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Autore: Pascal76    20/09/2016    1 recensioni
Quando il mondo ti crolla addosso, non lasciare mai che la cosa
ti distrugga, indipendentemente dalla violenza con cui ti colpisce.
Questo Nina lo sa.
Lo sa da quando il primo attacco ha ridotto tutte le persone che conosceva,
pure i genitori, in mostri assassini. Sa che un giorno splenderà il sole anche per lei e suo fratello, sa che un giorno tutto si sistemerà, anche se nulla sarà più come prima. Nina lo sa, e questo le basta per lottare, per far si che la malattia che silenziosamente le sta portando via il fratellino venga sconfitta.
Ma quando entrambi verranno portati al Bureau, centro di raccoglimento per i pochi sopravvissuti all'attacco, Nina avrà di fronte una realtà ben più amara della precedente a cui è sopravvissuta.
Capirà che ha di fronte una realtà ben più grande e complessa di lei, che a volte l'unica arma per vincere una battaglia è evitare che questa ti spezzi il cuore, o peggio ancora l'anima.
Genere: Avventura, Generale, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Afferro la maniglia e lentamente la giro. Apro la porta di poco e controllo.

Di quella che un tempo era casa nostra è rimasta soltanto un pezzo di cucina ed un corridoio e, in fondo a quest'ultimo, la porta che conduce alla taverna. Tutto il resto è stato spazzato via da terremoti, temporali e a volte tempeste spaventosamente forti alle quali siamo riusciti a sopravvivere. Potremmo cominciare a definirci creature soprannaturali se sopravviviamo a tutte questi ostacoli, ma il solo pensarci mi ricorda mamma e papà e l'ultima volta che li ho visti, mentre impazzivano e diventavano come tutti gli altri.

Avevo cominciato a chiamarli zombi, ma non so se è la definizione più corretta.

Scaccio quei ricordi dalla mente e piegata sulla schiena raggiungo la cucina. So che da qualche parte mamma nascondeva un kit del pronto soccorso per quando si tagliava per sbaglio con i coltelli da cucina. Il punto era sapere dove.

Frugo in giro, facendo particolare attenzione a non causare uno sferragliare di pentole e piatti capace di attirare l'attenzione di chiunque anche a centinaia di metri. Anche se forse non è rimasto più nessuno penso.

Quando lo trovo mi faccio involontariamente scappare un “Si!” non troppo contenuto. Di riflesso, mi tappo la bocca con una mano.

Aspetto lì, ferma di fronte all'armadietto accanto al frigorifero, il punto più esterno di casa mia. Dicono che se rimani immobile dove sei, magari gli zombi ti risparmiano. E infatti è così che faccio. Rimango lì, impalata e conto fino a 10.

1, 2 , 3 , 4... sento dei fruscii provenire da una siepe lì vicino. Maledizione.

5, 6 non farti prendere dal panico.
7
8

ancora un altro fruscio, stavolta più vicino di quello precedente.

9

10.

Aspetto ancora per quelle che sembrano delle ore, ma stavolta non succede più niente, quindi ne approfitto e ritorno in taverna a passi svelti. Una volta dentro chiudo delicatamente la porta e traggo un sospiro di sollievo. Aspetto che il mio respiro si faccia regolare, quando scendo le scale e raggiungo mio fratello, che intanto è caduto in un sonno profondo. Gli metto due dita sul collo e controllo i battiti, giusto per assicurarmi che i lenti movimenti del diaframma non siano un'illusione.

Okay, è vivo.

Mi siedo sul pavimento e con fatica apro il kit : non c'è quasi niente. Cerotti, scotch, olio, burro cacao, ma di garze non ne vedo. Cerco, ricerco, svuoto la piccola valigetta, ma non ci sono.

Come diamine si fa a non avere delle garze in casa?

Rimetto le cose nella valigetta e mi prendo il viso con le mani.

Mi obbligo a pensare a qualcosa, ma non mi viene in mente nulla.

Uno straccio bagnato potrebbe servire, ma quanto durerà?

Troppo poco e non possiamo permettercelo. Non posso permettermelo.

Potrei andare nella farmacia vicino alla scuola, ma è troppo lontana. E sopratutto, non potrei andarci oggi. Di sicuro, chiunque mi stesse osservando mentre cercavo il kit, di sicuro aspetta che io esca dal nascondiglio, quindi oggi è meglio evitare.

Cammino avanti e indietro per la taverna, cercando di rassicurarmi e di fare pensieri positivi. Le garze potranno essere utili è vero, ma anche uno straccio bagnato non scherza. Certo, le garze sarebbero meglio e sono anche più leggere e resistenti – e dopo un po' non puzzano -, ma anche lo straccio bagnato può aiutare.

Cerco di convincermi in tutti i modi, ma è come se mi stessi prendendo in giro volutamente, cosa che non sopporto.

Potrei allontanarmi di notte.

Potrei andare fino alla farmacia e prendere ciò che mi serve. È pericoloso perché non vedi nulla, ma allo stesso tempo è vantaggioso perché non puoi essere visto, quindi chiunque sia lì fuori ad aspettarmi potrebbe non vedermi.

Alex mugugna e cambia posizione sul letto, lasciando un braccio cadere dal materasso. Glielo sistemo e lo guardo, pensando alle conseguenze che il mio gesto potrebbe comportare.

Potrei non tornare mai più e lui rischierebbe di morire divorato da qualcosa non conosce, ma allo stesso tempo se rimango qua lui morirebbe comunque, quindi tanto vale provarci.

È solo febbre Nina, solo febbre.

Mi protendo verso il piccolo e gli lascio un leggero bacio sulla fronte bollente.

Dopodiché mi cambio e metto i vestiti più scuri che riesco a trovare in taverna – prima che metà casa fosse distrutta ho fatto scorta – e svuoto lo zaino un tempo stra colmo di merendine. Prendo la torcia elettrica e la infilo nella tasca della felpa, verificando che effettivamente funzioni ancora, anche se dubito che la userò. Mi servirà solo per le emergenze, ma spero proprio che non ce ne siano.

Mi siedo accanto al letto e comincio a farmi mentalmente un piano d'azione, consapevole che ogni gesto sbagliato potrebbe nuocere sia me che Alex. È successo tante altre volte che dovessi andare da qualche parte di notte, ma mai in una situazione come questa, con mio fratello messo così tanto male da far stare male pure me in un certo senso. E poi, erano mesi che la zona era completamente deserta, quindi non capisco perché improvvisamente qualcuno sia tornato.

« Nina » mugugna Alex, girandosi sul letto.

« Hey campione » rispondo, prima di rendermi conto che sta parlando nel sonno. La cosa mi getta ancora di più nello sconforto e mi fa pensare al peggio.

Mi avvicino un poco di più a lui e gli accarezzo una guancia. Brucia.

Devi andare, sta peggiorando. Mi suggerisce il subconscio.

Obbedisco e, senza guardarmi indietro, esco dalla taverna con lo zaino in spalla. Uscendo controllo due volte la zona e mi sollevo il cappuccio sulla testa, prima di incamminarmi verso il centro. 

   
 
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