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Autore: MaDeSt    30/09/2016    5 recensioni
Non è necessario leggere il prologo ma è caldamente consigliato.
Sei ragazzini provenienti da un villaggio sperduto, cresciuti in un piccolo paradiso, ignoranti dell'orrore che li circonda, si ritrovano ad avere tra le mani sei uova di drago, di cui poi diventeranno amici... e la loro leggenda ha così inizio.
Dovranno salvare il mondo, ecco ciò che ci si aspetta da loro. Ma ne saranno all'altezza? Riusciranno a capire chi è il loro vero nemico prima che questo li distrugga?
[Pubblicazione interrotta. Non aggiornerò più questa storia su EFP, non aggiornerò i capitoli all'ultima versione, pubblicherò solo in privato per chi realmente è interessato a seguire la storia a causa di plagi e ispirazioni non autorizzate non tutelati a discapito del regolamento apparentemente ferreo. Trattandosi della mia unica storia, a cui lavoro da anni e a cui sono affezionata, non vale la pena rischiare. Chi fosse interessato a capire come seguire la storia troverà tutte le informazioni nelle note all'inizio dell'ultimo capitolo pubblicato. Risponderò comunque alle recensioni qualora dovessi riceverne, ma potrei accorgermene con del ritardo.]
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dargovas'
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Il colore del titolo del capitolo corrisponde al colore della regione in cui la storia al momento si svolge, tenete d'occhio la mappa per sapere dove ci troviamo!

...TO HOUSE

In casa di Cedric non c’era nessuno, suo padre era in fucina e sua sorella da Ilion perché da sola in casa non poteva restare, ma lui aveva sempre le chiavi con sé, dunque non rimasero chiusi fuori. Layla Emily e i loro genitori non si trovavano più nella stalla, essendo tornati a casa propria per pranzare, il ragazzo lasciò il cavallo nero nel suo alloggio e lo liberò di sella e redini.
Poi entrarono in casa. Erano lei e lui. Da soli. E Susan si sentiva ogni minuto sempre più in imbarazzo, che quel silenzio così pesante non faceva altro che alimentare. Si lanciò delle rapide occhiate intorno rimanendo ferma all’ingresso della sala principale e studiò l’ambiente che la circondava: lo spazio era decisamente più ampio di quello cui lei era abituata, ma non seppe quantificarlo. Non era particolarmente illuminato perché le finestre erano tutte chiuse e la poca luce filtrava tra le fessure delle persiane di legno. Subito alla sua destra stava una strana panchetta con braccioli e cuscini, sulla parete alla sua destra invece c’era un grande camino spento, più in là una poltrona. Dietro la poltrona c’era una scrivania con la sua sedia, la prima era occupata da un paio di libri chiusi, uno aperto, un paio di pergamene. Alla sua sinistra doveva esserci una scala che portava al piano superiore, mentre dritto davanti a lei, nascosta da una tenda tirata, c’era un’altra stanza in cui Cedric era entrato, e sulla parete alla sua sinistra c’era una stanza chiusa.
Il ragazzo non ci mise molto a tornare da lei e senza dire una parola le fece cenno di seguirlo, conducendola quindi al secondo piano che ospitava quattro stanze tutte affacciate su un unico corridoio alla cui estremità c’era una finestra – la prima finestra aperta che la ragazza avesse visto lì dentro.
Cedric aprì la porta della prima stanza a sinistra e disse con un sospiro: «Questa stanza è vuota, rendila tua come preferisci. Quella accanto è la mia, di fronte hai quella di mio padre, e l’ultima là in fondo è di Lily. Mia sorella.» spiegò, indicando le stanze una ad una «Il bagno è giù. Tutto chiaro?»
Susan annuì timidamente notando con sorpresa una certa freddezza nei suoi modi e nel suo sguardo, ma sperò che fosse dovuto solo alla stanchezza e non perché già immaginava che la sua presenza gli avrebbe causato problemi.
«Io ora andrò a riprendere Lily, tu puoi passare da casa tua a prendere le tue cose e portarle qui. Credo impiegherai più tempo di noi, dovresti trovarci già in casa.»
«Va bene.» sussurrò con voce flebile, e appena lui si mosse per andarsene lo seguì.
Si calò il cappuccio sul viso perché ancora nevicava fuori e nessuno dei due volle entrare nella stalla e sellare un cavallo solo per entrare al villaggio per poi tornare a casa poco dopo. Lo accompagnò da Ilion fingendo che quella fosse la strada più breve per raggiungere casa propria, quando in realtà voleva solo accertarsi che non svenisse strada facendo. Ma alla fine dovette separarsi da lui e dirigersi da sola verso la sua abitazione, ogni tanto qualcuno le rivolgeva una timida domanda a cui lei si sforzava di rispondere. Non riusciva a sopportare quegli sguardi carichi di pietà e compassione.
In realtà aveva diverse cose da prendere da casa, a cominciare dal cibo che altrimenti sarebbe andato a male; non era certa che la famiglia di Cedric ne avesse bisogno, ma pensava fosse meglio portarne il più possibile e magari risparmiare loro qualche spesa, un favore in cambio del disturbo che gli recava vivendo con loro.
Svuotò quindi la dispensa che era principalmente composta da pane, tortini, marmellate e agrumi, mise in un sacco le castagne, prese un vasetto di miele, la caraffa del latte, due forme di formaggio, due sacchi di farina, e poggiò tutto sul tavolo da pranzo. Guardò quella quantità di cibo con occhio critico, di sicuro avrebbe avuto bisogno almeno di due borse solo per quello.
Mise a soqquadro tutta la casa per impossessarsi di tutti i sacchi e le borse disponibili e stipare il cibo lì dentro. Riempì una borsa e due sacchi di tela di media grandezza, le avanzava un sacco e il suo zaino per i vestiti; non le veniva in mente altro da portare via. Si diresse dunque al piano di sopra e svuotò il baule di tutti i suoi vestiti tra i quali scelse tre vesti da notte, tre paia di pantaloni, tre magliette, tre paia di biancheria e un secondo mantello.
Tornò al piano inferiore con i bagagli stracolmi, si mise zaino e borsa a tracolla e si preparò a trascinare i restanti tre sacchi di tela fino a casa di Cedric. Pesavano parecchio per lei, ma sapeva di dovercela fare fino in fondo. Non chiese aiuto a nessuno e rifiutò le richieste di chiunque le si avvicinò: era colpa sua quanto era successo a Jelena e Deren, era compito suo portare quel fardello. Di nessun altro.
Giunta finalmente a destinazione, ansimante e sudata, rabbrividì al vento freddo e bussò forte alla porta, che Cedric aprì sorprendentemente in fretta. Guardò tutta la roba che trasportava con occhio critico, dopo alcuni attimi si decise ad aiutarla, ma lei lo respinse energicamente spiegandogli le proprie ragioni.
Il ragazzo l’assecondò e si limitò a richiudere la porta alle sue spalle, ma appena Susan ebbe depositato i sacchi in mezzo alla sala Lily, che già aveva conosciuto ma solo in maniera superficiale, le corse incontro e l’abbracciò. Sembrava avere già completamente dimenticato l’accaduto coi soldati della notte prima.
«Lasciala andare.» intimò Cedric alla sorellina con fare irritato.
Lily gli lanciò un’occhiata ostile e ribatté: «Dovresti vergognarti, lo vedi che è stanca? Potresti aiutarla invece di stare lì a fissarla.»
«No, è tutto a posto.» balbettò Susan imbarazzata notando che ora il camino era acceso. Non riuscì a reprimere un certo desiderio di sedersi lì davanti a godere di quel calore rilassante.
E la bambina sembrò notarlo: «Vieni!» le disse prendendole entrambe le mani e conducendola verso la poltrona «Vieni, siediti qui!»
«No Lily, io devo...» guardò di sfuggita i suoi bagagli da scappata di casa mentre la giovane la costringeva a sedersi.
Puntò i vivaci occhi azzurri nei suoi e le rispose: «Rilassati e lascia perdere ora, può farlo Ced.»
Susan scosse la testa confusa e balbettò: «No... No Lily, è... è roba mia, devo farlo io.»
L’altro sospirò e disse con voce roca: «Lascia perdere.» dunque le prese dalle mani borsa e zaino.
«No Cedric, non stai bene...» protestò.
Ma lui la interruppe dicendo fermamente e a denti stretti: «Lascia perdere.»
Susan mollò la presa sulle sue cose guardandolo con aria addolorata, e mentre lui ispezionava i bagagli per sapere dove mettere cosa Lily cercò d’intavolare una conversazione con lei, che in un primo momento rispose distrattamente a monosillabi senza staccare gli occhi da Cedric – il quale tuttavia sembrava fare apposta a non guardarla. Alla fine rivolse le sue attenzioni alla bambina e rispose alle sue domande decisa ad accontentarla e lasciarsi conoscere meglio.
Lily parlava così tanto da far pensare a Susan che non parlasse mai con nessuno, passava da un argomento all’altro senza preavviso e apparentemente senza seguire un filo logico e quando non parlava era solo perché stava dando a lei alcuni secondi per rispondere a una sua domanda. Era una bambina vivacissima, spesso e volentieri si alzava da terra per camminare o addirittura saltellare in quel poco spazio che le separava dal camino.
Susan si disse che se fosse stata così tutto il giorno non c’era da sorprendersi che il fratello fosse l’esatto opposto: Lily parlava e si muoveva abbastanza per tutti e due. A quel pensiero le scappò un debole sorriso, ma riprese in fretta a concentrarsi sulle parole di lei; in quel momento parlava di vestiti.
Si zittì solo quando finalmente Cedric si unì a loro sedendosi sulla panchetta con braccioli e cuscini, accavallò le gambe e incrociò le braccia sul petto fissandole con aria torva. Da quel momento si sentì solo l’allegro scoppiettare del fuoco nel camino di pietra. Susan si guardò intorno spostando solo gli occhi, sicura che muovendosi avrebbe destato l’attenzione di entrambi su di lei.
Alla fine Lily lo apostrofò con un: «Che vuoi?»
Lui si limitò a rivolgerle uno sguardo interrogativo.
La bambina girò gli occhi e si rivolse a Susan come se lui non ci fosse, con fare drammaticamente esasperato disse: «Fa sempre così. Gli fai una domanda e invece di risponderti ti guarda in modo strano. Pretendendo che tu gli legga nel pensiero, capisci?»
Allora Cedric disse cupamente: «Fino a prova contraria questa è casa mia.»
«E devi proprio stare lì a fissarci? Lasciaci parlare in pace! Ci stavamo divertendo.»
«Beh, lui potrebbe chiacchierare insieme a noi.» propose Susan timidamente, ed entrambi i fratelli la guardarono come se avesse bestemmiato. Rendendosi conto di aver evidentemente detto qualcosa che fra quelle mura era considerato anormale, si strinse nelle spalle sperando che il calore sulle guance fosse dovuto al camino e non al fatto che fosse arrossita.
Inaspettatamente Lily rise, sembrava più una risata forzata, e disse: «Lui? Non sarebbe divertente nemmeno se ci provasse.»
«C’è sempre una prima volta.» sussurrò lei, temendo di aver detto un’altra idiozia. Lo sguardo le cadde sulla scrivania alla sua sinistra, su cui c’era un libro aperto, ed ebbe un’idea: «Ma tu sai leggere immagino? Potresti leggerci una storia!»
E Lily sbuffò: «Non c’è bisogno di lui, so farlo anch’io. Ehi! Ti va se ti leggo la mia preferita?»
Solo leggermente abbattuta Susan sorrise educatamente e rispose in un flebile sussurro: «Ma certo!»
La bambina si alzò veloce come un fulmine e corse su per le scale, probabilmente diretta in camera sua, e la ragazza lanciò una timida occhiata a Cedric che non aveva cambiato posizione né atteggiamento.
Sapendo di avere solo una manciata di secondi a disposizione prima che sua sorella tornasse, decise di affrettarsi a chiedergli spiegazioni riguardo il suo comportamento. Ma le uscì uno sgraziato: «Che ti è preso?»
Lui piegò la testa da un lato e corrugò la fronte, probabilmente cercando di decifrare il suo tono di voce piuttosto sgarbato, e alla fine le rispose: «In che senso?»
«Sei... diverso.» tentennò lei, augurandosi che quello bastasse a spiegare ciò che pensava.
«Rispetto a...? Quando? Cosa?»
Susan rifletté troppo a lungo su quelle ultime parole, tanto che Lily tornò al suo posto tutta contenta con un libro tra le mani. Finse di prestarle attenzione mentre in realtà pensava che, dopotutto, con Cedric non aveva mai scambiato più di qualche scontrosa battuta riguardo le uova e i draghi, quindi non poteva realmente dire di conoscerlo. Ma non riusciva a far combaciare le due diverse personalità che le aveva mostrato, una nel bosco la notte prima e una proprio ora. Le era sempre parso un tipo piuttosto schivo e irritabile a dirla tutta, ma credeva di averlo conosciuto per come realmente era quando l’aveva aiutata a riflettere sulla sua impulsività. Quando le aveva impedito di gettarsi tra le braccia dei soldati. Si era forse sbagliata e quella era stata un’eccezione? Forse era solo dovuto al fatto che stesse male. Non che stesse tanto meglio al momento, ma almeno non sembrava più soffrire di dolore.
Verso sera finalmente Cedric si alzò dalla panchetta ed entrò di nuovo nella stanza nascosta dalla tenda. Vedendo la perplessità di Susan, Lily le sussurrò che di lì c’erano il tavolo da pranzo e la cucina, commentò la maleducazione del fratello per non averglielo detto e poi tornò a leggere la fine della storia.
Quando ebbe finito richiuse il libro e corse di nuovo verso la sua stanza, dunque la ragazza si alzò, stiracchiò i muscoli intorpiditi, appese il mantello allo schienale della poltrona e raggiunse Cedric nell’altra stanza per aiutarlo con la cena, ma lui la respinse e dovette persino insistere per apparecchiare la tavola. Alla fine lo fece ignorando la sua occhiata truce, e poi diede le spalle al tavolo incrociando le braccia sul petto, guardandolo con aria di sfida. Lui fece altrettanto dando le spalle al fuoco ormai in via di spegnimento.
Passarono diverso tempo a fissarsi in cagnesco, finché Susan con un sospiro esasperato riprese il discorso di prima: «Perché sei così diverso da ieri?»
«Non capisco che intendi.» rispose lui.
«Lo capisci benissimo.» ribatté prontamente.
A quello seguì un altro lungo silenzio e solo dopo un po’ Susan si rese conto che lui ricordava pressoché nulla di quella notte. In quella distolse lo sguardo dai suoi occhi grigi e fissò il pavimento con terrore, rendendosi conto di aver combinato un altro disastro.
«Mi dispiace. Dimenticavo che non ricordi molto, devi averlo rimosso.» disse infine. Tornò a guardarlo timidamente e gli chiese più dolcemente: «Come stai?»
Sembrò quasi sorpreso di dover rispondere a quella domanda, anche lui distolse lo sguardo puntandolo a terra e disse con un’aria più rilassata: «Bene. Sto bene.»
«Sicuro?» lui in risposta tornò a guardarla e annuì piano, quindi la ragazza si lasciò sfuggire un lungo sospiro e guardò il soffitto dicendo: «Vostro padre torna sempre così tardi?»
«Sì, nostro padre... spesso. Lui...»
Tornò a guardarlo, ora confusa: «Cosa stai cercando di dirmi?»
«Che lui... potrebbe non piacerti, ecco. Presta attenzione a ciò che dici con lui nei paraggi. Non è particolarmente affettuoso, o cauto, o delicato. A dire il vero credo lo sia solo con Lily.»
Susan annuì poco convinta guardandosi di nuovo intorno e ancora una volta rimasero a lungo in silenzio, ma l’atmosfera era più tranquilla di prima.
Il fabbro tornò a casa quando fuori era già buio da un pezzo, annunciò il suo arrivo sbattendo la porta con un sospiro stanco e incedendo con passo pesante. Susan decise di farsi avanti e scostare la tenda rossiccia per presentarsi, quindi Cedric la seguì.
Appena l’uomo incrociò il suo sguardo s’immobilizzò, completamente colto alla sprovvista. Si sfilò lentamente il pesante mantello nero inzuppato, poi lanciò al ragazzo uno sguardo carico di rimprovero come se fosse in procinto di prenderlo a cinghiate, attendendo spiegazioni; la figlia scomparsa dei due adulti catturati dai soldati la notte prima si trovava in casa sua, insieme a lui che a sua volta era sparito tutta la notte.
Dal canto suo, Susan si sentì minuscola e intimorita, non solo dal suo sguardo; l’uomo con Cedric condivideva solo l’altezza, per il resto era l’esatto opposto: capelli chiari, occhi scuri, lineamenti relativamente morbidi e non per ultimo un fisico decisamente imponente. E dire che aveva sempre considerato Deren un uomo corpulento, ora fu costretta a ricredersi; suo padre a confronto sembrava un ragazzetto alle prime armi.
L’aria si era fatta così tesa da poter essere tagliata con un coltello, ma l’arrivo di una vivacissima Lily, che saltò in braccio al padre, li riportò tutti alla realtà. La bambina gli presentò Susan e con entusiasmo gli disse che sarebbe rimasta a dormire da loro – anche se non immaginava il perché, né per quanti giorni.
In presenza della figlia Jorel cambiò lievemente atteggiamento e finalmente salutò Susan, ancora dubbioso, ma se non altro non sembrò volerla cacciare di casa. Chiese loro di raccontargli cosa fosse successo coi soldati e la prima a parlare fu inaspettatamente Lily; il fabbro venne così a sapere per la prima volta che anche lei aveva rischiato di finirci in mezzo e guardò Cedric furibondo, ma la giovane andò avanti indisturbata raccontando di essere riuscita a raggiungere la casa di Ilion. Poi fu la volta di Susan, perché tra i due era quella che meglio ricordava cosa fosse accaduto, e per cercare di mettere una pezza al dramma combinato da Lily cercò di elogiare il coraggio e la scaltrezza del ragazzo il più possibile. Al che lui le rivolse uno sguardo perplesso e incredulo, ma non aggiunse una parola.
«Cos’hai combinato per tirarti addosso cinque soldati?» domandò l’uomo severamente, rivolgendosi a lui.
E Lily rispose animatamente: «Credevano avesse ucciso un uomo!» procurandosi un’occhiata truce di Cedric.
Jorel sgranò gli occhi ed esclamò: «Ed è vero?»
«Sì...» rispose lui vago, si prese alcuni secondi per pensare a cosa dire e prima che l’altro potesse esplodere dalla rabbia esordì con: «Mi ha sorpreso mentre cacciavo, era un bandito armato. Ho dovuto difendermi.»
«E non ti è venuto in mente che potesse avere dei compagni?»
«Non pensavo sarebbe sopravvissuto abbastanza a lungo da informarli dell’accaduto.» ribatté quasi seccato; in un certo senso era vero, solo che doveva averli informati prima di ricevere il colpo di grazia.
«E i suoi genitori come ci sono finiti in mezzo?» continuò.
Il ragazzo si era aspettato una domanda del genere, ma non aveva in mente una buona risposta. Quindi disse semplicemente: «Non ne ho idea.»
Jorel guardò Susan, indeciso se porre la domanda a lei o lasciar perdere, ma alla fine decise che sarebbe stato scortese indagare così presto su una faccenda che in fondo non lo riguardava; continuava a pensare che Cedric c’entrasse qualcosa, ma finché non avesse avuto in mano la prova di quel legame non avrebbe disturbato la ragazza con dolorose domande.
Si diressero a tavola, dove Jorel e Cedric si sedettero entrambi a capotavola, il più possibile lontani l’uno dall’altro, Lily insistette per sedersi affianco a Susan e non di fronte e spostò il proprio piatto accanto a quello della ragazzina. Sembrava l’unica a ignorare totalmente la tensione palpabile, soprattutto quando l’uomo lanciava quelle occhiate al ragazzo che facevano pensare gli sarebbe saltato addosso da un momento all’altro. Mangiarono relativamente in silenzio, dal momento che la bambina cercava di intavolare conversazioni con suo padre o con Susan, ma nessuno dei due aveva realmente voglia di rispondere.

Quando Jorel si alzò da tavola Lily gli andò dietro e Cedric lo seguì con lo sguardo rimanendo immobile.
Solo una volta certo che fosse fuori portata d’orecchio si lasciò andare a un sospiro di sollievo e sussurrò: «È andata bene.»
«È andata bene?» gli fece eco Susan, lieta che fosse stato lui a rompere il silenzio per primo «Ti aspettavi la prendesse peggio?»
«Oh sì. Forse ha preferito non farti una prima cattiva impressione.» rispose, trovando finalmente il coraggio di alzarsi.
Lei lo aiutò a sparecchiare e nel frattempo non riuscì a impedirsi di chiedergli: «Se sapevi che avrebbe reagito così male al fatto di avermi tra i piedi, perché hai detto subito che potevo vivere qui senza prima parlarne con lui?»
Il ragazzo si prese del tempo per rispondere, ma alla fine disse soltanto: «Parlare con lui è inutile. Non sarai tu a dargli fastidio, piuttosto... avere qualcuno che si frappone tra me e lui.»
«Cosa intendi dire?» gli domandò confusa, ma non ottenne una risposta. E dopo un altro po’ le venne in mente di dover scacciare un dubbio: «Ma tu adesso ricordi chi sono, vero? E ricordi chi è Gerida?»
«Sì, grossomodo.» rispose lui vago «Sono sicuro che in generale mi manchino alcune parti, ma credo di poter associare i nomi alle facce delle persone che conosco.»
«Meno male.» sospirò la ragazzina sollevata.
La sorprese la decisione di Cedric di restare sveglio finché non fu certo che il resto della sua famiglia dormisse un sonno profondo, ma sebbene ci mise non meno di due ore a decidersi di salire le scale per andare a dormire Susan rimase con lui seduta davanti al camino, osservandolo spegnersi lentamente e rispettando il suo silenzio.

La mattina dopo cercò di svegliarsi il più presto possibile per aiutare Cedric fin da subito, ma quando si alzò dal letto e scese in cucina scoprì che lui era già sveglio, e stava facendo colazione da solo. Lo salutò e lui ricambiò, dopodiché fece per preparare la colazione anche a lei, ma la ragazza si rifiutò e insistette per pensarci lei stessa, chiedendogli solo cosa potesse mangiare. Pensò anche alla colazione di Lily, a sua insaputa.
Lui parve stupito e a disagio e se ne andò parlando a bassa voce; Susan non capì quello che disse, ma dal fatto che lui sembrava non curarsene intuì che stesse parlando da solo. Scelse di non farglielo notare, e appena lui salì le scale per andare a svegliare la sorellina la ragazza si affrettò a mettere a lavare tutto prima che lui tornasse, in modo che non gli toccasse farlo dopo.
Cedric tornò da solo, anche se Lily si stava vestendo per scendere, ma quando vide il tavolo sgombro, eccezion fatta per ciò che Lily avrebbe mangiato, rimase attonito e senza parole.
«Non sei abituato, lo so. Ma evita quella faccia, non ho fatto granché.» gli disse lei trattenendosi dal ridere per non offenderlo.
Lui tornò lentamente al tavolo e alla fine si sedette senza più guardarla.
«Hai preso l’antidoto?»
«Ho fatto tutto.» le rispose subito quasi interrompendola, come a dirle che non aveva voglia di parlare.
Appena prima che Lily arrivasse gli sussurrò: «Io dopo la colazione vado con gli altri, da Sulphane.»
Cedric la guardò di sottecchi e le rispose malinconico: «Io non posso seguirti.» per poi rivolgerle un sorriso triste, ma l’arrivo della bambina – che come al solito si annunciò con voce squillante – impedì loro di continuare quella conversazione.
Come già detto, Susan uscì appena dopo aver fatto colazione inventandosi una scusa, perché Lily non la prese bene; voleva giocare con lei tutto il giorno. Ma alla fine riuscì ad afferrare il mantello ancora umido e uscire rapida di casa, fuggendo ai suoi abbracci e ai suoi piagnucolii. Non si fermò nella stalla per prendere Brezza, perché non aveva idea di come sellarlo e non voleva rientrare in casa per chiederlo a Cedric, quindi corse via lasciando impronte profonde sulla neve fresca.
Arrivata al momentaneo rifugio dei draghetti li trovò già svegli e piuttosto agitati. Tutti le corsero incontro felici di vederla, scodinzolando come cani – con la differenza che le loro lunghe code parevano ancora più simili a fruste e spezzavano i rami secchi degli arbusti.
Solo Sulphane tuttavia le aprì la mente facendo da portavoce per tutti i fratelli: Dove? Perché? Gli altri?
Susan le accarezzò la testa rispondendo pazientemente: «Ci sono state delle complicazioni l’altra notte, gli altri probabilmente sono rimasti costretti a casa.»
Da cosa? Chi? Perché?
«Dai... dai loro genitori.» disse, improvvisamente malinconica, e Sulphane lo avvertì.
Cosa c’è? Cosa non va?
Le sorrise debolmente: «Niente piccola, l’importante è che voi stiate bene e rimaniate nascosti. Gli altri verranno appena possibile, vedrete.»
Non puoi mentire a me le disse la draghetta quasi severamente.
Susan si morse il labbro, per la prima volta poco entusiasta del fatto che la piccola dragonessa potesse leggerle i pensieri. Alla fine disse: «Scusami, dirtelo a parole sarebbe inutile, probabilmente non capiresti. Ma... puoi vederlo, puoi sentirlo.»
Ci fu una breve pausa, durante la quale Susan si sentì la testa pesante e rivide come sognando a occhi aperti le immagini di quella maledetta notte scorrere rapidamente, sentì di nuovo la rabbia tornare a pervaderla, come anche la paura e la disperazione. Sulphane fu svelta a capire, e quindi a lasciare la sua mente rimanendo in contatto con lei solo per comunicare.
Arrivò a un’unica terribile conclusione che le fece provare per la prima volta cosa volesse dire essere triste. Abbassò la testa senza avere il coraggio di guardarla un secondo di più e sussurrò nella sua mente: È colpa mia...
La ragazza si sentì colpita da quelle parole, come se qualcuno le avesse tirato uno schiaffo: «No! Non è colpa tua. Tu non hai fatto nulla. È stata colpa mia, io ho scelto di farti nascere. L’ho voluto io Sulphane.»
La piccola dragonessa gialla alzò lo sguardo e studiò il suo viso, ma anche senza vedere la determinazione nel suo sguardo aveva capito che pensava realmente ciò che aveva detto.
Cosa posso fare? C’è qualcosa?
«Non lo so.» ammise sconfortata, dubitava che i cavalieri fossero ancora vicini e ad ogni modo non voleva mettere anche la vita di Sulphane in pericolo. Scosse la testa e riprese a sorriderle: «In realtà sì, qualcosa c’è.»
Sulphane drizzò le orecchie in ascolto, quasi smise di respirare per cogliere le sue prossime parole. Ma la ragazza non disse nulla, si limitò a stringerla in un forte abbraccio cercando il conforto che fino ad allora aveva ricevuto solo da Jennifer e Gerida. E Sulphane rispose alla sua indiretta richiesta; il solo fatto che accettò il suo abbraccio – coccolandola a sua volta strofinando la testa sulle sue spalle – la fece sentire subito meglio.
Rubia, compresa la difficile situazione, cercò di rallegrarla correndole incontro e poggiando poi le sue zampe anteriori sulla sua schiena, chiaramente invitandola ad alzarsi e giocare con lei, e la ragazzina lasciò andare la draghetta gialla per rincorrere invece quella rossa; sapendo di dover probabilmente passare tutto il giorno da sola con loro si mise fin da subito nell’ottica di dover tenere occupati tutti e sei.
Con sua grandissima sorpresa in tarda mattinata arrivò Layla, anche lei a piedi, e la più grande sgranò gli occhi letteralmente incredula quando la vide. Le corse incontro e l’abbracciò forte, quasi piangendo per la felicità.
«Temevo ti fosse successo qualcosa! Dove sei sparita? Eri con Cedric? Oh Susan, come sono contenta che tu stia bene! Ti abbiamo cercata ovunque!» esclamò Layla.
Abbracciandola a sua volta, anche se trovava addirittura esagerata la sua reazione, Susan rispose piano: «Sì, ero con lui. Non siamo tornati subito al villaggio perché non stava bene, e ad ogni modo temevamo che potessero prenderci.»
Sciolse l’abbraccio tenendola soltanto per le spalle e la guardò intensamente: «Chi erano? Cosa volevano da te? O da voi... Che diamine sta succedendo?»
Allora Susan si vide costretta a raccontarle brevemente tutto, cercando di non scendere in dettagli – soprattutto riguardo i suoi genitori – ma al contempo cercando di non tralasciare nulla. I draghetti colsero l’occasione per ascoltare attentamente, dal momento che solo Sulphane aveva visto nei ricordi della ragazza cosa fosse successo. Smeryld mugolò preoccupato appena comprese cosa fosse un veleno.
Terminato il racconto Susan lo guardò e gli sorrise amorevolmente: «Starà bene, non devi preoccuparti per lui.» poi inaspettatamente si lasciò nuovamente andare tra le braccia dell’amica che riprese ad abbracciarla.
La draghetta gialla allora comprese appieno il significato di quel gesto che Susan prima aveva compiuto con lei: serviva a dare conforto, speranza e appoggio morale, quindi fu lieta di non aver deluso le aspettative della ragazza poco prima. Il perché gli umani si abbracciassero – quella era la parola giusta – invece di parlarsi o scambiarsi pensieri positivi ancora non lo comprendeva, ma aveva avvertito lei stessa una strana sensazione di calore quando Susan le aveva stretto le braccia al collo appoggiandosi a lei col resto del busto.
Giocherellarono coi draghetti fino all’ora di pranzo, quando Layla propose a Susan di fermarsi a mangiare da lei, e la ragazzina accettò; da una parte perché non si trovava a suo agio in casa con Cedric e Lily, dall’altra perché voleva cogliere l’occasione per dire personalmente alla madre di Layla di stare bene. Sapeva che le sarebbe toccato raccontare quella terribile storia un’altra volta, ma era certa che ne sarebbe valsa la pena.

  
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