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Autore: AlexiaKH    19/09/2016    4 recensioni
La quarta guerra mondiale ninja si era conclusa da mesi, ma ancora non si potevano chiamare tempi di pace. Vi erano ancora questioni e conflitti irrisoliti, riorganizzazioni e nuove minacce.
Niente di preoccupante, fino a quando un intero villaggio venne raso al suolo per mano di un nuovo gruppo di nukenin. Ciò che però tutti ignoravano, era l'esistenza della sola sopravvissuta di quella strage: una ragazza con un chakra e un potere molto particolare, che il suo villaggio si era assicurato di nascondere agli occhi del mondo.
Senza più un villaggio, una casa e una famiglia dove far ritorno, la ragazza si dedicherà anima e corpo nella vendetta. Ma riuscirà nel frattempo a ricostruirsi una vita?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!, Violenza | Contesto: Dopo la serie
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Capitolo 6: Risveglio.
 
“Kitanai Aburame?” Chiese perplesso Gaara. Si trovava nel suo ufficio con Shikamaru Nara e Shino Aburame, dove quest’ultimo mostrava le sue conclusioni sugli studi che aveva fatto sul parassita estratto da Yui.
“E’ l’unico shinobi in tutto il nostro clan capace di fare una cosa del genere.” Disse impassibile Shino, nascosto dietro il suo cappuccio e gli occhiali. “Il parassita che mi avete dato da esaminare è un esemplare unico, non ne abbiamo alcuna testimonianza in nessuno dei nostri archivi.” Disse continuando a esporre le sue conclusioni “Ha una struttura biologica completamente diversa da qualsiasi creatura esistente, e nella storia del nostro clan solo una persone era capace di creare nuove specie d’insetti e parassiti.”
Gaara, nell’ascoltare il giovane ninja della foglia, ascoltava attentamente, cercando un indizio nelle parole che stava ascoltando. Era stato recuperato un tassello, ma non era abbastanza per poter cominciare a capirci qualcosa… però era una traccia.
“Se questo shinobi che abbiamo affrontato fosse veramente Kitanai, dovrebbe avere l’aspetto di una persona che ha più di 150 anni.” Concluse Gaara. “Ma visti gli eventi passati, non è un’ipotesi del tutto assurda, soprattutto se si tratta dei seguaci di Jashin.”
“Da come abbiamo potuto vedere, direi che si tiene in vita con una tecnica che però non prevedere la preservazione del corpo, in questo modo si spiegherebbe il suo aspetto da cadavere in decomposizione…” Aggiunse Shikamaru. “Dovremmo cominciare a trovare ogni singola informazione su questo  ninja e provare a ricostruire ogni suo movimento da quando è nato, forse riusciamo a trovare degli indizi sugli Tsukiyo e capire che cosa volevano dagli abitanti del Villaggio degli Artigiani e dalla ragazza.
Sei stata richiesta da Jashin. Queste furono le parole che Gaara sentì, il suo obbiettivo era la ragazza, quella trappola era per lei e non per loro. Il dilemma era, una volta che si sarebbe svegliata, se nasconderla da qualche parte e metterla al sicuro, oppure tenerla sotto osservazione qui… Ma rimaneva il fatto che era in pericolo e sarebbe stato solo una questione di tempo prima che ritornassero in azione.
“Forse è meglio che ritornate a Konoha, avete fatto anche troppo per noi.” Disse alla fine. “Adesso dobbiamo trovare tutte le informazioni riguardanti questo shinobi, qui non potete fare più nulla, a parte aspettare il risveglio della ragazza.” Concluse il rosso, ottenendo il consenso degli altri due. Poco dopo i due uscirono dalla stanza, pronti a comunicare ai propri compagni le novità; Gaara seguì il loro esempio, uscì dal suo ufficio ma scegliendo un’altra destinazione.
 
La prima cosa che vide Yui fu il bianco. Ma non quel bel bianco candido come quello della neve, ma quello sbiadito quasi tendente al caramello. Aveva la vista leggermente sfocata, ma capii subito dove si trovava, quel fastidioso beep beep le rimbombava nella testa. Era in un ospedale.
Era svenuta, quel parassita la stava divorando, e ricordava solo voci di coloro che la soccorrevano, dicendole di resistere. In quel momento cominciò a risentire sensibilità su tutto il suo corpo, avvertendo un fortissimo fastidio sul suo braccio destro. Lentamente alzò il busto, notando la flebo conficcata nel suo braccio, e istintivamente assorbì la parte metallica dell’ago nel suo corpo, lasciando l’apparecchio sprovvisto. Quel liquido che le stava iniettando le dava parecchio fastidio, per lei era quello il corpo estraneo e non l’ago stesso. Quell’azione però le costò un capogiro, si sentiva debole… molto debole. Capii subito che le mancava un sacco di ferro in corpo, per lei essenziale per rimanere in forze vista la sua abilità innata, e si guardò intorno nella speranza di poter trovare altro da assorbire in corpo. Niente: tutto ciò che era in metallo era essenziale, non c’era niente di superfluo che potesse assorbire; ora si che le sarebbero stati utili le lastre di metallo, quelle che teneva sempre con sé.
A quel pensiero Yui sobbalzò, rendendosi conto di non aver addosso i suoi vestiti. Entrò giustamente nel panico. Il suo pensiero fisso divenne il rotolo che le aveva lasciato Ken, che era tutto per lei, il suo passato, presente e futuro. Di sicuro lo avevano letto, sarebbe stato strano il contrario, e temeva che lo avessero anche decriptato. Qualunque messaggio avesse lasciato il fratello, era di vitale importanza e doveva interpretarlo solo lei.
Rimase in sovrappensiero, cercando di capire come agire, senza accorgersi della porta che si stava aprendo. Gaara, quando aprì la porta della stanza, rimase sorpreso nel vederla finalmente sveglia, e non poté fare a meno di a scrutarla: era pallida come un lenzuolo, con lo sguardo spento e perso nel vuoto.
“Yui” Preso alla sprovvista, pronunciò il suo nome, facendola uscire dalla miriade di pensieri che l’avevano assalita. Si voltò di scatto e lo guardò sorpresa con i suoi occhi rubini, senza neanche pronunciare nemmeno una sillaba. I due si guardarono per qualche secondo, creando un atmosfera surreale, per poi distogliere lo sguardo.
“Grazie…” Disse Yui interrompendo quel silenzio imbarazzante. La ragazza si voltò di nuovo, incontrando lo sguardo perplesso del rosso. “… per avermi salvata.” Aggiunse, in modo da essere più chiara. Odiava essere in debito con qualcuno, ma conosceva bene i suoi limiti e la gratitudine, e voleva che fosse chiaro: sapeva benissimo che sarebbe morta se fosse rimasta da sola.
Ti chiedo solo di ricordati quello che ti ho sempre raccontato e, per il momento, di non chiedere aiuto agli altri Villaggi, in futuro sarai tu a decidere se farlo o meno. Confido nella tua ragione.
Ripensò alle parole della pergamena, perché forse era arrivato quel momento. Era passato più di un mese dalla strage e aveva fatto come le era stato detto: aveva agito da sola, nascondendosi utilizzando i trucchi che le era stato insegnato. Nelle tecniche dello spionaggio la reale identità deve diventare un fantasma, e così lei aveva fatto con le sua. Ma ora non le era più possibile, se aveva letto il rotolo, il Kazekage sapeva che lei era Yui del Villaggio degli Artigiani, quindi era indecisa.
Fidarsi? O non fidarsi? Un bel problema…
“Prego” Disse all’improvviso Gaara, in risposta del grazie aveva ricevuto prima. “E’ mio dovere farlo, anche se sei di un altro villaggio.”
“Ex-villaggio.” Corresse la mora. “Ormai è un cimitero cinereo…” Aggiunse, ma era una frase più rivolta verso sé stessa, imponendosi di ricordare in che condizioni era la sua casa. Mentre era in coma aveva sognato tutto ciò che ricordava, illudendosi per un momento che quel luogo esisteva ancora. Ma non era così, la realtà era ben diversa. In cuor suo, ancora non aveva del tutto accettato come fossero andate le cose, era passato più di un mese ormai, ma ancora non o aveva accettato del tutto, e forse mai lo farà.
“Che cosa volete da me?” Chese la ragazza, andando dritta al sodo.
“Sapere che cosa sta succedendo.”
“Allora state chiedendo alla persona sbagliata, lo vorrei tanto sapere anche io.” Rispose secca, ma era la verità alla fine. Gaara chiuse gli occhi e si mise a valutare se interrogarla, chiedendo la collaborazione di Ino Yamanaka,o farle qualche domanda ora. Non voleva trattarla come una prigioniera, per il momento. Gaara sospirò e si avvicinò a lei, sedendosi sulla sedia che si trovava al fianco del letto. Yui guardò sorpresa il ragazzo che la scrutava impassibile, cercando di capire dove volesse arrivare.
“Come ti chiami?” Chiese il rosso alla fine, ache se conosceva già la risposta. Era solo un semplice modo per iniziare una conversazione, inducendola ad aprirsi.
“Non mi avete chiamata per nome poco fa?.” Disse perplessa.
“Intendevo il tuo nome completo.” Specificò.
“… Yui Sasayama.” Rispose dopo qualche secondo di titubanza, non essendo certa di come rispondere, decidendo di farsi chiamare con il cognome del clan del padre adottivo.“Voi invece siete il Quinto Kazekage, Sabaku no Gaara…”
“Puoi anche darmi del tu, in fondo credo che abbiamo la stessa età più o meno.” Le disse interrompendola.
“Va bene…” Disse per poi valutare che cosa dire. “Perché stai perdendo tempo?” Chiese semplicemente. Quattro parole che riassumevano l’intera situazione, Yui al suo posto non si sarebbe mai messa a sedere davanti al suo testimone chiave e chiedergli il nome e di farsi dare del tu… La situazione era critica e lei non capiva il suo atteggiamento. Gaara notò il dubbio negli occhi della ragazza, come notava l’ansia di dover fare subito qualcosa… in quello sguardo capì subito che avrebbe tentato di scappare, non appena ne avrebbe avuto le forze.
“Perché voglio che tu collabori con noi, è anche il modo più facile per metterti al sicuro.” Rispose alla fine.
“Cercano me, e non si fermeranno finché non mi troveranno, non è vero?” Chiese, nella speranza di sentire una risposta diversa da quello che già aveva intuito.
“Danno la caccia a tutti coloro che hanno avuto legami con il Villaggio degli Artigiani, tu sei riuscita a scappare… ma è solo una questione di tempo prima che ti ritrovino.”
Già, era veramente solo una questione di tempo, e questo lo sapeva molto bene anche lei. Ciò però che lei temeva e che la stavano cercando non perché era una sopravvissuta al massacro, ma per via della sua abilità innata. Dopo gli ultimi eventi, aveva capito che il Villaggio era stato tradito da qualcuno, perciò la probabilità che il traditore avesse venduto anche l’informazione sulla sua esistenza non era da escludere.
“Non sono al sicuro…” Disse inconsciamente.
“No, se collaborerai e ci permetterai di proteggerti.”
“Non sono al sicuro da nessuna parte, soprattutto qui.” Contestò, ricordandosi della facilità di come era lei riuscita ad entrare nel Villeggio della Sabbia. Se ci era riuscita lei, una ragazzina inesperta del mondo al di fuori del suo Villaggio, di sicuro ci potevano riuscire senza fatica dei criminali di livello S. “Hai mai pensato di controllare la sicurezza nel portone Est di notte? Lì alcune guardie hanno preso il vizio di bere Sakè.” Rispose alla fine, ottenendo come risposta uno sguardo misto tra perplessità e sorpresa da parte del rosso. “Non sai nemmeno che cosa succede all’interno del tuo stesso Villaggio, come puoi dire che mi proteggerai?” Lei e suo fratello, figli del penultimo capo villaggio e ricoprendo un ruolo di una certa importanza, erano al corrente di ogni singolo particolare che accadeva all’interno dei loro confini: grazie a questo per lei era un gioco da ragazzi riuscire a scappare, anche se suo fratello le era nettamente superiore, riuscendo a sventare ogni suo tentativo di fuga.
Come poteva fidarsi di un capo che non era al corrente delle lacune della sicurezza del suo Villaggio? Come poteva anche solo pensare di lasciarsi proteggere in un luogo dove, chi è incaricato della sicurezza, sottovaluta il suo compito e si lascia andare nei vizzi?
Non poteva restare.
“Al contrario, tu mi sembri ben informata…” Commentò il rosso, non sapendo cos’altro dire. Era stato preso alla sprovvista con quell’accusa, una ragazza di un altro Villaggio era riuscita a zittire e a mettere in difficoltà un Kage, permettendosi anche di accusarlo di incapacità nella gestione del proprio Villaggio. Se il Raikage l’avesse sentita, l’avrebbe già uccisa, ma lui nemmeno reagì, perché nel profondo sapeva che lei aveva ragione; ricordò infatti gli esami Chunin che si erano tenuti a Suna, di come uno dei suoi consiglieri aveva tentato di ucciderlo. Sapeva che come capo aveva molto da imparare e, notando la determinazione nello sguardo cremisi della ragazza, sapeva che da lei poteva imparare molto. Forse lei non era una semplice abitante del Villaggio degli Artigiani.
“Quella pergamena… chi l’ha scritta era informato della situazione.” Esclamò il rosso, risvegliando in Yui un’espressione facciale diversa, ora vi era del chiaro dolore.
“Già” Rispose secca.
“Abbiamo provato a decifrare il codice, ma inutilmente.” Continuò Gaara.
“Non vi posso essere di aiuto, nemmeno io l’ho decifrato.”
“Però era rivolto a te, forse sei l’unica in grado di farlo.”
“Sfortunatamente, quella persona è morta davanti ai miei occhi, prima che potessi chiedergli che tipo di codice ha utilizzato.” Rispose, risvegliando inconsciamente un ricordo che voleva dimenticare a tutti i costi.
“Era una persona a te cara?” Insistette.
“Cambierebbe qualcosa lo dicessi?” Rispose seccata la ragazza. “Rispondo io: no, perché io l’ho… io…” Io l’ho abbandonato scappando. Era questo che voleva dire. S’interruppe all’improvviso. Le faceva male parlare di Ken, le faceva male che era stata incapace di aiutarlo, come le faceva male sentirsi debole. Dalla tragedia non si era mai sfogata, aveva avuto al massimo qualche leggero momento di pianto, ma mai un pianto incessante da spingerla ad urlare. Era la prima volta che qualcuno le chiedeva qualcosa della tragedia, di quello che succedeva, fino a quel momento lei aveva solo focalizzato i suoi ricordi su dettagli utili per trovare indizi, ma mai per ricordare l’evento lì per sé. Aveva sempre evitato ad oltranza il ricordo dell’uccisione del fratello, e non solo per il dolore della perdita: si era resa conto che quella notte poteva veramente fare qualcosa, ma era troppo spaventata e decise di lasciarsi proteggere, sentendosi debole come non mai in vita sua. Ken aveva sempre avuto ragione su di lei, e ora doveva in qualche modo cavarsela da sola… farsi furba. Si coprì il volto con le mani, cercando di soffocare i singhiozzi e le lacrime. Il suo respiro di fece affannoso e iniziò a tremare ma, non appena sentii una mano calda sulla sua spalla,ritornò alla realtà e si calmò un minimo, rendendosi conto che si era appena mostrata ancora più debole.
Perché? Si chiedeva. Perché adesso? Perché qui davanti ad un perfetto sconosciuto? Ma non trovava risposta. Anche Gaara rimase sorpreso dell’improvviso cambiamento di umore della ragazza, voleva fare qualcosa ma non sapeva che fare, e si limitò solo di appoggiarle la mano sulla spalla. Si era quasi sentito in dovere di farlo, anche se non sapeva esattamente il motivo. Lui non era il tipo da fare questo genere di gesti, nemmeno come segno di scusa per aver risvegliato dei ricordi sgradevoli. Semplicemente il suo corpo si era mosso da solo. Quel momento venne interrotto dall’arrivo di un infermiera, che subito andò a chiamare un primario per visitare la ragazza.
Dopo aver ricevuto i risultati delle prime analisi dal primario, Gaara uscì dall’ospedale, scosso dell’incontro. Il loro scambio di battute lo aveva portato al nulla di utile per le indagini, e di certo metterla sotto interrogatorio ora era altrettanto inutile, però in quell’asso di tempo era successo qualcosa tra loro due, una sorta d’intesa… no, quell’intesa era già nata quando si ritrovarono rinchiusi nella miniera, ma allora erano troppo impegnati a capire come salvarsi per rendersene conto. Chissà com’era quella ragazza prima di perdere l’amore e l’affetto della sua casa e della sua famiglia… Voleva aiutarla, voleva salvarla prima che i sentimenti negativi prendessero il sopravvento su di lei. Chiamare dei ninja sensitivi, metterla sotto interrogatorio, trattarla come una prigioniera sarebbe servito a nulla, non avrebbe mai parlato e non si sarebbe mai aperta a loro. Era palese la sua sfiducia nel confronti dei paesi al di fuori del suo, e doveva trovare il modo di farla ricredere.
Passarono i giorni, e             Yui si riprese molto lentamente, a causa delle sua dieta povera di ferro, ma nel frattempo la situazione nelle Terre del Nord nel Paese del Vento si faceva sempre più critica. Arrivarono alle orecchie della ragazza voci riguardanti la base della Tsukiyo che si trovava in quella zona, giustificando così la crisi in crescendo in quella zona. Voleva andarci, vedere con i suoi occhi, ma non poteva da sola o sarebbe stata spacciata. Era un’amara consapevolezza, ma cominciò a valutare se accettare l’aiuto del Kazekage, ovviamente scendendo a patti.
Gaara analizzava la situazione con i membri del consiglio. Aveva poi fatto controlli a sorpresa nei posti di controllo e la ragazza aveva ragione, c’erano delle grosse lacune nella sicurezza del Villaggio. Vide con i suoi occhi come certi shinobi, dopo la fine della Quarta Grande Guerra Ninja, si erano lasciati andare. Per loro il peggio era passato, che le grandi minacce erano state sconfitte… non si rendevano conto che erano sulla soglia di una nuova grande crisi.
“Dobbiamo fare qualcosa.” Disse uno dei consiglieri.
“Si ma non abbiamo indizi, e non possiamo buttarci nella mischia senza avere fonti certe sui rivoluzionari.” Aggiunse un altro.
“Abbiamo la ragazza. Si può sapere che cosa stiamo aspettando a estrale le informazioni?”
“Vi ricordo che la testimone è sotto la mia responsabilità.” Intervenne Gaara, interrompendo il continuo ed inutile scambio di battute tra i consiglieri. “Di conseguenza vi ricordo che non potete prendere iniziative su di lei senza la mia autorizzazione.” Concluse glaciale. Era ben conscio del fatto che alcuni membri del consiglio aspettassero solo la sua fine, o per paura o per prendergli il posto, di conseguenza odiava quelle riunioni, anche se le faceva per il bene del suo Villaggio.
“Kazekage, mi sembra che abbia preso molto a cuore la situazione della ragazza.” Commentò uno dei consiglieri, uno di quelli che non lo appoggiava. Era palese la sua allusione, e subito lesse nello sguardo degli altri consiglieri quello che stavano pensando: era stato messo al potere solo perché era la forza portante del Monocoda e il figlio del quarto Kazekage, ma alla fine era solo un ragazzino immaturo, che prendeva decisioni sbagliate in preda dagli ormoni. Come se lui fosse così superficiale e irresponsabile, ogni sua decisione era per il bene del Villaggio e, nei suoi limiti, per il bene di tutti, soprattutto per evitare che altri facessero la fine che lui avere rischiato, perdendosi nelle ispide strade dell’odio, della solitudine e del rancore.
 
 
Contemporaneamente, in una grotta non ben definita, delle oscure figure si erano radunate per osannare il nuovo sacrificio che avevano appena compiuto in nome di Jashin. La figura al loro centro, una giovane donna, era stata squartata in sei parti, ognuna posizionate su una punta della loro stella disegnata col sangue. Le figure incappucciate ne erano intorno, pregando in una lingua solo a loro conosciuta e, una volta finito, una di loro, l’unica coperta da un mantello nero decorato da simboli dorati, parlò.
“Cari confratelli, dobbiamo agire, questa volta senza fallire.” Disse in preda all’estasi, alludendo al fallimento di Kitanai e Hidan di qualche giorno prima. Il primo dei due ringhiò, mentre il secondo sospirò esasperato.
“La ragazza si trova a Suna, dovremmo essere cauti.” Commentò una figura incappucciata.
“Ma che cosa dite? Ma se dei miei vecchi compagni si infiltrarono molto facilmente.” Intervenne Hidan, ricordando il rapimento di Gaara da parte di Sasori e Deidara. “E’ un gioco da ragazzi, basta solo usare tutto quello che abbiamo.” Concluse.
“Sta zitto Hidan, quella volta fu possibile grazie alle informazioni che era in possesso Sasori.” Commentò un’altra figura incappucciata.
“Ma come ti…”
“Silenzio” Disse la figura incappucciata con il mantello decorato, interrompendo l’imprecazione di Hidan. “Kitanai, notizie dai tuoi parassiti?” Chiese alla fine dopo qualche secondo di silenzio.
“Non era ancora morta quando glielo avevano estratto, che cosa sia successo dopo non posso saperlo, dal momento che lo hanno ucciso.” Rispose facendo molta fatica a parlare.
“Se la caverà, quella ragazza ha sempre avuto la pelle dura.” Commentò un’altra figura. “Ormai è nostra, non ci può più scappare, ora che sappiamo dove si nasconde.”
“Certo che ne hai avuto di fegato per tradire e uccidere i membri del tuo stesso villaggio, eh? Mi hai sorpreso in positivo!” Eslamò Hidan.
“Se è in nome di Jashin, anche il tradimento è giustificabile.” Rispose subito. “E poi ci servivano dei sacrifici per le nuove cerimonie.”
“Ci serve la Kinzuku, se vogliamo arrivare al nostro obbiettivo.” Intervenne un’altra figura.
“Allora credo che sappiamo tutti che cosa fare, andate.”
Dopo quell’ordine tutti esclamarono Lode al Sommo Jashin e se ne andarono. Hidan camminò silenziosamente per i corridoi, seguito da Kitanai. Dovevano compiere una missione per raccogliere nuove vittime per i loro sacrifici, ma Hidan in quel momento non ne aveva proprio voglia, o meglio: non aveva voglia di sentire i continui rimproveri e lamentele di Kitanai.
“Vedi di non fare come l’altra volta.” Disse quest’ultimo sibilante.
Ecco! Pensò subito Hidan. A volte questo vecchio mi fa proprio rimpiangere Kakuzu. Se non fosse stato per il rispetto che deve dare a causa del grado di anzianità all’interno del culto, lo avrebbe già ucciso da un pezzo. Aveva la sua stessa devozione per Jashin, e questo era ammirevole, ma era decisamente troppo fastidioso per i suoi gusti.
 




 

Angolo dell'autrice:


Buonsalve a tutti!
Prima che mi ammazziate: vi chiedo scusa per essere sparita, ma il lavoro mi ha proprio tolto il tempo per scrivere, non ho avuto momenti liberi per rilassarmi e pensare come continuare la storia... Ora sono più libera e quindi riesco a scrivere con una certa frequenza. E' molto probabile però che in questo capitolo abbia perso un po' del mio... smalto, ovvero che può non essere figo come i precenti. Ho fatto del mio meglio per farlo il più figo e interessante possibile, vista anche la lunga attesa, però se ci sono cose che non vi piacciono, non vi convincono o semplicemente ERRORI, vi prego di dirmelo.

Vi ringrazio per essere rimasti e vi chiedo ancora scusa.
Alexia.
  
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