raccolta storie su Heiji e Kazuha'
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-Blood in my Eyes-
-Occhi-

 
Alzasti le palpebre di colpo, ti mettesti seduto come se ti avessero spinto via dal quel tavolo maledetto.
«Kazuha» dicesti per poi metterti in piedi. Le ginocchia ti cedettero immediatamente, finisti a terra con un tonfo e la testa sembrava scoppiare lì dove probabilmente ti avevano infilato il microchip.
«Dannazione» sibilasti a denti stretti, allungasti una mano verso la maglietta e te la infilasti così come i pantaloni.
Su una sedia del piccolo laboratorio c’era una giacca nera di seta- probabilmente di Jophiel-, l’afferrasti e la legasti al collo.
Fuori dalla porta passeggiava un uomo che non avevi mai visto, aspettasti che si fosse allontanato e poi sgusciasti via silenziosamente.
Poggiate il lato esterno del piede sul tatami e poi avanzate. Non dovete spostare l’aria, devono essere la molecole a farvi passare.
Dovete essere così silenziosi da non spostare nemmeno la polvere, vi torneranno utili questi consigli, ragazzi.
La katana spesso non risolve tutti i problemi.
 
Sorridesti pensando che, quando saresti tornato a Osaka, avresti ringraziato il tuo sensei per ciò che ti aveva insegnato.
Eri così sicuro che saresti tornato a Osaka?
Passasti davanti un paio di stanze, tutte chiuse a chiave.
Una di queste aveva un’apertura sull’estremità superiore, non proveniva luce dall’interno se non un lieve bagliore.
«Non ci devono essere finestre, questa è l’unica presa d’aria» guardasti la porta e cominciasti a battere i pugni più forte che potevi, ma sentivi che era di un materiale pesante.
«Sento una voce!» urlò qualcuno in fondo al corridoio, sentisti dei passi pesanti e la prima cosa che ti venne in mente fu fingere di essere svenuto.
L’uomo arrivò, capisti che non era solo e ti accasciasti ancora di più contro la porta.
«Deve essere una delle cavie di Aihel, chiudiamolo qua dentro, deve essere riuscito a fuggire e poi è svenuto»
«Che idiota la gente, spera di scappare» biascicò l’altro cercando delle chiavi.
-Idiota ci sarai tu, moccioso- pensasti senza mutare espressione.
La porta si aprì lentamente, sentisti l’odore di sangue invaderti le narici e poi sentisti nuovamente la porta richiudersi.
Apristi gli occhi, davanti a te penzolava una lampadina che emanava un bagliore giallognolo.
Del sangue cominciò a macchiarti le mani. Rimanesti lì in silenzio, da solo, non sapendo che fare.
Il bruciore al collo non sembrava smettere.
Poi, rotta dal pianto e flebile, si sentì una voce.
«Ma…ma..ru..ta..ku» un singhiozzo interruppe la canzone, poi continuò «ebi…su..ebisu…» ma un altro singhiozzo sembrò far cessare la voce.
Ti alzasti, ti avvicinasti alla voce e urtasti qualcosa con il piede.
Una mano ti afferrò la caviglia, tremava e sembrava senza forze.
I tuoi occhi si abituarono al buio e con una mano ti costringesti a non urlare.
Ai tuoi piedi giaceva Kazuha in una pozza di sangue, mezza nuda e da sotto gli occhi scendevano fiotti di lacrime rosse.
«Maru, ta…taku» ripeteva senza mollare la presa.
 

«Si può sapere qual è il tuo piano, Kamai?» chiese l’uomo barbuto mentre sprofondava nella poltrona dello studio.
«Guarda tu stesso questo schermo»
«Chi sarebbe questo ragazzo?» chiese quello strofinandosi una mano sotto il mento.
«Heiji Hattori, figlio di Heizo»
«E hai deciso di cucirgli una microspia a telecamera in ogni maglietta?»
«L’ho fatto tranquillamente dopo ogni lavaggio. Sapevo che si sarebbe cacciato nei guai e poi la Blue Spread non è tipo da lasciarsi scappare dei ragazzini»
«Tu ne sai qualcosa, eh Kamai?»
«Kazuha, sei tu?» Ti inginocchiasti accanto a lei e la trascinasti fin sotto la luce.
«Heiji, sei tu?»
Le carezzasti il viso con il dorso della mano e le infilasti la giacca nera facendo attenzione a non sfiorarle il seno. L’ultima cosa che volevi era metterle ancora più disagio.
«Cosa è successo?» ti chiese appoggiandoti una mano sulla spalla, sembrava volersi spingere per sedersi ma non ci riusciva.
«Ci hanno rapito, ma non preoccuparti ne usciremo vivi, piccola» le sussurrasti per poi farle poggiare il viso al tuo petto, respirava lentamente e sembrava evitare ogni movimento.
«Sono scalza…»constatò tristemente indicandoti i piedi nudi legati da un pezzo di corda usurato. La sciogliesti attento a non toccarle le ferite.
«Compreremo delle scarpe» La guardasti preoccupato, lo shock doveva averla sconvolta al punto dal comprometterne la ragione.
«Hai deciso di tornare a Osaka con me?» ti chiese senza muoversi, sembrava così piccola alla fioca luce della lampadina.
«Certo che torno a casa con te, ma dobbiamo uscire da qui prima, okay?»
Lei sembrò annuire, fece un colpo di tosse e si rannicchiò su se stessa come a stringersi le costole.
«Kazuha…» cominciasti cercando di aiutarla, ma non avevi idea di cosa fare.
Eravate bloccati, in un posto sconosciuto e per giunta lei era debole e gravemente ferita.
«Non ci vedo, sai Heiji? Ho perso la vista qualche minuto fa, però ho riconosciuto la tua voce» sorrise per poi stringere la tua maglietta, aveva lo sguardo vacuo.
Le passasti una mano davanti agli occhi ma le pupille non si spostavano.
Un moto di sconforto e di rabbia ti montò dentro.
«Sei stata bravissima, Kazuha» e non aggiungesti altro, sentivi il collo bruciare e un singhiozzo salirti.
Ma tu sei Heiji Hattori e non puoi piangere
Tu sei la roccia, riesci a fare cose incredibili
E avresti sorpreso tutti anche questa volta
Vero, Heiji?
Passasti una mano sulla tasca dei pantaloni, avevi il portafogli.
Ne uscisti la carta del conto bancario, ti allontanasti da Kazuha che aveva ripreso a cantare la canzoncina del pallone.
Apristi la porta facendo scorrere la carta sul chiavistello, il rumore delle giunture poco oliate diede inizio alla vostra libertà.
«Ti porto fuori di qui, Kazuha» Le dicesti passandole una mano sulla testa con tenerezza.
Le infilasti il cappello facendo in modo che con la visiera non fosse troppo esposta alla luce delle lampade al neon del corridoio.
La caricasti sulle spalle e le sussurrasti di rimanere in silenzio, lei annuì e scivolò nel sonno.
Corresti per i corridoi, maledettamente bianchi, senza incontrare nessuno.
Dopo un po’ sentisti Jophiel urlare, doveva essersi accorta della tua fuga.
Accelerasti il passo ma non sembrava finire più, né una porta né una finestra lungo metri e metri di corridoio.
«Arrenditi, non troverai mai l’uscita, detective dei miei stivali» rise Aihel che comparì davanti a te come per magia.
Uscì un telecomando con una piccola antenna e lo puntò verso di te come se volesse cambiare canale in una giornata noiosa.
«Allora, come ci si sente? Eh?» Aveva gli occhi chiari, crudeli e freddi come la lama di un coltello.
Cadesti sulle ginocchia, lasciasti che Kazuha scivolasse per terra ancora nel sonno.
Ti portasti le mani dietro la nuca, il tatuaggio blu pulsava come se avesse vita propria.
«Fallo…smettere..» pregasti con tono di supplica.
Chi lo avrebbe immaginato che ti saresti abbassato a tanto!
Ma il dolore riesce a fare qualsiasi cosa
Soprattutto se il dolore non è tuo
E te ne saresti reso conto presto
Troppo presto per i tuoi diciotto anni, Heiji
 
«Portala via, Duth» ordinò con un cenno della mano Aihel, poi guardò te con aria divertita e si inginocchiò davanti aumentando l’intensità della scossa.
«Se hai ancora l’energia per scappare vuol dire che non ti è bastata la lezione…»Rise sguaiatamente, come fanno solo le persone animate da sentimenti malvagi.
«Non fategli del male, non se lo merita» sussurrò Kazuha mentre Duth la caricava sulle spalle.
Aprì gli occhi e li puntò davanti a sé, Aihel cacciò un urlo disgustato e urlò all’uomo di chiuderle gli occhi.
«Non posso vederti ma so dove sei, sei qui davanti a me e stai facendo del male a Heiji, e non posso permetterlo» sussurrò mettendo i piedi a terra.
Duth, ancora sotto shock nel  vedere Kazuha camminare –se pur a stento- sui propri piedi, la lasciò andare.
Aihel indietreggiò spaventata dagli occhi insanguinati di Kazuha, nella foga lasciò cadere il telecomando.
«Stolta..» sussurrò Kazuha mentre si piegava a prendere l’oggetto.
Duth, ripresosi, l’afferrò come fosse stata una bambola e se la caricò su una spalla con tanta violenza da farla gemere di dolore.
Ma tu, seppur ancorato a terra dal dolore che ti penetrava fino alle ossa, capisti quello che stava per fare lei.
Allungasti una mano e premesti il bottone verso Aihel.
E’ vero che gli scienziati spesso sono abbastanza egoisti ed eccentrici da volersi incarnare con le proprie invenzioni.
Anche lei aveva il microchip e ne avesti immediatamente la conferma.
Si raggomitolò a terra urlando a Duth di prenderti, ma quello era ormai andato via con la ragazza.
«Bastarda, infima bastarda..»urlasti per poi tirare un pugno al terreno.
Dov’era finita Kazuha adesso?
«Lasciala stare» ti disse Jophiel che era poggiata allo stipite della porta del corridoio con una pistola in mano, la teneva rivolta verso Aihel.
Ti allontanasti e lasciasti andare il bottone del telecomando.
«Sarebbe arrivato il giorno in cui la mia invenzione avrebbe fallito, e lì anche il tuo castello di carte sarebbe crollato»
«Non è colpa mia se hai fatto degli sbagli, Jophiel» urlò l’altra tremando ancora per le scosse ricevute.
Jophiel, con la treccia lunga che le scendeva fino alle ginocchia, chinò il capo e puntò l’arma contro la collega.
«Era un bambino. Tu non mi hai fermata e io ho ucciso un bambino! L’ho ucciso di stenti! Come puoi vivere con questo peso nella coscienza?» urlò tra le lacrime senza muovere l’arma, si morsicava un labbro e sembrava cercare le parole giuste.
«Non ti sei fatta scrupoli con le decine di uomini che abbiamo usato per i nostri esperimenti!» le fece notare Aihel mentre tentava di alzarsi.
«Non mi importava più, niente aveva più importanza! Per nove anni ho vissuto tranquilla, senza ricordare nulla. Otto anni fa tu e Duth mi avete mostrato il video di quell’omicidio e da allora..»
Jophiel scoppia in lacrime, la  treccia scossa dai singhiozzi dondola davanti a se.
Ti alzi, sperando di scappare e cercare Kazuha ma quell’arma sembra puntata un po’a entrambi. Resti immobile.
«Sono passati diciassette anni da allora, Duth è ancora vivo e nemmeno io sono morto» disse una voce.
Davanti a te Kamai carezzava il calcio di una pistola argentata, dietro di se c’era un uomo sulla sessantina con una barba incolta, anche lui teneva una pistola.
Aihel urlò qualcosa, indicò Kamai con gli occhi sgranati dandogli del fantasma, del morto che cammina.
«Non pensavo che sareste tornati da Osaka, dopo tutti questi anni, ma ho le mie conoscenze. So muovermi nelle vostre tane, lupi assassini» rise guardando Aihel.
«Lei era ancora giovane, non aveva nemmeno sedici anni ed era già rovinata dalla droga e dall’alcol. Ma tu, Aihel, eri ormai adulta e non l’hai fermata» Erano parole d’odio, le sue, parole dette con coraggio e forza.
Ma pur sempre parole d’odio.
«Noi volevamo solo lei! Il bambino non era previsto!»
«Avete torturato mia moglie e mi avete tolto il mio unico figlio!» urlò sparando alla gamba della donna bionda.
«Posso perdonare Jophiel perché il destino non ha voluto bene nemmeno lei, ma tu sei solo feccia disgustosa. Tu e il tuo amante da quattro soldi! Sono vent’anni che questa faccenda va avanti, è ora di chiudere il conto».
«Mi è sembrato di sentire una voce» disse Duth abbandonando Kazuha su un tavolino.
«E’ la voce della morte, è venuta a prenderci» rispose lei prima di rivolgere lo sguardo in alto, dove avrebbe dovuto vedere la visiera del cappello di Heiji, e abbandonarsi alla stanchezza.
«E’ la voce della morte, è venuta a prenderci».

Angolo autrice
Qualcuno di voi (Gagiord) ipotizzava che Kamai fosse dal lato della Blue Spread, bhe almeno in questo ai piccioncini di Osaka è andata bene!
Chissà, magari ne escono indenni entrambi - o magari no.

Aspetto le vostre opinioni e recensioni!
A presto!

_SkyDream_
   
 
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