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Autore: 144kagome_alice144    28/09/2016    2 recensioni
Sasuke e Naruto sono dei semplici ragazzi di sedici anni, o almeno così credono. Una crudele verità aleggia sul loro passato e solo il loro fratello maggiore la conosce. Fra la scuola e i vari impegni, riusciranno a sopportare il peso del loro cognome? Riusciranno a vivere e ad amare?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Hinata Hyuuga, Itachi, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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                                                                                                       Konran


 
All’ultimo suono della campana, dalle porte della scuola, fuoriuscì una massa indistinta di studenti, felici che un’altra giornata di scuola fosse finita, liberi adesso di tornare a casa. Fra questi, però, ce ne erano quattro in particolare: per loro la giornata non era ancora finita.

< Eppure mi sembrava che dovessimo fare qualcosa.. > < Che hai detto, Hinata? > Sakura, Hinata, Sasuke e Naruto avevano deciso di dirigersi insieme allo “ Shinobi Cafè “, ma c’era qualcosa che turbava Hinata. < Non so, è come se mi fossi dimenticata qualcosa di importante.. >

< Signorina Haruno! Signorina Hyuga! > una voce in lontananza chiamò le due che si fermarono. Un ragazzo, molto più piccolo di loro, si fermò esattamente vicino alle due. Portava la divisa della scuola, ma al posto della cravatta aveva una sciarpa blu che arrivava a toccare quasi terra; sembrava proprio un allievo del primo anno. Sakura, sorpresa dall’arrivo del ragazzo domandò < Konohamaru..? >

Il ragazzino, dopo aver ripreso fiato per la lunghissima corsa, guardò le due, esclamando < Signorine, oggi c’è la riunione del comitato studentesco! Non potete mancare! > Sia la rosa che la corvina sussultarono, perse da altri problemi si erano completamente dimenticate della riunione. Guardarono l’orario accorgendosi che mancavano solo una manciata di minuti all’appuntamento così iniziarono a correre dietro al ragazzino, rientrando a scuola.

I due Uchiha rimasero alquanto sorpresi per il loro modo di fare, poi, osservando che si era già fatto fin troppo tardi, decisero di incamminarsi da soli verso il locale.
 


Le ragazze attraversarono velocemente la scuola ormai deserta, passando, per fare prima, dal cortile interno, raggiungendo la parte più esterna a tutto il grande edificio scolastico. Il piccolo ragazzino correva dietro alle due reggendosi faticosamente con un braccio la sciarpa blu che minacciava di farlo cadere da un momento all’altro.

I tre si fermarono davanti ad un’enorme porta il legno decorata con delle incisioni di leoni dalle cui bocche aperte e fameliche sbucavano due maniglie d’oro perfettamente lucidate. Sakura ed Hinata presero fiato, ricomponendosi velocemente e, dopo essersi guardate, con un tacito assenso, entrarono insieme nella grande sala dove si riuniva il consiglio d’istituto.

Le due entrarono lentamente, con grazia ed eleganza, seguite dal ragazzino. La stanza era enorme con tre finestre per ogni lato che davano all’esterno. Il pavimento di mattonelle di marmo luccicava sfavillante e il grande lampadario di vetro illuminava ampiamente tutta la stanza. Questa era completamente vuota se non per un grande tavolo di legno scuro disposto a ferro di cavallo.

< Siete in ritardo > sibilò una voce davanti a loro. Le due, anche senza guardare, avevano già capito a chi apparteneva quella voce. La ignorarono prendendo il loro posto sul lato sinistro del tavolo, sedendosi composte. Konohamaru, invece, andò dritto dalla ragazza che aveva appena parlato, rimanendo in piedi due passi dietro di lei che se ne stava tranquillamente seduta ignorando il suo “ assistente “ o, come sosteneva Sakura “ piccolo sgualdrino che faceva di tutto pur di accontentare quella che lui definiva padrona “.

Affianco a lei c’era un altro ragazzo alto, dal fisico ben scolpito messo in risalto dalla divisa che gli donava perfettamente. I capelli sbarazzini marroni gli ricadevano ribelli sul volto mentre i suoi occhi azzurri vagavano sul corpo della rosa. < Avanti Serena – pronunciò con voce lasciva – Non essere così severa con loro > continuò non togliendo gli occhi dall’Haruno.

Quest’ultima sorrisi forzata, facendo un cenno al ragazzo < Sho.. > sussurrò con aria da sfida. Il ragazzo in questione rise, ricambiando lo sguardo con uno provocante. < Hinatina mia, come stai? > domandò una voce petulante a pochi centimetri dal volto della Hyuga. Quest’ultima arrossì per l’imbarazzo per poi immobilizzarsi quando due braccia l’abbracciarono sfiorandole, volutamente, i seni nascosti dalla maglietta.

< K-Kei-san.. > balbettò lei, non osando muoversi da quella posizione troppo imbarazzata per qualsiasi mossa. Il ragazzo, ghignando si staccò. Era la fotocopia esatta di Sho se non fosse che i capelli, leggermente più corti, erano più chiari e gli occhi non erano azzurri ma marroni chiari. Kei si andò a sedere vicino al fratello gemello, seguito ad una determinata distanza da una ragazzina con due treccine marroni e gli occhi, neri, tenuti bassi per rispetto.

Quando il castano si sedette la piccola Moegi, compagna di Konohamaru, si avvicinò ad un altro ragazzino dai capelli lisci e neri e lo sguardo spento che rimaneva immobile come una statua dietro a Sho. Sakura odiava quella stanza, così sfarzosa ma allo stesso tempo vuota, esattamente come l’animo di quelle persone che racchiudeva, escluse lei, la sua migliore amica e quei tre ragazzini.

Kei e Sho Harada erano i figli dell’uomo che, insieme alla famiglia Hyuga, aveva creato il progetto che si era trasformato poi nella scuola migliore di tutto il paese. La ragazza vicino a loro, invece si chiamava Serena Nakano, figlia dell’imprenditore che, quando la scuola si era trovata in difficoltà economiche, l’aveva acquistata, facendola risplendere e facendo in modo che il raggio di sole della fortuna non l’abbandonasse più.

La ragazza rimase compostamente seduta, nonostante lo sguardo sprezzante d’astio che la rosa le rivolgeva ogni volta. Era una bellissima ragazza, formosa, alta e snella, con dei lunghissimi e mossi capelli biondi che le arrivavano quasi al ginocchio e due occhi gridi, ereditati dalla madre straniera, che scrutavano le persone nel profondo del loro io; o così è quello che voleva far credere lei. Lei e quei due ragazzi si definivano i proprietari della scuola e nessuno osava mettersi contro di loro o contraddirli.

Loro comandavano e gli altri ubbidivano. Erano entrati a far parte del consiglio studentesco su richiesta dei loro genitori, a differenza di Hinata e Sakura che, anche se non lo avrebbero mai voluto, erano entrate per i meriti scolastici ed extra-scolastici oppure, come sospettava la rosa, e perchè il preside aveva bisogno di qualcuno che non avesse i genitori influenti e chi era meglio se non una ragazza che era scappata di casa a dodici anni e un’altra che era stata cacciata e diseredata a tredici?

Come sempre la tensione era ai massimi livelli e questo rendeva molto nervosa Sakura e metteva a disagio Hinata mentre gli altri tre sembravano a loro agio, come se l’intera faccenda fosse divertente, come se trovassero divertenti i problemi degli altri. All’improvviso la grande porta si aprì, rivelando la fiera e austera figura del preside, vestito con un kimono bianco con dei ricami grigi e la sua inseparabile segretaria Kameko, una donna dal caschetto marrone e gli occhi del medesimo colore dietro la montatura argentea degli occhiali da vista.

Indossava un tuillier viola con delle calze traforate nere, in contrasto con la camicia bianca e le scarpe, anch’esse viola con un leggere tacco. Quando i due entrarono tutti i presenti rivolsero a loro l’attenzione, alzandosi e facendo un lieve inchino di rispetto, mettendosi poi seduti ai propri posti tranne per i tre ragazzini, che rimasero in piedi dietro i tre ragazzi e la donna che rimase dietro al preside.

Quest’ultima, alla vita di Sakura e Hinata, sorrise teneramente da dietro la possente figura del preside che si era seduto al centro del tavolo. Le due amiche ricambiarono debolmente il sorriso della donna, sapendo che, in quella stanza, lei era l’unica a capire il loro disagio ma che, nonostante fosse contraria a tutto quello, non poteva permettersi di andare contro le decisioni del preside e perdere così quel posto che da tanto aveva agoniato.

< Bene, iniziamo la riunione di oggi.. > affermò il preside senza nemmeno guardarli. La rosa e la corvina sospirarono flebilmente, abbandonandosi alle solite ed inutili questioni ordinarie, sperando che quell’ora passasse presto.



Era passata più di mezz’ora e le cose non si decidevano a prendere una piega diversa dalle precedenti riunioni. Sakura sbuffò impercettibilmente portando lo sguardo annoiato su Sho e Kei; i due ragazzi erano seduti scomposti sulle sedie, punzecchiandosi a vicenda, annoiati da quelli che sarebbero dovuti essere i problemi dell’istituto. Serena, nel frattempo, aveva iniziato a parlare non smettendo un attimo, elogiando la scuola e l’ottimo lavoro che lei stessa aveva fatto.

La rosa spostò lo sguardo sui tre ragazzini, Konohamaru, Moegi e Udon rimanevano immobili come delle statue, cercando di respirare a malapena, avendo paura che un minimo rumore da parte loro potesse scatenare la furia dei tre ragazzi e di quella del preside. E come dargli torto? Si trovavano nella stanza più ambita da chiunque con le persone più importanti dell’intero istituto.

Gli occhi verdi della ragazza si posarono sulla sua gonna a piaghe, soffermandosi sulle sfumature che la rendevano “ speciale “ agli occhi degli altri. Un altro flebile sospiro le fuoriuscì dalle labbra, incapace di contenerlo, portando su di lei l’attenzione della Hyuga al suo fianco. La corvina le posò teneramente una mano pallida sulla sua che stringeva il tessuto con forza.

Sakura la guardò, rispecchiandosi nei suoi occhi perlacei. Hinata le sorrise teneramente, sorriso ricambiato debolmente da Sakura. Era il loro modo di farsi forza per continuare a sopportare quella situazione insostenibile. Hinata spostò lo sguardo su suo padre. L’uomo aveva la sua solita espressione contratta e rigida, anche se si vedeva che nemmeno lui prestava troppa attenzione alle parole della bionda.

Hinata guardò con compassione suo padre e il suo sguardo scuro e freddo rivolto ad un punto imprecisato della stanza, immerso in chissà quali pensieri. Lei, nonostante tutto, era riuscita a rialzarsi, a combattere. Aveva superato la morte della madre e si era fatta delle amiche, aveva un lavoro e una vita che potesse essere definita tale. Lui, invece, aveva perso tutto, ormai. Hinata non aveva ricordo di una sua espressione che non fosse quella che presentava in quel momento.

Suo cugino Neji, ogni tanto, le raccontava che le cose in casa non andavano molto bene, purtroppo lui viveva in una parte della casa emarginata dal corpo principale, insieme alla servitù, dato che lui stesso, in quanto figlio del secondogenito, era considerato dalla sua famiglia, un servo del primogenito, perciò non sapeva con precisione i fatti, ma da quello che aveva captato, sua sorella Hanabi, da quando lei se ne era andata, aveva iniziato a rivoltarsi al padre, iniziando a lasciarlo sempre più da solo.

Quelle cose ad Hinata facevano male: sapeva che suo padre avrebbe voluto che la sua piccola Hanabi prendesse, in futuro, il suo posto e inalzasse, se possibile, ancora di più il nome degli Hyuga. Ma, evidentemente, la ragazzina di tredici anni, stava iniziando a capire come veramente andava la vita al di fuori delle quattro mura casalinghe. Hiashi, vedendo quello sguardo di commozione mista a pena che le rivolgeva quella che considerava la sua ex-figlia, ghignò malevolo, puntando i suoi occhi di ghiaccio in quelli di lei che, a quell’occhiata si riscosse, abbassando subito il capo.

< Hinata.. – sibilò lui, interrompendo il lungo monologo della ragazza – Tu che cosa ne pensi? > Sakura strinse forte i pugni sotto al tavolo, notando una piccola goccia salata cadere dalla guancia della sua amica. Suo padre sapeva che così facendo l’avrebbe messa in soggezione dato che lei odiava parlare in pubblico, specialmente se questo era costituito da lui e quei tre imbecilli figli di papà.

Passò un minuto in qui nella stanza calò il silenzio mentre tutti i presenti, tranne i ragazzini, Kameko e Sakura, guardavano divertiti la reazione della Hyuga. Serena sorrise < Io penso, signor Preside, che ci può essere un modo per aumentare ancora di più il prestigio della nostra scuola. – Tutti riportarono lo sguardo sulla bionda che, con i suoi occhi grigi scrutò le ragazze ed aggiunse maligna – Anche se il compito di pensare a tener alto il nome della scuola risiede nelle mani delle due rappresentanti > asserì con un sorrisetto strafottente, accennando alle due.

Il preside annuì impercettibilmente, per poi esortarla a parlare. < A che cosa aveva pensato, signorina Nakano? > La ragazza sorrise alle due per poi prestare l’attenzione al preside e spiegarsi < Pensavo che dovremmo mettere in chiaro, una volta per tutte, qual è la miglior scuola del paese e perciò dovremmo fare una scelta d’elite e espellere immediatamente quei ragazzi che non hanno la possibilità di brillare insieme all’istituto > disse lanciando un’occhiata dietro di lei, in direzione dei tre ragazzini che, messi in soggezione, abbassarono ancora di più il capo.

Sakura, che per tutto il tempo aveva mantenuto i suoi occhi puntati in quelli della ragazza, lanciò una veloce occhiata all’amica che, al contrario era rimasta con la testa china per tutto il tempo poi, cercando di calmare la propria rabbia, esordì < No, io non sono d’accordo > Tutti, sorpresi, portarono lo sguardo sulla rosa < Come scusa? > domandò Serena: mai nella sua vita aveva ricevuto un no ed il primo non sarebbe di certo venuto da quell’insulsa ragazzina.

< Hai capito bene – rispose con un sorrisetto la rosa, non distogliendo lo sguardo e accettando la sfida – Io sono contraria a quello che hai proposto > Serena spalancò gli occhi, incredula mentre i due ragazzi affianco ridevano per la scenetta e il preside la guardava curioso ma, proprio quando la bionda stava per rispondere, un lieve sussurro si levò dalle tremanti labbra della corvina che manteneva comunque lo sguardo basso < A-Anche io non sono d’accordo.. >

Tutti, Sakura compresa, spostarono lo sguardo, sorpresi, sulla ragazza. < Come hai detto, Hinata? > domandò il padre con tono duro e severo, facendo intendere alla ragazza che lei doveva tacere. Sakura spostò lo sguardo da lei all’uomo ripetute volte, sperando che la corvina, per una volta, ubbidisse al padre.

Quest’ultima abbassò ancora di più il capo, facendo ghignare il padre ma due occhi color del cielo e un sorriso luminoso quanto un raggio solare, le infusero la forza necessaria per fare quello che avrebbe veramente dovuto fare molto tempo fa: seguire il suo cuore. < Ho detto che anche io non sono d’accordo con quello che ha detto Nakano-san > disse risoluta, senza nemmeno balbettare, fissando i suoi occhi in quelli del padre.

Questa volta, però, l’uomo potè constatare che, al posto della compassione e della pena, in quello sguardo era sorto un coraggio che mai aveva visto negli occhi della sua primogenita. L’uomo si alzò bruscamente, sbattendo con rabbia le mani sul grande tavolo, spaventando tutti che si ricomposero velocemente tranne, sorprendentemente, Hinata che rimase a fissare il padre con sfida.

“ Così si farà ammazzare! “ pensò Sakura nervosamente. Fortunatamente la campana suonò, mettendo fine alla riunione di quella settimana. Il preside uscì velocemente dalla stanza, non degnando nessuno di uno sguardo, seguito dalla segretaria, mentre gli altri, per rispetto, si alzavano e si inchinavano al vuoto.

< Ti sei messa nei pasticci, Hyuga! > esalò velenosa la bionda. La corvina non e prestò la benché minima attenzione, facendola infuriare ancora di più, rivolgendosi, invece a Sakura che la fissava ancora incredula < Andiamo Sakura, siamo già in ritardo > La rosa annuì, ancora sconvolta per tutto quello che era successo. Prese la cartella e si diresse verso la porta, quando venne fermata bruscamente da una mano che le strinse il polso slogato.

La rosa non riuscì a trattenere una smorfia di dolore, accompagnata da un sottile mugolio. < Oh, non avevo notato che tu fossi ferita, Sakura > disse, in modo provocatorio Sho, avvicinandosi sempre di più alla ragazza arrivando a sussurrare il suo nome al suo orecchio. Intanto suo fratello gemello si era avvicinato ad Hinata, cingendole la vita con i fianchi e posandole con spensieratezza una mano sul fondoschiena.

Quel gesto fece trasalire la Hyuga che si irrigidì < Hinatina mia, vuoi farti uccidere per caso? > domandò smielato, strusciando il volto sulla guancia della corvina che rimaneva immobile, incapace di fermare gli atteggiamenti del castano. Sakura guardò con sfida il ragazzo, strattonando il braccio per liberarlo dalla sua presa, non badando all’improvvisa fitta di dolore.

Si avvicinò minacciosamente a Kei, volendo aiutare la sua amica, quando una voce dal fondo della stanza non la fece bloccare < La piccola Haruno si è ferita?! Chissà chi si prenderà cura di lei, forse la sua cara mammina? - Sakura ingoiò la saliva, cercando di calmare la rabbia che in quel momento stava avendo il sopravvento sul suo autocontrollo. Serena rise notando la reazione della ragazza così, volendosi vendicare per essere stata contraddetta poco prima davanti al preside, continuò

– Cara, cara Sakura, devi rassegnarti. Noi siamo su un piano sociale completamente diverso. Noi siamo i colori che fanno brillare la società, voi siete solo le macchie che la sporcano > Hinata, sentendo quelle parole dure rivolte all’amica capì che la bionda stava mirando a farle perdere la pazienza al solo scopo di farla scomporre e compromettersi, infatti sia la corvina che la bionda sapevano che l’unico modo per far veramente arrabbiare Sakura Haruno era quello di offendere i suoi amici, le persone a cui lei voleva più bene.

Decisa e risoluta come poco prima la corvina allontanò il ragazzo spingendolo di lato, facendolo rimanere scioccato per la sua inusuale reazione. Incurante dello sguardo indagatore di Kei, Hinata si avvicinò a Sakura, la prese per mano e la condusse verso la porta. La rosa, sentendo il calore provocatole dalla piccola mano di Hinata si calmò ma arrivata sull’uscio si fermò, facendo voltare l’amica. L’Haruno prese un bel respiro, si girò e puntando i suoi occhi smeraldo, freddi come la pietra, in quelli grigi di Serena, disse:

< Hai ragione, Serena. Voi siete dei colori puri mentre noi siamo solo delle sfumature > calcò sull’ultima parola, sfiorandosi la gonna per poi sorridere vittoriosa e allontanarsi con Hinata che, nel sentire quella lieve frecciatina, non era riuscita a reprimere un sorriso. L’ultima cosa che sentirono quando uscirono dal grande istituto fu l’urlo di rabbia di Serena.

Quest’ultima odiava quelle due ragazze. Loro erano riuscite ad entrare nel consiglio perché eccellenti in tutte le discipline, erano il faro che illuminava la scuola e siccome erano adorate da tutti, il preside, per tenere buone le acque, aveva concesso loro una divisa speciale, una divisa con delle sfumature, indice della loro posizione elevata nella scuola. Per quel gesto lei si sentiva inferiore a loro e questo proprio non lo sopportava ma, un giorno o l’altro, gliel’avrebbe fatta pagare cara, questo lo aveva ormai già giurato a se stessa e al suo orgoglio.
 



< No! Attento! Fai così! Appoggialo lì! Non così! Inforna quei biscotti, adesso! >

Itachi sbuffò esausto. Lavorare con Ayame era risultato più faticoso di quanto pensasse. Certo, già dai tempi delle elementari la ragazza era molto esigente e non lasciava niente al caso ma ormai erano più di otto ore che non faceva altro che urlargli ordini che si aspettava venissero svolti immediatamente. Il moro posò bruscamente una teglia piena di biscotti ancora da infornare e assunse un’aria imbronciata e distaccata.

La ragazza, sentendo il tonfo sordo della teglia, si girò, notando l’espressione contrariata del ragazzo. Sorrise internamente, ricordandosi di quando erano piccoli e di quando il ragazzo la guardava così quando lei esagerava con le richieste. Abbassò lo sguardo, colpevole. Si sentiva nervosa a condividere la stanza con lui, anche se la cucina era molto grande e erano divisi dal tavolo in marmo che c’era al centro.

Quando l’aveva rivisto aveva sperato di riallacciare i rapporti sopiti con lui, di ritornare ad avere quel rapporto degli anni passati, ma c’era qualcosa in lui che l’allontanava; certo, si era sempre dimostrato gentile e accondiscendente con lei ma c’era qualcosa che lo bloccava, un segreto, un dolore, e Ayame lo aveva capito fin dall’inizio. Le era bastato guardarlo negli occhi neri in cui da piccola si divertiva a specchiarsi.

Aveva sempre amato quelle due pozze d’onice lucide e perfette se non per una lievissima e impercettibile sfumatura più chiara che mai nessuno, tranne lei, aveva notato. Eppure, quella lieve sfumatura, ai suoi occhi, era bellissima e dava una luce stupenda agli occhi rendendo lo sguardo del ragazzo magnetico e misterioso allo stesso tempo. Aveva capito che lui le stava nascondendo qualcosa, lo sapeva già, ma capiva anche che per lui doveva essere molto difficile parlarne perciò si era astenuta dal domandargli qualunque cosa.

Eppure una parte di lei ce l’aveva con lui perché si sentiva tradita, era stata abbandonata con una scusa, adesso tornava e non si degnava nemmeno di spiegarle come erano realmente andate le cose. Forse proprio per quello aveva iniziato a trattarlo freddamente, cercando di farlo faticare più del necessario, quello era il suo modo di vendicarsi.

Sospirò afflitta: almeno, anche se non le aveva detto nulla, non aveva nemmeno mentito a differenza dell’ultima volta. Si avvicinò alla teglia, sempre tenendo lo sguardo basso, la prese con due mani attenta che non le cascasse e si avvicinò al forno. Incredibilmente la teglia era veramente pesante e aveva paura che si sarebbe potuta rovesciare da un momento all’altro. L’appoggiò sui mattoni rossi davanti al forno, cercando di spingerla fra le fiamme con entrambe le mani.

Chiuse gli occhi, concentrando tutte le sue energie nella spinta. “ Maledizione quanto pesa! “ imprecò mentalmente ma, proprio quando stava per rinunciarci sentì che la teglia, lentamente, scivolava sui rossi mattoni venendo avvolta dal fuoco del forno. Si girò, ritrovandosi vicino Itachi. < Grazie.. > sussurrò, incapace di aggiungere un’altra parola, ritornando con lo sguardo basso.

Il ragazzo sospirò, passandosi una mano fra i lunghi capelli. Lanciò uno sguardo alla cucina, notando quanto era sporca. Poi riportò la sua attenzione sulla castana. Proprio come quando erano piccoli lui non ci riusciva proprio a mantenere l’aria arrabbiata con lei vicino; in un modo o nell’altro lei aveva il potere di sciogliergli il cuore in un modo talmente dolce da farlo arrossire.

Sorrise, toccandole la fronte con due dita, un gesto che riservava solo alle persone a cui voleva bene, facendole alzare la testa. < Tu ci tieni tanto al tuo esperimento, vero? > domandò, incatenando lo sguardo al suo. Lei si perse per qualche istante nel nero notte dei suoi occhi, ammirando quella flebilissima sfumatura. Poi annuì:

< Prima di morire, mia madre mi disse che avrebbe voluto che il nostro locale si specializzasse in tutti i tipi di cucina, non solo nel ramen. Era un suo desiderio e io voglio realizzarlo > parlò decisa, stringendo i pugni. Itachi sorrise, annuendo. Da quello che aveva capito la madre della ragazza era morta dopo la sua partenza aggiungendo altro dolore a quello che le aveva provocato lui lasciandola senza nemmeno una decente spiegazione.

Si sentiva colpevole per tutto il dolore che le aveva causato con le sue bugie, avrebbe voluto dirle la verità, chiarire ogni cosa, sfogarsi, ma sapeva che era pericoloso. Meno cose sapeva meno rischiava la vita e solo il pensiero di poterla perdere per sempre gli provocava un gran dolore al petto. Eppure al suo occhio acuto non era sfuggito il suo sguardo triste che, ogni tanto assumeva.

Anche lei, come lui, era rimasta bloccata nel passato. Si avvicinò, senza nemmeno rendersene conto, prendendole una mano e stringendola nella sua. La ragazza sussultò, rimanendo incatenata al suo sguardo. Itachi era incapace di emettere un suono. Avrebbe voluto sfogarsi, dire tutto, avrebbe voluto piangere quelle lacrime che si era trattenuto dentro per quindici anni.

Avrebbe voluto alleviare il suo dolore e quello della ragazza di fronte a lui, magari, proprio come quando erano piccoli, lei sarebbe riuscita a trovare una soluzione al suo problema. < Ayame.. io.. > ci fu un momento di silenzio, un’esitazione, mentre Itachi vagava con la mente a quindici anni fa. La ragazza lo guardava, avendo già intuito di quale argomento volesse parlargli.

Rimase in silenzio, immobile, avendo paura che un suo solo movimento potesse spezzare l’atmosfera che si era creata, pendeva letteralmente dalle sue labbra e aspettava paziente il momento in cui avrebbe, finalmente, compreso la verità. Una piccolissima lacrima solitaria fuoriuscì dagli occhi d’onice, scivolando lenta su una guancia. Ayame la guardò scivolare per poi asciugarla dolcemente con il pollice della mano.

Quella era la prima volta che aveva visto il ragazzo piangere e ciò non era un buon segno. Lo guardò negli occhi, spaventandosi di quanto dolore essi stavano trattenendo. < Itachi.. > stava per abbracciarlo, per consolarlo, per dirgli che lei ci sarebbe sempre stata, che lo avrebbe aiutato quando fece il suo ingresso in cucina il proprietario di Ichiraku: Teuchi. < Ayame, potresti venirmi a dare una mano dietro al bancone >

Com’era prevedibile la sua presenza distrusse bruscamente l’atmosfera che si era creata fra i due. Itachi si voltò indietro, evitano di guardare l’uomo < Controllo io i biscotti, tu vai pure > disse in un flebile sussurro che sentì solo lei. Ayame ebbe la forza solo di annuire, dirigendosi fuori dalla cucina preceduta da suo padre.

Itachi si morse la lingua, arrabbiato. Stava per cedere, stava vermanete per raccontare tutto alla ragazza, mettendo così in pericolo non solo la vita sua e dei suoi fratelli che, ormai, fin dalla nascita avevano quel pesante fardello, ma stava per mettere pure la vita di Ayame in serio pericolo e questo non poteva accadere. Lei non c’entrava niente con lui, lei non aveva colpe.

Per un attimo desiderò avere quella persona davanti a lui per poterla ripagare del dolore che gli aveva causato per tutta la vita, portandogli via i genitori. Arrabbiato, frustrato e con un dolore inimmaginabile strinse un pugno, riversando tutti i suoi sentimenti nella mano che, violentemente si andò a schiantare sui mattoni rossi del forno.

Ayame, sullo stipite, sentì un colpo duro provenire alle sue spalle. Si girò, notando che l’amico aveva tirato un violento pugno al forno e che delle piccole gocce di sangue stavano fuoriuscendo dalla mano scivolando sul pavimento. Lo guardò, con occhi colmi di tristezza, notando un’altra lacrima scendergli dal volto, seguita da un’altra e un’altra ancora.

Impotente si girò, dirigendosi da suo padre, lasciandolo solo con il suo dolore, quella, anche se dolorosa, era l’unica cosa che lei potesse fare per lui. Aveva capito, dal suo comportamento, che c’era qualcosa di più grande, di superiore che lo bloccava e, infondo, lei non era nessuno per intromettersi così nella sua vita.

L’unica cosa che le importava veramente era poter cancellare quell’espressione di dolore sul suo volto, il suo unico desiderio era quello di rivedere quel sorriso perfetto, intelligente, furbo e misterioso sul suo volto, quel sorriso che l’aveva fatta innamorare.
 



< Uchiha.. >

Richiamò una donna bionda nascosta dietro alla porta del suo ufficio lasciata leggermente aperta. Sasuke, sentendosi chiamare con quel tono sussurrato ma, allo stesso tempo, alterato, sbuffò e, con le mani nelle tasche della divisa da lavoro, si diresse verso l’ufficio. Scostò di poco la porta e, una volta dentro la richiuse alle sue spalle, stando ben attento che nessuno lo avesse visto.

Una volta dentro, dove le voci provenienti dal bar gli arrivavano ovattate e confuse, tirò un sospiro di sollievo. < Mi spieghi che cosa sta succedendo? - chiese Tsunade dietro di lui. Il moro di girò, notando la donna in piedi dietro di lui, con le mani chiuse sui fianchi e un’espressione contrariata. – Che cos’è tutto questo baccano? Io così non riesco a lavorare! > si lamentò, sbuffando.

Sasuke la guardò annoiato < Siamo solo in due di là e c’è molta gente, più gente del solito  > “ Specialmente più galline e oche pronte a saltarci addosso ogni qualvolta che cerchiamo di lavorare “ aggiunse con stizza nella sua mente. Odiava quel genere di comportamento, odiava i contatti fisici e odiava che si urlasse il suo nome con quel tono tanto smielato.

Se non fosse per l’animo buono di suo fratello, come minimo lui avrebbe già compiuto diversi omicidi. La donna increspò un sopracciglio, confusa < Ma Sakura e Hinata? > Il moro alzò le spalle < Avevano una riunione con il Consiglio.. > disse, non sapendo che altro aggiungere. < Ah > si limitò a dire la bionda, facendogli intendere che aveva capito, poi si diresse alla sua scrivania, aprì l’agenda e andò alla pagina di quel giorno.

Un ennesimo sbuffo provenì dalle sue labbra carnose. Si era completamente dimenticata che, una volta al mese le ragazze avevano la riunione con il Consiglio Studentesco e in quei casi lei era solita chiudere il locale per un’ora, aspettando il loro arrivo. Un rumore di cocci in frantumi si espanse per la stanza, facendole stringere il foglio dell’agenda talmente forte da strapparlo a metà.

Inarcò un biondo sopracciglio, assottigliando lo sguardo e guardando con furia omicida il ragazzo immobile al centro della stanza < Ma si può sapere come mai tutto questo baccano? > Il moro scrollò le spalle, girandosi e aprendo di poco la porta. Quel gesto fece incuriosire la donna che si avvicinò e, cautamente come aveva visto fare al moro, si sporse ad osservare.

Un ragazzo dai capelli biondi e gli occhi azzurri era al centro del bar con tre vassoi, pieni di ordinazioni, in mano, mentre era accerchiato da una dozzina di ragazze che si spingevano fra loro. Altre due gli erano avvinghiate ai bracci, rendendo precario l’equilibrio dei vassoi, mentre una gli era avvinghiata intorno al busto e sembrava che lo stesse stringendo veramente forte dato che sembrava che il povero Naruto non riuscisse nemmeno a parlare.


Quella vista bastò a Tsunade per capire quel’era il problema. Certo, era felice che il locale fosse così pieno, questo voleva dire che gli affari stavano andando bene, però i suoi clienti non potevano nemmeno trattare così i suoi dipendenti, lanciò velocemente un’occhiata al moro che, nel frattempo era rientrato insieme a lei nell’ufficio dopo aver richiuso la porta; in effetti dovette ammettere che i due ragazzi erano molto affascinanti, in più erano talmente diversi da brillare di luce propria e, se venivano accostati, formavano una coppia micidiale in quanto stregare le ragazze.

Non potè trattenere una ristata < Uguali ai vostri padri.. > disse sorridendo, ricordandosi dei tempi passati. L’Uchiha, a cui non era sfuggito quel commento sussurrato, inarcò un sopracciglio, mentre ormai era sempre più convinto che lei sapeva molte più cose di loro di quante non ne volessero immaginare. Deciso a far luce sul mistero Sasuke aprì bocca per dar sfogo ai suoi pensieri ma la donna, non rendendosi conto della reazione de moro, lo precedette:

< Dobbiamo aiutare tuo fratello, altrimenti lo uccideranno > asserì con una nota di ironia e preoccupazione, uscendo dal suo ufficio, pronta a mettere fine a tutto quel putiferio. “ Maledizione “ imprecò mentalmente l’Uchiha, stringendo i pugni lungo i fianchi, aveva sprecato una buona occasione. Un altro rumore di cocci rotti raggiunse il suo fine udito. Sospirò, rilassandosi e dirigendosi verso il bar, infondo quella donna aveva ragione, se non fossero intervenuti quelle pazze avrebbero ucciso suo fratello e distrutto il locale.

Quando raggiunse la donna, dietro al bancone, si fermò ad osservare come era ridotto il locale. In terra c’era di tutto, dalla semplice acqua ai piatti di coccio bianchi, alcune sedie erano ribaltate e i tavoli erano diventati dei trampolini improvvisati. Suo fratello era sdraiato in mezzo a quella confusione, con una mano dietro alla nuca e tre ragazze sedute comodamente su di lui mentre le altre le spingevano per avere quell’onore. Sasuke sospirò mentre la donna affianco a lui, al culmine della pazienza, ispirò tutta l’aria che poteva pronta ad urlare ma qualcuno la precedette.

< Adesso basta!! >
 


Sakura ed Hinata camminavano in religioso silenzio una affianco all’altra, dirette verso lo “ Shinobi Cafè “. Ognuna era immersa nei propri pensieri che riguardavano la complicata riunione che avevano affrontato. Sakura guardò di sbieco l’amica che rimaneva con la testa china e gli occhi puntati sul marciapiede. La rosa si morse il labbro inferiore, indecisa se parlare o rimanere in silenzio.

Chiuse gli occhi, combattendo con il magone che le si era formato infondo allo stomaco poi, quelle parole le attraversarono la mente, calmandola “Non sei una pessima amica. Però, se vuoi un consiglio, non ti tenere tutto dentro. Cerca di condividere il dolore con i tuoi amici che, da quello che ho visto, ci tengono molto a te “ Spostò nuovamente lo sguardo su Hinata e si fermò, continuando a guardarla con decisione. Dopo qualche passo la corvina si accorse del comportamento dell’amica e si girò, scontrandosi con il verde dell’amica illuminato da un’insolita ma decisa luce.

< S-Sakura..? > la chiamò titubante, non capendo il motivo di quello sguardo fisso su di lei che la stava, lentamente, mettendo in soggezione. < Hinata – proferì decisa Sakura. Nel sentire quella voce dura e severa la corvina ebbe un sussulto, chinando velocemente la testa. In effetti, quella volta, l’aveva combinata grossa. Al contrario delle aspettative, però, Sakura si avvicinò a lei, le prese con gentilezza una mano, stringendola nella sua e costringendola a guardarla negli occhi, ora illuminati da una luce sempre decisa ma anche molto dolce; poi, con un sorriso, le disse

– Sappi che sono fiera di te e di quello che hai fatto. Perciò, qualunque saranno le conseguenze di quelle parole, io ti rimarrò vicina e ti sosterrò, sempre > Nel sentire quelle parole fuse tra la dolcezza, la decisione e l’amicizia Hinata non potè far a meno di arrossire ad annuire mentre piccole gocce salate iniziavano ad uscire dai suoi occhi puri e ingenui. Sakura sorrise, stringendo l’amica in un abbraccio, lasciandola sfogare, accarezzandole dolcemente i lunghi capelli.

Dal canto suo, Hinata, si aggrappò alla schiena dell’amica, soffocando i singhiozzi sulla sua spalla, incapace di trattenere quelle lacrime che, più per tristezza o paura, erano di felicità e riscatto verso l’uomo che le aveva rovinato la vita. Rimasero così, in mezzo alla strada, incuranti dei passanti che le osservavano curiosi, fino a che la corvina non si staccò e, guardando Sakura negli occhi, parlando con la voce del cuore, disse:

< Grazie Sakura - La rosa le sorrise calorosamente, mentre con una mano le toglieva i residui delle lacrime dalle guancie arrossate. Hinata la lasciò fare, sussurrando – Sappi che anche tu puoi contare su di me. Ti sosterrò, anche contro Serena > Sakura la guardò, impressionata dal coraggio che, per la seconda volta, aveva sentito provenire dall’amica.

Le sorrise, ringraziandola con lo sguardo per poi esclamare < Dai adesso andiamo, credo che quei due non reggeranno un altro po’ senza il nostro aiuto! > Hinata rise, continuando a camminare a fianco dell’amica poi, però, una domanda le sorse spontanea e, con un sorriso malizioso che non era da lei, chiese < Sakura, a che cosa è dovuta quella nuova luce di decisione? >

Sakura arrossì all’istante, girando la testa nella direzione opposta, cercando di calmare il suo cuore che era preso a battere più forte. < C-Come s-scusa? > balbettò, non riuscendo ad aggiungere altro. Hinata sorrise alla reazione della ragazza, aggiungendo sempre con tono malizioso < Sai benissimo a che mi riferisco.. – poi provò ad indovinare – Non è che c’entra per caso un Uchiha moro e tenebroso? >

Nel sentire pronunciare quel nome Sakura sussultò, facendo scoppiare l’amica in una fragorosa risata. < N-non c’entra nulla, quello scorbutico! – affermò convinta Sakura, girandosi verso Hinata, mostrando le guance in fiamme che fecero ridere ancora di più Hinata. Sakura mise il broncio, poi le venne in mente un’idea e, con lo stesso tono usato dalla corvina pochi istanti prima, le chiese

– E tu, Hinata? Dove hai trovato tutto quel coraggio? Non è che c’entrano due paia di occhi azzurri e un caldo sorriso, vero? > Al contrario delle aspettative di Sakura, Hinata non si innervosì né arrossì. Sorrise e, guardando il cielo azzurro privo di nuvole, rispose sinceramente < Si, credo che sia stato Naruto a darmi tutto quel coraggio. Non so spiegartelo, ma in lui ho letto molta sofferenza al quale lui risponde con grinta e coraggio, non arrendendosi mai e sorridendo sempre. >

Sakura sorrise felice e annuì, comprendendo esattamente che cosa voleva dire l’amica. < Siamo arrivati.. > < Già.. Ma che cos’è tutta quella confusione? > domandò Sakura notando, grazie ai vetri trasparenti, tutta la confusione che si era creata nel locale. Le due, preoccupate, corsero all’interno, trovando quello che un tempo era un pacifico bar in una situazione disastrosa. Hinata, fra la confusione, intravide una capigliatura bionda completamente sdraiata per terra < Naruto.. > sussurrò preoccupata.

< Adesso basta!! > esclamò invece la rosa urlando con tutto il fiato che aveva nei polmoni.
 


Nel sentire quell’esclamazione tutti i presenti smisero di fare quello in cui erano impegnati, portando i loro sguardi sulla ragazza dai corti capelli rosa e gli occhi verdi che, talmente arrabbiati, avevano assunto il colore dei pini invernali. Il silenzio calò nel locale, mentre le ragazze, comodamente adagiate sul povero Uchiha minore, lanciavano occhiate maligne alle due nuove arrivate, occhiate prontamente corrisposte da Sakura che, descrivere arrabbiata, era un eufemismo.

Sasuke sospirò, grato alla rosa per aver messo fine a tutta quella confusione che gli aveva creato soltanto un gran mal di testa. Tsunade approfittò di quel momento per prendere le redini della faccenda ed esclamò < Bene signori, oggi lo “ Shinobi Cafè “ per motivi personali, chiude anticipatamente. Vi ringrazio per essere venuti e spero che tornerete a trovarci presto! >

Mentre parlava, con un falso sorriso a denti stretti, cercando di trattenere la furente rabbia, iniziò a cacciare tutti dal suo locale, comprese le ragazze che avevano causato tutto quel trambusto che uscirono arrabbiate e contrariate, non prima di essere guardate ed etichettate da uno sguardo maligno della giovane Haruno.

Quando tutti furono usciti la bionda tirò un sospiro di sollievo, applicando il cartello di chiusura sulla porta. Si girò verso i quattro e disse < Io ho bisogno di andare a casa a riposarmi – Guardò tutto il macello che sovrastava la stanza, sospirò stancamente – Voi pulite e poi tornate a casa > disse e, non lasciando tempo di replicare, uscì, lasciando i quattro soli con un disastro da pulire.

Sasuke sbuffò, avvicinandosi al fratello, rimasto per terra, tutto sporco di vari cibi e bevande. Il moro gli porse una mano, evitando di guardarlo negli occhi. Il biondo guardò prima la mano pallida che sporgeva verso di lui, poi il profilo corrucciato del fratello, con uno sguardo di confusione  e stupore. Poi, sorridendo, per il gesto d’affetto camuffato del fratello, accettò l’aiuto, sollevandosi da terra; ma, proprio quando stava per lanciargli una sua solita frecciatina per fargli capire quanto in realtà aveva apprezzato quel piccolo e inusuale gesto, sentì le gambe cedergli e tutto il suo peso si andò a riversare sul moro che, d’istinto lo sorresse.

< Naruto! > esclamò, forse a tono un po’ troppo alto dato che Hinata e Sakura accorsero immediatamente. L’Uchiha maggiore aiutò il ragazzo a sedersi su di una sedia poi si chinò per guardarlo negli occhi < Hey Naruto, che cos’hai? > domandò non riuscendo a nascondere una nota di preoccupazione nel timbro della voce. Naruto sorrise faticosamente < Che cos’è quell’aria preoccupata, teme. Non ti si addice sai? > cercò di scherzare.

Sasuke lo fulminò con lo sguardo, rimanendo comunque nella stessa posizione < Naruto.. > lo richiamò serio. Naruto sospirò, osservando attentamente le iridi scure del fratello, notando come quest’ultimo non riusciva a nascondere la preoccupazione. Sasuke, da parte sua, avendo sentito il corpo del fratellino abbandonarsi completamente fra le sue braccia e vedendo quell’espressione di dolore non aveva potuto far a meno di preoccuparsi, mentre nei suoi occhi rivedeva le immagini degli anni passati scorrergli nella mente come un fiume durante una tempesta.

Le due ragazze, preoccupate per il biondino, rimasero un po’ in disparte, percependo lo stato di preoccupazione, fin troppo strano, di Sasuke. < Non è nulla, Sasuke. Prima sono cascato ed ho battuto la testa – disse il biondino massaggiandosi la nuca e accennando un sorriso che tutti, senza difficoltà, capirono che era falso – Non è nulla di che, soltanto un capogiro > spiegò, non volendo far preoccupare oltre il moro.

Odiava far preoccupare gli altri, specialmente Sasuke e odiava ancor di più essere il responsabile di quello sguardo preoccupato e dolorante, immerso nelle spine appuntite del passato. Lui non voleva essere un peso per la sua famiglia, voleva essere accettato e rispettato come suo fratello ma, ogni volta, finiva nei guai ed era sempre Sasuke ad aiutarlo, facendolo sempre sentire inferiore.

Il moro lo scrutò attentamente, notando che stava mentendo. Strinse i pugni fino a sbiancarsi le nocche, ancora una volta, suo fratello, non si fidava di lui. Anche se non lo voleva ammettere, quella mancanza di fiducia da parte sua lo feriva ma, infondo, sapeva di poterci fare ben poco, era lui la causa di tutto. Si girò, dandogli le spalle, poi in un sussurro, duro e deciso, ordinò < Hyuga, pensaci tu. Haruno, dammi una mano a pulire. > così dicendo si diresse verso lo sgabuzzino dove tenevano i prodotti per pulire, lasciando i tre, stupiti, nel mezzo al bar.

Naruto chinò lo sguardo, mentre Hinata e Sakura si guardarono e si sorrisero poi, dopo aver sospirato, la rosa si grattò la nuca < Ma tu guarda che coppia di fratelli ci è capitata > Naruto alzò lo sguardo sulla ragazza, notando il sorriso che aveva accompagnato quelle parole che celavano un significato diverso; dopo spostò lo sguardo su Hinata che stava cercando di trattenere le risate con una mano. Sakura, si diresse verso lo spogliatoio per cambiarsi, lasciando soli i due.

< Naruto – lo chiamò una voce gentile. Il ragazzo si girò, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto della Hyuga, rispecchiandosi nei suoi occhi cristallini – Vieni con me > disse lei gentilmente, prendendogli la mano e conducendolo sul retro del locale.






Spazio Autrice:

Salve!!
Ecco qui un'altro capitolo: " Confusione "
Bhe, credo che il titolo, oltre che rappresentare il povero " Shinobi Cafè " rappresenti anche le idee confuse di tutti i personaggi. Non so se sono riuscita, tutt'oggi, a mantenere quell'alone di mistero intorno a tutti..
Comunque con questo capitolo per stasera basta ma vi rassicuro: pubblicherò un altro capitolo nel giro di poco!

Sono anche molto emozionata perchè, domani esce l'ultimo episodio di Naruto. Non voglio fare Spoiler, perciò non dico nulla, ma sono veramente felice perchè finalmente vedrò animate le scene che ho letto e riletto nel manga, però sono anche triste perchè cioè, non ho ancora realizzato che Naruto è finito.
La parola fine è veramente molto pesante in questo caso...




Alla prossima!!!               

                                                                                                          144kagome_alice144






 
  
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