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Autore: Angel TR    26/09/2016    1 recensioni
She saw my silver spurs and said let's pass some time
And I will give to you summer wine

Lana del Rey - Summer Wine.
{Avvertimenti e note all'interno | Raccolta disomogenea | LilixAsuka}
{Storie partecipanti alla "Le situazioni di lei&lei" indetta da starhunter Challenge indetta su EFP}
{Partecipa alla challenge "Just stop for a minute and smile" indetta da Sou_Shine su EFP}
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shoujo-ai | Personaggi: Asuka Kazama, Emily Rochefort
Note: Lime, Raccolta, What if? | Avvertimenti: Bondage, Gender Bender
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La Belle Époque'
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Questa storia partecipa all'Au Challenge indetta da DonnieTZ su Efp con Dark!AU prompt 'Vampiri'.

Questa storia partecipa all'About Sex Challenge indetta da ManuFury con il prompt 'Supernatural'.

29. Vampiri!AU
Nickname: Angel Texas Ranger
Rating: arancione
Avvertimenti: Lime(??)
Genere: supernaturale, erotico, suspense (i polli ridono)
Titolo: Serata danzante


Rouen, 1850

Le tenebre abbracciavano l'imponente dimora della nobile famiglia Rochefort, donando un fascino inquietante alla facciata in stile barocco.

Asuka Kazama rabbrividì e si strinse nello scialle di lana pregiata. Qualcosa le puzzava e lei aveva un ottimo olfatto.

Il palazzo doveva avere più di venti stanze, a quanto poteva intuire Asuka dalle finestre. Stranamente, solo quelle del primo piano erano illuminate —probabilmente quelle del salone da ballo.

Asuka rabbrividì di nuovo.

La mamma le diede un pizzicotto. «Comportati da fanciulla ben educata, mi raccomando. La famiglia Rochefort è di nobili origini e conserva ancora un patrimonio sostanzioso. Si dice che mademoiselle Rochefort, la figlia, possegga una bellezza fuori dal comune. Nonostante sia in età da marito, però, non partecipa molto alle attività sociali» disse.

Come se ad Asuka importasse qualcosa!

Trovava ridicoli tutti quegli obblighi da signorina di buona famiglia e noiosi quei balli dove ci si impacchettava tutti per fare bella figura e trovare marito o moglie.
Sistemarsi. Essere finalmente donna.

Asuka sbuffò.

Sua madre le scoccò un'altra occhiataccia prima di incipriarsi nuovamente. Era particolarmente ansiosa, quella sera: voleva fare bella figura.

Forse Monsieur Rochefort aveva anche un figlio in età da marito e sua mamma era intenzionata a combinare qualcosa?

Il cigolare dell'elegante portone broccato distrasse Asuka dai suoi pensieri molesti.

«Benvenuti nella mia casa! Lasciate un po' della felicità che portate!» li accolse una voce dal forte accento francese.

Il signor Rochefort era bizzarro: era un uomo di mezza età eppure conservava un aspetto giovanile e, negli occhi, brillava una luce maliziosa e birichina.

La mamma avanzò impettita e salì gli scalini, raccogliendosi la gonna con due mani. Asuka dovette soffocare una risata. «Che onore, monsieur Rochefort» salutò.

«L'onore è tutto mio» rispose lui, inchinandosi per effettuare uno splendido baciamano.
Sarebbe stato un gesto da perfetto gentiluomo se non avesse inspirato profondamente, come se avesse percepito un profumo allettante, mentre indugiava con le labbra sulla mano della mamma.
Quando incrociò lo sguardo della mamma, le luci sfavillanti provenienti dall'ingresso donarono una strana sfumatura rossastra ai suoi occhi azzurri.

Asuka sentì un nodo allo stomaco, accompagnato dallo strano impulso di andare a liberare la mamma da quella presa.

«Che profumo incantevole, madame» complimentò monsieur Rochefort.

La mamma si imporporò tutta. «Oh, la ringrazio.»

Eppure anche lei conservava una traccia d'inquietudine nel volto a causa di quel contatto e ritrasse la mano più in fretta di quanto sarebbe stato conveniente, stringendola con l'altra e rifugiandosi da suo marito.

Monsieur Rochefort lo notò e sfoderò un sorriso che Asuka trovò raccapricciante.

Non voleva entrare in quella casa.

Mosse un passo indietro.

L'uomo inquietante parlò. «Lasciate che vi presenti mia figlia, la signorina Emilie» annunciò, introducendo una figura in ombra con un braccio.

Asuka sbatté le palpebre. Impossibile. L'ingresso era completamente illuminato: allora perché la figura restava nel buio?
Poi apparve, come se fosse stata investita improvvisamente dal fascio di luce e Asuka non ci pensò più.
Persino la mamma trattenne il fiato.

Sulla soglia, era apparsa la fanciulla più bella che Asuka avesse mai visto.

Sorrideva educatamente, negli occhi azzurri la stessa luce maliziosa e birichina del padre.
I soffici e biondi capelli lisci le sfioravano la vita sottile stretta dal corpetto del colore del vino che faceva risaltare la sua pelle d'avorio.

Tutto aveva cessato di muoversi. Asuka avanzò verso la figura celestiale, senza staccare gli occhi.

La splendida fanciulla posò lo sguardo di zaffiro su di lei e si leccò le labbra in un gesto lento.

E l'incantesimo si ruppe e Asuka si ritrovò di nuovo ad indietreggiare.

«Enchantée» disse Emilie, con la sua voce celestiale, continuando a fissare Asuka, famelica e divertita.

Quel timbro caldo investì Asuka, facendola tremare dal desiderio e offuscando la sua mente con visioni oltraggiose.
Scosse la testa, sotto shock.

Cosa succede?, pensò.

«Prego, entrate nella nostra umile dimora» li invitò, inchinandosi lievemente. Pareva cantasse invece di parlare.

Asuka entrò dopo i suoi genitori. La mamma le fece cenno di sfilarsi lo scialle, cosa che lei eseguì controvoglia.
Il corpetto le strizzava il busto e un'ampia porzione del suo décolleté era praticamente offerta agli occhi di quella strana famiglia e di tutti gli invitati.
Molti giovanotti lanciarono occhiate lascive ma fu lo sguardo bruciante della bellissima Emilie ad imbarazzare Asuka.

Le rivolse un sorriso e si diresse nella sua direzione. Un brivido corse lungo la spina dorsale di Asuka.
Quando passava, gli invitati si fermavano per ammirare la sua bellezza; eppure Emilie non distoglieva lo sguardo da lei.

«Buonasera. Ancora non ci siamo presentate» esordì.

Ancora una volta, Asuka si chiese se fosse tutto frutto della propria immaginazione.

Qualcosa le impediva di ragionare appieno per cui rispose «Sono Asuka. Incantata di conoscervi, mademoiselle.»

La meravigliosa creatura rise, una melodia di campanelline che suonavano. «Dammi del tu. Abbiamo la stessa età, dopotutto» le chiese. Aveva i modi di una regina.

Asuka inarcò un sopracciglio. Emilie aveva un'aria vissuta anche se era nel fiore degli anni.

«Diventeremo amiche, me lo sento» affermò Emilie.

Quelle luci erano eccessive perché anche lo sguardo della fanciulla si tinse di rosso mentre vagava sulle linee del collo e del seno di Asuka.
Si leccò di nuovo le labbra.

Un campanello d'allarme suonò nella testa di Asuka. Si ritrovò ad affannare, quasi non riuscisse a respirare e vide Emilie sul punto di perdere tutto quel contegno da nobildonna.
Era famelica. La osservava come un cane osserva una coscia di pollo dopo giorni di digiuno.

Asuka trattenne un grido ed indietreggiò.

Quella donna era terrificante.

Lei se ne accorse e si ritrasse. Si ricompose, portandosi una mano affusolata al petto.

«Perdonami, Asuka. Sono una pessima padrona di casa. Per farmi perdonare, devi assolutamente concedermi di mostrarti le mie stanze» si scusò, affranta.
I suoi occhi ora rivelavano solo dispiacere. Asuka inarcò un sopracciglio.

Ora capiva perché Emilie non si faceva vedere in pubblico molto spesso.

Era proprio bizzarra.

Forse tutta quella bellezza e quel patrimonio le avevano dato alla testa, rifletté Asuka.
In ogni caso, lei non aveva la minima intenzione di allontanarsi da sola con quella ragazza; aveva davvero brutti presentimenti. A proposito di presentimenti, dov'erano i suoi? Asuka scandagliò la sala e trovò i suoi genitori che parlottavano con altri signori.
Siccome quei signori avevano al loro fianco dei ragazzi della sua età, Asuka suppose che stavano in combutta per infiltrarsi nel suo carnet da ballo.

Sbuffò. Lei odiava ballare.

Emilie se ne accorse e sorrise. «Con chi aprirai le danze, Asuka?» chiese, maliziosa.

«Con nessuno» replicò nervosamente Asuka. Incrociò le braccia ma questo fece sporgere il seno. Brutta mossa.

Emilie buttò l'occhio poi tornò a concentrarsi sul suo volto, scrutandolo attentamente, come se vi potesse trovare qualche verità nascosta. «Siamo in due, amica mia» disse.

Ancora una volta, Asuka restò a bocca aperta. Com'era possibile che non ballasse con nessuno?

Notando il suo sguardo incredulo, Emilie le porse il suo carnet. «Non ci credi?»

Era effettivamente vuoto. Asuka sollevò gli occhi, incontrando l'astuto sguardo della padrona di casa.
Forse non era poi così attratta dai giovanotti presenti in sala.

«Lili, mia dolce figlia, hai trovato compagnia?»

Monsieur Rochefort comparve improvvisamente alle spalle della figlia. L'aveva chiamata 'Lili', un nomignolo, eppure risultò sgradevole e Asuka si ritrovò a rabbrividire di nuovo.
Padre e figlia insieme erano inquietanti.

Emilie non distolse gli occhi da lei mentre rispondeva al padre. «Oui. E sarei lieta di mostrarle le stanze.»

Di male in peggio, pensò Asuka. Sarebbe stato un affronto reclinare un tale invito.

«Che splendida idea, Lili!» esclamò Monsieur Rochefort. Batté le mani e si allontanò per posizionarsi davanti all'orchestra.

«Signori e signore, mesdames et messieurs, sono onorato di ospitarvi nella mia umile dimora. Spero che questa sia una serata memorabile. Che abbiano inizio le danze!» annunciò, scatenando dei sospiri nelle dame.

Le note di un famoso valzer — di cui Asuka non conosceva il nome — risuonarono nell'aria e le coppie iniziarono ad accompagnarlo con i loro passi, le gonne che frusciavano e le scarpine che ticchettavano sul pavimento circolare dorato.

Emilie si soffermò un istante ad ammirare quello spettacolo poi riportò la sua attenzione su Asuka. «Andiamo, amica mia» la esortò, imprimendo una nota calda nella voce; quella stessa nota che aveva ottenebrato la mente di Asuka sull'ingresso.

E Asuka, suo malgrado, si scoprì ad annuire, come un agnellino belante davanti al lupo.

Emilie la prese per mano e quel tocco fu gelido, nonostante la ragazza indossasse i guanti. Asuka non ricambiò la stretta ma si lasciò guidare lungo le scale che conducevano agli appartamenti privati.
Asuka sbatté le palpebre per abituarsi al buio. Emilie, stranamente, proseguì senza indugio.

Strano. «Conosci molto bene casa tua, Emilie» disse.

Per tutta risposta, Emilie ridacchiò. «Chiamami Lili, amica mia.» Continuava a camminare, svoltare, camminare, svoltare.

Non sono sua amica!

Il cigolare di una porta la distrasse. Erano appena entrate in una stanza, possibilmente quella di Emilie.
Le luci si accesero, fioche, e Asuka dovette strizzare gli occhi per distinguere la sagoma di un letto a baldacchino e vari mobili broccati.
Sfarzoso. Non mi piace. L'arredamento non si addiceva del tutto alla persona che abitava lì. Emilie avanzò e, lentamente, sbottonò il proprio abito.

Asuka vide le proprie mani muoversi e aiutare la ragazza nel compito. Eppure era certa di aver reputato quell'atteggiamento oltraggioso e di aver pensato di scappare.
Invece era lì a sfilare il corpetto di Emilie e a lasciare che lei facesse lo stesso.

Il freddo della stanza le colpì la pelle nuda simile a tanti piccoli spilli e Asuka rabbrividì. La splendida creatura, bianca come la neve, bella come il peccato, avanzò e le circondò la vita con le braccia.

«Non temere, amica mia» le sussurrò all'orecchio.

Quell'abbraccio avrebbe dovuto riscaldarla invece risucchiò tutto il calore del suo corpo, lasciandola intontita e priva di forze, con il corpo nudo percorso dai brividi.
Era sempre stata una fanciulla ribelle e i suoi genitori avevano espresso la loro preoccupazione in merito a quel comportamento così poco femminile della loro figlia.
Ora si sarebbero meravigliati davanti alla totale assenza di ribellione di Asuka.

Lasciò che Emilie la baciasse ovunque volesse ed esplorasse la sua pelle con gelide carezze, lasciò che la facesse stendere sul letto per approfondire quel contatto.
Il suo cervello aveva smesso di funzionare: era come se fosse stato ricoperto da litri di miele, dolce ma appiccicoso: era in trappola.

La luce della luna filtrò dalle imposte, accendendo d'argento il viso magnifico di Emilie. E fu allora che Asuka comprese che non c'era stato nessun gioco di luci né era colpa della sua immaginazione fervida.

Gli occhi di Emilie sfavillavano cremisi e la fissavano famelici.

Sto per morire, pensò Asuka.

La creatura le carezzò teneramente i capelli e le sorrise, rivelando i canini appuntiti che scintillarono al bagliore lunare.
Asuka prese fiato per urlare ma la cosa la zittì con un bacio. «Ssh» mormorò, percorrendo con il dorso della mano il suo ventre fino in fondo.

Asuka odiò il proprio corpo traditore che vibrò sotto il tocco delicato ma deciso della creatura.
E proprio quando si irrigidì, l'abominio affondò le zanne nel suo collo.

Asuka urlò contro la mano premuta sulle sue labbra, completamente sotto shock, investita da ondate di dolore misto a piacere.

La cosa smise di succhiare e sigillò quel morso con un bacio. Sollevò la testa bionda e le rivolse un sorriso beato, i denti macchiati di sangue.

«Squisito» commentò. «Ora dormi, cara» ordinò e Asuka avvertì una stanchezza infinita e piombò nelle tenebre.


Quando riaprì gli occhi, la luce del sole filtrava dalle tende e sentiva il cinguettio degli uccellini.
Asuka si tirò su a sedere. Scrutò con attenzione i mobili di legno poco pregiato.
Era nella sua stanza.
Si portò due dita alla fronte per calmare il mal di testa. Allora era stato tutto un sogno, anzi, un incubo.

Scivolò giù dal letto e si alzò, barcollando. Fu travolta dalla nausea. Aveva mangiato pesante ieri, evidentemente.
Aveva appena aperto la porta di camera sua quando sentì un urlo proveniente dal salone. La mamma.
Asuka corse, il cuore che le batteva forte.
Si arrestò quando vide sua madre agitare una pesante busta rilegata. «Un invinto dal Conte Rochefort!» trillò.

Quel nome risuonò nella sua mente. Era il nome della famiglia del mio sogno, ricordò Asuka.
Fece spallucce e si rifugiò in bagno per rinfrescarsi. Si sentiva accaldata ma scossa dai brividi e le prudeva la pelle: probabilmente si era beccata una bella influenza.

Lo specchio le rimandò il riflesso di una ragazza stanca, con le occhiaie.
Afferrò la saponetta per lavarsi e sollevò la mano per grattarsi il collo. Le unghie scavarono in due forellini incrostati e si macchiarono di sangue fresco.

La saponetta le scivolò di mano e Asuka urlò con tutto il fiato che aveva in gola.

  
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